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Lavoro, arrivano nuovi fondi per il reinserimento dei disoccupati
E' stato pubblicato dal Ministero del lavoro, nella sezione "Pubblicità Legale" del proprio sito, il decreto che istituisce il Fondo per le politiche attive del lavoro ai sensi dell'articolo 1, comma 125, legge 147/2013. Kamsin Il Fondo ha il compito di favorire il reinserimento lavorativo dei fruitori di ammortizzatori sociali anche in deroga e dei lavoratori in stato di disoccupazione attraverso il potenziamento delle politiche attive del lavoro.
Il Decreto individua diverse tipologie di iniziative finanziabili, anche sostenute da specifici programmi formativi: sperimentazione del contratto di ricollocazione; realizzazione di percorsi di orientamento formativo; percorsi formativi professionalizzanti per l'aggiornamento e il potenziamento delle competenze-chiave; percorsi formativi per la ricerca attiva di lavoro e per l'autoimprenditorialità; tirocini di inserimento o di reinserimento lavorativo; interventi di aiuto alle attività professionali autonome, alla creazione d'impresa ed al rilevamento di imprese da parte di lavoratori ed alle attività di cooperazione; incentivi all'assunzione e per la mobilità territoriale dei lavoratori.
Per l'accesso al Fondo delle politiche attive, le Regioni dovranno presentare una domanda di contributo al Ministero del lavoro con la relativa modulistica.
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Pensioni/Esodati, certificazioni al via per la sesta salvaguardia
Si sblocca la situazione per i lavoratori destinatari della sesta salvaguardia. L'Inps riprende ad inviare le certificazioni con priorità rispetto a chi ha maturato un diritto entro il 2012.
Kamsin L'Inps sta inviando le prime certificazioni dopo la chiusura dei termini per l'ammissione al beneficio della sesta salvaguardia (legge 147/2014). Secondo un'indagine condotta presso l'Inps da PensioniOggi.it l'istituto sta provvedendo ad inviare, con priorità, la certificazione ai lavoratori che hanno fruito dei congedi e dei permessi per l'assistenza a disabili nel corso del 2011 e che hanno maturato un diritto a pensione, con la vecchia normativa, entro il 31 dicembre 2012.
Si tratta di posizioni che, affermano dall'Inps, erano già state certificate nell'ambito della quarta salvaguardia ma che non erano state inviate agli interessati per via dell'esaurimento del plafond dei 2500 posti (l'ultimo incluso aveva maturato il diritto il 31 Ottobre 2012). L'Inps ha, altresì, iniziato a certificare le prime posizioni dei lavoratori che hanno presentato domanda entro il 5 gennaio 2015 ai sensi della legge 147/2014.
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Zedde
Cuneo Fiscale, metà stipendio va via in tasse e contributi
Il peso del fisco resta più alto sul lavoro dipendente e sulle pensioni. Quasi il 50% dello stipendio se ne va in tasse e contributi previdenziali.
Kamsin Tra fisco e contributi lo stipendio dei lavoratori viene dimezzato. Parola dell'Istat. Secondo gli ultimi dati pubblicati dall'Istituto di Statistica nel 2012 il costo medio del lavoro dipendente, al lordo delle imposte e dei contributi sociali, è stato di 30.953 euro all’anno, mentre il lavoratore ha percepito una retribuzione netta pari a poco più della metà (il 53,3%), per un importo medio pari a 16.498 euro. Il reddito medio da lavoro autonomo, al lordo delle imposte e dei contributi sociali, è stato invece pari a 23.432 euro annui.
Il Cuneo Fiscale supera il 45%. La differenza tra il costo sostenuto dal datore di lavoro e la retribuzione netta del lavoratore dipendente, il cosiddetto cuneo fiscale e contributivo, si attesta al 46,7% in media: i contributi sociali dei datori di lavoro ammontano al 25,6% e il restante 21,1% è a carico dei lavoratori in termini di imposte e contributi. Il peso del fisco è comunque più alto sul lavoro dipendente; l’incidenza media delle imposte dirette sul totale dei redditi individuali lordi, al netto dei contributi sociali, è pari al 19,4% ma si attesta al 21,3% per il reddito da lavoro dipendente, al 17,5% per le pensioni e al 17,1% (Irap inclusa) per il reddito da lavoro autonomo. Le persone sole di età inferiore a 64 anni sono nello specifico la tipologia familiare su cui grava il maggiore peso fiscale, con un’aliquota media del 21,6%.
Il carico fiscale è inferiore tra le famiglie del Mezzogiorno (16,3%), essendo il reddito mediamente più basso e il numero di familiari a carico più elevato, rispetto a quelle del Nordest (19,9%) del Centro (20,1%) e del Nordovest (21%). Per le famiglie con un solo percettore, il più basso livello di reddito determina un’aliquota media fiscale inferiore di oltre mezzo punto percentuale (18,9%) a quella delle famiglie con due o più percettori (19,6%).
Fra il 2011 e il 2012, l’aliquota media fiscale è passata passa dal 17,9% al 18,3% per le famiglie con unico percettore di reddito se si tratta di un reddito (prevalente) da lavoro autonomo, con una crescita inferiore rispetto a quanto registrato per le restanti due tipologie di famiglie monopercettore (lavoro dipendente dal 19,5% al 20,5% e redditi non da lavoro dal 16,8% al 17,4%).
Oltre la metà entro 30mila euro. Secondo la rilevazione, condotta sulle dichiarazioni dei redditi 2012, oltre la metà dei redditi lordi individuali (54%) si colloca tra 10.001 e 30.000 euro annui, il 25,8% è al di sotto dei 10.001 euro e il 17,6% risulta tra 30.001 e 70.000, mentre solo il 2,4% supera i 70.000 euro. Più del 40% dei redditi da lavoro autonomo e il 35% di quelli da pensione si collocano al di sotto dei 10.000 euro annui, contro il 27,5% dei redditi lordi da lavoro dipendente, e il 15% dei lavoratori autonomi dichiara redditi compresi tra i 15 mila e i 30 mila euro annui, mentre solo il 3,2% dichiara redditi superiori ai 70 mila euro annui.
Milano resta la provincia più ricca in termini di valore aggiunto per abitante prodotto nel 2012, con 46,6 mila euro, seguita da Bolzano con 35,8 e Bologna con 34,4. La media nazionale è pari a 24,2 mila euro per abitante. Le province con il valore aggiunto per abitante più basso sono Medio Campidano e Agrigento (con circa 12 mila euro) e Barletta-Andria-Trani e Vibo Valentia (con meno di 13 mila euro).
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Pensione anticipata, resta la decurtazione sugli assegni già liquidati?
L'inps dovrà precisare i limiti allo stop alla penalizzazione introdotto dalla legge di stabilità per il 2015. Tra i chiarimenti attesi la possibilità di ammettere al ricalcolo gli assegni già decurtati sino al 31 Dicembre 2014.
Kamsin Dal 1° gennaio 2015 e fino al 31 dicembre 2017 chi accede alla pensione prima dei 62 anni l'età non subirà il taglio dell'1-2% sulle quote di pensione calcolate con il sistema "retributivo". E' quanto ha previsto il comma 113 dell'articolo unico della legge di stabilità 2015 (legge 190/2014). Si tratta di quella riduzione dell'1% per ogni anno di anticipo della pensione rispetto ai 62 anni di età e una riduzione del 2% per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto ai 60 anni.
Con la norma inserita nella legge di stabilità, ci sarà, in pratica, un periodo di sospensione della penalizzazione sino al 2017 con la conseguenza che le pensioni anticipate, dal 2018, torneranno ad essere penalizzate se l'accesso avverrà con meno di 62 anni. Sempre che non ci saranno ulteriori cambiamenti.
L'inps ha di recente indicato alle sedi territoriali, in attesa di ulteriori istruzioni, con il messaggio 417/2015 di non applicare la penalizzazione sugli assegni aventi decorrenza, appunto, dal 1° gennaio 2015.
Una delle questioni piu' delicate, già evidenziate da PensioniOggi.it nei giorni scorsi, è stabilire cosa accadrà a quegli assegni che sono stati già decurtati prima dell'entrata in vigore della legge di stabilità. La norma di legge, infatti, indica che il beneficio si applica a decorrere dal nuovo anno, disinteressandosi agli effetti sugli assegni già liquidati sino al 31 Dicembre 2014.
Come dire: il taglio resta per sempre se l'assegno è stato liquidato prima del 2015 con la decurtazione. La discriminazione è di tutta evidenza nel caso seguente. Si pensi al lavoratore che ha raggiunto i 42 anni e mezzo di contributi nel novembre 2014 e che è andato in pensione dal 1° dicembre 2014 con la decurtazione perchè non sapeva della novità contenuta nella legge di stabilità. Ebbene se avesse aspettato un mese in piu', facendo domanda di pensione dal 1° gennaio 2015, l'assegno non sarebbe stato "tagliato". Una vera beffa!
Esigenze di giustizia sociale e di equità dovrebbero piuttosto consentire a tali assegni di essere depenalizzati a decorrere dal 1° gennaio 2015 come accaduto in passato per interventi simili sul meccanismo della penalizzazione. Si vedrà quale sarà la posizione ufficiale del Ministero del Lavoro.
L'altro punto da chiarire riguarda i lavoratori che raggiungono l'anzianità contributiva entro il 31 Dicembre 2017 ma scelgono di andare in pensione in data successiva alla maturazione del requisito contributivo, ad esempio, nel 2019. Si pensi ad un lavoratore che raggiunge nel novembre 2017 i 42 anni e 10 mesi di contributi e 58 anni di età e decide di restare sul lavoro per altri due anni. Nel 2019, all'età di 60 anni esce: il suo assegno sarà penalizzato? La risposta dovrebbe essere negativa, nessuna decurtazione, ma un chiarimento ufficiale sarebbe rassicurante.
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Cigs, ok alla proroga di 24 mesi per le cessazioni aziendali
Saranno completate nell'anno 2015, le proroghe a 24 mesi di Cigs dei programmi di crisi per cessazione di attività (articolo 1, comma 110 legge 190/2014). E' quanto ha comunicato il Ministero del Lavoro con la Circolare numero 1 del 22 Gennaio 2015. Via Veneto ha precisato che procederà all'istruttoria delle sole istanze relative alle proroghe del trattamento di cigs che abbiano avuto inizio entro e non oltre il 31 dicembre 2014 per cessazione di attività, per consentire alle aziende di adottare le idonee misure di tutela dei lavoratori sospesi.
Il Ministero ha precisato che si procederà nell'esame istruttorio in ordine cronologico di presentazione delle istanze e fino a concorrenza delle risorse finanziarie previste in complessivi 60 milioni di euro, e che le eventuali istanze riferite a programmi di proroghe di crisi aziendale per cessazione di attività, decorrenti dal 1° gennaio 2015, non potranno essere prese in esame.
Seguifb
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Jobs Act, pronti i decreti su contratti e Cassa Integrazione
In dirittura d'arrivo anche il decreto che riforma la cassa integrazione. Tra le novità attese c'è anche il superamento della cassa a zero ore ad eccezione delle riconversioni industriali.
Kamsin Il governo chiuderà il secondo capitolo del jobs Act il prossimo 20 Febbraio. Dopo i due provvedimenti approvati a dicembre che introducono da un lato il contratto di lavoro a tutele crescenti e la modifica dell'articolo 18 e, dall'altro lato, per chi perde il lavoro, altri due decreti stanno per vedere il disco verde nel Cdm di fine mese. I provvedimenti riguarderanno la riforma delle tipologie contrattuali che sarà inserita nei cosiddetto testo unico semplificato e la riforma degli ammortizzatori sociali, in particolare la cassa integrazione.
Dal primo decreto attuativo si attende l'abolizione dei contratti parasubordinati: "O si è lavoratori dipendenti o si è lavoratori autonomi, questa è la distinzione fondamentale spiega Filippo Taddei, responsabile economia del Pd. E il lavoro dipendente potrà essere svolto con il contratto a tutele crescenti o con il contratto a termine. II primo più conveniente del secondo, il secondo mantenuto per particolari esigenze". Sul punto il decreto potrebbe fissare in 24 mesi la durata massima del contratto a termine contro i 36 attuali, ma in compenso alzerebbe dal 20 al 30% il rapporto tra dipendenti a tempo indeterminato e a termine. Sulla causale resta confermata la norma attuale che la ha tolta.
Dovrebbero sparire quindi i co.co.co e co.co.pro ed essere introdotte specifiche tutele per i lavoratori autonomi con partita iva "genuina". Secondo Taddei chi lavora con partita Iva ma ha un unico committente o professionisti a inizio carriera legati, per esempio, a una sola committenza o a un solo progetto di lavoro dovrà avere "un plafond di tutele per esempio in caso di ritardo nei pagamenti dell'unico committente, malattie o maternità". Se, per esempio, "un programmatore ottiene una commessa di sei mesi e per un mese si ammala vogliamo aiutarlo a non perdere il lavoro". Tutele analoghe a quelle per la malattia sono allo studio per la maternità.
L'altro decreto dovrebbe riguardare la cassa integrazione. La formula che si intende adottare è "più la usi più paghi". Una sorta di clausola bonus/malus per le aziende che fanno maggior ricorso alla Cig. Secondo Taddei se si aumentano i contributi a carico delle aziende che ne fanno maggior uso si potrebbe innestare un circolo virtuoso limitando "in futuro gli abusi nell'interesse degli onesti». Tra le novità attese c'è anche il superamento della cassa a zero ore ad eccezione delle riconversioni industriali.
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Opzione Donna, anche la speranza di vita accorcia i termini
L'applicazione della speranza di vita determina, per le lavoratrici che accedono al regime sperimentale, una ulteriore riduzione dei termini.
Kamsin Alcune lettrici ci scrivono per segnalare una presunta imprecisione nella tabella allegata all'articolo pubblicato sabato scorso su PensioniOggi.it per quanto riguarda il mancato conteggio della speranza di vita. Per spiegare meglio occorre fare una premessa ricapitolando la situazione attuale. Le Circolari 35 e 37 del 14 Marzo 2012 dell'Inps hanno, come noto, messo tre punti nero su bianco:
1) che le finestre mobili (12/18 mesi) continuano ad essere applicate a queste lavoratrici come accadeva sino al 31.12.2011 (si veda Circolare Inps 53/2011);
2) che il requisito anagrafico è soggetto alla speranza di vita (quindi dal 1° gennaio 2013 l'età necessaria diventa 57 anni e 3 mesi e 58 anni e 3 mesi per le autonome);
3) che la decorrenza del trattamento pensionistico si verifichi entro il 31 dicembre 2015. E quindi i requisiti anagrafici e contributivi in parola devono essere raggiunti entro il 30 Novembre 2014 (se dipendenti del privato), 30 Dicembre 2014 (se nel pubblico impiego), e 31 Maggio 2014 (se autonome).
La richiesta prioritaria che viene rivolta al Ministero del Lavoro e all'Inps è volta ad ottenere la rimozione della condizione prevista dal punto 3). Ebbene se così fosse alle lavoratrici in parola sarebbe possibile raggiungere i requisiti (cioè 57 anni e 3 mesi) entro il 31 dicembre 2015 fermo restando però l'applicazione delle finestre mobili e, appunto, la speranza di vita. Quindi se prendessimo l'ultima lavoratrice che sarebbe ammessa al regime, cioè colei che matura questi requisiti proprio l'ultimo giorno utile, il 31 Dicembre 2015, la pensione avrebbe decorrenza dal 1° gennaio 2017 (o 1° luglio 2017 se autonoma; 1° settembre 2016 se nel comparto scuola). Ed è ciò che si vuole evidenziare nella tabella seguente.
E' chiaro che, qualora le richieste si spingessero sino a chiedere l'annullamento anche dei punti 1 e 2) - come ci scrivono alcune lavoratrici - , cioè l'applicazione della stima di vita e delle finestre mobili, il risultato sarebbe diverso. Non ci sono dubbi. In tal caso, sempre fotografando la situazione al 31 dicembre 2015, alla lavoratrice di cui all'esempio sopra sarebbero sufficienti solo 57 anni di età e la pensione decorrerebbe dal 1° gennaio 2016 e non dal 1° gennaio 2017.
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Delega Pa, iniziano le votazioni in Senato. Ecco le Novità
Tra gli emendamenti, non concordati però con l'esecutivo, che saranno discussi in Commissione c'è la staffetta generazionale e la possibilità di concedere un'uscita anticipata a 58 anni per i macchinisti delle ferrovie dello Stato (proposta del M5S).
Kamsin La riforma della Pubblica Amministrazione da mercoledì 11 febbraio riprenderà il suo cammino. Il disegno di legge delega è all'esame della Commissione Affari Costituzionali al Senato ormai da quest'estate e ora l'obiettivo è cominciare con il voto. Il provvedimento tocca punti caldi, soprattutto dopo gli ultimi emendamenti nelle proposte di modifica firmate dal relatore, Giorgio Pagliari (Pd), in accordo con l'esecutivo.
In primo luogo ci sono i licenziamenti. Si facilita l'azione disciplinare, che come sanzione più grave prevede proprio il licenziamento. Ma alle spalle di questo diventa cruciale il sistema di valutazione, sia per punire sia per premiare. Un altro punto sarà la riorganizzazione dell'accertamento medico legale, in altre parole come accertare malattia e altri problemi legati alle assenze. Tutto dovrebbe essere attribuito all'Inps, che già è titolare assoluto nel campo privato.
Ci sono poi novità sui dirigenti che non prenderanno più "scatti" automatici di carriera,ma solo per merito. La questione è piuttosto complicata e fa distinzione tra la proposta di "rafforzamento del principio di separazione tra indirizzo politico-amministrativo e gestione" con «l'esclusiva imputabilità" ai dirigenti delle «responsabilità amministrativo-contabile per l'attività gestionale». Che tradotto significherebbe che al dirigente pubblico non si può imputare una "mala gestione" se gli è stata imposta da un dirigente politico, ma va nei guai se ha male amministrato la gestione ordinaria.
Da segnalare anche l'intervento sulle partecipate: si chiede "efficienza, efficacia ed economicità", con una "ridefinizione" dei "limiti" per «la costituzione e il mantenimento di partecipazioni" pubbliche. E poi, le camere di Commercio: niente più annullamento del diritto camerale (ci si ferma a una riduzione del 50%) ma le camere dovranno dimezzarsi sul territorio nazionale. E poi, si ritorna sull'antico contesto della cittadinanza digitale. Si intitola così l'articolo uno del ddl, come modificato da Pagliari. Tra i principi volti a informatizzare la Pa ce ne è uno che sembra radicale, stabilendo che tutti i presidi dello Stato, incluse le scuole, non saranno più sconnesse, prive di un collegamento al web.
Resta fermo l'altro punto cardine del provvedimento, la promozione del part-time. Le amministrazioni, recita l'articolo 11 del provvedimento, dovranno adottare misure organizzative per il rafforzamento dei meccanismi di flessibilità dell'orario di lavoro, per l'adozione del lavoro ripartito, orizzontale o verticale, tra dipendenti, per l'utilizzazione delle possibilità che la tecnologia offre in materia di lavoro da remoto, fissando obiettivi annuali per l'attuazione del telelavoro, anche nella forma del telelavoro misto, nonché per la sperimentazione di forme di co-working e smart-working. Resta, però, tutto da decifrare gli effetti sull'assegno previdenziale di questi periodi di lavoro flessibile: il rischio è che tali periodi - coperti da minori contributi - abbiano un'influenza negativa sull'importo del trattamento pensionistico che sarà conseguito.
Tra gli emendamenti, non concordati con l'esecutivo, che saranno discussi in Commissione ricordiamo che c'è quello sulla staffetta generazionale e la possibilità di concedere un'uscita anticipata a 58 anni per i macchinisti delle ferrovie dello Stato (proposta del M5S).
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Pensione anticipata, l'ingiustizia del taglio sugli assegni già liquidati
Un emendamento apposto alla legge di stabilità cancella le penalizzazioni solo con riferimento agli assegni liquidati dal 1° gennaio 2015.
Kamsin La Fornero ha eliminato “le quote Damiano” età + contributi e previsto penalizzazioni qualora una lavoratrice vada in pensione anticipata con 41 anni e 1 mese di contributi (oggi 41 e 6 mesi per l’aspettativa di vita aumentata), e un uomo con 42 anni e 1 mese, oggi 42 anni e 6 mesi, ad un'età inferiore ai 62 anni.
Grazie ad un ordine del giorno, a prima firma Damiano, già nel dicembre 2011, durante la discussione del Salva Italia, per eliminare questa ingiustizia, si è riusciti nel Mille proroghe a prevedere che almeno fino al 2017 venissero attenuate, ma Fornero ha preteso di introdurre un concetto assurdo : solo in presenza di “prestazioni effettive di lavoro” si possono evitare le penalizzazioni.
Questo ha aperto una storia infinita, il Senato ha reso “prestazione effettiva di lavoro” le giornate di donazione di sangue, con relativa copertura di oneri prevista dalla Ragioneria di stato, poi alla Camera i congedi parentali, poi l’assistenza ai disabili, senza rendersi conto che la stessa persona può essere donatrice di sangue, avere un figlio, abile o disabile, ma venir penalizzata ugualmente perché si è sposata e ha utilizzato il congedo matrimoniale o ha avuto l’ardire di scioperare nell’arco della vita e quindi mantenere la punizione di veder si penalizzata la pensione.
Eravamo riusciti a correggere tali assurdità nel Decreto sulla pubblica amministrazione nel luglio di quest’anno, ma per una valutazione diversa degli oneri di copertura tra l’inps e la Ragioneria di Stato al Senato, l’emendamento è stato eliminato dal testo. Nella legge di stabilità siamo riusciti a riproporlo soggiacendo alla richiesta dei maggiori oneri, ma il Governo ha riformulato il nostro emendamento aggiungendo “a decorrere dal 1° gennaio 2015” togliendo le penalizzazioni solo per le pensioni con decorrenza dal 1° gennaio 2015.
Il Presidente del Consiglio, mercoledì 3.12 in aula alla Camera, ha citato l’eliminazione delle penalizzazioni fino al 2017 come cosa positiva e giusta, anzi “vantandosi” dell’impegno in stabilità a favore delle pensioni.
Avevamo già presentato un’interrogazione per sapere quante pensioni fossero già state liquidate con penalizzazioni. Complessivamente sono andati in pensione con penalizzazioni : 11.825 donne e 3338 uomini da gestioni private + 9432 donne e 772 uomini da gestioni pubbliche. La riformulazione del Governo, limitando la cancellazione delle penalizzazioni dall’1.1.15, colpisce, quindi, 21257 donne e 4110 maschi: ancora una volta sono penalizzate di più le donne !
Storicamente se tutto si misura sulla “prestazione effettiva di lavoro”, è dimostrato che i lavori di cura sono ancora oggi sulle spalle delle donne e trattandosi di periodi di lavoro di 41 anni e 6 mesi è evidente che ciò ancora conta molto: la pensione è il riassunto della vita lavorativa, quindi pensioni molto più basse e per di più con penalizzazioni ! La conferma di questa discriminazione di genere si evidenzia nel classico periodo “maschile” come il servizio militare che, anche fuori dal rapporto di lavoro, è stato considerato da Fornero “prestazione effettiva di lavoro” e la maternità obbligatoria fuori dal rapporto di lavoro NO ! 5 mesi per le donne non considerati, e ben 18 o 12 di servizio militare per i maschi considerati.
Le persone, donne prima di luglio 2013 e uomini prima di agosto 2014, che hanno decorrenze prima dei 62 anni, sono coloro che hanno avuto benefici per esposizione all’amianto o vittime di terrorismo, periodi quindi di contribuzione figurativa.
Possiamo accettare che disabili, esposti all’amianto, vittime di terrorismo mantengano questa riduzione della pensione per tutta la vita ?
Mi sembra veramente un’ingiustizia non prevedere o la riliquidazione o almeno la fine delle penalizzazioni per le pensioni gia’ in pagamento con il 31.12.14, in modo che dall’1 gennaio 2015 tutti abbiano la pensione senza penalizzazione.
Sempre la ministra Fornero, prevedendo dal primo gennaio del 2012 il calcolo contributivo per tutti, ha anche eliminato il limite di 2080 settimane su cui calcolare la pensione, 40 anni. In base ad una filosofia condivisibile, ogni contributo previdenziale deve essere valorizzato, salvo che non siamo in un periodo di massima occupazione, la gente anzi che lavorare di più, si trova licenziata, senza lavoro, senza ammortizzatore sociale, senza pensione. Le uniche categorie che possono lavorare fino a 70 anni sono medici, magistrati e docenti universitari, queste le categorie veramente favorite, tanto che dal 2011 noi diciamo che andrebbero modificati i criteri di calcolo delle pensioni, va armonizzato il sistema; per il pubblico impiego ancora si utilizza l’ultimo stipendio per calcolare la pensione fino al 31.12.92+ calcolo retributivo fino al 31.12.11 + contributivo, le categorie di cui sopra potrebbero arrivare a 50 anni di contribuzione, con una pensione quindi superiore alla retribuzione goduta in modo molto significativo.
Noi facciamo proposte di correzione dal 2011, ma il Governo sotto la pressione dell’opinione pubblica attraverso vari articoli di giornali, ha presentato un emendamento chiamato “contro le pensioni d’oro” per porre un limite al calcolo, ma non interviene realmente sulle distorsioni da correggere, diventa un limite per tutti. Da una prima formulazione che avrebbe penalizzato tutti, siamo riusciti almeno a pretendere che i nuovi requisiti richiesti per la pensione anticipata, quindi ad oggi 41 anni e 6 mesi per le donne e 42 e 6 mesi per gli uomini siano valorizzati. Tuttavia, in seguito alle reazioni di altri opinionisti che ritenevano “un pannicello caldo” l’emendamento perché non agiva sulle pensioni in essere, il Governo ha aggiunto un subemendamento, incomprensibile, che metterà a rischio il tutto, perché prevede che si possa intervenire anche sulle pensioni in essere dal primo gennaio 2015.
Questo episodio conferma che sulle pensioni non si deve intervenire in modo estemporaneo, il sistema previdenziale ha bisogno di certezze. Non è servita la lezione della manovra Fornero, sembrava si dovessero salvaguardare 50mila persone, siamo già a 170mila e ancora ci sono situazioni disperate. Evidentemente stiamo vivendo in un periodo storico in cui non conta più monitorare, valutare e approfondire per fare le cose giuste, purtroppo conta di più la lettura che il mondo fa di ciò che facciamo.
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Articolo di Maria Luisa Gnecchi (Pd) - Commissione Lavoro della Camera Dei Deputati
Pensioni / Esodati, salvaguardia piu' ampia per i lavoratori in mobilità
La Commissione esaminatrice della DTL Milano riprenderà tutti i "preavvisi di diniego" inviati e li riesaminerà dando "accoglimento" alle relative domande una volta verificata la congruenza dei necessari documenti presentati a suo tempo dai richiedenti.
Kamsin Si è conclusa positivamente la vicenda dei lavoratori in mobilità sottoscrittori anche di un accordo individuale/collettivo di incentivo all'esodo che si erano visti rigettare, con un preavviso di diniego, la domanda di accesso alla sesta salvaguardia da parte della Direzione Territoriale del Lavoro di Milano (e delle altre della Regione Lombardia). Ne hanno dato notizia, ieri, con una nota stampa i diretti interessati.
In esito agli incontri che si sono tenuti in Regione Lombardia la Direzione Interregionale del Lavoro ha provveduto ad inviare una nota interpretativa, lo scorso 2 Febbraio, alle DTL con la quale si invitano le Direzioni a provvedere all’accoglimento delle istanze in parola e a rivedere, pertanto, le interpretazioni restrittive inizialmente assunte. Le Commissioni delle DTL riesamineranno d'ufficio nei prossimi giorni, dunque, tutti i "preavvisi di diniego" inviati dando "accoglimento" alle relative domande una volta verificata la congruenza dei necessari documenti presentati a suo tempo dai richiedenti.
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