Con il passare del tempo andrà progressivamente aumentando la quota dei lavoratori che avranno il proprio assegno pensionistico interamente determinato con il sistema contributivo, introdotto dalla legge Dini del 1995. Tale sistema interessa tutti i lavoratori assicurati presso l'Inps (sia del settore privato che del settore pubblico, sia autonomi che dipendenti o parasubordinati) a partire dal 1° gennaio 1996.
Il sistema di calcolo contributivo, come noto, si caratterizza per l'attivazione di un conto corrente virtuale su cui ciascun lavoratore accredita la contribuzione annualmente versata. I contributi versati vengono annualmente rivalutati per il tasso di variazione media quinquennale del prodotto interno lordo (cd. tasso di capitalizzazione). Alla cessazione dal servizio il montante maturato, corrispondente ai contributi versati rivalutati, è convertito in pensione mediante l'utilizzo di una serie di parametri, detti coefficienti di trasformazione, che variano a seconda dell'età del pensionando stabiliti per legge. Questi coefficienti nella sostanza sono collegati alla sopravvivenza media futura dei pensionati, quindi più si dilata l'uscita maggiore sarà il coefficiente applicabile, maggiore sarà l'importo annuo della pensione.
Teoricamente il sistema contributivo garantisce equità in quanto valore medio delle prestazioni medie annue erogate è commisurato esclusivamente in base al montante dei contributi versati dal pensionato nel corso dell'attività lavorativa (dunque, più si è versato più si riceverà); nei fatti tuttavia il sistema è molto meno generoso rispetto al previgente retributivo in particolare se il pensionamento avviene in età anticipate oppure in caso di carriera lavorativa discontinua (es. lunghi periodi di disoccupazione, lavoro part-time o precario); ad essere penalizzati sono anche i lavoratori autonomi e parasubordinati. Il valore della pensione risente anche dell'andamento dell'economia nazionale che segna un decennio di stagnazione sostanziale.
Al contrario per livelli retributivi elevati, percepiti con una certa continuità, il metodo contributivo può individuare, addirittura, una prestazione più elevata rispetto al vecchio sistema retributivo. Insomma, pur nato con le migliori intenzioni, il metodo contributivo mostra ormai diversi limiti e non a caso da tempo si parla di apportare alcuni correttivi. Uno dei principali limiti è che il metodo contributivo premia chi ha carriere lavorative stabili mentre penalizza le carriere più deboli.