Pensioni, Punteggio di invalidità più alto per le vittime del terrorismo e del dovere
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione a Sezioni Unite. I più favorevoli criteri medico-legali di valutazione delle percentuali di invalidità su cui sono commisurati i benefici alle vittime vanno applicati anche alle prime liquidazioni.
Criteri medico legali più favorevoli per la quantificazione percentuale delle invalidità per le vittime del terrorismo e del dovere. Anche per le nuove liquidazioni, infatti, il giudizio di invalidità deve tener conto anche dei danni morali. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella decisione a Sezioni Unite n. 6217/2022 affermando la piena applicabilità dei nuovi criteri previsti dal Dpr. n.181/09 per tutte le Vittime, del terrorismo e della criminalità organizzata, del dovere e dei soggetti ad esse equiparati.
La pronuncia risolve definitivamente il problema derivante dall’attribuzione di bassi punteggi di invalidità assegnati alle Vittime dalle Commissioni Mediche, che costringevano chi era stato valutato con i criteri più restrittivi a chiedere la rivalutazione per ottenere benefici assistenziali coerenti al maggior grado invalidante da accertarsi.
La questione
E’ relativa ai criteri di calcolo delle percentuali di invalidità applicabili alle liquidazioni delle provvidenze per le vittime del dovere (vittime del terrorismo e della criminalità organizzata) effettuate successivamente alla data di entrata in vigore del Dpr. n. 181/2009.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 11101/2020 aveva fissato il principio secondo cui i criteri di calcolo più favorevoli di cui all’articolo 4 del Dpr. n. 181/2009 in quanto comprensivi, tra l’altro, anche del danno morale si applicassero solo alle liquidazioni anteriori all’entrata in vigore del Dpr citato, cioè ad una platea ristretta di destinatari. Tesi sostenuta anche dal Ministero dell’Interno.
Lo scopo della disposizione, secondo la Corte, sarebbe stato quello di porre gli interessati al «riparo dal fenomeno inflattivo, attraverso un meccanismo di riequilibrio che tenesse conto dell’eventuale intercorso aggravamento fisico, oltre che del riconoscimento del danno biologico e morale».
Sulle nuove liquidazioni, invece, avrebbe potuto trovare ristoro il solo danno biologico (ai sensi dell’articolo 5 del Dpr 243/2006) e l’invalidità permanente (determinata con i criteri dell’articolo 3 del Dpr. 181/2009). Un criterio che avrebbe danneggiato quest’ultimi rispetto ai primi.
Criteri Generalizzati
Per le Sezioni Unite, invece, nella legge n. 206/2004 non c’è alcuna esplicita indicazione che affermi il carattere selettivo del più favorevole meccanismo di calcolo dell’invalidità. Dopo aver ricostruito il percorso logico deduttivo che ha portato all’intervento legislativo in parola la Corte giunge alla conclusione che la legge n. 206/2004, pur senza trattare esplicitamente la problematica della valutazione percentuale cui commisurare i benefici, ha prefigurato un nuovo modo di corresponsione degli stessi in rapporto alle invalidità permanenti conseguenti ad atti terroristici.
Per gli Ermellini, infatti, non è ragionevolmente sostenibile che si sia inteso introdurre una disparità di trattamenti liquidativi, per una misura di stampo indennitario assistenziale, a favore di persone nella medesima condizione di vittime del dovere o del terrorismo, in mera dipendenza dal momento in cui la liquidazione sia stata effettuata, né che, oltre a ciò, ad alcune delle vittime sia riconosciuto il danno morale nel computo dell’invalidità ed ad altre no, solo e sempre in relazione al fatto che la liquidazione sia avvenuta prima o dopo di quella stessa data.
È, quindi, inevitabile che il trattamento di coloro che abbiano subìto il danno o ottenuto la liquidazione prima dell’entrata in vigore del d.P.R. n. 181/2009 cit. sia identico a quello di chi lo abbia subìto o ottenuto la liquidazione dopo.
Una diversa interpretazione, aggiunge la Corte, «oltre a risultare distonica rispetto all’obiettivo perseguito dal legislatore di ampliare ed estendere i benefici in favore delle vittime ‘qualificate’, esporrebbe il sistema delineato dalla I. n. 206/2004, fonte normativa di rango primario, e dalle disposizioni regolamentari di cui al d.P.R. n. 181/2009, che hanno contenuto applicativo della prima e della quale costituiscono specificazione, ad insuperabili rilievi di incostituzionalità, per violazione dell’art. 3 Cost».
La decisione
In conclusione la Corte afferma i seguenti principi di diritto:
- «All’art. 6, comma 1, della I. n. 206/2004 deve attribuirsi una funzione non meramente rivalutativa ma selettivo-regolativa con la conseguenza che il criterio ivi previsto è applicabile anche alle liquidazioni successive all’entrata in vigore della legge».
- «I benefici dovuti alle vittime del terrorismo, della criminalità organizzata, del dovere ed ai soggetti ad essi equiparati devono essere parametrati alla percentuale di invalidità complessiva, da quantificarsi con i criteri medico legali previsti dagli art. 3 e 4 del d.P.R. n. 181/2009».
Su tali basi le Sezioni Unite della Cassazione hanno confermato la sussistenza in capo a un maresciallo dei Carabinieri dei presupposti per il godimento dei benefici previsti per le vittime del dovere ritenendo corretto il criterio utilizzato per la determinazione dell’invalidità assumendo che il nuovo meccanismo di calcolo fosse valevole non soltanto per la rivalutazione delle indennità erogate in epoca anteriore all’entrata in vigore della L. n. 206/2004 cit., ma altresì per la liquidazione delle indennità maturate (come nella specie) successivamente a tale data, includendo il danno morale.