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Riforma Pensioni, Il Governo scioglie gli ultimi nodi
Le aliquote dei fondi pensione e dei rendimenti sulle Casse Professionali aumenteranno dal prossimo anno. Ma sarà riconosciuto un credito d'imposta sugli investimenti nell'economia reale.
Kamsin La tassazione agevolata sui rendimenti delle Casse Professionali e sui Fondi Pensione viene garantita solo per la quota di investimenti "in economia" delle Casse e dei fondi di previdenza complementare a medio e lungo periodo e nei limiti di 80 milioni di euro a decorrere dal 2016. E' quanto prevede l'emendamento 1.9901 approvato questa sera in Commissione Bilancio a Palazzo Madama. Restano confermati quindi gli aumenti della tassazione sui fondi pensione e sulle Casse Professionali già indicati nella legge di stabilità ma viene riconosciuta una tassazione agevolata sugli investimenti nell'economia reale del paese.
Per quanto riguarda le Casse Professionali viene riconosciuto un credito d'imposta pari alla differenza tra l'ammontare delle ritenute e imposte sostitutive applicate nella misura del 26 per conto sui redditi di natura finanziarla dichiarate e certificate dai soggetti intermediari o dichiarate dagli enti medesimi e l'ammontare di tali ritenute e imposte sostitutive computate nella misura del 20 per cento a condizione che i proventi assoggettati alla ritenuta e imposte sostitutive siano investiti in attività di carattere finanziario a medio o lungo termine individuate con apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.
Sui Fondi Pensione viene riconosciuto un credito di imposta pari al 9 per cento del risultato netto maturato, assoggettato all'imposta sostitutiva agevolata applicata in ciascun periodo d'imposta, a condizione che un ammontare corrispondente al risultato netto maturato assoggettato alla citata imposta sostitutiva sia investito in attività di carattere finanziario a medio lungo termine, individuate con il decreto del Ministero dell'economia. In calce il testo dell'emendamento.
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80-bis. A decorrere dal periodo d'imposta 2015, agli enti di previdenza, obbligatoria di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n.103, è riconosciuto un credito d'imposta pari alla differenza tra l'ammontare delle ritenute e imposte sostitutive applicate nella misura del 26 per conto sui redditi di natura finanziarla dichiarate e certificate dai soggetti intermediari o dichiarate dagli enti medesimi e l'ammontare di tali ritenute e imposte sostitutive computate nella misura del 20 per cento a condizione che i proventi assoggettati alla ritenuta e imposte sostitutive siano investiti in attività di carattere finanziario a medio o lungo termine individuate con apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. Il credito d'imposta va indicato nella dichiarazione dei redditi relativa a ciascun periodo d'imposta, non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione, ai fini dell'imposta Regionale sulle attività produttive. Non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico della imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Il credito d'imposta può essere utilizzato, a decorrere dal periodo d'imposta successiva a quello di effettuazione del citato investimento, esclusivamente in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 nei limiti dello stanziamento di cui al comma 80-quinquies. Al credito d'imposta non si applicano i limiti di cui all'articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e all'articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
80-ter. A decorrere dal periodo d'imposta 2015, alle forme di previdenza complementare di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, numero 252, è riconosciuto un credito di imposta pari al 9 per cento del risultato netto maturato, assoggettato all'imposta sostitutiva di cui all'articolo 17 di tale decreto applicata in ciascun periodo d'imposta, a condizione che un ammontare corrispondente al risultato netto maturato assoggettato alla citata imposta sostitutiva sia investito in attività di carattere finanziario a medio lungo termine, individuate con il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze di cui al comma 80 bis. Il credito d'imposta, che non concorre alla formazione del risultato netto maturato e che, ai fini della formazione delle prestazioni pensionistiche, incrementa la parte corrispondente redditi già assoggettati ad imposta, va indicato nella dichiarazione dei redditi relativa a ciascun periodo d'imposta e può essere utilizzato a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello di effettuazione del citato investimento, esclusivamente in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, numero 241 nei limiti dello stanziamento di cui al successivo comma 80 quinquies. Al credito d'imposta non si applicano i limiti di cui all'articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, numero 244 e all'articolo 34 della legge 23 dicembre 2000 numero 388.
80-quater. Con il decreto di cui al comma 80 bis, sono stabilite le condizioni, i termini e le modalità di applicazione riguardo la fruizione del credito d'imposta al fine del rispetto del limite di spesa di cui al comma 80 quinquies e al relativo monitoraggio.
80-quinquies. Per l'attuazione dei commi da 80 bis a 80 quater è autorizzata la spesa di 80 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016.
Articolo 18, decreto pronto la prossima settimana
Da sciogliere ancora il nodo sulle piccole imprese, quelle sotto i 16 dipendenti per le quali oggi non trova applicazione l'articolo 18. Possibile un dimezzamento degli indennizzi ed un tetto a 6 mensilità.
Kamsin La vigilia di Natale arriverà il primo decreto attuativo del Jobs act, quello sul contratto a tutele crescenti, uno dei più delicati. E' quanto si apprende oggi da fonti vicino all'esecutivo che confermano come il governo voglia accelerare sulla riforma del mercato del lavoro.
Obiettivo: fare in modo che da gennaio le nuove norme siano pienamente operative così da produrre il più presto possibile i primi effetti sull’occupazione. Ieri mentre il ministro del Lavoro Giuliano Poletti annunciava la convocazione delle parti sociali a le parti sociali per i decreti Palazzo Chigi per venerdì mattina, c'è stato un vertice Renzi-Poletti-Delrio proprio sui decreti attuativi. Renzi ha usato il plurale, ma in realtà la settimana prossima dovrebbe essere pronto un solo decreto: quello sul contratto a tutele crescenti.
Con la Riforma le tutele dell’art.18 non varranno più per i licenziamenti economici: il lavoratore non potrà più ricorrere al giudice per chiedere il reintegro nel posto di lavoro, gli spetterà invece «un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio».
L'indennizzo che si ipotizza sarà pari ad una mensilità e mezza ogni anno di anzianità di servizio sino ad un tetto di 24 mensilità. In ogni caso, per limitare il ricorso al giudice, sarà incentivata la conciliazione: l’azienda potrebbe versare subito un indennizzo al lavoratore, fino a 18 mensilità esentasse, con la possibilità di chiudere l’accordo in un mese. A differenza di quanto avviene ora, il reintegro non sarà più possibile nemmeno se la motivazione è «manifestamente insussistente».
Stessa sorte anche per i licenziamenti disciplinare anche se la legge 183/2014 salva la reintegra per «specifiche fattispecie. In queste circostanze, che dovranno essere individuate nel decreto legislativo, il giudice potrà disporre ancora il reintegro al posto di lavoro. Gli altri decreti, a cominciare dalla riforma Aspi, dovrebbero arrivare invece nei primi mesi del 2015.
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Riforma Pensioni, verso il no a nuovi prepensionamenti nelle Pa
Il Governo ha presentato un emendamento al ddl di stabilità secondo il quale i dipendenti in esubero dovranno essere riassorbiti nelle Regioni attraverso procedure di mobilità.
Kamsin Per la gestione del personale in soprannumero nelle nuove province, il Governo non dovrebbe fare ricorso a nuovi prepensionamenti. L'ipotesi era stata rilanciata nei giorni scorsi soprattutto dalle Regioni e dagli enti locali che chiedevano la possibilità di collocare in pensione, in deroga alla Riforma Fornero, tutti coloro che maturano un diritto previdenziale, con le vecchie regole, entro il 2018.
Per evitare la creazione di una nuova Deroga al sistema Fornero, che avrebbe suscitato l'ira degli altri lavoratori del settore pubblico e privato (ad iniziare dai quota 96 della scuola), l'esecutivo ha, infatti, deciso di rinunciare a questa strada per praticare solo la via della mobilità. L'emendamento presentato prevede l'alleggerimento della dotazione organica, che dovrà dimezzare la spesa delle province che rimangono tali e ridurrà del 30 per cento in quelle che si trasformeranno in città metropolitane.
Regioni e Comuni dovranno, pertanto, se passerà la modifica (non sono esclusi colpi di scena), prenderli in carico, sfruttando per questa finalità tutte le proprie possibilità di assunzione dal 2015 in poi, comprimendo, fanno osservare i sindacati, le possibilità assunzionali dei giovani risultati idonei ma non vincitori di concorso. Oltre che negli uffici di Comuni e Province, i dipendenti provinciali potrebbero finire in quelli statali, ed in particolare giudiziari: è nota la penuria di personale delle cancellerie che però potrebbero assorbire al massimo 2-3 mila persone. Per il governo se le Regioni non vorranno farsi carico del personale in esubero, questo non potrà che proseguire il percorso della mobilità (retribuzione all’80 per cento e in prospettiva cessazione del rapporto di lavoro).
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Riforma Pensioni, restano gli aumenti per i fondi pensione
L'aliquota del prelievo sui rendimenti dei fondi pensione tornera' al 11,5% (dal 20% previsto dall'attuale versione del ddl stabilita'), ma solo per la quota di investimenti "in economia" a medio e lungo periodo. Kamsin Sarebbe questo il contenuto di un emendamento riformulato dal relatore alla manovra, Giorgio Santini (Pd) che prevederebbe lo stesso meccanismo anche per le aliquote sui rendimenti delle casse previdenziali, che tornera' dal 26% al 20%.
Sui fondi pensione e sulle casse di previdenza, dunque, si torna a quanto inizialmente ipotizzato quando il Governo lavorava al ddl di stabilità. In pratica, i fondi pensione e le casse di previdenza che destineranno le loro risorse in investimenti nell'economia reale del Paese potranno beneficiare di un credito d'imposta. Il credito sarà spendibile per finanziare interventi mirati ad esempio sul welfare o alla riqualificazione di immobili. Il credito, però, sarà disponibile nei limiti di spesa indicati dal Governo. L'emendamento sarà votato in Commissione Bilancio di Palazzo Madama entro questa sera.
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Riforma Pensioni, ultimi ritocchi in Senato. Ecco le novità
La Commissione Bilancio chiuderà stanotte l'esame del ddl di stabilità. Si va verso la conferma dell'incremento delle aliquote sui fondi pensione e sui rendimenti delle Casse Professionali. Respinti gli emendamenti sui Quota 96 della Scuola. Dal Governo via libera alla deroga per i lavoratori dell'Isochimica di Avellino esposti all'amianto.
Kamsin Si chiuderà in tarda serata in Commissione Bilancio a Palazzo Madama l'esame delle proposte emendantive al disegno di legge di stabilità. Domani mattina il provvedimento sbarcherà in Aula per la discussione generale. Diverse le novità sul capitolo pensionistico discusse dalla Bilancio nelle ultime ore che questa mattina saranno messe ai voti. In primo luogo il Governo intende confermare gli aumenti della tassazione sui fondi pensione (dal 11,5 al 20%) e sui rendimenti delle Casse Professionali (che passano dal 20 al 26%) ma si riconoscerà loro un credito d'imposta qualora investano risorse nell'economia reale.
Sono state, invece, respinte le proposte emendative in favore dei quota 96 della scuola, tema che ha acceso un forte dibattito in questi ultimi giorni davanti a Palazzo Madama con una delegazione di insegnanti che è scesa in piazza contro il Governo. Cadute anche le richieste di modifica dei requisiti previdenziali per i macchinisti ferroviari e per lo stop alle ricongiunzioni onerose.
Oggi si scioglieranno i nodi anche sul prepensionamento del personale delle province in esubero: la strada scelta dal governo (che ha presentato un emendamento sabato scorso) è di optare per la sola mobilità e di non dare la possibilità, come chiesta dagli enti territoriali, di mandare in pensione sino al 2018 il personale in deroga alla Legge Fornero.
Il Relatore, Giorgio Santini (Pd) ha inoltre depositato un emendamento che prevede che la soppressione dal 1° gennaio 2015 del fondo integrativo dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, vecchiaia e superstiti a favore del personale dipendente dalle aziende private del gas (Fondo Gas), di cui alla legge 6 dicembre 1971, n. 1084.
Per ora l'unica apertura governativa resta dunque quella per i lavoratori dell'Isochimica di Avellino, ammalati di amianto. Sabato l'esecutivo ha presentato in Senato un emedamento che consente a tali soggetti di mantenere le previgenti regole di pensionamento. La misura, secondo la relazione illustrativa, riguarderà circa 200 soggetti con un costo di circa 5milioni di euro annui.
Restano comunque confermate le modifiche già passate in prima lettura alla Camera. E cioè lo stop alla penalizzazione sino al 2017 per chi consegue i requisiti per la pensione anticipata e il tetto alla possibilità di incrementare la pensione attraverso il sistema contributivo (il cd. stop alle pensioni d'oro). Ieri in Senato sono stati comunque presentati diversi ordini del giorno: in tema di ricongiunzioni onerose; per gli esodati ante 2010 per i quali si chiede al governo l'accelerazione nella pubblicazione dei relativi decreti di concessione della proroga del sostegno al reddito; per i quota 96 della scuola; per l'incremento delle pensioni minime, e per i macchinisti ferroviari.
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Imu Agricola 2015, La proroga al 26 Gennaio è ufficiale
In Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge 185/2014 che sposta al 26 Gennaio 2015 i termini per il pagamento dell'Imu sui terreni agricoli montani che hanno perso l'esenzione.
Kamsin E' stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge 185/2014 che proroga al 26 gennaio 2015 il versamento dell'Imu sui terreni agricoli montani che hanno perso l'esenzione Imu.
Per ora le nuove regole, scritte nel decreto di Economia, Interno e Politiche agricole del 28 novembre scorso, per il pagamento non cambiano: l’esenzione totale, in base al provvedimento, rimane solo in 1.498 Comuni (contro i 3.409 attuali) perché la loro altitudine è superiore a 600 metri, mentre in 2.544 Comuni compresi fra 281 e 600 metri restano esenti solo i terreni di coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, dovranno pagare, invece, tutti i proprietari dei terreni nei Comuni con altitudine fino a 280 metri. Il Condizionale, però, è ancora d'obbligo perchè il Governo potrebbe modificare questi criteri, fortemente contestati, entro il prossimo 26 gennaio nel corso della conversione in legge del provvedimento.
Si ricorda che se il terreno rientra tra quelli soggetti a tassazione chi deve pagare è il titolare del diritto reale sul terreno. L'imposta si calcola applicando alla base imponibile l'aliquota approvata dai Comuni nel corso del 2014; se i comuni non la hanno deliberata per i terreni, si dovrebbe applicare quella standard del 7,6 per mille (ai sensi dell'articolo 13, comma 6 del Dl 201/2011). Il versamento del prossimo 26 gennaio dovrebbe essere considerato una sorta di acconto, oggetto di un successivo conguaglio/ rimborso non appena verra' scritta la nuova geografia.
Lo stesso decreto mette sul piatto 64,1 milioni di euro per il pagamento delle supplenze brevi nella scuola (fenomeno che ora viene messo sotto monitoraggio), e 56 milioni aggiuntivi per il Fondo per le emergenze nazionali.
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Pensioni, ok alla totalizzazione per i titolari di assegno di invalidità
La preclusione alla totalizzazione dei periodi assicurativi per chi ha già una pensione non opera nei casi in cui venga meno la titolarità dell'assegno ordinario di invalidità per mancata conferma, ovvero, a seguito di revisione, dello stato di invalidità.
Kamsin Chi è titolare dell'assegno ordinario di invalidità potrà liberamente esercitare la totalizzazione in caso di mancata conferma dell'assegno stesso, ovvero, a seguito di revisione, dello stato di invalidità. E' quanto ha precisato l'istituto di previdenza con il messaggio inps 9626/2014.
La normativa attuale, com'è noto, prevede che l'esercizio della totalizzazione dei periodi assicurativi sia preclusa ai titolari di assegno ordinario di invalidità in quanto tali assegni costituiscono trattamento pensionistico autonomo. L'esercizio della totalizzazione, infatti, ai sensi della Circolare Inps 9/2008 è escluso laddove l'assicurato sia titolare di un trattamento pensionistico erogato da una delle gestioni destinatarie della normativa della totalizzazione, anche nel caso in cui si debbano cumulare periodi contributivi maturati in gestioni diverse da quella o quelle nelle quali sia stata già liquidata una prestazione a favore dell'assicurato. In pratica, salvo la pensione ai superstiti, quando l'assicurato ha già in godimento una pensione, compreso l'assegno di invalidità, e ha contributi versati in un'altra gestione, non può totalizzarli per ottenere un'unica pensione.
L'Inps però, con il messaggio citato, ha aperto ad una maggiore flessibilità interpretativa indicando che il divieto resta solo fino a che all'interessato non venga tolto il trattamento di invalidità. Pertanto, da oggi, chi è titolare di un assegno di invalidità e lo perde a seguito, ad esempio, della revisione dello stato di invalidità potrà liberamente esercitare la totalizzazione nazionale per conseguire, ove abbia contributi accreditati in diverse gestioni, il trattamento di anzianità in totalizzazione (40 anni e 3 mesi di contributi piu' la finestra mobile di 21 mesi) oppure il trattamento di vecchiaia (65 anni e 3 mesi di età piu' la finestra mobile).
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Prestiti ai Pensionati, ecco l'ABC delle opzioni disponibili
Esistono prestiti strutturati a seconda di qualsiasi esigenza, e possono essere di diverso tipo, a seconda del settore professionale di provenienza oppure di altre variabili.
Kamsin In ogni momento della vita può capitare di dover chiedere aiuto alle banche o altri istituti di credito, e quindi di dover richiedere un prestito, anche quando si è in pensione. Esistono molte modalità in cui è possibile ottenere i prestiti per pensionati, come diversi sono i diritti e doveri di questi ultimi per richiederli.
Come è possibile vedere su siti specializzati come infoprestitisulweb.it, il modo più semplice è tramite una trattenuta diretta sulla rata della pensione. In questo modo si può estinguere interamente il debito a cadenza mensile, con un addebito che l’INPS detrae dalla pensione. Proprio come accade per i lavoratori, è possibile richiedere prestiti per pensionati con la cessione del quinto.
Per evitare problemi e incomprensioni, l’INPS stessa ha fornito i dettagli sulle condizioni necessarie per poter richiedere questo tipo di aiuto. La caratteristiche fondamentali sono infatti prima di tutto che il prestito non può superare una somma pari ad un quinto della pensione, e che il contratto non può avere una durata maggiore dei dieci anni; inoltre c’è l’obbligo di essere in possesso di una copertura assicurativa in caso di morte prematura.
L’INPS deve verificare inoltre che i diritti del pensionato siano sempre rispettati, e che le condizioni del prestito rispettino delle regole, e che l’istituto di credito abbia le giuste competenze. Innanzitutto il tasso deve essere al di sotto della soglia anti-usura, la rata non deve superare la soglia del quinto della pensione, e infine il contratto deve indicare tutte le spese. Inoltre l’Inps ha coinvolto vari istituti di credito, predisponendo una tutela per i pensionati, in modo da contenere i tassi di interesse.
Il pensionato per ottenere un prestito di questo tipo dovrà fare una richiesta della comunicazione di cedibilità della pensione, un documento nel quale viene indicata la somma massima al quale deve corrispondere la rata del prestito, che sarà vagliato dalla banca scelta che deciderà se offrire i propri servizi.
Oltre questo documento, è necessario consegnare altri documenti richiesti dopo l’approvazione del prestito. Innanzitutto servono le normali copie fotostatiche del documento di identità, codice fiscale e del tesserino sanitario, tutti e tre in fronte e retro, e poi il certificato di pensione. È richiesto anche l’ultimo modello CUD, che è possibile anche richiedere online su siti come ad esempio pratiche.it. Va ricordato naturalmente che ogni categoria di pensionati necessita di un’ulteriore documentazione, a seconda che si sia pensionati INPS, ex INPDAP, ex IPOST o ex ENPALS.
Naturalmente ci sono alcune tipologie di pensionati che non possono avere questo tipo di servizio, e riguardano soprattutto l’importo mensile che non deve essere al di sotto dei 481 euro al netto mensile.
Altre informazioni sulla cessione del quinto - Il prestito con cessione del quinto può essere anche rinnovato nel caso si necessiti di una liquidità maggiore, ma la richiesta deve essere fatta prima della scadenza del contratto, con l’aumento del numero di rate. Il rinnovo è possibile solo dopo aver corrisposto il 40% delle rate. In caso di imprevisti può rivelarsi molto vantaggioso.
Ma ci sono anche altri vantaggi: innanzitutto non si devono avere particolari requisiti, non c’è bisogno di produrre troppi documenti per motivare l’esigenza di liquidità, e non è necessario esibire nessun garante, ipoteca, o firma di terzi; inoltre il rischio di insolvenza è in questo caso molto ridotta.
Va inoltre ricordato per ogni pensionato che vanno fatte le dovute considerazioni e valutazioni, e tenere presenti alcune limitazioni che in caso di problemi potrebbero rivelarsi controproducenti: non è possibile richiedere la sospensione della rata, che non tiene conto di problemi finanziari; il tasso di interesse è mantenuto basso rispetto ad altri tipi di finanziamento ma solo nel caso la somma sia superiore ai 10.000 euro; la polizza vita aumenta il costo se si supera la soglia dei 75 anni, e può diventare molto elevato; non è possibile ottenere un prestito delega che consente di aumentare la soglia da 1/5 a 2/5.
Prestito pluriennale diretto INPS e INPDAP
Nel caso si necessiti di liquidità per sostenere spese familiari abbastanza alte, come per esempio acquistare casa ad un figlio che si sta per sposare, è possibile ottenere un prestito pluriennale diretto INPS e INPDAP; le spese naturalmente devono essere documentate e devono rientrare nelle casistiche espresse dal regolamento.
Anche in questo caso la rata non può superare il quinto della pensione, e si applica un tasso di interesse che viene detratto direttamente dalla quota cedibile mensilmente. Possono richiedere questo servizio i pensionati iscritti alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali. In questo caso l’unico requisito fondamentale è quello della pensione.
Per ottenere questo tipo di servizio è bisogna rivolgersi all’Ufficio Provinciale o Territoriale dell’INPS per la Gestione dei Dipendenti Pubblici, presentando come documentazione una certificazione: dello stato di bisogno oppure di spesa sostenuta; un certificato di sana e robusta costituzione, rilasciato però da un medico dell’ASL, e non deve essere stato rilasciato da oltre 45 giorni. La domanda deve essere presentata entro un anno dalla spesa.
Possono essere stabilite due scadenze, a 5 anni con 60 rate mensili, e a 10 anni con 120 rate. Il prestito pluriennale diretto INPS e INPDAP ha dei costi di gestione che però prevede quote più elevate per il fondo rischio; anche in questo caso la quota è variabile a seconda degli scaglioni, il primo che arriva fino ai 65 anni, il secondo che va dai 65 agli 80. Questo finanziamento può essere estinto anticipatamente attraverso il pagamento in un’unica rata della somma restante.
Il piccolo prestito per i pensionati
Per piccole spese familiari, per tutti i pensionati pubblici iscritti alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali, è possibile richiedere il piccolo prestito. Il piccolo prestito è un finanziamento che viene fornito a seconda della disponibilità annuale del bilancio dell’ente erogatore. Questo tipo di prestito va restituito con un massimo di 48 rate.
I pensionati che decidono di ottenere questo servizio devono fare domanda direttamente all’ente erogatore; essendo un finanziamento non finalizzato, cioè non prevedendo nessuna dichiarazione sulla destinazione del denaro, il contraente non dovrà fornire nessuna documentazione per giustificare la richiesta di liquidità.
Il capitale massimo erogabile è deciso in base al numero di rate: nel caso di 12 mesi l’importo è pari ad una mensilità; nel caso di 24 mesi, le mensilità sono 2; se il prestito è da 36 mesi, le mensilità sono 3; se è a 48 mesi le mensilità sono 4. Nel caso non ci fossero altri finanziamenti in corso, il massimo di capitale erogabile raddoppia.
Le spese e i costi sono applicati direttamente sulle rate e comprendono il tasso di interesse nominale annuo, le spese di amministrazione che corrispondono al 50% del capitale erogato, ed infine la quota del premio fondo rischi.
Il prestito vitalizio per gli over 65
Nel caso si superino i 65 anni e si sia proprietari di un immobile, è possibile chiedere un prestito vitalizio, cioè un prestito personale per spese urgenti o impreviste. Anche questo tipo di finanziamento è tra i prestiti non finalizzati, e quindi non c’è la necessità di procurare alcuna documentazione. La caratteristica peculiare del prestito vitalizio è data dalla modalità di rimborso della somma ricevuta, che può essere pagata in una sola rata finale, con il richiedente che pone la restituzione del capitale al termine del contratto, inserendo come garanzia un immobile.
Il rimborso avviene con una quota di interesse che viene versata assieme alla rata unica. Nel caso di decesso del soggetto, l’ente acquisisce la proprietà dell’immobile, a meno che non venga riscattato dagli eredi con il pagamento della somma sempre in un’unica soluzione. In questo modo gli eredi non saranno costretti a pagare debiti che non hanno contratto. La restituzione deve avvenire entro 10 mesi; se il contratto è cointestato, si estinguerà solo alla morte del coniuge.
Il capitale che è possibile ottenere da un prestito vitalizio può arrivare al massimo del 50% del valore dell’immobile, e non può superare i 400.000 euro. La durata del contratto viene stabilita dopo la perizia dell’immobile ed è solitamente pari a 30 anni, mentre il tasso di interesse è fisso.
Per richiedere questo prestito è necessario che l’immobile abbia un valore di almeno 100.000 euro, e che sia anche la residenza del richiedente. Per ottenerlo si deve presentare l’attestazione che certifica la titolarità o il possesso dell’immobile utilizzato come garanzia, e di un documento di identità ancora valido.
Esistono comunque alcune limitazioni: il prestito vitalizio non può essere erogato per spese di ristrutturazione dell’immobile, per acquistare un altro immobile, per un investimento su un’attività lavorativa, o per investimenti in prodotti finanziari.
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In ogni momento della vita può capitare di dover chiedere aiuto alle banche o altri istituti di credito, e quindi di dover richiedere un prestito, anche quando si è in pensione. Esistono molte modalità in cui è possibile ottenere i prestiti per pensionati, come diversi sono i diritti e doveri di questi ultimi per richiederli.
Esistono prestiti strutturati a seconda di qualsiasi esigenza, e possono essere di diverso tipo, a seconda del settore professionale di provenienza oppure di altre variabili.
Come ricevere un prestito? Cessione del quinto: diritti e modulistica
Esistono diversi modi per ottenere prestiti per pensionati, come è possibile vedere su siti specializzati come infoprestitisulweb.it. Il modo più semplice è tramite una trattenuta diretta sulla rata della pensione. In questo modo si può estinguere interamente il debito a cadenza mensile, con un addebito che l’INPS detrae dalla pensione. Proprio come accade per i lavoratori, è possibile richiedere prestiti per pensionati con la cessione del quinto.
Per evitare problemi e incomprensioni, l’INPS stessa ha fornito i dettagli sulle condizioni necessarie per poter richiedere questo tipo di aiuto. La caratteristiche fondamentali sono infatti prima di tutto che il prestito non può superare una somma pari ad un quinto della pensione, e che il contratto non può avere una durata maggiore dei dieci anni; inoltre c’è l’obbligo di essere in possesso di una copertura assicurativa in caso di morte prematura.
L’INPS deve verificare inoltre che i diritti del pensionato siano sempre rispettati, e che le condizioni del prestito rispettino delle regole, e che l’istituto di credito abbia le giuste competenze. Innanzitutto il tasso deve essere al di sotto della soglia anti-usura, la rata non deve superare la soglia del quinto della pensione, e infine il contratto deve indicare tutte le spese. Inoltre l’Inps ha coinvolto vari istituti di credito, predisponendo una tutela per i pensionati, in modo da contenere i tassi di interesse.
Il pensionato per ottenere un prestito di questo tipo dovrà fare una richiesta della comunicazione di cedibilità della pensione, un documento nel quale viene indicata la somma massima al quale deve corrispondere la rata del prestito, che sarà vagliato dalla banca scelta che deciderà se offrire i propri servizi.
Oltre questo documento, è necessario consegnare altri documenti richiesti dopo l’approvazione del prestito. Innanzitutto servono le normali copie fotostatiche del documento di identità, codice fiscale e del tesserino sanitario, tutti e tre in fronte e retro, e poi il certificato di pensione. È richiesto anche l’ultimo modello CUD, che è possibile anche richiedere online su siti come ad esempio pratiche.it. Va ricordato naturalmente che ogni categoria di pensionati necessita di un’ulteriore documentazione, a seconda che si sia pensionati INPS, ex INPDAP, ex IPOST o ex ENPALS.
Naturalmente ci sono alcune tipologie di pensionati che non possono avere questo tipo di servizio, e riguardano soprattutto l’importo mensile che non deve essere al di sotto dei 481 euro al netto mensile.
Altre informazioni sulla cessione del quinto
Il prestito con cessione del quinto può essere anche rinnovato nel caso si necessiti di una liquidità maggiore, ma la richiesta deve essere fatta prima della scadenza del contratto, con l’aumento del numero di rate. Il rinnovo è possibile solo dopo aver corrisposto il 40% delle rate. In caso di imprevisti può rivelarsi molto vantaggioso.
Ma ci sono anche altri vantaggi: innanzitutto non si devono avere particolari requisiti, non c’è bisogno di produrre troppi documenti per motivare l’esigenza di liquidità, e non è necessario esibire nessun garante, ipoteca, o firma di terzi; inoltre il rischio di insolvenza è in questo caso molto ridotta.
Va inoltre ricordato per ogni pensionato che vanno fatte le dovute considerazioni e valutazioni, e tenere presenti alcune limitazioni che in caso di problemi potrebbero rivelarsi controproducenti: non è possibile richiedere la sospensione della rata, che non tiene conto di problemi finanziari; il tasso di interesse è mantenuto basso rispetto ad altri tipi di finanziamento ma solo nel caso la somma sia superiore ai 10.000 euro; la polizza vita aumenta il costo se si supera la soglia dei 75 anni, e può diventare molto elevato; non è possibile ottenere un prestito delega che consente di aumentare la soglia da 1/5 a 2/5.
Prestito pluriennale diretto INPS e INPDAP
Nel caso si necessiti di liquidità per sostenere spese familiari abbastanza alte, come per esempio acquistare casa ad un figlio che si sta per sposare, è possibile ottenere un prestito pluriennale diretto INPS e INPDAP; le spese naturalmente devono essere documentate e devono rientrare nelle casistiche espresse dal regolamento.
Anche in questo caso la rata non può superare il quinto della pensione, e si applica un tasso di interesse che viene detratto direttamente dalla quota cedibile mensilmente. Possono richiedere questo servizio i pensionati iscritti alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali. In questo caso l’unico requisito fondamentale è quello della pensione.
Per ottenere questo tipo di servizio è bisogna rivolgersi all’Ufficio Provinciale o Territoriale dell’INPS per la Gestione dei Dipendenti Pubblici, presentando come documentazione una certificazione: dello stato di bisogno oppure di spesa sostenuta; un certificato di sana e robusta costituzione, rilasciato però da un medico dell’ASL, e non deve essere stato rilasciato da oltre 45 giorni. La domanda deve essere presentata entro un anno dalla spesa.
Possono essere stabilite due scadenze, a 5 anni con 60 rate mensili, e a 10 anni con 120 rate. Il prestito pluriennale diretto INPS e INPDAP ha dei costi di gestione che però prevede quote più elevate per il fondo rischio; anche in questo caso la quota è variabile a seconda degli scaglioni, il primo che arriva fino ai 65 anni, il secondo che va dai 65 agli 80. Questo finanziamento può essere estinto anticipatamente attraverso il pagamento in un’unica rata della somma restante.
Il piccolo prestito per i pensionati
Per piccole spese familiari, per tutti i pensionati pubblici iscritti alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali, è possibile richiedere il piccolo prestito. Il piccolo prestito è un finanziamento che viene fornito a seconda della disponibilità annuale del bilancio dell’ente erogatore. Questo tipo di prestito va restituito con un massimo di 48 rate.
I pensionati che decidono di ottenere questo servizio devono fare domanda direttamente all’ente erogatore; essendo un finanziamento non finalizzato, cioè non prevedendo nessuna dichiarazione sulla destinazione del denaro, il contraente non dovrà fornire nessuna documentazione per giustificare la richiesta di liquidità.
Il capitale massimo erogabile è deciso in base al numero di rate: nel caso di 12 mesi l’importo è pari ad una mensilità; nel caso di 24 mesi, le mensilità sono 2; se il prestito è da 36 mesi, le mensilità sono 3; se è a 48 mesi le mensilità sono 4. Nel caso non ci fossero altri finanziamenti in corso, il massimo di capitale erogabile raddoppia.
Le spese e i costi sono applicati direttamente sulle rate e comprendono il tasso di interesse nominale annuo, le spese di amministrazione che corrispondono al 50% del capitale erogato, ed infine la quota del premio fondo rischi.
Il prestito vitalizio per gli over 65
Nel caso si superino i 65 anni e si sia proprietari di un immobile, è possibile chiedere un prestito vitalizio, cioè un prestito personale per spese urgenti o impreviste. Anche questo tipo di finanziamento è tra i prestiti non finalizzati, e quindi non c’è la necessità di procurare alcuna documentazione. La caratteristica peculiare del prestito vitalizio è data dalla modalità di rimborso della somma ricevuta, che può essere pagata in una sola rata finale, con il richiedente che pone la restituzione del capitale al termine del contratto, inserendo come garanzia un immobile.
Il rimborso avviene con una quota di interesse che viene versata assieme alla rata unica. Nel caso di decesso del soggetto, l’ente acquisisce la proprietà dell’immobile, a meno che non venga riscattato dagli eredi con il pagamento della somma sempre in un’unica soluzione. In questo modo gli eredi non saranno costretti a pagare debiti che non hanno contratto. La restituzione deve avvenire entro 10 mesi; se il contratto è cointestato, si estinguerà solo alla morte del coniuge.
capitale che è possibile ottenere da un prestito vitalizio può arrivare al massimo del 50% del valore dell’immobile, e non può superare i 400.000 euro. La durata del contratto viene stabilita dopo la perizia dell’immobile ed è solitamente pari a 30 anni, mentre il tasso di interesse è fisso.
Per richiedere questo prestito è necessario che l’immobile abbia un valore di almeno 100.000 euro, e che sia anche la residenza del richiedente. Per ottenerlo si deve presentare l’attestazione che certifica la titolarità o il possesso dell’immobile utilizzato come garanzia, e di un documento di identità ancora valido.
Esistono comunque alcune limitazioni: il prestito vitalizio non può essere erogato per spese di ristrutturazione dell’immobile, per acquistare un altro immobile, per un investimento su un’attività lavorativa, o per investimenti in prodotti finanziari.
Lavoro, Inps: a novembre diminuiscono le ore di Cig autorizzate
A novembre sono state autorizzate complessivamente 85,0 milioni di ore di cassa integrazione guadagni, con una diminuzione del -26,9% rispetto allo stesso mese del 2013, quando ne erano state autorizzate 116,3 milioni. Kamsin E' quanto ha comunicato l'Istat sottolineando che rispetto al mese di ottobre 2014, i dati destagionalizzati evidenziano una variazione congiunturale pari al -28,4%, per il totale degli interventi di cassa integrazione.
Le ore di cassa integrazione ordinaria (Cigo) autorizzate a novembre sono state 19,7 milioni, mentre un anno prima - nel mese di novembre 2013 - erano state 26,6 milioni: di conseguenza, si e' avuta una diminuzione tendenziale del -26,0%. In particolare - spiega l'Inps - la variazione tendenziale e' stata pari al -24,8% nel settore industria e al -30,2% nel settore edilizia. Le variazioni congiunturali calcolate sui dati destagionalizzati registrano, rispetto al precedente mese di ottobre 2014, un lieve decremento, pari al -0,2%.
Zedde
Imu/Tasi 2014, ultimo giorno per il saldo. Ecco come e quanto si paga
Ultimo giorno per pagare l'Imu e la Tasi. Alla Cassa sono chiamati milioni di contribuenti proprietari di abitazioni principali ed altri immobili.
Kamsin Scade oggi l'ultimo giorno per il saldo delle tasse sulla casa, l’Imu e la Tasi senza incorrere in sanzioni. All’appuntamento quest’anno, dopo la pausa del 2013, sono chiamati alla cassa anche i proprietari di abitazione principale che l'anno scorso erano stati esentati dal Governo Letta.
Con tutte le novità che si sono succedute nel 2014 indicare con precisione chi è tenuto a pagare è un vero e proprio rebus: ogni comune è storia a sè e quindi per non sbagliare bisogna fare riferimento alla delibera pubblicata sul sito delle Finanze (è questa la fonte ufficiale ma la maggior parte dei comuni ha provveduto a mettere sul proprio sito sia le delibere). Per l’Imu però ci sono alcuni punti fermi: devono pagare sempre tutti i proprietari diversi dall’abitazione principale (è tale quella in cui il contribuente risiede e ha domicilio abituale) o da immobili assimilati per legge all’abitazione principale. Solo in tre ipotesi i comuni hanno la possibilità di decidere in autonomia: se l’immobile è di una persona ricoverata in casa di cura, se l’immobile è dato in comodato a un figlio o a un genitore, se il proprietario è iscritto all’elenco dei residenti all’estero.
La Tasi invece la pagano, di regola, anche i proprietari di abitazione principale e anzi nella grande maggioranza dei casi l’aliquota per la prima casa è più elevata di quella degli altri immobili: può infatti arrivare sino al 3,3 per mille se il comune ha deciso agevolazioni per i contribuenti e allo 0,25% se invece non ci sono facilitazioni. Inoltre la Tasi è in parte (tra il 10 e il 30% ) a carico dell’inquilino.
La base di calcolo. Imu e Tasi si diversificano per platea contributiva e aliquote ma hanno in comune la base di calcolo: in entrambi i casi per gli immobili residenziali e le loro pertinenze con autonomo accatastamento (in genere tratta dei box) è la rendita catastale originaria aumentata del 5% e moltiplicata per 160. Per entrambi, l’ importo dovuto è quello dell’anno intero (o della porzione di anno) da cui si detrae la somma pagata per la prima rata.
Il versamento si può effettuare con appositi bollettini postali o con il modello F24; in questa seconda ipotesi si può compilare il modello semplificato mentre se si sceglie il modello ordinario i dati vanno immessi nella sezione Imu e altri tributi locali. Se la casa è stata posseduto tutto l’anno, e se non sono intervenute modifiche nelle delibere, basta copiare il modello compilato per la prima rata indicando però che si tratta di saldo. I codici tributo da adoperare sono: Imu-3918. Tasi abitazione principale – 3958; Tasi altri immobili – 3961.
Zedde