Pensioni, Ape Sociale anche senza indennità di disoccupazione
Secondo la Corte di Cassazione nessuna norma subordina la concessione della prestazione all’effettiva fruizione dell’indennità di disoccupazione (Naspi). E’ previsto soltanto che ove l’interessato abbia beneficiato dell’indennità, la stessa sia cessata.
L’ape sociale può essere conseguito anche se non è stata fruita l’indennità di disoccupazione (Naspi). Pertanto, ove evidentemente sia conveniente, è possibile anche dribblare la Naspi e accedere immediatamente all’Ape sociale. Per l’accesso alla prestazione, infatti, occorre solo essere in stato di disoccupazione fermo restando la cessazione della Naspi nel caso in cui l’interessato l’abbia fruita. Lo affermano i giudici della Corte di Cassazione nella Sentenza n. 24950 del 24 settembre 2024 accogliendo la tesi di una lavoratrice che si era vista negare la prestazione per mancanza della preventiva riscossione della Naspi.
Ape sociale
L’Ape sociale, come noto, consiste in una sorta di indennizzo economico che accompagna i soggetti in condizioni di bisogno economico al raggiungimento della pensione di vecchiaia. Introdotto dal 1° maggio 2017 con la legge n. 236/2017 spetta dal 63° anno di età (63 anni e 5 mesi dal 1° gennaio 2024) sino, per l’appunto, al compimento del 67° anno. La misura è pari al valore della pensione maturata al momento dell’accesso alla prestazione stessa nel limite di 1.500€ lordi al mese senza rivalutazione annua né corresponsione della tredicesima mensilità.
Disoccupati
Tra i beneficiari l’articolo 1, co. 179 lettera a) della legge n. 232/2016 nella versione attuale cita, tra gli altri, i lavoratori che versano «in stato di disoccupazione si trovano in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell'ambito della procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, ovvero per scadenza del termine del rapporto di lavoro a tempo determinato a condizione che abbiano avuto, nei trentasei mesi precedenti la cessazione del rapporto, periodi di lavoro dipendente per almeno diciotto mesi, hanno concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante e sono in possesso di un'anzianità contributiva di almeno 30 anni».
L’Inps ed il Ministero del Lavoro hanno interpretato il passaggio nel senso che la prestazione è subordinata alla preventiva concessione dell’indennità di disoccupazione (Naspi). Se l’interessato non la fruisce, ad esempio perché non ha integrato il requisito di 13 settimane contributive nel quadriennio anteriore alla cessazione del rapporto di lavoro, viene travolta anche la possibilità di accedere all’Ape sociale.
La decisione
Secondo i giudici di Piazza Cavour la predetta interpretazione è priva di fondamento. Nelle motivazioni alla sentenza la Corte spiega che «una interpretazione letterale e logica della norma milita nel senso che è richiesto il requisito della distanza temporale tra la disoccupazione e l’APE sociale solo dove sia stata fruita concretamente l’indennità di disoccupazione, laddove tale fruizione non condiziona affatto il diritto all’APE». Sostanzialmente la fruizione della Naspi non è condizione per l’accesso all’ape sociale prevedendo la norma «solo la condizione negativa della cessazione della fruizione della stessa».
I giudici stressano il richiamo al requisito contributivo di 30 anni ammettendo, implicitamente, che i requisiti dell’APE sociale sono diversi da quelli della disoccupazione. «La norma, peraltro, non collega l’APE all’indennità di disoccupazione anche perché, se ciò avesse voluto fare, avrebbe posto in continuità le due prestazioni, laddove invece impone una cesura tra le stesse. Invero, proprio il richiamo alla cessazione della fruizione dell’indennità di disoccupazione evidenzia - alla base dell’intervento previdenziale di sostegno - uno stato di bisogno della persona, che evidentemente il legislatore ritiene meritevole della tutela e della protezione con la prestazione in discorso. Ciò tanto più in considerazione che il soggetto beneficiario maggiormente della tutela in discorso è proprio il soggetto che non ha fruito neppure dell’indennità di disoccupazione».
La corte, pertanto, respingendo il ricorso dell’Inps afferma il principio «che il diritto all’APE sociale, in applicazione dell’articolo 1, comma 179, legge n. 232 del 2016, richiede –tra gli altri requisiti uno stato di disoccupazione in capo al beneficiario, ma non postula che lo stesso abbia anche beneficiato dell’indennità di disoccupazione, prevedendo soltanto che, ove l’interessato abbia beneficiato della detta indennità, la stessa sia cessata».
Gli effetti
Per la concessione dell’Ape sociale, pertanto, resterebbe necessario solo provare lo stato di disoccupazione a seguito della conclusione di un rapporto di lavoro subordinato per le cause previste dal predetto comma 179 (licenziamento, anche collettivo, dimissioni giusta causa, eccetera) divenendo irrilevante la preventiva riscossione della Naspi.
Ciò comporta che i disoccupati in questione potranno dribblare la Naspi anche avendone teoricamente diritto optando subito per l’Ape sociale ove, evidententemente, più conveniente in termini di misura. E ammetterà all’Ape sociale anche quei soggetti, oggi esclusi, che non hanno i requisiti per la Naspi (es. assenza del requisito di 13 settimane nel quadriennio oppure per mancato rispetto del termine per la presentazione della domanda). Resta fermo, invece, che se si accede alla Naspi l'Ape sociale potrà decorrere solo al termine della fruizione.