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Riforma Pensioni, il Pd valuta una settima salvaguardia
Nel decreto legge milleproroghe non sono state approvate nuove deroghe alla Riforma Fornero. All'interno del Pd tuttavia cresce il fronte per chiudere i conti con il fenomeno degli «esodati», cioè coloro che erano già in quiescenza quando sono stati alzati i limiti d'età e che sono rimasti senza stipendio e senza pensione.
Kamsin L'approvazione del decreto legge milleproroghe contiene notizie positive, sul fronte previdenziale, solo per i lavoratori con partita Iva iscritti in via esclusiva alla gestione separata. Per loro l'aliquota dei contributi previdenziali verrà riportata al 27,72% quest'anno contro il 30,72% previsto dalla attuale disciplina. Un traguardo questo, raggiunto dopo una lunga maratona in Commissione alla Camera durata tutta la settimana.
Ma se a cantar vittoria possono essere i professionisti senza cassa non l'hanno invece spuntata gli esodati, nonostante i tentativi dei gruppi politici di opposizione (soprattutto della Lega Nord) di chiedere una estensione delle tutele. Il Governo ha infatti blindato il testo del provvedimento.
Finora sono stati sei i provvedimenti che hanno «salvaguardato» gli esodati, cioè consentito loro di andare in pensione con le regole in vigore prima della legge Fomero proprio per evitare che rimanessero senza reddito. L'ultima mossa è stata fatta con la legge 147/2014, la sesta salvaguardia, le cui procedure si sono chiuse lo scorso 5 gennaio 2015. In tutto le persone messe in sicurezza (o che almeno sulla carta lo saranno dopo l'elaborazione delle graduatorie da parte dell'Inps) saranno poco piu' di 170mila per una spesa stimata di 11,6 miliardi di euro.
Secondo le stime della Cgil a restare senza tutela c'è però almeno un numero pari a quello dei salvaguardati. Basti pensare che le stime fornite dal Governo alla Commissione Lavoro della Camera lo scorso 15 Ottobre hanno dimostrato che ci sono almeno altre 49.500 persone che sono rimaste escluse dalla tutela. Ma il numero non tiene conto degli esclusi "storici" come le quindicenni dimissionarie, chi ha perso il lavoro per il fallimento dell'azienda, chi ha beneficiato del trattamento edile, eccetera. E il conto si ferma a chi il lavoro lo aveva perso entro il 2011; cioè senza considerare i lavoratori che nei prossimi mesi potrebbero diventare esodati, sempre per effetto dello spostamento in avanti dell'età pensionabile e della perdita del lavoro dopo il 2011.
Per ora l'unico, seppur insufficiente, passo avanti sta nell'introduzione dell'Asdi, un sostegno al reddito che potrà scattare per chi il lavoro lo ha perso però dal 1° maggio 2015 ed ha esaurito la Naspi. La misura è contenuta nel decreto delegato sugli ammortizzatori sociali (Jobs Act) e si potrà attivare proprio per aiutare le persone vicine alla pensione. L'assegno sarà erogabile, però, solo in favore dei soggetti che siano privi di occupazione ed in condizione economica di bisogno e per i quali l'intera durata della NASpI sia stata fruita entro il 31 dicembre 2015.
L'assegno sarà erogato mensilmente per una durata massima di sei mesi e sarà pari al 75 per cento dell'ultima indennità NASpI percepita, e, comunque, in misura non superiore all'ammontare dell'assegno sociale (circa 448 euro al mese); l'importo potrà essere incrementato per gli eventuali carichi familiari del lavoratore. Come dire che solo una piccola parte delle centinaia di migliaia di lavoratori ne potra' trovare ristoro.
All'approvazione di nuovo intervento in favore di coloro che dopo la riforma delle pensioni fatta dal governo Monti, sono rimasti o rischiano di rimanere senza stipendio e senza pensione stanno comunque lavorando Maria Luisa Gnecchi e Cesare Damiano (Pd), il presidente della commissione Lavoro della Camera. L'obiettivo, condiviso anche dalla minoranza dem, è quello di addivenire in tempi rapidi all'elaborazione di un documento base per una settima salvaguardia da sottoporre all'esecutivo.
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Zedde
Milleproroghe 2015, ok definitivo della Camera. Ecco le novità
L’Aula di Montecitorio ha approvato il decreto Milleproroghe con 280 «sì» e 96 «no». Il provvedimento, che scade il 1° marzo, passa ora al Senato per il varo definitivo.
Kamsin Il decreto milleproroghe, ha ricevuto oggi pomeriggio il disco verde definitivo della Camera. Confermata dunque la doppia boccata d'ossigeno per le Partite Iva. L'aumento dei contributi previdenziali, che quest'anno sarebbe dovuto passare dal 27,7 al 30,7%, per poi salire fino al 33%, sarà congelato. Una misura fortemente chiesta dal ex-ministro del Lavoro, Cesare Damiano. Non solo. Il governo ha anche dato il via libera ad un emendamento di Scelta Civica con il quale è stato riportato in vita il vecchio regime dei minimi, abolito poco più di un mese fa con la legge di stabilità e sostituito da una nuova tassazione forfettaria. Per tutto il 2015, dunque, i giovani professionisti, quelli cioè con meno di 35 anni di età, che dichiarano un reddito inferiore a 30 mila euro, potranno continuare a versare una tassa del 5 per cento sui loro guadagni.
La modifica, per la quale si è battuto soprattutto il sottosegretario all'Economia, Enrico Zanetti, convivrà con il nuovo sistema introdotto dalla manovra di fine anno. Sistema, quest'ultimo, che prevede una tassazione «flat» al 15 per cento per tutti i professionisti che dichiarano fino a 15 mila euro l'anno di reddito. Il via libera alle misure a favore delle Partite Iva è stato plaudito sia dal governo che dalle opposizioni.
Il governo ha dato via libera anche ad una mini proroga di 4 mesi al blocco degli sfratti. La norma approvata prevede che il giudice possa «disporre la sospensione dell'esecuzione» dello sfratto «fino al centoventesimo giorno dall'entrata in vigore della legge di conversione», per consentire il «passaggio da casa a casa».
Un altra modifica approvata rguarda poi la possibilità di accedere a un nuovo piano di rate per i debiti con Equitalia fino al 31 luglio di quest'anno per chi è decaduto dal beneficio entro fine 2014. La norma prevede anche che «non si possano avviare nuove azioni esecutive» nei confronti di chi presenta un nuovo piano di rateazione.
Nel provvedimento non sono invece passati gli emendamenti che chiedevano la proroga dell'opzione donna sino al 31 dicembre 2016 e le misure in favore dei Quota 96 della Scuola.
seguifb
Zedde
Jobs Act, via libera del Cdm al decreto sull'articolo 18 e nuovi ammortizzatori
Il Consiglio dei ministri ha approvato questa mattina il ddl concorrenza e i decreti attuativi del Jobs act. Stop all'articolo 18 ai nuovi assunti dal 1° marzo 2015.
Kamsin Il Cdm ha dato il via libera definitivo ai due decreti attuativi del Jobs Act sul contratto a tutele crescenti e sulla nuova Aspi e l’ok preliminare al decreto legislativo sul riordino delle tipologie contrattuali. Nel provvedimento che modifica l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori sono compresi anche i licenziamenti collettivi (non sono state quindi ascoltate le richieste delle Commissioni lavoro di Camera e Senato). I testi ufficiali dei provvedimenti non sono tuttavia ancora stati resi noti.
L'abolizione dei contratti a progetto e dell'associazione in partecipazione e la rimodulazione delle altre tipologie contrattuali dovrebbero andare in vigore dal 2016. Per quest'anno - si apprende - sarà ancora possibile stipulare queste tipologie contrattuali, mentre dopo il 2016 sarà possibile stipulare cocopro solo con accordi sindacali. Non sono stati varati gli attesi dlgs di attuazione della Delega fiscale, in assenza del ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, impegnato oggi a Bruxelles per l'Eurogruppo sulla crisi greca.
Per quanto riguarda il disegno di legge sulla concorrenza il Premier ha ricordato che il provvedimento contiene liberalizzazioni su assicurazioni, telefonia, professionisti (in primis i notai) e le multe. "Più che liberalizzazioni io direi Italia Semplice, tutela dei consumatori, è il tentativo di attaccare alcune rendite di posizione ed una sforbiciata sia perché riduciamo il gap tra chi gode di rendite e chi no e tentiamo di eliminare qualcosa di troppo. Agli imprenditori abbiamo tolto ogni alibi, a chi dice che assumere non è conveniente. È la volta buona, ora o mai piu'. Dopo un anno di governo non avremmo pensato di essere a questo punto", ha detto il Premier al termine della conferenza stampa.
Novità in arrivo su assicurazioni, telefonini e multe. Le annuncia Matteo Renzi e spiega: "voi ricevete una multa e c'è la riserva per Poste. C'è solo da noi Ungheria e Portogallo. Lo eliminiamo. Andremo un po' meno dal notaio perché si semplifica il sistema. Andremo con più serenità dai nostri professionisti".
seguifb
Zedde
Jobs Act, dal 1° Marzo via l'articolo 18 sui nuovi assunti
Il Ministro del Lavoro annuncia l'introduzione del contratto di lavoro a tutele crescenti a partire da Marzo. Via libera anche alla riforma degli ammortizzatori sociali.
Kamsin «Dal primo marzo le aziende potranno assumere con le nuove regole". E' quanto ha detto il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, alla presentazione del rapporto Ocse sull'Italia. Ancora pochi giorni dunque ed il contratto a tutele crescenti, con le sue novità anche sui licenziamenti ed il superamento del reintegro in gran parte dei casi, sostituito dall'indennizzo economico (si veda la tavola allegata all'articolo con le novità), sarà operativo.
Tutto questo alla vigilia del Cdm che oggi darà il via libera definitivo al relativo decreto attuativo, insieme a quello che ridisegna gli ammortizzatori sociali con la nuova Aspi (Naspi), la nuova indennità di disoccupazione che scatterà invece dal primo maggio. Sul contratto a tutele crescenti
resta, però, ancora da sciogliere la questione sui licenziamenti collettivi: ossia se escluderli come richiesto non solo a gran voce dai sindacati ma anche nel parere delle commissioni Lavoro di Senato e Camera o meno dal campo di applicazione delle nuove norme. Su cui c'è il no di Ncd.
Un nodo sul quale, viene sottolineato, la discussione e la mediazione sarà aperta fino all'ultimo. «Chiediamo al Consiglio dei ministri di disattendere» il parere, «confermando il testo originario», afferma il presidente della commissione Lavoro di Palazzo Madama, Maurizio Sacconi (Area popolare), secondo cui «se venisse meno anche questa novità positiva il provvedimento perderebbe gran parte del contenuto innovativo che continuiamo a giudicare timido».
Al Consiglio dei ministri arriverà sicuramente anche lo schema di decreto legislativo, previsto sempre dal Jobs act, sulla revisione delle tipologie contrattuali, il cosiddetto «Codice dei contratti»: come affermato dallo stesso Poletti, l'orientamento è di dire addio ai co.co.pro (non sarà possibile stipulare nuove collaborazioni a progetto e per quelle esistenti si gestirà la «transizione»), di abolire l'associazione in partecipazione ed il Job sharing e di rimodulare le regole per le Partite Iva. Mentre resta confermato a 36 mesi il tetto per i contratti a termine senza causale. Alcune limature dovrebbero arrivare anche sul contratto di apprendistato.
seguifb
Zedde
Pensioni, Ferri: bisogna mettere in discussione i diritti acquisiti
A gravare sui bilanci delle Casse di previdenza pesano "ancora le pensioni retributive particolarmente generose le quali, anche se formalmente disinnescate con le norme varate dal Parlamento, continuano a drenare risorse sproporzionate rispetto alle pensioni contributive per effetto di alcuni pronunciamenti della Cassazione che, di fatto, rendono aleatoria ogni previsione di bilancio".
Kamsin «Occorre intervenire sui diritti acquisiti in materia previdenziale con grande equilibrio e nel rispetto di imprescindibili criteri di equità e solidarietà sociale». L'annuncio è stato lanciato dal sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri in occasione del forum sul futuro dei professionisti organizzato a Roma dalla Cassa di previdenza dei ragionieri presieduta da Luigi Pagliuca. «La Corte Costituzionale - ha spiegato Ferri - ha indicato una via di uscita nella ragionevolezza. Sicuramente c'è una questione di sostenibilità economica ma occorrerebbe anche immaginare un cambiamento del ruolo delle Casse di previdenza. Per quanto riguarda le pensioni d'oro, il problema esiste ed oggi è certamente difficile spiegare l'erogazione di certe cifre a chi ottiene pensioni minime».
Il presidente della Cassa dei ragionieri ha dunque bollato l'attuale sistema come «iniquo», in grado altresì di alimentare una complessa questione generazionale. L'appello lanciato da Pagliuca alla politica e al mondo delle istituzioni è stato molto chiaro: «Bisogna trovare un modo per poter riequilibrare la situazione e tagliare le pensioni che sono un po' troppo generose. Il nostro sistema non può più reggere casi di privilegio: sarebbe opportuno che tutti quanti facessero un piccolo sacrificio per poter aiutare chi ha di meno».
Il tema sollevato è di assoluta centralità non solo per le Casse Private ha ricordato Damiano: "la sproporzione tra uscite ed entrate interessa anche le gestioni dell'AGO con l'unica eccezione della Gestione Separata" lasciando filtrare la necessità di un ridimensionamento dei diritti acquisiti anche nell'assicurazione generale obbligatoria, un ritocco in grado di garantire risparmi per flessibilizzare l'età pensionabile. Secondo Damiano del resto "il sistema pensionistico va reso maggiormente flessibile. Ogni lavoro è diverso dall'altro, e quando ci sarà il passaggio dal contributivo pro rata al contributivo puro, le persone dovranno avere la possibilità di andare in pensione quando lo riterranno opportuno. Il sistema ha evidenziato è troppo rigido». E ancora, «probabilmente il sistema previdenziale pubblico non si è riformato a sufficienza» ha continuato Damiano. «Credo che il conflitto tra generazioni esista ma in maniera relativa: la parte prevalente delle pensioni versate dall'Inps è sotto i 1000 euro al mese. Io guardo soprattutto a questo mondo, anche se ovviamente non riesco a negare l'esistenza di privilegi».
Damiano ha anche sottolineato il rischio che si corre sottovalutando la situazione delle Casse, ricordando la vicenda dell'Inpdai, l'istituto dei dirigenti riassorbito nell'Inps. «Andrebbe introdotto un criterio di flessibilità in tutto il sistema pensionistico è la soluzione proposta da Damiano. Nell'ambito di tale revisione si potrebbe intervenire anche per rivedere la questione dei diritti acquisiti per le casse professionali».
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Zedde
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Pensioni, la Madia fissa le regole per il pensionamento d'ufficio nelle Pa
I Dipendenti pubblici che hanno raggiunto i requisiti per la pensione anticipata potranno essere collocati in pensione forzosamente. Consentito il trattenimento in servizio sino a 70 anni solo se non sono stati raggiunti i 20 anni di contributi per la pensione di vecchiaia.
Kamsin Tante conferme nella Circolare della Funzione Pubblica 2/2015 con la quale Palazzo Vidoni precisa le modalità di pensionamento obbligatorio per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
L'abolizione dei trattenimenti in servizio. In primo luogo la circolare conferma che il trattenimento in servizio è stato abolito dal 1° novembre 2014 come ha diposto il decreto legge n. 90/2014 (convertito in legge 114/2014). L'istituto, com'è noto consentiva ai dipendenti pubblici di continuare a lavorare per un biennio dopo il raggiungimento dei requisiti della pensione di vecchiaia. L'abolizione travolge anche i trattenimenti già disposti prima del 25 giugno 2014 (data di entrata in vigore del Dl 90/2014): «Essendo già scaduto» il termine del 31 ottobre 2014, «i trattenimenti non possono proseguire», si legge nel testo della circolare pubblicata sul sito della Funzione pubblica. «A tal fine, si considerano in essere i trattenimenti già disposti ed efficaci. I trattenimenti già accordati ma non ancora efficaci al 25 giugno 2014 si intendono revocati ex lege».
Resta solo una deroga per i magistrati. "La data limite per l'efficacia dei trattenimenti in servizio, seppure ancora non disposti, per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari è il 31 dicembre 2015, data oltre la quale coloro che ne stiano fruendo devono essere collocati a riposo. Per tali categorie di personale, pertanto, è ancora possibile disporre il trattenimento, che non potrà avere durata tale da superare la predetta data». Quanto al personale della scuola, il regime «ha esaurito i suoi effetti il 31 agosto 2014. Nessun dipendente del comparto scuola, quindi, può trovarsi ancora in servizio in virtù del trattenimento eventualmente operato».
Il trattenimento sino a 70 anni
La circolare, concordata nei contenuti con il ministero del Lavoro, analizza anche le ipotesi di prosecuzione del rapporto di lavoro che riguardano in particolare il caso in cui il dipendente non abbia maturato alcun diritto alla pensione al termine dell’eta limite ordinamentale o al compimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia. Cio' si verifica quando il dipendente non ha perfezionato il requisito contributivo minimo per la pensione di vecchiaia, cioè i 20 anni di contribuzione. In tali casi, il rapporto di lavoro prosegue "per permettere al dipendente di maturare i requisiti minimi previsti per l’accesso a pensione non oltre il raggiungimento dei 70 anni di età (limite al quale si applica l'adeguamento alla speranza di vita)". Tuttavia, laddove la prosecuzione del lavoro non consentirebbe comunque di raggiungere il minimo contributivo "l'amministrazione dovrà risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro".
I regimi speciali
Un paragrafo è poi dedicato al regime speciale dei dirigenti medici e del ruolo sanitario, per i quali continua a valere la normativa previgente che individua il limite massimo per il collocamento a riposo al compiemento del 65mo anno di età «ovvero, su istanza dell’interessato, al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo, in ogni caso con limite massimo di permanenza al settantesimo anno di età». In tali casi l'amministrazione potrà accordare tale prosecuzione a patto che la permanenza in servizio non dia luogo ad un aumento del numero dei dirigenti. In questo caso, la prosecuzione del rapporto non costituisce un trattenimento in servizio, ma l'applicazione di una specifica disciplina del limite ordinamentale per il collocamento a riposo.
La Risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro
La Circolare conferma poi la disciplina introdotta dal Dl Madia, la ridefinizione dell'istituto della risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro. In materia, la circolare specifica come il Dl 90/2014 esclude un limite temporale di applicabilità, in maniera che l'istituto è utilizzabile a regime da tutte le Pa. Ampliata anche la platea delle amministrazioni interessate, con inclusione della Autorità indipendenti. Rimangono invece fuori dall'ambito di applicazione le categorie di personale regolate da regimi di accesso al pensionamento speciali, come il personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico e la magistratura. In termini di procedura, la riformulazione della normativa «rende esplicita la necessità che la decisione sia motivata con riferimento alle esigenze organizzative e ai criteri di scelta applicati». Rimane invariato il termine di preavviso per il recesso, che anche la nuova normativa stabilisce in sei mesi.
Al raggiungimento dei requisiti per la pensione anticipata (42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne) le Pa potranno dunque, con decisione motivata, procedere alla risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro a condizione che gli interessati non siano soggetti alla penalizzazione.
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Pensioni, Damiano: ho rinunciato ad una pensione di oltre 6mila euro
Quando ero al governo mi dissero: sei ministro e parlamentare, se l’ultimo giorno ti dimetti da deputato, la tua pensione viene ricalcolata e hai diritto a percepire 10mila euro lordi mensili, ovvero 6mila euro netti. Io ho rinunciato e sono andato in pensione con 2.350 euro netti, che sono il frutto di una carriera di 40 anni”. Lo ha detto Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera dei deputati, intervenendo al forum “Il futuro delle libere professioni e il ruolo delle Casse di previdenza” promosso dalla Cassa nazionale di previdenza dei ragionieri, guidata da Luigi Pagliuca.
“La politica, in generale, ignora i problemi legati alla previdenza – ha aggiunto Damiano -, purtroppo non c’e’ sufficiente competenza. C’e’ molta superficialita’ sui temi che riguardano le Casse dei professionisti, perche’ sotto la spinta di una situazione difficile, in cui occorre far quadrare i conti, si tende a mettere mano dove si pensa che ci siano piu’ risorse, ma senza discernere”.
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Riforma Pensioni, Damiano: bene le modifiche del milleproroghe
Positivo il giudizio del presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati per il via libera al decreto legge milleproroghe: "sono state corrette alcune storture della Legge Fornero".
Kamsin Sul Milleproroghe, provvedimento sul quale oggi pomeriggio l'Aula della Camera darà il primo via libera, è stato conquistato un risultato importante per le partite iva per il quale abbiamo lungamente combattuto”. Ad ribadirlo, in una nota, è l'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati che ha lavorato intensamente alla soluzione della vicenda. "I temi pricincipali riguardano proprio i contribuenti minimi e le aliquote contributive per partite IVA, due questioni che hanno un elemento unitario nel riguardare almeno in parte gli stessi soggetti, ma hanno origine tematica diversa. Per i contribuenti minimi l'origine è la legge di stabilità; si è stanziato quasi 1 miliardo per ampliare l'area del regime forfettario, introducendo però significative modifiche al sistema, modifiche che hanno penalizzato alcuni, soprattutto giovani con partita IVA.
La proroga attraverso un emendamento Sottanelli del vecchio sistema come opzione – si può scegliere tra il nuovo e quello precedente sottolinea Damiano – sana questo errore della legge di stabilità. Diversa è la questione delle aliquote previdenziali: le normative in vigore prevedono un graduale adeguamento delle stesse che le porterebbe dal 27 per cento al 30 per cento nel 2015, poi al 31 per cento nel 2016 e al 32 per cento nel 2017.
La ratio in un sistema previdenziale e contributivo è quella di aumentare i contributi per avere pensioni più adeguate, un costo attuale che ha un ritorno in futuro. Tuttavia la crisi economica è pesante anche per questi lavoratori e, già nel 2014, si è mantenuta l'aliquota al 27 per cento anziché portarla al previsto 28 per cento, un salto di 3 punti in un anno – dal 27 al 30 per cento – sarebbe troppo elevato; si proroga il 27 per cento anche per il 2015, nel 2016 si va al 28 e nel 2017 al 29. È un costo elevato per la finanza pubblica, 120 milioni per ciascun anno, ma si è ritenuto di dover dare priorità a questa questione. Vi sono le firme di parlamentari di tutti i gruppi sugli emendamenti che, riformulati con il contributo determinante del Governo, sono stati approvati".
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Jobs Act, stop alle collaborazioni a progetto. Ecco le novità in vista del Cdm
Per il contratto a tempo determinato resterà l'attuale limite massimo di durata di 36 mesi. L'associazione in partecipazione sarà superata, così come il lavoro ripartito (job sharing), mentre il tetto d'importo per i voucher sarà alzato.
Kamsin Iniziano a delinearsi in modo più netto i contorni del decreto sul riordino delle tipologie contrattuali che il governo ha messo a punto in attuazione della delega sul Jobs act e che sarà varato dal Consiglio dei ministri nella giornata di domani.
Per il contratto a tempo determinato resterà l'attuale limite massimo di durata di 36 mesi, contrariamente a quanto si era ipotizzato. Dovrebbe andare in soffitta l'associazione in partecipazione così come il lavoro ripartito (job sharing), mentre si potranno continuare ad usare il contratto di somministrazione e il lavoro a chiamata. Il Governo conferma poi l'addio alle collaborazioni a progetto: non si potranno fare nuovi contratti Co.co,pro, e nel periodo transitorio gli attuali Cocopro verranno portati a scadenza. Per quanto riguarda i voucher sarà rivisto al rialzo il tetto d'importo e con utilizzo della tecnologia il lavoro accessorio sarà tracciabile. Sull'apprendistato, infine, si punta a semplificare il primo livello (per il diploma e la qualifica professionale) e il terzo livello (alta formazione) per spingere sull'alternanza scuola-lavoro.
L'altra novità riguarda le mansioni: in presenza di una ristrutturazione o riorganizzazione aziendale l'impresa potrà modificare le mansioni del lavoratore fino ad un livello, senza toccare il trattamento economico.
Oltre al decreto sul riordino dei contratti, il consiglio dei ministri di venerdì, varerà anche l’altro decreto attuativo del Jobs act che istituisce l’Agenzia unica delle ispezioni con l’accorpamento delle funzioni di controllo attualmente svolte da ministero del Lavoro, Inps e Inail. Sembra, invece, in forse il Dlgs sulla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (restano da sciogliere ancora alcuni nodi sulle coperture).
Il Cdm dovrà darà pure il via libera definitivo ai due Dlgs sul contratto atutele crescenti e sulla nuova Aspi, provvedimenti sui quali in settimana è arrivato l'ok delle Commissioni Lavoro di Camera e Senato.
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Regime dei Minimi, doppia opzione per gli autonomi nel 2015
I freelance e le partite Iva ottengono la proroga nel 2015 del vecchio regime dei minimi e delle aliquote contributive nella gestione separata. Ma nel 2016 il tentativo di estorcergli risorse con le leve del fisco e della previdenza ricomincerà come e più di prima.
Kamsin Dopo quattro mesi di battaglia contro il governo Renzi, condotta con appelli e campagne su twitter a suon di hashtag, le associazioni dei lavoratori indipendenti Acta, Alta Partecipazione e Confassociazioni hanno ottenuto un primo successo politico. Oltre ad una rateazione per le cartelle Equitalia e a una discussa «miniproroga» sugli sfratti, le commissioni Bilancio e Affari costituzionali della Camera hanno recepito l'emendamento che rimedia all'incredibile pasticcio sulla riforma del regime dei minimi per le partite Iva sotto i 35 anni.
Dal primo gennaio chi aprirà una posizione fiscale, percependo guadagni inferiori ai 30 mila euro, potrà scegliere se optare per il nuovo regime dei minimi oppure per il vecchio. Quest'ultimo prevede l'aliquota Irpef al 5% per gli under 35 o nei primi cinque anni di attività, sotto 30mila euro di fatturato. Il nuovo regime, invece, è di natura forfettaria con un'unica imposta sostitutiva al 15% e soglie che variano da 15 mila euro per il lavoro della conoscenza a 40 mila euro per il commercio o l'artigianato.
I Requisiti per l'ingresso nel vecchio regime dei minimi. I soggetti in possesso dei requisiti potranno, dunque, avvalersi per l'anno 2015 dei previgenti regimi agevolati per i contribuenti «minimi». Si tratta dei seguenti regimi agevolati del regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità, che prevede un limite dei ricavi di 30 mila euro e l'aliquota sostitutiva del 5 per cento; tale regime interessa coloro che intraprendono una nuova attività ovvero che l'abbiano iniziata a partire dal 31 dicembre 2007, per il periodo d'imposta in cui l'attività è iniziata e per i quattro successivi ovvero fino al compimento del trentacinquesimo anno d'età (articolo 27 del decreto-legge n. 98 del 2011).
In particolare sono richiesti i seguenti requisiti: il contribuente non deve aver esercitato attività artistica, professionale ovvero d'impresa (anche in forma associata o familiare) nei tre anni precedenti l'inizio dell'attività; l'attività da esercitare non deve costituire una mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, salvo il caso in cui l'attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria per l'esercizio di arti o professioni; nel caso di prosecuzione di un'attività d'impresa precedentemente svolta da altro soggetto, l'ammontare dei ricavi realizzati nel periodo d'imposta precedente quello di riconoscimento del beneficio non deve aver superato i 30.000 euro.
Per la relativa copertura finanziaria si prevede che agli oneri derivanti (pari a 9,6 milioni di euro per il 2015, 71,4 milioni per il 2016, 46,7 milioni per gli anni 2017, 2018 e 2019, 37,1 milioni per il 2020) si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica. Sono altresì previste maggiori entrate (24,7 milioni per l'anno 2012) che affluiscono al medesimo Fondo.
I due regimi dei minimi in pratica coesisteranno durante il 2015. Si tratta di una soluzione di fortuna trovata dal governo (su impulso di Scelta Civica) per rimediare a quello che Renzi ha definito il suo «clamoroso autogol». Però senza un intervento razionale, nel 2016 il caos ritornerà.
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