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Militari, Sap: la legge di stabilità colpisce assegni e pensioni
Dal 1° gennaio 2015 tornano gli automatismi stipendiali per il personale del comparto difesa e sicurezza. Ma non per la dirigenza.
Kamsin Forti criticità esprime Gianni Tonelli, segretario generale del Sindacato autonomo di polizia sulla legge di stabilità. Solo una notizia positiva denuncia l'Ufficio Studi del Sap nella legge finanziaria. Dal primo gennaio 2015 verranno pagati l' assegno di funzione, gli avanzamenti di qualifica, l'indennità di omogeneizzazione e altri vari automatismi, che saranno percepiti da chi ha maturato tali voci del trattamento economico fisso nel corso degli ultimi 4 anni. Va detto, però, che da questi benefici rimane escluso chi ha un'anzianità di servizio da 0 a 4 anni, da 21 a 27 anni, da 31 a 32 anni e superiore a 36 anni.
Ancora per tutto il 2015, inoltre, rimane il blocco dell'incremento annuale Istat del trattamento economico a favore del personale dirigente e di quello direttivo con trattamento economico dirigenziale. E per lo stesso personale è prevista la proroga, per l'anno prossimo, anche del blocco della progressione automatica degli stipendi. Ma non è tutto.
Il Sap, infatti, sottolinea che la Legge di Stabilità prevede la proroga del blocco dei rinnovi contrattuali e negoziali fino al 31 dicembre del 2015. Un danno non da poco proviene, poi, da un'altra voce. Fino al 31 dicembre 2018, l'ammontare dell'indennità di «vacanza contrattuale» sarà ferma a quella in godimento al 31 dicembre 2013. Il punto è che, sempre secondo il sindacato di polizia, essendo presumibile ipotizzare per i prossimi anni una crescita dell'economia e dunque una conseguente ripresa del tasso inflattivo anche fino al 2 per cento, e siccome, come previsto nelle more del rinnovo contrattuale, deve essere corrisposto lo 0,50 per cento dell'inflazione programmata, il blocco del governo agli attuali parametri deflattivi comporta un danno di un punto
percentuale. Ciò significa che su 3mila euro lordi di stipendio medio, la perdita è di 400 euro l'anno.
Critico il Sap anche sulla norma che introduce un tetto alle pensioni. Anche se la misura necessita di un chiarimento da parte dell'Inps e del ministero del lavoro il provvedimento riguarda tutti coloro che sino al 2011 si sarebbero visti determinare la pensione con il sistema retributivo. Tra questi, dununcia il Sap, molti sono appartenenti alle forze dell'ordine che si sono arruolati prima del dicembre 1980. "Tale personale, che dal 2012 aveva continuato a maturare la pensione con il sistema contributivo, si vedrà decurtata tutta la parte eccedente il superamento la misura della pensione determinata sul massimo della base pensionabile, ovvero dell'80 per cento delle ultime retribuzioni" denuncia il sindacato.
"In soldoni, vi sarà una perdita sulla pensione per ciascun anno lavorato dal 2012 in poi di circa 2540 euro netti medi al mese. Se a ciò si aggiunge che tale personale, accedendo alla pensione con il requisito della vecchiaia, non potrà più ricorrere al cosiddetto moltiplicatore che comporta un incremento del montante contributivo di cinque volte, possiamo stimare che per molti il danno sarà tra i 500 e gli 800 euro mensili per le qualifiche di base" conclude la nota del Sap.
La Legge di Stabilità stabilisce, inoltre, anche presupposti più stringenti per il pagamento delle indennità accessorie (cambio turno, reperibilità, ecc), la diminuzione del trattamento per reparti mobili, ecc. In questo il danno stimato, secondo il Sindacato, è di circa 400 euro procapite l'anno.
Il Sap denuncia anche quello che chiama «furto legalizzato». Il riferimento è ai «50 milioni di euro sottratti dal fondo Inps, ex Inpdap, che viene incrementato dagli interessi attivi della mutualità dei pubblici dipendenti» (forme di assistenza come prestiti, mutui, borse di studio peri quali i poliziotti versano lo 0,35 per cento dello stipendio). Il risultato è di altri 400 euro procapite in meno annuali sul trattamento economico delle donne e degli uomini in divisa.
Seguifb
Zedde
Riforma Pensioni, la nomina Boeri aprirà a nuovi interventi nel 2015?
La nomina di Boeri all'Inps potrebbe accelerare il processo di revisione della Riforma Fornero del 2011. L'economista era critico sul brusco innalzamento dell'età pensionabile, esodati e ricongiunzioni onerose.
Kamsin Nel Consiglio dei Ministri di ieri il governo ha nominato Tito Boeri nuovo presidente dell'Inps. L'economista prende il posto di Tiziano Treu, che a ottobre era stato messo al posto di Vittorio Conti con la qualifica di commissario straordinario e il compito di riformare la governance dell'Inps e portare a compimento la fusione dell'istituto di previdenza con quelli dei lavoratori pubblici (Inpdap) e dello spettacolo (Enpals).
Il curriculum - Milanese, classe 1958, Boeri è professore ordinario all'Università Bocconi (dove si è anche laureato), direttore della Fondazione Rodolfo Debenedetti, responsabile scientifico del festival dell'economia di Trento ed editorialista della Repubblica. Nel suo curriculum vanta un dottorato in Economia alla New York University e un'esperienza di dieci anni, da senior economist, all'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse). È stato anche consulente del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), della Banca Mondiale, della Commissione Europea e dell'Ufficio Internazionale del Lavoro.
Gli interventi sulle Pensioni promossi da Boeri
Come si ricorderà, Boeri, è stato uno dei principali critici alla Riforma delle Pensioni Fornero, accusata dall'economista, di non essere all'altezza degli obiettivi, soprattutto perché poco attenta alla domanda di lavoro. Il nodo principale, scriveva Boeri nel 2013 dalle pagine dell'Espresso, era l'aver innalzato troppo bruscamente l'età pensionabile senza affrontare in modo compiuto il problema dei lavoratori esodati ed esodandi: "La riforma non ha neanche posto rimedio alla barbarie dei ricongiungimenti onerosi e ha affrontato in modo brutale il problema dell'indicizzazione delle pensioni. Così, invece di trovare coerenza, di inseririsi in un disegno unitario con la riforma del mercato del lavoro, la rende ancora più pesante per i lavoratori e per le imprese" sosteneva Boeri.
Ma la critica era rivolta soprattutto alla mancanza di gradualità: "nel caso della riforma delle pensioni non c'era bisogno di attuare un innalzamento così brusco dell'età minima di pensionamento. Sarebbe bastato rideterminare gli importi pensionistici applicando riduzioni attuariali, pari a circa il 2-3 per cento in meno per ogni anno di pensionamento precedente al raggiungimento della nuova età richiesta. Al tempo stesso, si poteva chiedere ai datori di lavoro di versare i contributi sociali per questi lavoratori fino a quando avessero maturato il diritto a una pensione piena. Al di là del caso degli esodati, la riforma non tiene conto delle grandi differenze nei livelli di produttività e nei programmi di vita dei lavoratori anziani. Alcuni svolgono mansioni in cui sono altamente produttivi e motivati, altri magari, anche per ragioni famigliari, preferiscono ritirarsi dalla vita attiva pur sapendo che così facendo percepiranno una pensione più bassa.
Un sistema pensionistico sostenibile può permettere scelte diverse sull'età di pensionamento, posto che chi va in pensione prima (ricevendo un assegno per un periodo più lungo) deve incassare somme più basse. La riforma Fornero invece ha costretto anche quei lavoratori che avrebbero accettato una decurtazione della propria pensione pur di uscire prima a posticipare il pensionamento. Specie in un momento così difficile per il nostro mercato del lavoro sarebbe stato meglio garantire maggiore flessibilità nei piani di pensionamento. Bisognava anche abolire i ricongiungimenti onerosi, permettendo ai lavoratori di totalizzare i contributi versati una volta raggiunti i requisiti per la pensione di vecchiaia" concludeva Boeri.
La nomina al vertice dell'Inps di Boeri potrebbe ora agevolare un processo di revisione della Riforma Fornero. Diversi esponenti politici, anche della maggioranza, hanno piu' volte annunciato la volontà, in occasione della Riforma della Governance dell'Inps calendarizzata per l'anno prossimo di rimettere mano a quei punti critici che il neo-presidente dell'Inps già indicava un anno fa.
Seguifb
Zedde
Referendum Pensioni 2015, Governo presenta le memorie
In vista della pronuncia da parte della Corte costituzionale sull’ammissibilità del referendum sui trattamenti pensionistici (Comitato promotore – Sen. Roberto Calderoli), il Consiglio dei Ministri ha dato il proprio assenso a presentare alla Corte le memorie che la legge n. 352 del 1970 dà al Governo la facoltà di presentare. Kamsin E' quanto si legge nel comunicato stampa diffuso dalla Presidenza del Consiglio oggi al termine del Cdm.
Le memorie dovrebbero chiarire la posizione del Governo circa l'abrogazione della Riforma Pensionistica Fornero varata nel dicembre 2011 promossa dalla Lega Nord. Il partito, guidato ora da Matteo Salvini, vuole indire un referendum abrogativo, nella prossima primavera, volto a cancellare l'articolo 24 del decreto legge 201/2011 e a ripristinare, pertanto, la pensione di anzianità. Il quesito chiede di abrogare la Legge Fornero del Governo Monti che colpisce i giovani, le lavoratrici ed i lavoratori.
La Consulta è infatti chiamata a stabilire, nelle prossime settimane, se il referendum è ammissibile o meno.
Seguifb
Zedde
Jobs Act, ecco il testo del decreto che cancella l'articolo 18
Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto attuativo del jobs act relativo al contratto a tutele crescenti. Il decreto attuativo del jobs act sul contratto a tutele crescenti non prevede piu' il cosiddetto 'opting out', cioe' la possibilita' di un indennizzo piu' elevato per il lavoratore licenziato ingiustificatamente al posto del reintegro. Kamsin L'indennizzo che spetterà al lavoratori sarà pari a due mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità. Secondo la bozza diffusa dal Governo, inoltre, per le piccole imprese rimane invariata la situazione attuale, cioe' un indennizzo pari a 2-6 mensilita', con un sistema graduale legato all'anzianita' di servizio.
Ecco il testo del decreto legislativo diffuso dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attu azione della legge 10 dicembre 2014, n. 183.
Art. 1 – Campo di applicazione.
Per i lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il regime di tutela nel caso di licenziamento illegittimo è disciplinato dalle disposizioni di cui al presente decreto.
Nel caso in cui il datore di lavoro, in conseguenza di assunzioni a tempo indeterminato avvenute successivamente all’entrata in vigore del presente decreto, integri il requisito occupazionale di cui all’articolo 18, ottavo e nono comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, il licenziamento dei lavoratori, anche se assunti precedentemente a tale data, è disciplinato dalle disposizioni del presente decreto.
Art. 2 – Licenziamento discriminatori o, nullo e intimato in forma orale.
Il giudice, con la pronuncia con la quale dichiara la nul lità del licenziamento perché discriminatorio ovvero riconducibile agli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non impre nditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende riso lto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di la voro, salvo il caso in cui abbia rich iesto l'indennità di cui al terzo comma del presente articolo. Il regime di cui al pr esente articolo si applica anche al licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale.
Con la pronuncia di cui al comma 1, il giudice condanna altresì il da tore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità e l’inefficacia, stabilendo a tal fine un'indennità commisurata all'u ltima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altr e attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque me nsilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.
Fermo restando il diritto al risarcimento del danno co me previsto al comma 2, al lavoratore è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della re integrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta dell'indennità deve essere effettuata entr o trenta giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia o dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione.
Art. 3 – Licenziamento per giustificato motivo e giusta causa.
Salvo quanto disposto dal comma 2 del presente ar ticolo, nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per gius tificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rappor to di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità no n assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ul tima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non supe riore a ventiquattro mensilità.
Esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento pe r giustificato motivo sogget tivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla qual e resta estranea ogni valutazi one circa la sproporzione del licenziamento, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di a ltre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire ac cettando una congrua offerta di la voro ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lett. c, del decreto legislativo 21 apri le 2000, n. 181. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria relativa al periodo antecedente alla pronuncia di rein tegrazione non può essere superiore a dodici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assi stenziali dal giorno del li cenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione. Al lavoratore è attribuita la facoltà di cui all’articolo 2, comma 3.
La disciplina di cui al comma 2 trova applicazion e anche nelle ipotesi in cui il giudice accerta il difetto di giustificazione per motivo consistente ne ll’inidoneità fisica o ps ichica del lavoratore, anche ai sensi degli articoli 4, comma 4, e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68.
Al licenziamento dei lavoratori di cui all’articolo 1 non trova applicazione l’ articolo 7 della legge n. 604 del 1966.
Art. 4 – Vizi formali e procedurali.
Nell’ipotesi in cui il licenziamento sia intimato con violazione del requisito di motivazione di cui all’articolo 2, comma 2, della le gge n. 604 del 1966 o della procedur a di cui all’articolo 7 della legge n. 300 del 1970, il giudice dichia ra estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità no n assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a una mensilità dell’ul tima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superior e a dodici mensilità, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavo ratore, accerti la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle tutele di cui agli articoli 2 e 3 del presente decreto.
Art. 5 – Revoca del licenziamento.
Nell'ipotesi di revoca del licenziamento, purché effettuata entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell'impugnazione del medesimo, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di c ontinuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca, e non trovano app licazione i regimi sanz ionatori previsti dal presente decreto.
Art. 6 – Offerta di conciliazione.
In caso di licenziamento dei lavoratori di cui all’ articolo 1, al fine di ev itare il giudizio e ferma restando la possibilità per le parti di addivenire a ogni altra modalità di conc iliazione prev ista dalla legge, il datore di lavoro può offrir e al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento, in una delle sedi di cui all’ articolo 2113, comma 4, cod. civ., e all’articolo 82, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e non è asso ggettata a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità de ll’ultima retribuzione gl obale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferior e a due e non superiore a diciotto mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circ olare. L’accettazione dell ’assegno in tale sede da parte del lavoratore comporta l’es tinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già proposta.
L’onere derivante dalla disposizi one di cui al comma 1 pari a due milioni di euro per l’anno 2015, settemilionienovecentomila euro per il 2016 e tredic imilionieottocentomila euro per il 2017 è posto a carico del fondo di cui all’ar ticolo 1, comma 107, della legg e di stabilità per il 2015.
Il sistema permanente di monitoraggio e valutazion e istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 28 giugno 2012, n. 92, assicura il monitoraggio su ll’attuazione della pr esente disposizione.
Art. 7 – Computo dell’anzianità negli appalti.
Ai fini del calcolo delle indenni tà e dell’importo di cui all’articolo 3, comma 1, all’articolo 4, e all’articolo 6, l’anzianità di serv izio del lavoratore che passa a lle dipendenze dell’impresa che subentra nell’appalto si computa tenendo conto di tutto il periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato nell’attività appaltata.
Art. 8 – Computo e misura delle indennità per frazioni di anno.
Per le frazioni di anno d’anzianità di servizio, le indennità e l’im porto di cui all’articolo 3, comma 1, all’articolo 4, e all’articolo 6, sono riproporzionati e le frazi oni di mese uguali o superiori a quindici giorni si comput ano come mese intero.
Art. 9 – Piccole imprese e organizzazioni di tendenza.
Ove il datore di lavoro non raggi unga i requisiti dimensionali di cui all’articolo 18, ottavo e nono comma, della legge n. 300 del 1970, non si applica l’articolo 3, comma 2, e l'ammontare delle indennità e dell’importo previsti dall'articolo 3, comma 1, dall’artico lo 4, comma 1 e dall’articolo 6, comma 1, è dimezzato e non può in ogni caso superare il limite di sei mensilità.
Ai datori di lavoro non imprenditori , che svolgono senza fine di lucr o attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ov vero di religione o di culto, si applica la disciplina di cui al presente decreto.
Art. 10 – Licenziamento collettivo.
In caso di licenziamento colletti vo ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, intimato senza l’osservanza della forma scritta, si applica il regime sanzionatorio di cui all’articolo 2 del presente decreto. In caso di violazione delle procedure richiamate al l’articolo 4, comma 12, o dei criteri di scelta di cui all’ art. 5, comma 1, della legge n. 233 del 1991, si applica il regime di cui all'articolo 3, comma 1.
Art. 11 – Contratto di ricollocazione.
È istituito presso l’Istituto Nazi onale della Previdenza Sociale il Fondo per le politiche attive per la ricollocazione dei lavoratori in stato di disoccup azione involontaria, al qual e affluisce la dotazione finanziaria del Fondo istituito dall’articolo 1, comma 215, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, in ragione di 18 milioni di euro per l’anno 2015 e di 20 milioni di euro per il 2016 nonché, per l’anno 2015, l’ulteriore somma di 32 milioni di euro del gett ito relativo al contributo di cui all’articolo 2, comma 31, della legge 28 giugno 2012, n. 92.
Il lavoratore licenziato illegittimamente o per giustificato motivo oggettivo o per licenziamento collettivo di cui agli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991 n. 223, ha il diritto di ricevere dal Centro per l’impiego territorialmente competente un voucher rappresentativo della dote individuale di ricollocazione, a condiz ione che effettui la procedura di de finizione del profilo personale di occupabilità, ai sensi del D.lgs. attuativo dell a legge delega 10 dicembre 2014, n. 183, in materia di politiche attive per l’impiego.
Presentando il voucher a una agenzia per il lavo ro pubblica o privata accreditata secondo quanto previsto dal D.lgs di cui al comma 2, il lavoratore ha diritto a sottoscrivere con essa il contratto di ricollocazione che prevede:
1) il diritto del lavoratore a una assistenza appropriata nella ri cerca della nuova occupazione, programmata, strutturata e gestita secondo le migliori tecniche del settore, da parte dell’agenzia per il lavoro;
2) il diritto del lavoratore al la realizzazione da parte dell’agenz ia stessa di iniziative di ricerca, addestramento, formazione o riqualificazione pr ofessionale mirate a sbocchi occupazionali effettivamente esistenti e appropriati in relazione alle capacità del lavoratore e alle condizioni del mercato del lavoro nella zona ove il lavoratore è stato preso in carico;
3) il dovere del lavoratore di porsi a di sposizione e di cooperare con l’ agenzia nelle iniziative da essa predisposte. L’ammontare del voucher è proporzionato in relazione al profilo persona le di occupabilità di cui al comma 2 e l’agenzia ha diritto a incassarlo soltanto a risultato ottenuto secondo quanto stabilito dal D.lgs. di cui al comma 2.
Art. 12 – Rito applicabile.
Ai licenziamenti di cui al presente decreto non si applicano le di sposizioni dei commi da 48 a 68 dell’articolo 1 della legge n. 92 del 2012.
Qui il testo della bozza di decreto legislativo diffusa da Palazzo Chigi
Seguifb
Zedde
Pensioni, la penalizzazione determina la durata dell'Aspi e Mini-Aspi
Stop alle nuove prestazioni di disoccupazione per coloro che possono accedere alla pensione senza alcuna decurtazione dell'assegno di pensionamento.
Kamsin Il perfezionamento di un diritto a pensione, di vecchiaia o anticipata, fa decadere le prestazioni di disoccupazione, anche se sono in corso di erogazione a condizione che il lavoratore non risulti soggetto alla penalizzazione. E' quanto, in sintesi, ha precisato l'Inps con la Circolare Inps 180/2014 diffusa ieri sul sito dell'Istituto.
Le prestazioni di Aspi e Mini-Aspi possono essere fruite, ribadisce l'Inps, sino al perfezionamento dell'età pensionabile (cioè 66 anni e 3 mesi e 20 anni di contributi, oppure 42 anni e mezzo di contributi - 41 anni e mezzo le donne), in quanto il diritto ad Aspi e mini Aspi decade al «raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato». Ma se, nel caso della pensione anticipata, il lavoratore risulta soggetto alla penalizzazione il diritto all'Aspi e/o alla Mini-Aspi non si interrompe.
La Vicenda - Com'è noto, i soggetti che maturano il diritto alla pensione anticipata prima dei 62 anni d'età sono soggetti a una riduzione dell'assegno pensionistico, di misura variabile (1 o 2%) in base agli anni di effettivo anticipo della pensione rispetto all'età di 62 anni. In tal caso, spiega l'Inps, è possibile fruire di Aspi e mini Aspi fino al compimento di 62 anni di età, sempreché non sia presentata domanda di pensione anticipata. In altre parole, la decadenza dalla fruizione di Aspi e mini Aspi scatta dal primo giorno del mese successivo a quello di compimento del 62esimo anno di età; ovvero, qualora il soggetto faccia domanda di pensionamento, dal primo giorno del mese successivo a quello in cui è stata presentata domanda di pensione prima dei 62 anni d'età.
La deroga - Fino al 31 dicembre 2014 è stato previsto che, in alcune specifiche ipotesi, non trovi applicazione la penalizzazione, anche se il pensionamento anticipato avvenga prima di 62 anni d'età (quando l'anzianità contributiva derivi esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro includendo i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per l'assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e cassa integrazione guadagni ordinaria, per donazione sangue, per i congedi parentali, per ì congedi e i permessi di assistenza a disabili). In tali casi, la decadenza da Aspi e mini Aspi scatta dal primo giorno del mese successivo a quello di perfezionamento dei requisiti per la pensione anche se prima dei 62 anni di età (poiché non c'è penalizzazione).
L'Inps non lo precisa nella Circolare di ieri, tuttavia seguendo questo criterio dal 1° gennaio 2015 e fino al 31 dicembre 2017 la decadenza opererà in ogni caso di pensionamento prima dei 62 anni d'età, poiché la legge di Stabilità 2015 introduce una sospensione della penalizzazione, una sorta di moratoria, appunto fino al 31 dicembre 2017.
seguifb
Zedde
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Pensioni, Damiano: suggeriamo ulteriori modifiche con il Milleproroghe
“Siamo soddisfatti che il Governo abbia inserito nella legge di stabilità alcune nostre proposte in favore dei lavoratori precoci e sulla pensione anticipata. Ma si poteva fare di piu'. Soprattutto con riguardo al tema delle Partite Iva occorreva piu’ attenzione da parte del Governo’”. E' quanto ha dichiarato Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera. Kamsin “Siamo contenti del fatto – prosegue Damiano – che il Presidente del Consiglio abbia ascoltato le nostre proposte. Ci permettiamo di fornire un altro suggerimento al Governo: quello di utilizzare il prossimo ‘Milleproroghe’, che dovra’ andare al Consiglio dei ministri o domani o comunque entro la fine dell’anno, per non aumentare i contributi previdenziali a carico delle Partite Iva della gestione separata dell’Inps prorogando il blocco gia’ realizzato nei due anni precedenti”.
“Sarebbe un segnale immediato, di attenzione e di coerenza, in attesa di una riforma piu’ complessiva che aiuti i giovani professionisti che hanno intrapreso la strada del lavoro autonomo”, conclude il presidente della Commissione Lavoro della Camera.
Zedde
Riforma Pensioni, lo stop alla penalizzazione è legge
Sino al 2017 va in soffitta il sistema di penalizzazioni che colpiva i lavoratori con meno di 62 anni di età. Da comprendere gli effetti della misura sugli assegni già decurtati.
Kamsin E' fatta. L'articolo 1, comma 115 della legge di stabilità 2015, approvata ieri in via definitiva dalla Camera, porta un piccolo dono sotto l'albero per il prossimo anno per i cd. lavoratori precoci. Viene, infatti, eliminata la penalizzazione per tutti coloro che matureranno tra il 1° gennaio 2015 ed il 31 Dicembre 2017 i requisiti contributivi per accedere alla pensione anticipata (cioè 42 anni e 6 mesi di contributi e 41 anni e 6 mesi per le donne).
Una sorta di moratoria che per ora, per l'appunto, arriverà sino al 2017 ma che, probabilmente, sarà prorogata anche oltre nei prossimi anni non appena si troveranno le risorse nelle future manovre.
La penalizzazione di cui stiamo parlando, com'è noto, prevede un taglio dell'1% per ogni anno di anticipo sino a 60 anni e del 2% per ogni anno ulteriore rispetto all'età dei 60 anni. A conti fatti pertanto un lavoratore che ha 60 anni e decide di lasciare incorre in un taglio del 2%, taglio che sale al 4% se ha 59 anni e al 6% se ha 58 anni. Scopo della norma è, infatti, quello di incentivare il lavoratore a restare sul posto di lavoro sino, almeno, a 62 anni per limitare i costi per lo Stato.
Chi sono i beneficiari - La legge attuale prevede che le predette penalizzazioni non si applicano limitatamente a quei soggetti la cui anzianità contributiva (cioè 42 anni e mezzo o 41 anni e mezzo) sia composta da sola prestazione effettiva da lavoro (piu' alcuni, ma limitatissimi e tassativi, periodi di contribuzione figurativa: ferie, cigo, malattia, servizio di leva, congedi e permessi per l'assistenza disabili, donazione di sangue, maternità obbligatoria). Dal prossimo anno, invece, potrà essere fatta valere tutta la contribuzione, a qualsiasi titolo, accreditata.
I principali beneficiari di questa modifica sono pertanto i lavoratori che, nel corso della propria carriera contributiva, hanno avuto periodi ad esempio di disoccupazione indennizzata, mobilità, cigs, maggiorazioni contributive da amianto, da invalidità, scioperi, congedi matrimoniali, riscatto, contribuzione volontaria. Tali periodi, secondo la legislazione vigente, devono essere infatti "recuperati" con periodi lavorativi in quanto non sono utili a "depenalizzare". Ma dal 2015 anche questi periodi saranno utili a bloccare la penalizzazione.
Il vantaggio, dunque, è evidente. Si immagini, ad esempio, un lavoratore che ha 58 anni di età e 42 anni e mezzo di contributi al gennaio 2015 di cui, però, un anno di contribuzione (figurativa) da amianto. Con la legge attuale ha tre alternative: o andare in pensione nel gennaio 2015 accettando un taglio del 6% circa sull'assegno, per sempre; o lavorare almeno un anno in piu' (se ha la fortuna di avere ancora un lavoro) in modo da integrare 42 anni e mezzo di versamenti con contribuzione effettiva da lavoro ed andare in pensione senza penalizzazione; oppure, se ha perso il lavoro, attendere sino a 62 anni ed evitare, parimenti, la penalità.
Dal 2015, se l'emendamento sarà tradotto in legge, le cose si semplificano: il lavoratore potrà andare in pensione a 42 anni e 6 mesi di contributi nel gennaio 2015 senza incappare nella penalizzazione.
Cosa succede dopo il 2017 - Dal 1° gennaio 2018, salvo proroghe, il beneficio però viene meno. Per tutti. Torna il taglio dell'1% per ogni anno di anticipo sino a 60 anni e del 2% per ogni anno ulteriore rispetto all'età dei 60 anni. Quindi se, proseguendo l'esempio precedente, il nostro lavoratore raggiungerà i requisiti di 42 anni e 10 mesi (perchè dal 2016 scatta un adeguamento di 4 mesi alla speranza di vita) nel gennaio 2018 dovrà, per forza di cose, attendere i 62 anni per evitare un taglio del 6%.
La legge nulla dice, invece, per quanto riguarda i lavoratori che già hanno subìto il taglio dell'assegno, perchè hanno lasciato prima del 2015. L'Inps, tuttavia, potrebbe ammettere al ricalcolo e quindi alla depenalizzazione dell'assegno a partire dal 1° gennaio 2015 su apposita domanda dell'interessato.
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Pensione anticipata, servono almeno 35 anni di contributi effettivi
Per conseguire la pensione anticipata i lavoratori nel sistema retributivo o misto devono perfezionare almeno 35 anni di contributi senza considerare i periodi di disoccupazione e malattia.
Kamsin I periodi di accredito figurativo derivanti dalla fruizione dell'Aspi o della Mini-Aspi non sono utili a perfezionare il requisito minimo di 35 anni di contributi necessario all'erogazione della pensione di anzianità o della nuova pensione anticipata. E' quanto ha precisato oggi l'istituto di previdenza pubblica con la Circolare Inps 180/2014.
L'Istituto ricorda che, come già indicato al punto 2.1 della circolare Inps 35/2012, ai fini del raggiungimento del requisito contributivo minimo per il diritto alla pensione anticipata, da parte dei lavoratori nel sistema misto o retributivo, è valutabile la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata in favore dell’assicurato, fermo restando il contestuale perfezionamento del requisito dei 35 anni di contribuzione utile per il diritto alla pensione di anzianità, come disciplinata dalla previgente normativa, cioè con esclusione, pertanto, della contribuzione figurativa per disoccupazione ordinaria e malattia.
Pertanto "considerata la relazione di equivalenza che sussiste tra le indennità di disoccupazione ASpI e mini-ASpI e la previgente indennità di disoccupazione ordinaria la contribuzione figurativa riconosciuta per i periodi di fruizione delle indennità di disoccupazione ASpI e mini-ASpI è utile ai fini del diritto e della misura della pensione anticipata, ma non anche ai fini del requisito dei 35 anni di contribuzione richiesto per il diritto alla pensione di anzianità" sostiene l'Inps.
Ricapitolando, dunque, i lavoratori nel sistema retributivo o misto possono conseguire la pensione anticipata al perfezionamento di 42 anni e 6 mesi di anzianità contributiva (41 anni e mezzo le donne) a condizione che, almeno 35 anni di contributi siano integrati escludendo la contribuzione figurativa derivante da disoccupazione ordinaria, Aspi, Mini-Aspi, e malattia.
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Partite Iva, Renzi: provvedimento ad hoc nel 2015
"Nei prossimi mesi un provvedimento ad hoc sul mondo dei giovani professionisti. Un intervento correttivo sulle partite Iva e' sacrosanto e me ne assumo la responsabilita'". Lo ha detto Matteo Renzi a Rtl 102.5 aggiungendo che "la legge di stabilita' ha dei limiti e di questo ne sono consapevole il per primo. Pero' non e' tutta da buttare, per i commercianti e gli artigiani c'e' molto". Per Renzi si tratta comunque di "una legge di stabilita' assolutamente innovativa. Sulle partite Iva c'e' un effetto che fa molto arrabbiare nella suddivisione di questi soldi in piu'. Artigiani e commercianti sono un po' aiutati mentre per i giovani avvocati e giovani architetti aumenta il peso" previdenziale.
Il premier ha poi parlato della riforma del lavoro "I primo effetti del Jobs Act arriveranno nel 2015" ha detto. Ma c'e' un altro importante intervento economico, nei piani del governo, su cui il presidente del Consiglio vuole fare una precisazione, ed e' quellosull'Ilva: "Se l'Europa vuole impedire di salvare i bambini di Taranto ha smarrito la strada di casa". "Noi a Taranto - ha aggiunto - faremo la riqualificazione ambientale e nel 2015 rilanceremo l'edilizia".
Numerosi gli argomenti affrontati nel corso dell'intervista, tra questi anche quello del successore di Napolitano al Colle "Io spero che non si giochi a Indovina Chi? sul presidente della Repubblica - ha affermato Renzi - Sono molto tranquillo, credo che quando sara' il momento si trovera' un nome che piaccia a tutti". "Per il momento un Presidente c'e' ed e' Napolitano. A lui si deve gratitudine da parte di tutti. Non ho paura di eleggere il Presidente della Repubblica".
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Pensioni, il pagamento dei doppi assegni slitta al 10 del mese
Una norma della legge di stabilità prevede che i titolari di doppia pensione Inps-Inpdap riceveranno le prestazioni il 10 del mese. 800 mila i pensionati interessati dalla misura.
Kamsin Dal prossimo anno i pensionati titolari di piu' prestazioni a carico dell'Inps riceveranno l'accredito degli assegni in un solo giorno. Il 10 di ogni mese. Il comma 302 dell'articolo unico della legge di stabilità prevede, infatti, che, al fine di razionalizzare ed uniformare le procedure i tempi di pagamento delle prestazioni previdenziali corrisposte dall'Inps, i trattamenti pensionistici, saranno pagati il 10 di ogni mese, o il giorno successivo in caso di festivo, gli assegni, le pensioni e indennità di accompagnamento erogate gli invalidi civili e le rendite vitalizie dell'Inail.
In particolare la norma stabilisce che, dal 1° gennaio 2015, le pensioni, gli assegni, le pensioni e indennità di accompagnamento erogate agli invalidi civili, nonché le rendite vitalizie (Inail) vanno poste in pagamento il giorno 10 di ciascun mese ovvero il giorno successivo se festivo o non bancabile (sabato e domenica), con un unico pagamento nei confronti dei beneficiari.
L'Inps ha precisato che «l'introduzione del nuovo sistema di pagamento delle pensioni non comporta la modifica delle date di pagamento di pensioni pubbliche e sport/ spettacolo». Tali pensioni, si ricorda, vengono e continueranno a essere disponibili con la consueta data di valuta: 1) il giorno 1 di ciascun mese per le gestioni Inps (pensioni, indennità, ecc.); 2) il giorno 10 di ciascun mese per le gestioni dello spettacolo e degli sportivi professionisti; 3) il giorno 16 di ciascun mese per le gestioni dei lavoratori pubblici. La novità dovrebbe interessare circa 800 mila pensionati con più assegni erogati da Inps ed ex Inpdap (oggi all'Inps).
Si prevede, inoltre, che i medici dovranno inviare in via telematica i certificati di morte e che le prestazioni in denaro versate dall'INPS per il periodo successivo alla morte dell'avente diritto su un conto corrente presso un istituto bancario o postale saranno corrisposte con riserva. L'istituto bancario e la società Poste italiane Spa saranno tenuti alla loro restituzione all'INPS qualora esse siano state corrisposte senza che il beneficiario ne avesse diritto.
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