Invalidi Civili Totali, Gli aumenti della pensione spettano anche a chi ha meno di 60 anni
Depositate le motivazioni della Sentenza con la quale lo scorso giugno la Consulta ha dichiarato illegittimo il mancato riconoscimento dell'incremento al milione in favore degli invalidi civili totali con meno di 60 anni
La questione
La Corte era stata chiamata a decidere su una questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte d’appello di Torino circa l'adeguatezza della pensione a favore una persona affetta da tetraplegia spastica neonatale, incapace di svolgere i più elementari atti quotidiani della vita e di comunicare con l’esterno. La Corte rimettente aveva chiesto che la Consulta si pronunciasse su due questioni: 1) in primo luogo che dichiarasse incostituzionale l'articolo 12 della legge 118/1971 nella parte in cui fissava in 285,66€ mensili (anno 2019) l'importo della prestazione a favore dei invalidi civili totali in luogo dell'utilizzo di altri parametri di raffronto riconosciuti per altre provvidenze aventi analoga matrice assistenziale (es. assegno sociale, reddito di cittadinanza); 2) in subordine che dichiarasse incostituzionale l'articolo 38 della legge 448/2001 nella parte in cui limitava la concessione dell'incremento al milione (648,26€ mensili) a favore solo degli ultra 60enni totalmente invalidi.
La decisione
La Consulta pur non accogliendo la prima istanza - in quanto la fissazione dell'importo della prestazione è materia di competenza esclusiva del legislatore - ha pienamente condiviso la tesi del giudice rimettente secondo cui l'importo della pensione di inabilità civile ex art. 12 della legge 118/1971 è inidoneo ad assicurare al disabile quel «minimo vitale», quel diritto al mantenimento che la Costituzione (Art. 38) impone al legislatore di rispettare a favore degli inabili sprovvisti di qualsiasi mezzo di sussistenza. Ha quindi accolto la seconda richiesta del Corte d'Appello di Torino affermando che il cosiddetto «incremento al milione» debba essere assicurato agli invalidi civili totali senza attendere il raggiungimento del sessantesimo anno di età, attualmente previsto dalla legge.
Secondo la Corte, infatti, il requisito anagrafico di sessanta anni è effettivamente irragionevole, in quanto il soggetto totalmente invalido di età inferiore si trova in una situazione di inabilità lavorativa che non è certo meritevole di minor tutela rispetto a quella in cui si troverebbe al compimento del sessantesimo anno di età. Inoltre, se è ragionevole che, nei confronti di altri percettori di assegni (o pensioni) sociali, la situazione di maggior bisogno e la correlata necessità di ulteriore sostegno economico, in assenza di loro compromissioni invalidanti, sia correlata all’ingresso in una fascia di età avanzata, non ragionevole è invece che la stessa correlazione (sia pure rispetto ad una inferiore fascia anagrafica) sia mantenuta anche con riguardo ai titolari di pensione di inabilità, totalmente incapaci al lavoro, la cui condizione di precarietà, fisica ed economica, è certamente preesistente e non può ritenersi inverata solo al compimento del sessantesimo anno di età. Le minorazioni fisio-psichiche, tali da importare un’invalidità totale, non sono, infatti, diverse nella fase anagrafica compresa tra i diciotto anni (ovvero quando sorge il diritto alla pensione di invalidità) e i cinquantanove, rispetto alla fase che consegue al raggiungimento del sessantesimo anno di età, poiché la limitazione discende, a monte, da una condizione patologica intrinseca e non dal fisiologico e sopravvenuto invecchiamento.
La Corte ha quindi dichiarato incostituzionale l’art. 38, comma 4, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002)», nella parte in cui, con riferimento agli invalidi civili totali, dispone che i benefici incrementativi di cui al comma 1 sono concessi «ai soggetti di età pari o superiore a sessanta anni» anziché «ai soggetti di età superiore a diciotto anni».
Cosa cambia
Come già anticipato nei giorni scorsi la decisione della Consulta avrà effetto solo su parte degli attuali percettori della pensione di inabilita' civile. Ciò perchè le soglie reddituali che consentono la concessione dell'incremento al milione sono diverse da quelle previste per il riconoscimento della prestazione.
Per farla breve all'esito della sentenza 152/2020 gli invalidi civili totali di età compresa tra 18 e 59 anni potranno ottenere l'incremento della pensione di inabilita' civile da 285,66€ al mese a 649,45€ (651,51 nel 2020) a condizione di possedere i seguenti limiti reddituali: per l’anno 2019 euro 8.442,85 per il pensionato solo ed euro 14.396,72 per il pensionato coniugato e per l’anno 2020 euro 8.469,63 per il pensionato solo ed euro 14.447,42 per il pensionato coniugato. Chi non si trova in questa condizione continuerà a ricevere la prestazione "base", cioè nell'importo non maggiorato di 285,66€ al mese (286,81€ nel 2020).
Non ci sono, inoltre, effetti retroattivi per cui non saranno restituiti eventuali arretrati spettanti ma solo quelli maturati dal giorno successivo a quello di pubblicazione della sentenza sulla Gazzetta Ufficiale.