La disciplina consente l'esercizio del riscatto senza alcun limite di tempo a domanda dell'interessato: si possono quindi riscattare periodi non lavorati anche dopo diversi anni, quando magari si hanno maggiori disponibilità economiche. Una volta esercitato il riscatto e versato il relativo onere questi periodi diventano utili sia ai fini della misura che del diritto alla pensione. Aiutano cioè sia ad aumentare l'importo dell'assegno sia ad anticipare l'uscita. A differenza della prosecuzione volontaria dei contributi non ci sono, poi, requisiti minimi di contribuzione: è sufficiente essere semplicemente iscritti al fondo previdenziale. Questa facoltà è a disposizione di tutti i lavoratori dipendenti: sia coloro che sono iscritti all'assicurazione generale obbligatoria sia degli iscritti presso le forme di previdenza sostitutiva o esclusiva dell'Ago.
L'esercizio di tale facoltà incontra tuttavia alcune limitazioni da tenere ben presente. La condizione fondamentale per l'esercizio di tale istituto è che i periodi da riscattare siano tutti successivi al 31 dicembre 1996; i periodi antecedenti non possono essere quindi formare oggetto di riscatto. In secondo luogo questi periodi non devono essere coperti da altra contribuzione obbligatoria o figurativa. Quindi, ad esempio, qualora il lavoratore abbia fruito dell'assegno di disoccupazione per tali periodi non potrà esercitare il riscatto perchè tale periodo risulterebbe già coperto figurativamente ai fini pensionitici. La terza condizione è che il lavoratore sia in grado di dimostrare la regolare iscrizione nelle liste di collocamento e il permanere dello stato di disoccupazione per tutto il periodo per cui si chiede la copertura mediante riscatto. Le domande di riscatto, infatti, devono essere corredate da una certificazione di iscrizione nelle liste di collocamento rilasciata dal competente Ufficio del lavoro con esplicita dichiarazione che, per tutto il periodo chiesto a riscatto, si sia protratto lo stato di disoccupazione (cfr: Circolare Inps 220/1996).
Bisogna anche precisare che i periodi che possono formare oggetto del riscatto sono solo quelli intercorrenti tra un rapporto di lavoro a tempo determinato e quello successivo in quanto la finalità della disposizione è quella di salvaguardare le situazioni di interruzione di lavoro determinate dalla natura stessa dell’attività prestata: secondo l'Inps, infatti, "l’attività saltuaria o discontinua non può che essere quella prestata con contratto a termine atteso che – nel caso di rapporto di lavoro a tempo indeterminato - l’interruzione dell’attività non è legata alle caratteristiche della prestazione svolta ma alla volontà delle parti" (cfr: messaggio inps 30108/2007). Ne consegue che solo nei casi di interruzione di un rapporto di lavoro con contratto stagionale o a termine cui segua la ripresa dell’attività lavorativa (sia in forma stagionale, saltuaria o discontinua che a tempo indeterminato) l’intervallo temporale tra le due prestazioni - non coperto da contribuzione e per il quale vi sia iscrizione al collocamento - può essere riscattato. Viceversa, la sospensione determinata dall’interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato cui segua la ripresa di attività (in qualunque forma) non può essere ammesso a riscatto. Il riscatto, poi, è alternativo alla prosecuzione volontaria dell'assicurazione. Pertanto, qualora il lavoratore, si sia avvalso del versamento volontario dei contributi per coprire i periodi di vuoto contributivo non potrà esercitarlo.