Vecchi criteri
La questione riguarda i soci di SRL iscritti alle Gestioni speciali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali. Con la Circolare n. 102/2003 l'INPS aveva individuato la base imponibile, fermo restando il minimale contributivo, nella parte del reddito d’impresa dichiarato dalla S.r.l. ai fini fiscali e attribuita al socio in ragione della quota di partecipazione agli utili, prescindendo dalla destinazione che l’assemblea avesse riservato a detti utili e, quindi, ancorché non distribuiti ai soci. Veniva evidenziato, inoltre, che in presenza della predetta quota del reddito d’impresa della S.r.l., la stessa costituiva la base imponibile anche nei casi in cui il titolo all’iscrizione alle Gestioni derivasse dall’attività esercitata in qualità di imprenditore individuale o di socio di una società di persone, e ciò per effetto di quanto disposto dall’articolo 3-bis del decreto-legge n. 384/1992. La disposizione da ultimo richiamata, infatti, ha mutato dal 1° gennaio 1993 i criteri di individuazione del reddito imponibile optando per la totalità dei redditi d'impresa denunciati ai fini IRPEF in luogo della precedente regola (ex art. 1 della legge n. 233/1990) secondo cui si teneva conto dei soli redditi derivanti dall'attività di impresa che dava titolo all'iscrizione alla gestione. In sostanza, secondo la mutata regola, l'iscritto doveva parametrare il proprio obbligo contributivo, nei limiti del massimale contributivo, a tutti i redditi percepiti nell'anno di riferimento, tenendo conto anche di quelli da partecipazione a società di capitali nella quale egli non svolge attività lavorativa.
L'orientamento della Cassazione
La Corte di Cassazione ha sconfessato questa tesi in diverse sentenze (n. 21540/2019, n. 23790/2019, n. 23792/2019, n. 24096/2019 e n. 24097/2019) rimarcando che l'estensione della base imponibile di cui al dl n. 384/1992 può trovare applicazione esclusivamente nelle società di persone (si veda ad esempio quanto affermato nella sentenza della Cassazione n. 29779 del 2017, secondo cui ai fini della determinazione dei contributi dovuti dagli artigiani ed esercenti attività commerciali, vanno computati anche i redditi percepiti in qualità di socio accomandante, seppure diversi dal reddito che trova causa nel rapporto di lavoro oggetto della posizione previdenziale) ma non nelle società di capitali in virtu' del minore collegamento personale tra socio ed attività aziendale. In particolare, la Cassazione ha evidenziato che nelle società di capitali il prelievo contributivo, a differenza di quanto avviene nelle società di persone, deve restare ancorato alla necessaria «partecipazione personale al lavoro aziendale», mentre «la sola percezione di utili derivanti da una mera partecipazione in società di capitali non può far scattare il rapporto giuridico previdenziale, atteso che il reddito di capitale non rientra tra quelli costituzionalmente protetti, per il quale la collettività deve farsi carico della libertà dai bisogni (tra i quali rientra il diritto a pensione al termine dell'attività lavorativa)».
Il nuovo criterio
Con la Circolare n. 84/2021 l'INPS, pertanto, si adegua al consolidato orientamento della Corte di Cassazione. Ne consegue che gli utili derivanti da mera partecipazione a società di capitali, senza prestazione di attività lavorativa, disciplinati dal Tuir tra i redditi di capitale, sono esclusi da contributi. Le nuove indicazioni hanno effetto a partire dall'anno d'imposta 2020 che è l'anno per il quale si deve presentare quest'anno la dichiarazione dei redditi (termine al 30 giugno per pagare il saldo dei contributi oltre il minimale del 2020). Restano ferme le regole ordinarie di obbligo contributivo in caso di svolgimento dell’attività lavorativa all’interno di società di capitali da parte dei soggetti che hanno quote di partecipazione nelle stesse società.
Documenti: Circolare Inps 84/2021