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Tasi 2015, scongiurato l'aumento per il prossimo anno
In attesa delle nuove regole sulle imposte locali sugli immobili il governo si accinge a confermare gli attuali tetti per le aliquote Imu e tasi anche per il prossimo anno.
Kamsin Sarà confermato nella legge di stabilità il tetto del 2,5 per mille sulle aliquote tasi. Il governo ha dato il via libera in commissione Bilancio al Senato all'emendamento che conferma gli attuali tetti sulle aliquote Imu e tasi anche per il prossimo anno mentre ancora resta ancora aperta la partita sull'Imposta Municipale dei terreni agricoli montani. Anche il prossimo anno, pertanto, in attesa che il governo riveda la tassazione complessiva sugli immobili nella cosiddetta local tax, le aliquote comunali sulle abitazioni principali non potranno superare il 2,5 per mille (oppure il 3,3 per mille a condizione la maggiorazione del gettito finanzi detrazioni).
In assenza dell'intervento governativo dal 2015 i Comuni, infatti, avrebbero potuto far lievitare fino al 6 per mille le imposte sulla prima casa, anche senza detrazioni. Un raddoppio che suonava come una minaccia per milioni di contribuenti anche se, in realtà, pochi Comuni ne avrebbero approfittato. Con l'emendamento approvato in Commissione Bilancio, destinato a breve a confluire nel maxiemendamento sulla legge di stabilità che Palazzo Madama dovrà votare nelle prossime ore, vengono confermate, invece, le aliquote Imu e Tasi vigenti per il 2014.
Ancora in stallo la grana dei terreni agricoli montani. Il governo con il recente decreto legge 185/2014 ha rinviato al 26 Gennaio il pagamento dell'Imu sui terreni che hanno perso l'esenzione per effetto del decreto legge 66/2014 e del Dm 28 Aprile 2014 ma ancora non si è deciso sulla rivisitazione dei criteri alla base dell'imposizione: l'esecutivo ha avviato dei tavoli tecnici per individuare dei nuovi criteri, più razionali di quello che limita le esenzioni solo sulla base dell'altitudine al centro dei Comuni.
Zedde
Cigs, le quote di TFR sono rimborsabili
Qualora l'impresa collochi in mobilità i dipendenti nel periodo compreso tra la fine del 12° mese successivo a quello di emanazione del decreto cigs e la fine del 12° mese successivo a quello di completamento del programma di risanamento dell'unità produttiva interessata dalla cigs, resta comunque fermo il diritto al rimborso delle quote di tfr maturate durante il periodo di concessione.
Kamsin Via libera al rimborso delle quote di tfr durante i periodi di cigs di aziende in fallimento. E' quanto ha precisato il ministero del lavoro in un interpello a risposta di quesiti dei consulenti del lavoro. Secondo il Dicastero di Via Veneto in particolare, per i periodi di cig nei confronti di aziende sottoposte a procedure concorsuali, il diritto al rimborso delle quote di tfr matura in considerazione del fatto che la concessione stessa presuppone la continuità dei rapporti di lavoro.
Qualora l'impresa collochi in mobilità i dipendenti nel periodo compreso tra la fine del 12° mese successivo a quello di emanazione del decreto cigs e la fine del 12° mese successivo a quello di completamento del programma di risanamento dell'unità produttiva interessata dalla cigs, resta comunque fermo il diritto al rimborso delle quote di tfr maturate durante il periodo di concessione.
Inoltre, relativamente ai periodi di un'eventuale interruzione del flusso di cassa integrazione salariale, il ministero ricorda che anche con riferimento alle imprese sottoposte a procedure concorsuali la ripresa dell'attività lavorativa può considerarsi quale evento interruttivo della sospensione, derivandone dunque l'impossibilità di ascrivere le quote di tfr a carico della cigs.
Inoltre, il ministero spiega che alla dichiarazione di fallimento non necessariamente consegue la cessazione del rapporto di lavoro, ma questa ha luogo solo laddove il curatore ritenga che non sia possibile, nemmeno in parte, la continuazione dell'attività dell'impresa. In tale ultima ipotesi, pertanto non sembra che possano maturare ulteriori quote di tfr. Diversamente, nel caso di richiesta del trattamento straordinario di integrazione salariale (ex art. 3 della legge n. 223/1991), secondo il ministero sussiste la continuazione reale e non' fittizia del rapporto di lavoro con l'impresa fallita fino al termine di concessione del trattamento stesso. Nel corso del periodo di fruizione della cigs, pertanto, continuano a maturare le quote di tfr in applicazione degli stessi principi validi con riferimento alle società sottoposte a procedure concorsuali.
Zedde
Dipendenti Province, ecco cosa prevede l'emendamento del Governo
La proposta del Governo prevede il taglio del 50% dei costi nelle province che restano e del 30% di quelle che si trasformano in Città Metropolitane.
Kamsin Dipendenti delle Province in allarme contro la mobilità che il Governo si accinge a confermare nel ddl di stabilità in Senato. L'emendamento approvato in Commissione Bilancio (in calce all'articolo il testo) prevede infatti la riduzione del 50 per cento della dotazione organica delle Province (del 30 nel caso delle Città metropolitane). I dipendenti in sovrannumero dovrebbero essere assorbiti da Regioni e Comuni oltre che dallo Stato (in particolare per strutture come le cancellerie degli uffici giudiziari).
La misura è volta a definire gli effetti dell'approvazione, la scorsa primavera, della Riforma delle Province (cd. Riforma Delrio) che ha svuotato le funzioni degli enti territoriali. Le Regioni, secondo quanto si apprende, potranno sfruttare la propria quota di ricambio dei dipendenti pensionati (60 per cento) - dividendo però le assunzioni con i vincitori di concorso - ed anche il restante 40 per cento dedicato ai soli lavoratori in mobilità.
Il nodo principale che non va giu' ai sindacati è che se queste persone non saranno riassorbite (ed alcune Regioni hanno già manifestato l’indisponibilità a farlo) per loro scatterebbe il percorso della mobilità, che passa per la riduzione della retribuzione all’80 per cento di quella percepita e in prospettiva - porta all’interruzione del rapporto di lavoro.
Il governo ha ripetuto in queste ore che alla fine nessun dipendente perderà il proprio posto, ma le rassicurazioni non hanno per ora convinto i rappresentanti sindacali del pubblico impiego. Per questo la versione finale nella proposta potrebbe essere modificata in occasione del maxi-emendamento che l'esecutivo presenterà oggi in Senato.
Zedde
156-bis. La dotazione organica delle città metropolitane e delle province delle regioni a statuto ordinario è stabilita, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, in misura pari alla spesa del personale di ruolo alla data di entrata in vigore della legge 7 aprile 2014, n. 56 ridotta rispettivamente, tenuto conto delle funzioni attribuite ai predetti enti dalla medesima legge 7 aprile 2014, n. 56, in misura pari al 30 e al 50 per cento. Entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, i predetti enti potranno deliberare una riduzione superiore. Restano fermi i divieti di cui al comma 156. Per le unità soprannumerarie si applica la disciplina dei commi da 156- ter a 156-novies.
156-ter. Tenuto conto del riordino delle funzioni di cui alla legge 7 aprile 2014, n. 56, secondo modalità e criteri definiti nell'ambito delle procedure e degli osservatori di cui all'accordo dell'articolo 1, comma 91, della legge 7 aprile 2014, n. 56, è individuato, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il personale che rimane assegnato agli enti di cui al comma 156-bis e quello da destinare alle procedure di mobilità, nel rispetto delle forme di partecipazione sindacale previste dalla normativa vigente.
156-quater. Nel contesto delle procedure e degli osservatori di cui all'accordo previsto dall'articolo 1, comma 91, della legge 7 aprile 2014, n. 56 sono determinati, con il supporto delle società in house delle amministrazioni centrali competenti, piani di riassetto organizzativo, economico, finanziario e patrimoniale degli enti di cui al comma 156-bis. In tale contesto sono, altresì, definite le procedure di mobilità del personale interessato, i cui criteri sono fissati con il decreto del comma 2 dell'articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Per accelerare i tempi di attuazione e la ricollocazione ottimale del personale, in relazione al riordino delle funzioni previsto dalla legge n. 56 del 2014 e delle esigenze funzionali delle amministrazioni di destinazione, si fa ricorso a strumenti informatici. Il personale destinatario delle procedure di mobilità è prioritariamente ricollocato secondo le previsioni di cui al comma 156-quienquies e in via subordinata con le modalità di cui al 156-s exties . Si applica l'articolo 1, comma 96, lettera a), della legge 7 aprile 2014, n. 56. A tal fine è autorizzata la spesa di 2 milioni per l'anno 2015 e di 3 milioni per l'anno 2016.
156.quinquies - Le regioni e gli enti locali, per gli anni 2015 e 2016, destinano le risorse pèr le assinvioni a tempo indeterminato, nelle percentuali stabilite dalla normativa vigente, all'immissione nei ruoli dei vincitori di concorso pubblico collocati nelle proprie graduatorie vigenti o approvate alla data di entrata in vigore della presente legge e alla ricollocazione nei propri ruoli delle unità soprannumerarie destinatarie dei processi di mobilità. Esclusivamente per le finalità di ricollocazione del personale in mobilità le regioni e gli enti locali destinano, altresì, la restante percentuale della spesa relativa al personale di molo cessato negli anni 2014 e 2015, salva la completa ricollocazione del personale soprannumerario. Fermi restando i vincoli del patto di stabilità interno e la sostenibilità finanziaria e di bilancio dell'ente, le spese di personale ricollocato secondo il presente comma non si calcolano, al fine del rispetto del tetto di spesa del comma 557 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Il numero delle unità di personale ricollocato o ricollocabile è comunicato al Ministro per gli affari regionali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e al Ministro dell'economia e delle finanze nell'ambito delle procedure di cui all'accordo dell'articolo 1, comma 91, della legge 7 aprile 2014, n. 56. Le assunzioni effettuate in violazione del presente comma sono nulle.
156-sexies. La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della fimzione pubblica avvia, presso le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, le Università e gli enti pubblici non economici, ivi compresi quelli di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, con esclusione del personale non amministrativo dei comparti sicurezza, difesa e Corpo nazionale dei vigili del fuoco, del comparto scuola, Afam ed enti di ricerca, una ricognizione dei posti da destinare alla ricollocazione del personale di cui al comma 156-ter interessato ai processi di mobilità. Le amministrazioni di cui al presente comma comunicano un numero di posti, soprattutto riferiti alle sedi periferiche, corrispondente, sul piano finanziario, alla disponibilità delle risorse destinate, per gli anni 2015 e 2016, alle assunzioni di personale a tempo indeterminato secondo la normativa vigente, al netto di quelle finalizzate all'assunzione dei vincitori di concorsi pubblici collocati nelle graduatorie vigenti o approvate alla data di entrata in vigore della presente legge. Il medesimo Dipartimento pubblica l'elenco dei posti comunicati sul proprio sito istituzionale. Le procedure di mobilità di cui al presente comma si svolgono secondo le modalità e le priorità di cui al comma 156-quater, procedendo in via prioritaria alla ricollocazione presso gli uffici giudiziari e facendo in tal caso ricorso al fondo di cui all'articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001, istituito dal decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114 prescindendo dall'acquisizione al medesimo fondo del cinquanta per cento del trattamento economico spettante al personale trasferito facente capo all'amministrazione cedente. Nelle more del completamento del procedimento di cui al presente comma alle amministrazioni è fatto divieto di effettuare assunzioni a tempo indeterminato. Le assunzioni effettuate in violazione sono nulle.
156-septies. In relazione alle previsioni di cui ai commi da 156-bis a 156-sexies il termine del 31 dicembre 2016, previsto dall'articolo 4, commi 6, 8 e 9, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, per le finalità volte al superamento del precariato, prorogato al 31 dicembre 2018, con possibilità di utilizzo, nei limiti previsti dal predetto articolo 4, per gli anni 2017 e 2018, delle risorse per le assunzioni e delle graduatorie che derivano dalle procedure speciali.
156-octies. Nelle more della conclusione delle procedure di mobilità di cui ai commi da 156-bis a 156-novies, il relativo personale rimane in servizio presso le città metropolitane e le province con possibilità di avvalimento da parte delle regioni e degli enti locali attraverso apposite convenzioni che tengano conto del riordino delle funzioni e con oneri a carico dell'ente utilizzatore. Allo scopo di consentire il regolare funzionamento dei servizi per l'impiego anche le regioni possono avvalersi della previsione di cui al comma 156-decies ricorrendo, altresì, ove necessario all'imputazione ai programmi operativi regionali cofinanziati dall'Unione europea con i fondi strutturali con relativa rendicontazione di spesa. A conclusione del processo di ricollocazione di cui ai commi da 156-bis a 156-sexies, le regioni e i comuni, in caso di delega o di altre forme, anche convenzionali, di affidamento di funzioni agli enti di cui al comma 1 o ad altri enti locali, dispongono contestualmente l'assegnazione del relativo personale con oneri a carico dell'ente delegante o affidatante, previa convenzione con gli enti destinatari.
156-novies. Nel caso in cui il personale interessato ai processi di mobilità di cui ai commi da 156-bis a 156-sexies non sia completamente ricollocato, presso ogni ente di area vasta si procede, previo esame congiunto con le organizzazioni sindacali che deve comunque concludersi entro trenta giorni dalla relativa comunicazione, a definire criteri e tempi di utilizzo di forme contrattuali a tempo parziale del personale non dirigenziale con maggiore anzianità contribuiva. In caso di mancato completo assorbimento dei soprannumeri restano ferme le disposizioni dell'articolo 33, commi 7 e 8, del decreto 165 del 2001.
156-decies. Allo scopo di consentire il regolare funzionamento dei servizi per l'impiego, nonché la conduzione del Piano per l'attuazione della raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea del 22 aprile 2013 sull'istituzione di una «Garanzia per i giovani», le città metropolitane e le province che, a seguito o in attesa del riordino delle funzioni di cui all'articolo 1, commi 85 e seguenti, della legge 7 aprile 2014, n. 56, continuino ad esercitare le funzioni ed i compiti in materia di servizi per l'impiego e politiche attive del lavoro, fermo restando il rispetto della vigente normativa in materia di contenimento della spesa complessiva di personale, hanno facoltà di finanziare i rapporti di lavoro a tempo indeterminato nonché di prorogare i contratti di lavoro a tempo determinato e i contratti di collaborazione coordinata e continuativa strettamente indispensabili per la realizzazione di attività di gestione dei fondi strutturali e di interventi da essi finanziati, a valere su piani e programmi nell'ambito dei fondi strutturali. Allo scopo di consentire il temporaneo finanziamento dei rapporti di lavoro di cui al primo periodo del presente comma, in attesa della successiva imputazione ai programmi operativi regionali, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è autorizzato, nei limiti di 60 milioni di euro a valere sul Fondo di rotazione per la formazione nell'ambito dei fondi strutturali. Allo scopo di consentire il temporaneo finanziamento dei rapporti di lavoro di cui al primo periodo del presente comma, in attesa della successiva imputazione ai programmi operativi regionali, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è autorizzato, nei limiti di 60 milioni di euro a valere sul Fondo di rotazione per la formazione professionale e l'accesso al fondo sociale europeo di cui all'articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, a concedere anticipazioni delle quote comunitarie e di cofinanziamento nazionale dei programmi a titolarità delle Regioni cofinanziati dall'Unione europea con i fondi strutturali. Per la parte nazionale, le anticipazioni sono reintegrate al Fondo a valere sulle quote di cofinanziamento nazionale riconosciute per lo stesso programma a seguito delle relative rendicontazioni di spesa.
Riforma Pensioni, La Camera esamina lo stop alle ricongiunzioni onerose
La Gnecchi: necessario riconoscere al piu' presto l'accesso alla pensione nel caso di contribuzioni versate presso diverse gestioni, eliminando l'incongruenza della disciplina vigente.
Kamsin E' proseguito ieri in Commissione Lavoro presso la Camera dei Deputati presieduta da Cesare Damiano l'esame dei disegni di legge unificati AC 225 e AC 929 (Fedriga e Gnecchi) volti a rimuovere gli oneri per l'esercizio della ricongiunzione introdotti dal decreto legge 78/2010 dal 1° Luglio 2010.
Come già anticipato da pensionioggi.it la proposta di legge unificata, oltre all'eliminazione degli oneri per l'esercizio della ricongiunzione dei contributi, prevede la possibilità di restituire gli oneri versati, nonché la facoltà, per coloro che sono stati costretti alla ricongiunzione onerosa o alla totalizzazione dei contributi per accedere alla pensione, di poter ottenere la riliquidazione della stessa, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge.
La proposta, inoltre, intende equiparare i requisiti contributivi pensionistici dell'INPS e dell'ex INPDAP, ed offrire la possibilità a coloro che sono iscritti a qualsiasi cassa previdenziale di poter ottenere, a domanda, una pensione supplementare con il sistema contributivo per coloro che sono già titolari di pensione.
Ieri, tuttavia, per venire incontro ai rilievi del Dicastero del Lavoro che ha sottolineato l'eccessiva onerosità della proposta, la Commissione ha avanzato, in via informale, l'ipotesi di seguire un'altra strada: quella di eliminare il requisito di 20 anni di contributi, ai fini del cumulo dei periodi assicurativi introdotto di recente della legge 228 del 2012, per l'erogazione delle prestazioni di vecchiaia. L'Onorevole Marialuisa Gnecchi ha, peraltro, osservato come possa essere opportuno attingere da quelle risorse che si sarebbero rese disponibili, dalla misura introdotta dal Governo nella legge di stabilità, volta a limitare i trattamenti pensionistici più elevati in caso di versamenti con il sistema contributivo effettuati dopo il 1o gennaio 2012. La Commissione si riunirà dopo Natale per il prosieguo della trattazione del ddl unificato.
Zedde
Pensioni Quota 96, Bellanova: soluzione a breve
L'esecutivo è impegnato nella soluzione della vicenda dei Quota 96 della Scuola in occasione della Riforma della Scuola.
Kamsin "C'è la volontà del Governo a impegnarsi ad affrontare in via risolutiva, già dalla prossima primavera e nel contesto del citato piano «La buona scuola», anche la questione concernente i lavoratori di «quota 96 della scuola. " Così il Sottosegretario al Welfare Teresa Bellanova ha risposto ieri all'interrogazione promossa dall'Onorevole Marialuisa Ghizzoni in Commissione Lavoro alla Camera dei Deputati.
L'Onorevole Ghizzoni ha evidenziato come la riforma pensionistica, introdotta dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, risulti viziata da un errore essenziale, peraltro ammesso dallo stesso ex Ministro Fornero, riguardante i lavoratori del comparto scuola. Tale riforma - ha precisato la Ghizzoni - non ha tenuto conto della specificità del comparto, nel quale l'accesso al pensionamento è concesso un solo giorno all'anno, il 1o settembre, in considerazione della continuità didattica che deve essere garantita agli studenti.
La Risposta integrale del Sottosegretario Bellanova - Gli Onorevoli interroganti – con il presente atto parlamentare – richiamano l'attenzione del Governo sugli effetti prodotti dalla riforma pensionistica introdotta dal decreto-legge n. 201 del 2011 (cosiddetto decreto Salva Italia) nei confronti del personale appartenente al comparto scuola.
La predetta riforma – entrata in vigore a decorrere dal 1o gennaio 2012 – ha introdotto nuovi e più rigidi requisiti per l'accesso al pensionamento, facendo, tuttavia, salva l'applicazione della previgente normativa – basata sul cosiddetto sistema delle quote – nei confronti di quei soggetti che maturassero i requisiti pensionistici entro il 31 dicembre 2011.
Al contempo la predetta riforma, a protezione di particolari categorie di soggetti che, con l'entrata in vigore delle nuove disposizioni in materia pensionistica, si sarebbero ritrovate prive di retribuzione e di pensione, ha introdotto deroghe e salvaguardie in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto «Salva Italia».
Con particolare riferimento al comparto scuola non sono state riscontrate specificità di carattere previdenziale tali da giustificare una regolamentazione differenziata (deroghe o salvaguardie) rispetto alla generalità dei lavoratori.
L'unica specificità rispetto ai dipendenti civili di altri comparti è costituita, infatti, dall'obbligo, per il personale della scuola, di accedere al pensionamento il 1o settembre di ogni anno, circostanza, di per sé, non ritenuta idonea dal Legislatore del 2011 a giustificare una deroga alle nuove previsioni generali di cui all'articolo 24 del decreto Salva Italia.
Conseguentemente, le deroghe ai nuovi requisiti di accesso al pensionamento non trovano applicazione nei confronti di quei lavoratori appartenenti al comparto scuola che hanno maturato i requisiti pensionistici nei corso dell'anno scolastico 2011/2012, con decorrenza dal 1o gennaio 2012.
In tale contesto di riferimento, tengo a precisare che la questione prospettata dagli onorevoli interroganti è stata più volte sottoposta all'attenzione del Governo che ha provveduto ad avviare i dovuti approfondimenti soprattutto in ordine alla reperibilità della necessaria copertura finanziaria, al fine di garantire una positiva soluzione della vicenda.
A tal riguardo è utile ribadire quanto affermato dal Vice Ministro Morando nel corso dell'esame del disegno di legge di stabilità presso la Commissione bilancio della Camera. In tale occasione è stato evidenziato come il Governo sia oramai prossimo all'adozione di un intervento normativo di notevole rilievo volto ad incidere profondamente sul mondo della scuola e principalmente orientato a favorire il ricambio generazionale del corpo docente.
Il Vice Ministro ha auspicato che la definizione dell'intervento richiesto dagli interroganti possa avere luogo nell'ambito della realizzazione del più complessivo piano di riforma denominato «La buona scuola», secondo una tempistica tale da assicurare che il nuovo impianto regolatorio possa entrare in vigore a partire dall'anno scolastico 2015-2016 e ha manifestato la volontà del Governo a impegnarsi ad affrontare in via risolutiva, già dalla prossima primavera e nel contesto del citato piano «La buona scuola», anche la questione concernente i lavoratori di «quota 96».
seguifb
Zedde
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Pensioni, così i limiti alla penalizzazione nella pensione anticipata
Un emendamento contenuto nella legge di stabilità metterà però la parola fine al taglio almeno sino al 2017. La disciplina attualmente vigente è piuttosto complessa.
Kamsin In attesa che quel complesso sistema di penalizzazione che oggi colpisce i lavoratori che vanno in pensione anticipata con meno di 62 anni di età vada in soffitta (nella legge di stabilità per il 2015 è stato approvato un emendamento che porrà fine alla penalizzazione almeno fino al 2017), appare utile, anche per rispondere ai tanti quesiti che ci giungono, fare un attimo il punto della situazione.
La disciplina attualmente vigente prevede infatti, per scoraggiare l'accesso alla pensione anticipata (cioè per chi matura 42 anni e 6 mesi di contributi, 41 anni e 6 mesi le donne) in età troppo giovani, un sistema di disincentivi per chi non ha compiuto almeno 62 anni.
Nei confronti di tali lavoratori, dipendenti e autonomi, si applica, sulla quota di trattamento pensionistico relativa alle anzianità contributive maturate al 31 dicembre 2011, una riduzione pari ad un punto percentuale per ogni anno di anticipo nell’accesso alla pensione rispetto all’età di 62 anni; tale percentuale annua è elevata a due punti percentuali per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto a 60 anni. Tanto per fare un esempio, un lavoratore che ha compiuto i 42 anni e 6 mesi di anzianità contributiva nel 2014 ma ha solo 58 anni di età potrà andare in pensione accettando una decurtazione del 6% circa (1% + 1% per i 60 e i 61 anni; 2% + 2% per gli anni 59 e 58).
La predetta riduzione, tuttavia, non si applica qualora, come recita l'articolo 6, comma 2-quater del Dl 216/2011 nei confronti di coloro che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva per la pensione anticipata entro il 31 dicembre 2017, a condizione che tale anzianità contributiva derivi esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro, includendo i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per l'assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e di cassa integrazione guadagni ordinaria, per la donazione di sangue e di emocomponenti, come previsto dall'articolo 8, comma 1, della legge 21 ottobre 2005, n. 219, e per i congedi parentali di maternita' e paternita' previsti dal testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 nonche' per i congedi e i permessi concessi ai sensi dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
Per effetto di tale norma è possibile accedere alla pensione anticipata, sino al 2017, anche se non sono stati compiuti i 62 anni, senza alcuna penalizzazione. Attualmente, pertanto, per non subire il taglio risulta essenziale verificare la composizione dell'anzianità contributiva maturata in quanto solo i periodi di prestazione effettiva da lavoro, unitamente a quelli individuati nell'articolo citato, risulteranno utili ad escluderla.
La tabella seguente consente di tenere sott'occhio la disciplina attualmente vigente.
Dal prossimo anno, però, questo complesso sistema, che costringe i lavoratori ad uno slalom tra i periodi contributivi accreditati sul proprio conto assicurativo andrà, come detto, in soffitta. E tutti coloro che matureranno 42 anni e 6 mesi (41 anni e 6 mesi le donne) entro il 2017 potranno non subire alcuna riduzione dell'assegno.
Zedde
Opzione Donna, Damiano: presto pronta la proroga
Siamo in attesa della correzione della circolare dell’INPS per quanto riguarda la cosiddetta Opzione Donna, vale a dire la possibilita’ per le lavoratrici di andare in pensione all’eta’ di 57 anni se dipendenti e 58 se autonome con 35 anni di contributi, con il sistema contributivo”. Lo dichiara Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera.
Kamsin “Una interpretazione restrittiva dell’INPS – spiega - fissava al 31 dicembre 2015 la decorrenza del trattamento pensionistico anziche’ la maturazione del requisito. E’ da tempo che stiamo aspettando questa correzione che dovrebbe essere pacifica e condivisa”. “Ci auguriamo che vengano superate tutte le inerzie burocratiche e che si giunga rapidamente a conclusione di questa ennesima vicenda di ingiustizia sociale, soprattutto in un periodo di grande sofferenza e di incertezza occupazionale e pensionistica per le lavoratrici”, conclude il presidente della Commissione Lavoro della Camera.
Zedde
Ammortizzatori sociali, solo le imprese ne potranno beneficiare
Una circolare del Ministero del Lavoro precisa gli effetti della Riforma dei trattamenti in deroga. Gli studi professionali e i sindacati restano fuori dai benefici.
Kamsin Sindacati e studi professionali restano fuori dagli ammortizzatori in deroga. E' quanto ha ribadito il ministero del lavoro nella nota prot. n. 5425/2014 con cui ha risposto a diversi quesiti posti delle regioni in merito agli aspetti operativi del Dm 83473/2014, il provvedimento ce ha riformato i criteri per la concessione di cig e mobilità in deroga. I professionisti e i sindacati, pertanto, non vi possorio far ricorso, dato che i trattamenti sono riservati esclusivamente alle imprese. Tra queste sono inclusi anche i c.d. piccoli imprenditori, che sono i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani e i piccoli commercianti perché anche loro sottoposti allo statuto generale dell'imprenditore.
Inoltre, precisa la circolare, possono farvi ricorso anche le cooperative sociali di cui alla legge n. 381 del 1991, con riferimento ai lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato, in quanto anch'esse rientranti nella nozione d'impresa di cui al codice civile. Il ministero precisa, infine, che invece sono esclusi dal campo di applicazione gli studi professionali e le associazioni dei sindacati dei lavoratori e dei datori di lavoro.
In base ai nuovi criteri, la fruizione della cig in deroga è possibile a condizione che l'impresa abbia previamente utilizzato gli strumenti ordinari di flessibilità (ferie residue e maturate, permessi, banca ore, ecc.). Il ministero precisa che tra gli strumenti ordinari di flessibilità si inseriscono anche gli istituti di fonte contrattuale. Inoltre, che per ferie residue e maturate si devono intendere quelle residue dell'anno precedente e quelle maturate fino alla data d'inizio delle sospensioni, mentre sono da escludersi le ferie programmate che coincidono ad esempio con le chiusure aziendali.
Il ministero precisa, ancora, che cig e mobilità in deroga non possono essere concessi in favore dei lavoratori per i quali ricorrono le condizioni di accesso alle analoghe prestazioni previste dalla normativa vigente. Pertanto è da escludersi la concessione della mobilità in deroga ai lavoratori in possesso dei requisiti per accedere prioritariamente alla mobilità ordinaria (ex legge n. 223/1991), alle indennità Aspi e MiniAspi, alle indennità di disoccupazione agricola con requisiti ordinari e ridotti. Parimenti, secondo la circolare, non è possibile concedere la mobilità in deroga a seguito della conclusione della fruizione di quella ordinaria, dell'indennità Aspi o MiniAspi, delle indennità di disoccupazione agricola.
Per quanto riguarda, infine, la durata, secondo il ministero in riferimento ai lavoratori che, alla data di decorrenza della mobilità, abbiano già fruito di tali prestazioni (mobilità in deroga) per un periodo inferiore a tre anni, può essere concesso, nel corso dell'anno 2014 (gennaio/dicembre senza possibilità di proroga nel 2015), per un ulteriore periodo di sette mesi non ulteriormente prorogabili, più ulteriori tre mesi per i lavoratori residenti nel Mezzogiorno (ex dpr n. 218/1978). La durata massima consentita è calcolata considerando anche tutti i periodi di mobilità già concessi nell'annualità di riferimento per effetto di accordi stipulati in data anteriore all'entrata in vigore del decreto.
Zedde
Riforma Pensioni, ecco cosa cambia con la legge di stabilità
La Commissione Bilancio di Palazzo Madama conclude stamani l'esame del ddl di stabilità. Poche le novità rispetto al testo approvato alla Camera. Respinti gli emendamenti sui Quota 96 della Scuola e sui lavoratori delle ferrovie.
Kamsin Si chiuderà stamani in Commissione Bilancio a Palazzo Madama l'esame delle proposte emendative al disegno di legge di stabilità. Domani mattina il provvedimento sbarcherà in Aula per la votazione finale sulla quale appare scontato che il Governo metterà la questione di fiducia. Ad ogni modo l'impianto complessivo delle modifiche contenute nel ddl approvato in prima lettura dalla Camera pare non uscire stravolto.
In attesa della conclusione dei lavori resta confermato lo stop alla penalizzazione sino al 2017 per chi consegue la pensione anticipata con meno di 62 anni e il tetto alla possibilità di incrementare la pensione attraverso il sistema contributivo (il cd. stop alle pensioni d'oro). Sono state, invece, respinte tutte le altre proposte emendative ad iniziare dai quota 96 della scuola. Confermati gli aumenti della tassazione sui fondi pensione (dal 11,5 al 20%) e sui rendimenti delle Casse Professionali (che passano dal 20 al 26%) ma si riconoscerà loro un credito d'imposta rispettivamente del 9 e del 6 per cento qualora investano risorse nell'economia reale nei limiti però di 80 milioni di euro. Rivisto anche il taglio ai patronati.
Arriva un no al prepensionamento del personale delle province in esubero: la strada scelta dal governo (che ha presentato un emendamento sabato scorso) è di optare per la sola mobilità e di non dare la possibilità, come chiesta dagli enti territoriali, di mandare in pensione sino al 2018 il personale in deroga alla Legge Fornero.
Per ora l'unica novità che si aggiunge al Senato è quella per i lavoratori dell'Isochimica di Avellino, ammalati di amianto. Sabato l'esecutivo ha presentato un emedamento che consente a tali soggetti di mantenere le previgenti regole di pensionamento. La misura, secondo la relazione illustrativa, riguarderà circa 200 soggetti con un costo di circa 5milioni di euro annui.
Un approfondimento delle novità introdotte con il ddl di stabilità sul capitolo previdenziale sarà condotto dagli esperti che collaborano con pensonioggi.it nei prossimi giorni.
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Zedde
Riforma Pensioni, alleggerita la stretta sui fondi pensione e patronati
Il taglio ai patronati è stato ridotto da 150 a 35 milioni di euro. Niente da fare per i rendimenti dei fondi della previdenza complementare e Casse Professionali a cui, però, è riconosciuto un credito d'imposta.
Kamsin Tassazione agevolata su fondi pensione e casse previdenziali a condizione che investano in opere pubbliche. Sterilizzazione dell’aumento dell’Irap per gli autonomi. Meno tagli al salario di produttività e ai patronati. Sono le ultime novità che hanno ricevuto ieri il via libera della Commissione Bilancio di Palazzo Madama. I lavori si chiuderanno oggi con il ddl che dovrebbe essere approvato con fiducia domani. L’iter dovrebbe concludersi lunedì alla Camera, dove si lavorerà nel fine settimana.
Per le casse previdenziali e i fondi pensione che facciano investimenti infrastrutturali, individuati da un decreto del Tesoro, un credito d’imposta del 9 per cento (sui fondi pensione) e del 6 per cento (sulle Casse Professionali) compenserà il previsto incremento delle tasse sui redditi (dal 20% al 26%) e sul risultato netto maturato dei fondi pensione (dall’11,5% al 20%). Costo: 80 milioni dal 2016.
Scendono da 150 a 35 i tagli per i patronati e da 238 milioni a 208 quelli al Fondo sgravi contributivi per i contratti di secondo livello.
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