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Camera: addio all'obbligo del cognome paterno ai figli, ecco le novita'
- Roma, 24 set. - Cade l'obbligo del cognome paterno, arriva la liberta' di scelta. L'aula della Camera ha approvato il testo sul doppio cognome, che ora deve passare all'esame del Senato per l'approvazione definitiva. La proposta di legge adegua il nostro ordinamento alla sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo del 7 gennaio scorso.
Ecco, in sintesi, le novita':
- Liberta' di scelta. Piena liberta' nell'attribuire il cognome. Alla nascita il figlio potra' avere il cognome del padre o della madre o i due cognomi, secondo quanto decidono insieme i genitori. Se pero' non vi e' accordo, il figlio avra' il cognome di entrambi in ordine alfabetico. Stessa regola per i figli nati fuori del matrimonio e riconosciuti dai due genitori. Ma in caso di riconoscimento tardivo da parte di un genitore, il cognome si aggiunge solo se vi e' il consenso dell'altro genitore e dello stesso minore se quattordicenne.
- Figli adottivi. Il principio della liberta' di scelta, con qualche aggiustamento, vale anche per i figli adottati. Il cognome (uno soltanto) da anteporre a quello originario e' deciso concordemente dai coniugi, ma se manca l'accordo si segue l'ordine alfabetico. Trasmissibilita' del cognome. Chi ha due cognomi puo' trasmetterne al figlio soltanto uno, a sua scelta.
- Cognome del maggiorenne. Il maggiorenne che ha il solo cognome paterno o materno, con una semplice dichiarazione all'ufficiale di stato civile, puo' aggiungere il cognome dell'altro genitore. Se pero' nato fuori del matrimonio, non puo' prendere il cognome del genitore che non l'ha riconosciuto.
- Entrata in vigore differita. Le nuove norme non saranno immediatamente operative. L'applicazione e' infatti subordinata all'entrata in vigore del regolamento (il governo dovra' adottarlo al massimo entro un anno) che deve adeguare l'ordinamento dello stato civile. Nell'attesa del regolamento, sara' pero' possibile (se entrambi i genitori acconsentono) aggiungere il cognome materno.
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F35: Camera, ok a mozione Pd: Rivedere il piano e ridurre il budget
- Roma, 24 set. - Passa, in Aula alla Camera, la mozione Pd che chiede al governo il riesame del programma relativo ai caccia F35, puntando al dimezzamento del budget finanziario previsto. Approvate dunque le mozioni di maggioranza, e FI, sul nodo F35. Bocciate invece quelle, come la mozione Sel, che chiedevano la completa cancellazione della partecipazione italiana al programma.
Gian Piero Scanu, capogruppo Pd in commissione Difesa alla Camera, durante le dichiarazioni di voto delle mozioni sugli F35, ha affermato che la mozione impegna il governo "a riesaminare l'intero programma F-35 per chiarirne criticita' e costi con l'obiettivo finale di dimezzare il budget finanziario originariamente previsto, cosi' come indicato nel documento approvato dalla Commissione parlamentare difesa della Camera dei deputati a conclusione dell'indagine conoscitiva sui sistemi d'arma, in vista del Consiglio europeo del dicembre 2013, tenendo conto dei ritorni economici e di carattere industriale da esso derivanti", il dispositivo della mozione Pd approvata oggi in Aula alla Camera.
Con la mozione approvata, il governo e' altresi' impegnato "a ricercare, entro questi limiti, ogni possibile soluzione e accordo con i partner internazionali del programma F-35, al fine di massimizzare i ritorni economici, occupazionali e tecnologici, valorizzando gli investimenti gia' effettuati nella Faco e la sua potenzialita' quale polo produttivo e logistico internazionale; a mantenere costante il controllo sulla piena rispondenza dei velivoli ai requisiti di efficienza e di sicurezza e ai criteri operativi delle Forze armate".
I firmatari sono: Scanu, Marazziti, Aiello, Bolognesi, D'Arienzo, Ferro, Fioroni, Fontanelli, Carlo Galli, Garofani, Gregori, Marantelli, Massa, Moscatt, Salvatore Piccolo, Giuditta Pini, Stumpo, Valeria Valente, Villecco Calipari, Zanin, Carra, Iacono, Amoddio. Nelle sue premesse, la mozione ricorda tra l'altro che "il quadro delle relazioni internazionali risulta caratterizzato da un moltiplicarsi di nuove e crescenti situazioni di accesa criticita' e complessita' che chiamano il nostro Paese ad assumersi le proprie responsabilita' nell'ambito delle istituzioni sovranazionali e delle alleanze di cui fa parte: Onu, Unione europea e Nato" e che "le responsabilita' del nostro Paese risultano ancor piu' accentuate dal ruolo di guida dell'Unione europea assunto dall'Italia in questo semestre e dalla designazione del Ministro Mogherini come responsabile della politica estera e di sicurezza dell'Unione europea e obbligano il nostro Paese ad adoperarsi per realizzare una piu' incisiva ed unitaria strategia politica dell'Europa in grado di affrontare le crisi in atto".
Questo "comporta per il nostro Governo una triplice responsabilita' segnata, da un lato, dalla necessita' di non lasciare nulla di intentato sul difficile terreno dell'iniziativa diplomatica al fine prioritario di porre le condizioni per una soluzione negoziata delle principali aree di crisi, a partire da quella Ucraina, dall'altro, dalla altrettanto pressante necessita' di un contenimento e di una riduzione della spesa pubblica dell'Italia e, ancora, da quella di assicurare la disponibilita' di forze armate efficienti, moderne ed integrate in ambito europeo e con i Paesi alleati".
"La quantita' di risorse che il nostro Paese prevede di destinare ai sistemi d'arma, cosi' come quella destinata al personale, e' al momento - si sottolinea - ancora superiore a quelle individuate dal provvedimento di riforma dello strumento militare, mentre sono invece significativamente inferiori le risorse destinate all'esercizio, secondo il paradigma, condiviso in piu' occasioni dal Governo e dal Parlamento, di una ripartizione della spesa che riservi il 50 per cento del budget alle spese per il personale, il 25 per cento a quelle per l'esercizio e il 25 per cento agli investimenti".
Il documento parlamentare ricorda anche che "la Commissione parlamentare difesa della Camera dei deputati, in particolare, ha piu' volte espresso l'avviso che qualsiasi decisione in tema di pianificazione dello strumento militare, inclusa l'attivita' di ammodernamento e rinnovamento dei sistemi d'arma, si dovesse basare sull'apprezzamento dello scenario strategico, sulla considerazione degli impegni internazionali assunti e, non ultimo, sul livello delle risorse disponibili" e che "i molti dubbi che riguardano il programma F-35 hanno trovato nell'indagine conoscitiva la sede istituzionale piu' idonea ad una severa verifica", cosi' come "le molte difficolta' che incontra il velivolo hanno comportato, nelle scorse settimane, la decisione, dell'amministrazione statunitense, dopo un periodo di sospensione dei voli, di sottoporli a limitazioni sino alla risoluzione dei problemi tecnici".
"Le mozioni approvate oggi impegnano il governo a dimezzare il budget finanziario inizialmente previsto per l'acquisto del programma F35. Si tratta di una indicazione importante sia nel merito che nel metodo. Infatti, da una parte e' giusto secondo noi razionalizzare le risorse destinate agli F35 dall'altra e' fondamentale che sia il parlamento a decidere, cosi' come ha stabilito la Riforma sui sistemi d'arma che noi abbiamo fortemente voluto alla fine della scorsa legislatura. La nostra mozione, dunque, e' coerente con un percorso di revisione dello strumento militare e con i rigorosi vincoli di bilancio imposti dalla crisi".
Lavoro: Renzi, riforma non rinviabile . Grillo a minoranza Pd, mandiamolo a casa
- New York, 24 set. - Una riforma del mercato del lavoro in Italia "non e' piu' rinviabile, si discute ma poi si decide e si va avanti tutti insieme": cosi' il presidente del Consiglio Matteo Renzi, parlando con i giornalisti a New York. Sulla riforma del lavoro "non e' pensabile che mi fermi o mi tiri indietro", ha aggiunto il premier a margine dell'Assemblea Generale dell'Onu.
GRILLO A MINORANZA PD: "MANDIAMOLO A CASA" - Grillo tenta il gioco di sponda con la minoranza Pd cui offre una 'tregua' pur di "mandare a casa" il governo Renzi. I Dem rispondono picche. "Caro Grillo e' il tuo populismo il vero nemico della sinistra", dice Roberto Speranza. "Grillo e' un piccolo Ayatollah e non sa cosa sia un partito e il valore prezioso del dibattito interno", rincara Miguel Gotor. Cosa aveva detto, anzi scritto, via post del costituzionalista Giannuli sul blog, Grillo?: "Lo scontro che si sta profilando impone che abbiamo tutti molta generosita', mettendo da parte recriminazioni pur giuste, per realizzare la massima efficacia dell'azione da cui non ci attendiamo solo il ritiro di questa infame 'riforma', quanto l'occasione per mandare definitivamente a casa Renzi". Un contrasto frontale, articolato "con l'azione parlamentare e con l'azione di piazza, con gli scioperi, spingendo la minoranza Pd a trarre le dovute conseguenze di quanto accade".
Non che M5S sia isolato, su questo fronte. "Renzi lo ha detto: bisogna uscire dal Novecento. Loro rischiano di portarci fuori dal Novecento, solo che ci portano nell'800", ammonisce Nichi Vendola. "Se Renzi diventa l'alfiere delle battaglie storiche della destra e' un problema suo. Io credo - chiarisce il leader Sel - che non si tratti di difendere le ragioni della sinistra, si tratta di difendere l'idea del lavoro, altrimenti avremo sempre piu' lavoro sporco e povero e poco competitivo". Ad ogni modo e' l'esponente di Area riformista Miguel Gotor a ribattere a Grillo che "la minoranza del Pd e' impegnata a migliorare la delega lavoro per rafforzare l'azione del governo, con una discussione seria sul merito di singoli punti qualificanti che interessano la vita concreta di milioni di persone. Rispediamo quindi al mittente la sua provocazione, che ha l'unico obiettivo di indebolire il Pd e, come al solito, di creare confusione". "Non credo che dobbiamo rispondere a stupide provocazioni.
Far cadere Renzi sarebbe da irresponsabili", conviene Gianni Cuperlo, deputato Pd e leader di Sinistradem.
Peraltro, e' Stefano Fassina a osservare che "spazi per mediare ci sono: la delega sul lavoro va riempita di contenuti.
E' solo che non mi pare ci sia tutta questa disponibilita' a mediare" da parte del governo.
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