Fondo Trasporto Pubblico, Più tutele per i lavoratori dipendenti
I chiarimenti in un documento dell’Inps dopo l’adeguamento del Fondo alla legge n. 234/2021. Sale il contributo addizionale in caso di ricorso alla cassa integrazione.
Crescono le tutele per i lavoratori dipendenti di aziende del trasporto pubblico. Con l’adeguamento del Fondo bilaterale di solidarietà settoriale l’«Asi», l’assegno di integrazione salariale sarà riconosciuto (sia per le causali ordinarie che straordinarie) anche alle aziende che impiegano solo un dipendente e con le stesse durate previste dalla normativa generale. Lo rende noto l’Inps nella Circolare n. 38/2024 in cui spiega che contestualmente viene meno il «tetto aziendale» in caso di ricorso alla cassa integrazione.
Adeguamento
I chiarimenti fanno seguito alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto interministeriale Lavoro-Economia del 29 agosto 2023 che adegua il Fondo di solidarietà bilaterale per il sostegno al reddito del personale delle aziende di trasporto pubblico alla legge n. 234/2021.
La novità principale riguarda l’ampliamento dell’ambito di applicazione del Fondo che dal 2 Ottobre 2023, data di pubblicazione del D.I in Gazzetta, interessa tutte le imprese del settore che impiegano almeno un dipendente (in luogo dei cinque precedenti). Da questa data la cassa integrazione, i programmi formativi e l’integrazione della Naspi riguarda tutti i lavoratori dipendenti, compresi gli apprendisti, qualunque sia la tipologia del contratto di apprendistato, nonché i lavoratori a domicilio con esclusione dei dirigenti. L’accesso, non è subordinato al possesso, in capo al lavoratore, di alcuna anzianità di lavoro effettivo.
Cassa Integrazione
Per quanto riguarda la Cassa integrazione, a seguito dell’adeguamento, il Fondo riconosce l’«Asi», l’assegno di integrazione salariale, per le causali ordinarie e straordinarie alle medesime condizioni della riformata normativa generale.
L’importo della prestazione è pari all’80% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, comprese fra le ore zero e il limite dell’orario contrattuale, e l’importo massimo mensile che per l’anno 2024 è pari a 1.392,89 euro (da rivalutare annualmente). All’importo non si applica la riduzione del 5,84%.
I limiti di durata dell’intervento sono i seguenti:
- Se il datore di lavoro impiega fino a cinque dipendenti sino ad un massimo di 13 settimane nel biennio mobile sia per causali ordinarie che straordinarie;
- Se il datore di lavoro impiega oltre 5 e fino a 15 dipendenti sino ad un massimo di 26 settimane nel biennio mobile sia per causali ordinarie che straordinarie;
- Se il datore di lavoro impiega più di 15 dipendenti sino ad un massimo di 26 settimane in un biennio mobile per le causali ordinarie. Per quelle straordinarie occorre distinguere a seconda della causale: sino ad un massimo di 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile, per riorganizzazione aziendale, nonché per la realizzazione di processi di transizione; sino ad un massimo di 12 mesi, anche continuativi, per crisi aziendale; sino ad un massimo di 36 mesi, anche continuativi, nel quinquennio mobile, in caso di contratti di solidarietà.
Contribuzione ordinaria
Resta invariato il contributo ordinario pari allo 0,50% (di cui due terzi a carico del datore ed un terzo a carico del lavoratore) calcolato sulla retribuzione imponibile ai fini previdenziali di tutti i lavoratori dipendenti, compresi gli apprendisti con qualsiasi tipo di contratto e i lavoratori a domicilio, a esclusione dei dirigenti.
Contributo addizionale
L’adeguamento al Fondo cambia anche i criteri di determinazione del contributo addizionale dovuto dalle aziende che fruiscono dell’«Asi». In luogo della precedente misura fissa pari all’1,5% della retribuzione imponibile persa dai lavoratori destinatari della prestazione, il decreto aumenta l’addizionale dall’1,5% di base al 4%, 9% e 12% a seconda se l’importo complessivo delle prestazioni richieste supera rispettivamente le quattro, cinque e sei volte il contributo ordinario dovuto nell’anno precedente la richiesta. Da segnalare al riguardo che la riforma del fondo ha cancellato il cd. «tetto aziendale» per la cassa integrazione. La prestazione, pertanto, potrà anche superare le quattro volte l'importo del contributo ordinario annuo dovuto dall’azienda nell’anno precedente.
Integrazione Naspi
Non ci sono novità per quanto riguarda la prestazione integrativa della Naspi riconosciuta in relazione a cessazioni collettive o individuali del rapporto di lavoro per ragioni aziendali o per risoluzione consensuale a seguito della procedura prevista per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, nei casi previsti dall'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22.
La prestazione assicura al lavoratore un’integrazione della Naspi per tutta la sua durata tale da garantire un trattamento pari al massimale di 1.550,42€ (2024) maggiorato di 250€ mensili. In caso di ricorso alla prestazione il datore di lavoro è tenuto al versamento di un contributo integrativo mensile pari al 77% dell’integrazione della Naspi stessa. Se il lavoratore la richiede in unica soluzione il datore dovrà versare in unica soluzione l’intero importo dovuto a titolo di contribuzione integrativa. Per l’integrazione Naspi, invece, resta il cd. «tetto aziendale».
Documenti: Circolare Inps 38/2024