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Inps, Giovannini pronto a nominare un Supercommissario
Il governo intenzionato ad optare per un commissario che traghetterà l'istituto sino alla riforma. Spuntano i nomi di Geroldi e Marè.
Dopo le dimissioni di Antonio Mastrapasqua il governo pare intenzionato a nominare un super commissario che gestirà l'Inps sino alla riforma della governance dell'ente previdenziale. Secondo quanto emerso da un incontro tenuto ieri tra il Ministro del Lavoro Enrico Giovannini e il Direttore Generale dell'Inps Mauro Nori e i rappresentanti delle associazioni sindacali, l'esecutivo sta vagliando i nomi del futuro successore. Tramontata l'ipotesi nomina dell'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, in prima linea sono circolati ieri i nomi di Gianni Geroldi, già commissario alla spending review in materia previdenziale, e quello di Mauro Marè presidente di Mefop, la società a partecipazione pubblica dedicata allo sviluppo del mercato dei fondi pensione.
Appare evidente comunque che la nomina sarà temporanea in quanto il super commissario decadrà una volta completata la riforma dell'ente previdenziale (i cui tempi non sono ancora chiari ma probabilmente avverrà entro la fine dell'anno). Il commissario straordinario dovrà inoltre soddisfare i requisiti di incompatibilità e sul divieto di conflitto d'interesse per ora contenuti solo in bozza nel disegno di legge licenziato dal Consiglio dei Ministri la settimana scorsa.
Per quanto riguarda Mastrapasqua, l'ex presidente dell'Inps ancora deve formalmente ufficializzare le dimissioni annunciate alcuni giorni fa e ovviamente, fino al passaggio delle consegne, continuerà a rimanere in carica per l'ordinaria amministrazione dell'Inps. Ad ogni modo sul fronte economico le dimissioni non avranno grandi conseguenze negative sui redditi di Mastrapasqua: su 1,2 milioni di reddito dalla presidenza Inps arrivano appena 173 mila euro. Gli effetti economici negativi potrebbero tuttavia aumentare una volta approvate le nuove norme sull'incompatibilità. Il Manager dovrà ulteriormente scegliere quali poltrone abbandonare sui nove incarichi che attualmente ancora ricopre in diverse società. Quelle piu' in bilico sono l'incarico di direttore generale dell'ospedale israelitico di Roma (su cui è indagato), l'incarico in Idea Fimit Sgr e la vicepresidenza di Equitalia. Sempre che il disegno di legge sia approvato in tempi rapidi dal Parlamento.
Inps, per la dirigenza Damiano è in pole
Il candidato alla guida del SuperInps non potrà avere conflitti d'interesse e doppi incarichi secondo le regole contenute nel disegno di legge approvato dal Cdm la scorsa settimana
All'indomani delle dimissioni di Mastrapasqua il governo è alle prese con la patata bollente di individuare il nuovo Presidente dell'Inps.Come accennato dal presidente del Consiglio Enrico Letta la scorsa settimana, il solco all'interno del quale si muove l'esecutivo è in realtà piu' grande. Si tratta infatti di rivedere completamente la dirigenza dell'Istituto previdenziale dopo l'accorpamento dell'Inpdap ed Enpals avvenuto alla fine del 2011. La nuova governance dovrà necessariamente contenere un minore numero di dirigenti e una importante revisione dell'articolazione del Superinps sul territorio: in pratica meno sedi territoriali e minori spese per il contribuente.
Ma per la completa ridefinizione della nuova "pianta organica" dell'Ente ci vorranno ancora diversi mesi, probabilmente un anno. Ovvio quindi che durante questa fase transitoria l'Inps dovrà essere guidato da qualcuno che non sia il dimissionario presidente Antonio Mastrapasqua (che è formalmente ancora in carica per la gestione degli affari correnti in attesa della successione). Appare infatti fondamentale non lasciare vacante la guida dell'INPS in un momento così delicato per la gestione della materia previdenziale. Sullo sfondo ci sono infatti diversi problemi prima fra tutti quello degli esodati che non sono stati ancora risolti.
Secondo fonti vicine a Palazzo Chigi decisione sarà assunta entro la metà del mese di febbraio. Tra i nomi che circolano come candidati alla presidenza (o come commissario) del super INPS c'è in particolare quello di Cesare Damiano e quello del giuslavorista Tiziano Treu. Damiano sarebbe in prima linea nella gestione di questo ruolo transitorio: oltre ad aver già ricoperto l'incarico di Ministro del Lavoro (nel governo Prodi), è un candidato espressione del Partito Democratico gradito anche alla componente renziana. Nella rosa di nomi c'è anche quello dell'ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, appartenente al Nuovo Centro Destra, e un nome interno, di profilo tecnico, quello del direttore generale dell'Inps Mauro Nori.
Il candidato dovrà comunque rispettare i requisiti (per ora solo abbozzati) di incompatibilità contenuti nel disegno di legge licenziato dal Consiglio dei ministri a seguito della vicenda Mastrapasqua. Un ddl che sancisce finalmente il divieto di doppi incarichi e i conflitti d'interesse agli amministratori di enti e società pubbliche. In pratica Letta non può permettersi di nominare un nuovo dirigente con poltrone in altri enti o società in conflitto d'interesse: l'incarico dovrà essere "esclusivo" come ha piu' volte detto lo stesso Premier.
Esodati, l'Inps apre alla doppia salvaguardia per i prosecutori volontari
Doppia possibilità di salvezza per i lavoratori autorizzati alla contribuzione volontaria che rientrano nel terzo provvedimento di salvaguardia di cui al Decreto Interministeriale 22 Aprile 2013. L'Inps ha infatti stabilito questa settimana con il messaggio 1684 che gli autorizzati alla prosecuzione volontaria che non abbiano ancora ricevuto la lettera di certificazione della salvaguardia e abbiano presentato domanda alle Dtl entro il 25 Settembre 2013 per essere tutelati come lavoratori cessati a seguito di accordi individuali o collettivi, a fronte dell'accoglimento della richiesta dalle Dtl, devono essere valutati da parte delle sedi territoriali Inps anche come lavoratori cessati.
I lavoratori in questione possono pertanto essere inclusi nel contingente dei lavoratori cessati dal servizio ai sensi della lettera c) dell'articolo 1, comma 231 della legge 228/2012 qualora evidentemente la capienza del contingente dei prosecutori volontari (peraltro incrementata di 6mila unità ai sensi della recente legge di stabilità 2014, ln. 147/2013) non sia sufficiente a garantirne la salvaguardia.
Inps, Mastrapasqua si dimette dalla presidenza
Antonio Mastrapasqua si è dimesso dopo l’intenzione del Governo Letta di voler riformare il sistema di governance dell'ente previdenziale e di introdurre il divieto di cumulo degli incarichi.
Alla fine, sfiduciato dal governo, Antonio Mastrapasqua ha dovuto rassegnare le dimissioni dall'incarico di presidente dell'Inps. La decisione è arrivata oggi dopo che il premier Letta ha annunciato ieri di voler vietare il cumulo di incarichi che l'ex dirigente aveva abilmente ottenuto in questi ultimi anni in oltre 20 società e consigli di amministrazione.
Il pressing del governo era del resto aumentato da diverso tempo. A pesare era la notizia che il commercialista romano, in qualità di direttore generale dell’ospedale israelitico di Roma era stato indagato dai magistrati per truffa aggravata. L'accusa è quella di truccare e gonfiare cartelle cliniche per ottenere rimborsi cospicui dal sistema sanitario nazionale e dalla Regione Lazio.
E' chiaro però che oltre ai problemi giudiziari a rendere indifendibile la posizione dell'ex numero dell’INPS e' stato il cumulo di poltrone incarichi ed emolumenti. Ben 25 secondo l' ultima inchiesta del Fatto Quotidiano, con compensi ovviamente milionari per il superdirigente.
Ma nonostante tutto Mastrapasqua ha provato a resistere fino all’ultimo, irremovibile nel non voler lasciare il suo incarico: “ non faccio nulla di male, nessuna legge lo vieta”. In pratica Mastrapasqua faceva leva su un vuoto normativo secondo il quale per i presidenti e gli amministratori pubblici non esiste un divieto di cumulare un altro incarico in strutture private. Divieto che invece scatta per i politici.
Inevitabile dunque l’intervento di Letta incalzato anche dalla nuova governance del Pd, particolarmente irritata per il comportamento del dirigente. Oggi quindi, di fronte alla presentazione ieri di un disegno di legge che vieta ai presidenti e amministratori pubblici di rivestire cariche in società private e che rivede il complesso normativo della dirigenza dell’Inps e dell’INAIL, Mastrapasqua non ha avuto altra scelta che quella di rassegnare le dimissioni. Era chiaro che non godeva più dell'appoggio del governo.
Per Letta, "questa scelta credo sia saggia e giusta, e ha colto l'iniziativa" presa dal governo e" perché "non si possono assumere incarichi così rilevanti senza esclusività". "Voglio dare atto del suo lavoro in questi anni, fatto in modo corretto", ha proseguito il presidente del Consiglio, ricordando passaggi importanti quali l'unificazione tra Inpdap e Inps. Il premier, poi, è quindi tornato ad auspicare che per la nuova "governance ci sia un'accelerazione dei tempi".
Opzione donna, il Parlamento preme per l'estensione del regime sperimentale
Il governo dovrà chiedere all'Inps la rimozione dei paletti occultamente imposti all'opzione donna dall'istituto previdenziale nel 2012.
Sul regime sperimentale donna l'Inps potrebbe fare finalmente dietrofront nei prossimi mesi. Il Parlamento ha votato infatti questa settimana una risoluzione, presentata dall'onorevole Maria Luisa Gnecchi in commissione Lavoro alla Camera, che impegna il governo a chiedere all'Inps di rivedere la circolare numero 35/2012, con l'obiettivo di non applicare la finestra mobile, l'aspettativa di vita e ritenere sufficiente la maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi entro il 31 dicembre 2015.
L'ozione donna (articolo 1, comma 9 della legge 243/04) consente alle lavoratrici di accedere alla pensione sino al 31.12.2015 con 57 anni di età (58 se autonome) e 35 anni di contributi a condizione di optare per la liquidazione del trattamento pensionistico con il solo calcolo contributivo. La circolare Inps 35/2012 ha precisato però che - ai fini dell'accesso al regime - entro il 31 dicembre 2015 deve verificarsi la decorrenza del trattamento pensionistico e non la maturazione dei requisiti oltre a disporre l'applicazione della stima di vita (con il risultato che i requisiti anagrafici dal 1° gennaio 2013 sono passati a 57 anni e 3 mesi per le dipendenti e 58 anni e 3 mesi per le autonome).
L'interpretazione restrittiva dell'Inps ha dunque escluso dal beneficio parecchie lavoratrici: tenuto infatti conto che alle donne interessate si applica la finestra di 12 o 18 mesi, rispettivamente per dipendenti o autonome, le lavoratrici in questione sono obbligate a perfezionare i requisiti anagrafici e contributivi entro novembre di quest'anno se dipendenti o maggio 2014 se autonome. In pratica con un anno di anticipo rispetto a quanto previsto originariamente dalla legge 243/04.
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Pensioni, anche il personale della scuola mantiene le vecchie regole
Secondo il Ministero dell'Istruzione la mini-sanatoria del Dl 102/2013 prevista in favore di 2.500 soggetti si applica anche al personale della scuola.
Anche il personale della scuola potrà godere dei benefici del dl 102/2013 ai fini dell'accesso alla pensione secondo le vecchie regole. E' quanto ha stabilito la nota numero 481 del Ministero dell'istruzione il 21 gennaio 2014 scorso secondo la quale vengono estese al personale della scuola le disposizioni contenute nell'articolo 11 bis del decreto legge 102/2013. Disposizioni, lo si ricorda, che sanciscono la possibilità di accedere al trattamento pensionistico con i requisiti previgenti all'entrata in vigore della legge Fornero (articolo 24, Dl 201/2011) ai lavoratori pubblici e privati - nel limite di 2500 unità - che nel corso dell'anno 2011 erano in congedo straordinario oppure fruivano dei permessi previsti dalla legge 104.
Tra i potenziali beneficiari, secondo la precisazione ministeriale, si possono dunque annoverare i lavoratori della scuola che nel corso del 2011 erano in congedo straordinario ai sensi dell'articolo 42, comma 5 del DL 151/2001 per assistere parenti disabili in situazione di gravità oppure che fruivano dei permessi (pari a 3 giorni al mese) previsti dalla legge 104 a condizione che maturino la decorrenza della prestazione pensionistica - secondo le vecchie regole - entro il trentaseiesimo mese successivo all'entrata in vigore del DL 201/2011 (cioè entro il 6 gennaio 2015). In ogni caso i primi assegni saranno in pagamento non prima del 1° gennaio 2014 secondo quanto disposto dall'articolo 11-bis del Dl 102/2013.
Si è tratta chiaramente di una mini sanatoria che potrà recuperare solo una piccola percentuale dei quasi 4.000 dipendenti scolastici, tra insegnanti e Ata (personale ausiliario, tecnico e amministrativo), che sarebbero dovuti andare in pensione tra il 2012 e il 2015. Secondo alcune previsioni, potranno accedere al beneficio una quota tra il 15 e il 20% dei 2500 posti complessivamente in palio tra pubblico e privato.
La domanda di pensione deve essere inoltrata alle competenti direzioni territoriali del ministero del lavoro entro il 26 febbraio 2014 con le modalità indicate nella circolare n. 44 del 12 novembre 2013. La domanda di cessazione dal servizio potrà essere inviata all’amministrazione scolastica, con la modalità cartacea, oltre il termine del 7 febbraio 2014 stabilito dal decreto ministeriale n. 1058 del 23 dicembre 2013.
Esodati, la legge di stabilita' salva altri 23mila lavoratori
Con la legge 147/2013 vengono estesi i benefici del mantenimento delle vecchie regole previdenziali ad ulteriori 23 mila lavoratori esodati
Com'è noto il governo è intervenuto per la quinta volta in materia di salvaguardia rispetto alle nuove regole previdenziali introdotte con la legge 201/2011. Il veicolo utilizzato questa volta, come l'anno scorso, è stata la legge di stabilità approvata poche settimane fa dal Parlamento (legge 147/2013) che di fatto estende il rispetto delle vecchie norme previdenziali (vigenti sino al 31 dicembre 2011) ad un ulteriore contingente di 23 mila esodati.
La misura nello specifico interviene su due fronti. Da un lato il governo estende con il comma 191 dell'articolo 1 della legge 147/2013 di 6mila unità il contingente dei prosecutori volontari salvaguardati ai sensi della lettera b) dell'articolo 1, comma 231 della legge 228/2012. Si tratta degli autorizzati alla prosecuzione volontaria entro il 4 dicembre 2011, con almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile al 6 dicembre 2011, anche che abbiano lavorato (purchè non con contratti a tempo indeterminato e con un reddito massimo lordo annuo di 7.500 euro) che maturano la decorrenza della pensione entro il 6 gennaio 2015. Con questo intervento il contingente passa dunque dalle originarie 1.590 unità (come individuate dal Dm 22 Aprile 2013) a 7.590 unità.
Il secondo fronte invece, riguardante 17mila persone, introduce nuove fattispecie di salvaguardia (Art. 1, commi 194-198, legge 147/2013). Nello specifico vengono ammessi alla tutela:
a) gli autorizzati alla contribuzione volontaria prima del 4 dicembre 2011 con un contributo volontario accreditato o accreditabile al 6 dicembre anche se hanno svolto dopo il 4 dicembre 2011 attività lavorativa non a tempo indeterminato (indipendentemente quindi dal reddito conseguito);
b) i contributori volontari anche se non hanno un contributo volontario accreditato o accreditabile al 6 dicembre a condizione che abbiano almeno un contributo accreditato derivante da effettiva attivita' lavorativa nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2007 e il 30 novembre 2013 e che alla data del 30 novembre 2013 non svolgano attivita' lavorativa riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;
c) i cessati dal servizio entro il 31 dicembre 2012 a seguito di accordi individuali o collettivi di incentivo all'esodo sottoscritti entro il 31 dicembre 2011 anche se dopo l'esodo hanno lavorato purché non a tempo indeterminato;
d) chi è stato licenziato tra il 2007 e il 2011 anche se in seguito ha lavorato purché non a tempo indeterminato;
e) coloro che sono stati collocati in mobilità ordinaria entro il 4 dicembre 2011 ed sono stati autorizzato alla prosecuzione volontaria della contribuzione se entro sei mesi dalla fine della mobilità verseranno i contributi volontari per raggiungere i requisiti ante riforma.
E' posta come condizione che la decorrenza della pensione per queste 17mila persone debba verificarsi - secondo quanto prevedevano le vecchie regole - tra il 1° Gennaio 2014 ed il 6 gennaio 2015 (comma 195, articolo 1, legge 147/2013). La formulazione della norma è tuttavia dubbia. Nello specifico il comma 195 infatti non precisa se coloro che avrebbero l'apertura della finestra prima del 1° Gennaio 2014 siano esclusi tout court dalla salvaguardia o se, come sembra, il pagamento della pensione avverrà solo da quella data.
Come si nota, nella maggior parte dei casi, l'ampliamento della platea di beneficiari è stato ottenuto allentando il vincolo riguardante il reddito da lavoro previsto nei precedenti interventi di salvaguardia. Le modalità operative di attuazione saranno definite, in modo analogo a quanto già avvenuto per altre misure precedenti, con un decreto interministeriale che dovrà essere promulgato entro il 2 marzo 2014 (60 giorni dall'entrata in vigore della legge 147/2013).
Per la salvaguardia dei 23mila è prevista una spesa massima di 950 milioni di euro dal 2014 al 2020, finanziata, tra l'altro, anche con l'ulteriore innalzamento delle aliquote contributive a carico di una parte degli iscritti alla gestione separata dell'Inps. L'Inps, come al solito, monitorerà le domande presentate dai lavoratori interessati e al raggiungimento di quota 17mila, non dovrà accettare ulteriori richieste di ammissione al beneficio in parola.
Pensioni, le casse private fanno salve le disposizioni emanate prima del 2007
La legge di stabilità 2014 (l.n. 147/2013) reca una norma di interpretazione autentica concernente le gestioni previdenziali obbligatorie facenti capo ad enti previdenziali di diritto privato, al fine di specificare che gli atti e le deliberazioni adottati dagli enti ed approvati dai Ministeri vigilanti prima del 1° gennaio 2007, sono fatti salvi unicamente a condizione che essi siano intesi ad assicurare l'equilibrio finanziario di lungo termine delle gestioni previdenziali.
La legge dunque conferma che, a condizione che siano finalizzati ad assicurare l'equilibrio finanziario di lungo termine, tutti gli atti e le deliberazioni adottati dagli enti e approvati dai Ministeri vigilanti prima del 2007 si intendono legittimi ed efficaci. Nello specifico la norma concede una interpretazione autentica dell'ultimo periodo dell'articolo 1, comma 763, della legge 296/2006 secondo la quale gli enti che evidenziano squilibri finanziari possono rivedere le prestazioni garantite in maniera graduale, tenendo conto del principio del pro rata e nel rispetto dell'equità tra generazioni. L'interpretazione si è resa necessaria per rafforzare la posizione degli enti previdenziali di diritto privato dai contenziosi presentati dagli iscritti che hanno avuto una riduzione delle tutele previdenziali erogate sulla base di atti approvati prima del 2007.
La legge di stabilità interviene anche sulle spese di funzionamento di tali enti, consentendo che, a decorrere dal 2014, gli enti previdenziali adempiano gli obblighi di contenimento della spesa a cui sono soggetti sulla base della normativa vigente effettuando, in via sostitutiva, un riversamento in favore dell’entrata del bilancio dello Stato, entro il 30 giugno di ciascun anno, pari al 12 per cento della spesa sostenuta per i consumi intermedi nell’anno 2010.
Sperimentale Donna, è boom di domande
Sono sempre più le donne che decidono di accedere alla pensione contributiva con l'opzione donna 57 anni di età 58 per l'autonomia e 35 anni di contributi dopo l'entrata in vigore della riforma Fornero.
Secondo i dati dall'Inps le domande per accedere al regime sperimentale donna introdotto nel 2004 hanno registrato negli ultimi 2 anni una forte crescita. Il regime donna, è noto, si tratta purtroppo dell'unica scappatoia attualmente ancora disponibile per poter andare in pensione con un po' di anticipo rispetto alle nuove regole. Un beneficio, se così può essere chiamato, fruibile solo per il gentil sesso a condizione però di avere una pesante penalizzazione dal punto di vista economico. Chi opta per l'opzione donna otterrà infatti la liquidazione della pensione con il calcolo contributivo che significa, a conti fatti, una decurtazione dell'assegno medio che può toccare anche il 35 per cento.
Nonostante questi risvolti economici negativi lo sperimentale rimane l'unico canale d'uscita anticipato che ha superato indenne le maglie restrittive della Riforma Fornero del Dicembre 2011. E non sorprende quindi il fatto che nei primi due anni dall'introduzione della Riforma, le domande per l'opzione donna hanno subito un vero e proprio boom. Secondo i dati dell'INPS infatti l'opzione prevista dall'articolo 1, comma 9, della legge 243 del 2004 e' stata scelta da oltre 17.500 donne in tutto con una fortissima accelerazione nello scorso anno quando si è toccata quota 8.846 domande (contro le 5.646 del 2012).
Una vera e propria corsa destinata però a fermarsi in anticipo rispetto a quanto originariamente previsto. Secondo la circolare 35/2012 Inps possono infatti fruire del beneficio solo le donne con 57 anni di età (58 le autonome) e 35 anni di contributi la cui finestra di decorrenza si apra entro il 31 Dicembre 2015 (cioè una volta perfezionati i requisiti bisogna aggiungere il periodo di finestra mobile di 12 o 18 mesi a seconda se trattasi di lavoratrice dipendente o autonoma). Nella legge istitutiva in realtà non si faceva alcun riferimento alla decorrenza lasciando immaginare che il beneficio fosse fruibile a condizione di maturare i soli sopra citati requisiti anagrafici e contributivi entro il 31.12.2015.
La Corte dei Conti boccia la Super indennità per i vicecomandanti dell'Arma
La Corte dei Conti con la delibera n. 21/2013 boccia la speciale indennità pensionabile (SIP) a decorrere dal 9 Ottobre 2010, data di entrata in vigore del nuovo codice militare.
Secondo quanto stabilito dalla Corte dei Conti i Vicecomandanti Generali dell'Arma non possono avere diritto alla SIP. La SIP è quell'emolumento in busta paga - pari a circa 4.800 euro netti in più al mese - che viene concesso ai Generali e ai Vice Generali di Corpo d'Armata che vanno in ausiliaria per un periodo di cinque anni. Si tratta in realtà di un vero e proprio privilegio particolarmente difficilmente da comprendere in un periodo tagli e di crisi economica come quello attuale.
La SIP infatti non viene corrisposta solo per il periodo di ausiliaria dell'Ufficiale - un periodo pari a cinque anni dopo aver lasciato il servizio durante i quali l'Ufficiale può essere richiamato in servizio dall'Arma - in quanto l'indennità poi entra a far parte dell'assegno pensionistico portando quest'ultimo a circa 14mila euro lordi mensili.
La speciale indennità fu istituita per il capo della Polizia-direttore generale della Polizia di Stato nel 1981, poi estesa nel 1987 ai comandanti generali dell'Arma e della Guardia di Finanza, al capo della Forestale e del Dap (dipartimento amministrazione penitenziaria); nel 1997 diventò appannaggio anche dei capi di Stato maggiore della Difesa, di Esercito, Marina, Aeronautica e del segretario generale della stessa Difesa. Alla fine la speciale indennità è arrivata anche per i vicecomandanti dell'Arma e della Finanza.
Ora la Corte dei Conti ha bocciato i decreti di assegnazione della SIP di tre vicecomandanti dei carabinieri: i generali di corpo d'armata Carlo Alfiero, Salvatore Fenu ed Ermanno Vallino. La magistratura contabile ha tuttavia fissato uno spartiacque: «Ai fini del calcolo dell'indennità di ausiliaria, la valutazione della speciale indennità pensionabile» citata dal nuovo codice dell'ordinamento militare «non potrà più essere effettuata» a decorrere «dal 9 ottobre 2010» cioè la «la data di entrata in vigore dello stesso codice militare». Rispetto a quel termine, oltre a Fenu, Alfiero e Vallino si salvano dalla scure della Corte, tra gli altri, i vicecomandanti dell'Arma Roberto Santini, Roberto Cirese, Goffredo Mencagli, Massimo Cetola, Giorgio Piccirillo e Stefano Orlando. Il ministero della Difesa potrebbe a questo punto recuperare le somme nei confronti dei generali Corrado Borruso, Michele Franzè, Carlo Gualdi, Clemente Gasparri, Massimo Iadanza e Antonio Girone, numeri due dell'Arma che hanno percepito l'ausiliaria dopo l'entrata in vigore del nuovo ordinamento militare.