Pensioni, non tutti i trattenimenti in servizio sono stati aboliti
La Circolare firmata dal Ministro Marianna Madia consente la prosecuzione del rapporto oltre i limiti dell'età pensionabile quando non siano stati perfezionati i 20 anni di contributi.
Kamsin La Circolare della Funzione Pubblica 2/2015 conferma l'abrograzione dei trattenimenti in servizio operata dal decreto legge 90/2014 nelle Pubbliche Amministrazioni. Dal 1° novembre 2014 nessun dipendente pubblico (con l'eccezione dei magistrati per i quali lo stop scatta dal 31 dicembre 2015) può restare in servizio al fine di maturare un assegno piu' ricco.
Come tutte le regole c'è tuttavia un'eccezione. Ciò si verifica, innanzitutto, quando il dipendente non matura alcun diritto a pensione al compimento dell'età limite ordinamentale o al compimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia. In tali casi, come chiarito dalla giurisprudenza costituzionale (Corte costituzionale, sentenze n. 33 del 2013 e n. 282 del 1991), l'amministrazione deve proseguire il rapporto di lavoro con il dipendente oltre il raggiungimento del limite per permettergli di maturare i requisiti minimi previsti per l'accesso a pensione non oltre il raggiungimento dei 70 anni di età (limite al quale si applica l'adeguamento alla speranza di vita).
Si pensi al dipendente che ha 66 anni e 3 mesi e 18 anni di contributi. Se la Pa risolvesse il rapporto per raggiungimento del limite anagrafico il lavoratore non potrebbe comunque accedere alla pensione di vecchiaia. In questa ipotesi l'amministrazione dovrà invece valutare se la prosecuzione del rapporto di lavoro fino al compimento dei 70 anni di età (oltre all'adeguamento alla speranza di vita) consentirebbe il conseguimento del requisito contributivo. In caso affermativo, l'amministrazione dovrà proseguire il rapporto di lavoro al fine di raggiungere l'anzianità contributiva minima.
Ebbene nel caso di specie l'amministrazione sarà tenuta, in via eccezionale, a concedere comunque la prosecuzione del rapporto sino a far acquisire al dipendente i 20 anni di contributi (cioè sino a 68 anni e 3 mesi, oltre il limite per la vecchiaia). E tale prosecuzione non costituirà un trattenimento vietato dalla legge.
Qualora invece, nonostante la prosecuzione sino a 70 anni il lavoratore non riuscisse a maturare comunque i 20 anni di contributi, l'amministrazione dovrà risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro senza concedere la prosecuzione.
Per coloro che abbiano il primo accredito contributivo a decorrere dal 1° gennaio 1996, peraltro, il collocamento potrà essere disposto solo se l'importo della pensione non risulterà inferiore all'importo soglia di 1,5 volte l'assegno sociale annualmente rivalutato (ai sensi dell'articolo 24, comma 7, del citato decreto legge n. 201 del 2011).
I contributi nelle altre gestioni. Per valutare la sussistenza del requisito contributivo minimo dei 20 anni per il diritto a pensione e, quindi, la possibilità della risoluzione del rapporto di lavoro, dovranno però essere considerati il rapporto di lavoro in essere con l'amministrazione e gli eventuali precedenti rapporti di lavoro, a cui corrispondano contributi versati presso le diverse gestioni previdenziali. Infatti, se il totale dei 20 anni, previsto dall'articolo 24, comma 7, del citato decreto-legge n. 201 del 2011, è raggiunto attraverso la somma di anzianità contributive relative a diverse gestioni previdenziali, il dipendente potrà accedere all'istituto gratuito della totalizzazione, di cui al decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 42, o a quello del cumulo contributivo, di cui all'articolo 1, commi 238-248, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che gli permetteranno di conseguire il requisito contributivo minimo.
In pratica se, proseguendo l'esempio precedente, il lavoratore avesse altri due anni di contributi nella gestione separata, la Pa potrebbe risolvere comunque il rapporto di lavoro perchè il lavoratore avrebbe il requisito per accedere al cumulo contributivo ex legge 228/2012 oppure alla totalizzazione e conseguire una rendita previdenziale. Peraltro, nell'ipotesi della totalizzazione, la Circolare correttamente tiene conto del regime delle decorrenze; pertanto, secondo il principio generale, il rapporto di lavoro dovrà proseguire per ulteriori 18 mesi sino alla maturazione della prima decorrenza utile proprio per evitare cesure tra trattamento retributivo e trattamento pensionistico.
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