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Statali, Madia: piu' vicino lo sblocco dei contratti nel pubblico impiego
Il mancato rinnovo dei contratti è la conseguenza di una stagione di crisi profonda che potrà essere superata. La staffetta generazionale rischia di non essere efficace: "Mi sono rimessa al parere dell'Aula".
Kamsin Piu' vicino il ritorno ad una normale stagione di rinnovi contrattuali dopo cinque anni di blocco. Lo dichiara il Ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, in occasione del passaggio al Senato del disegno di legge delega sulla Riforma della Pubblica Amministrazione. Il ministro replica replica alle accuse di un intervento "punitivo" nei confronti dei dipendenti pubblici: «La riforma è la migliore risposta ai tanti bravissimi funzionari e dirigenti pubblici che sono stati colpiti da una rappresentazione della pubblica amministrazione come luogo decadente. Riscatteremo le vittime di questo modo di pensare, alimentato ad esempio da uno che mi ha preceduto in questo ministero, come Renato Brunetta, che ha fatto una campagna politica sui fannulloni» ha detto la Madia.
Il Ministro apre anche al ritorno della contrattazione, dopo cinque anni di blocco della parte economica dei contratti collettivi di lavoro nel pubblico impiego. «Ho già avuto modo di spiegare che il blocco della contrattazione è il frutto di una stagione di profonda crisi: uscendo da questo periodo difficile possiamo tornare ad una normale dialettica. Ma ora aggiungo qualcosa si più: scommettiamo tutti sulle riforme che devono far accelerare questo Paese, ed anche, la sua economia. Così arriveremo prima al momento in cui si può ricominciare a dare aumenti salariali. Lo dico anche ai sindacati: aiutateci a fare le riforme.
Profonde novità sono in arrivo soprattutto per la dirigenza pubblica. «Sul tema della dirigenza c'erano due possibilità. O modificare la Costituzione e introdurre il sistema dello spoils system, oppure mantenere la separazione tra politica e amministrazione. Con il ruolo unico abbiamo scelto la seconda strada. I dirigenti saranno autonomi. Ma il punto importante è che autonomia non vuoi dire paralisi. Non ci sarà la nomina diretta da parte della politica, però prevediamo dei meccanismi valutativi che poi influiscano sulla carriera, in salita o in discesa. Oggi un giovane che entra come dirigente di seconda fascia, anche se è il più bravo del mondo, non potrà avere responsabilità maggiori fino a che non si libera un posto di prima fascia. Poi però una volta che ci è arrivato nessuno lo potrà più spostare e magari concluderà la carriera all'interno dello stesso ministero. Si può immaginare un modello diverso in cui i dirigenti si muovano all'interno della Pa e anche al di fuori, nel privato. E dopo un'esperienza nei privato si può tornare nella pubblica amministrazione. Mi piacerebbe che per un giovane laureato brillante venire a lavorare per lo Stato torni ad essere una prospettiva desiderabile, al pari di un'azienda privata».
Staffetta Generazionale. La Madia esprime dubbi però sulla norma che consente ai lavoratori vicini alla pensione di pagarsi i contributi volontari per anticipare l'età pensionabile. «È vero e infatti sull'emendamento io mi sono rimessa all'aula, non ho dato parere positivo, perché so bene che questa norma rischia di non essere efficace. Con il decreto legge della scorsa estate invece avevamo introdotto novità di maggior impatto, come l'abolizione del trattenimento in servizio e il divieto di far lavorare i pensionati».
seguifb
Zedde
Statali, l'orario di lavoro sarà piu' flessibile. Cambiano anche i procedimenti disciplinari
Un articolo del disegno di legge di Riforma della Pubblica Amministrazione prevede il rafforzamento del telelavoro e servizi di sostegno alla genitorialità.
Kamsin Oltre alla staffetta generazionale, misura introdotta all'ultimo minuto e sulla cui reale efficacia ci sarebbe da discutere, il disegno di legge delega di Riforma della Pubblica Amministrazione contiene anche altre misure che dovrebbero flessibilizzare il lavoro per i dipendenti pubblici.
L'articolo 10 del provvedimento, approvato in prima lettura dall'Aula del Senato lo scorso venerdì, riconosce infatti la facoltà alle pubbliche amministrazioni (comma 1) di poter adottare misure organizzative per il rafforzamento dei meccanismi di flessibilità dell'orario di lavoro orizzontale o verticale attraverso il ricorso al cd. lavoro ripartito o job sharing (nel quale cioè due lavoratori assumono in solido l'adempimento di un'unica obbligazione lavorativa). Si prevede, inoltre, anche la definizione di obiettivi annuali per l’attuazione del telelavoro, anche nella forma del telelavoro misto (o smart working), e la sperimentazione di forme di co-working (termine con cui si fa riferimento alla condivisione di un ambiente di lavoro da parte di lavoratori dipendenti da diversi datori di lavoro o anche parasubordinati ed autonomi o imprenditori).
Le misure organizzative volte a favorire il lavoro da remoto dovranno essere tali da determinare la migliore attuazione delle disposizioni in materia di fruizione del congedo parentale. Inoltre sia il telelavoro, che il job-sharing o lo smart working non potranno comportare penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera, per i dipendenti che se ne avvalgano.
C'è inoltre l'espressa previsizione, al comma 2, che le amministrazioni potranno procedere, seppure nei limiti delle risorse di bilancio disponibili, a stipulare convenzioni con asili nido e scuole dell'infanzia e a organizzare servizi di supporto alla genitorialità aperti duranti i periodi di chiusura scolastica.
Altre novità per il rapporto di pubblico impiego sono contenute nell'articolo 12 del provvedimento che chiede al Governo un effettivo riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. Un riordino che dovrà essere realizzato mediante una serie di decreti legislativi che dovranno essere emanati riguardanti, in particolare:
- una più efficacia integrazione negli ambienti di lavoro delle persone con disabilità;
- la riorganizzazione delle funzioni in materia di accertamento medico-legale sulle assenze dal servizio per malattia dei dipendenti pubblici, al fine di garantire l'effettività del controllo con l'attribuzione all'Inps della relativa competenza e delle risorse attualmente impiegate dalle pubbliche amministrazioni per l'effettuazione degli accertamenti;
- la semplificazione delle norme in materia di valutazione dei pubblici dipendenti, il riconoscimento del merito e di premialità;
- l'introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti finalizzate ad accelerare, rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l'esercizio dell'azione disciplinare;
- progressivo superamento della dotazione organica come limite alle assunzioni fermi restando i limiti di spesa anche al fine di facilitare i processi di mobilità.
seguifb
Zedde
Riforma Pensioni, Cgil: ora si acceleri sui pensionamenti flessibili
«Il governo e l'Inps devono applicare la sentenza emessa dalla Corte costituzionale sulla rivalutazione delle pensioni così come avvenne con il contributo di solidarietà su quelle d'oro che fu restituito a stretto giro». Kamsin Chiede il segretario generale dello Spi-Cgil, Carla Cantone. "Dopo la vicenda degli esodati un altro clamoroso colpo alla legge Fornero: la sentenza della Corte Costituzionale conferma che la cosiddetta riforma non sta in piedi e che le norme vigenti vanno cambiate". «È del tutto evidente - aggiunge Cantone - che bisognerà tornare al meccanismo di rivalutazione ante Fornero. La sentenza su questo è molto chiara: non si può fare cassa con i pensionati. Le pensioni da lavoro, che sono state conquistate e non regalate, devono essere tutelate».
Aprire subito il confronto per introdurre piu' flessibilità in uscita
Secondo la leader della Cgil "il governo sbaglia a non aprire urgentemente un confronto su come modificare la legge nel suo complesso, richiesta avanzata più volte unitariamente dai sindacati", ricorda. "Ora - conclude la dirigente sindacale - restituire subito il maltolto ai pensionati, a partire da quelli con assegni pari a tre volte il minimo".
Palazzo Chigi, conclude la leader del sindacato pensionati Cgil, deve quindi «rimettere mano a tutto l'impianto di una riforma che ha penalizzato anziani, adulti e giovani», intervenendo «anche sul capitolo esodati ed età pensionabile». I punti chiave secondo il sindacato sono «la reintroduzione del sistema delle quote unitamente ad una misura per i lavoratori precoci: 40-41 anni di contributi è limite massimo che può essere chiesto per andare in pensione ad un operaio che ha iniziato a lavorare a 15 anni. Particolare attenzione va riservata anche alle lavoratrici» sostengono dalla Cgil. «Sappiamo che sono state depositate diverse proposte di legge in tal senso dal Pd alla Camera e che sono condivise anche dalla maggioranza delle forze politiche. Non si comprende quando si inizierà a fare sul serio».
Il Condacons lancia un'azione collettiva
In arrivo anche una class action promossa dal Codacons a favore dei pensionati per la rivalutazione degli assegni pensionistici inferiori ai 2.400 euro mensili. Il presidente dell'associazione dei consumatori, Carlo Rienzi, intende incalzare raccogliendo i ricorsi di migliaia di pensionati perché «tagliare gli assegni pensionistici o bloccare la rivalutazione delle pensioni, come ha sostenuto la Consulta, è un atto illegittimo». La stessa Costituzione, conclude «prevede l'obbligo di dare una vita libera e dignitosa ei lavoratori e ai pensionati, i quali hanno diritto ad aumenti delle pensioni proporzionali alla crescita del costo della vita».
seguifb
Zedde
Pensioni, Parla l'ex ministro Fornero: "La decisione della Consulta è incomprensibile"
L'ex ministro del Lavoro Elsa Fornero non condivide la sentenza della Corte Costituzionale di ieri secondo la quale è illegittimo il blocco dei trattamenti pensionistici al costo della vita per gli assegni superiori a tre volte il minimo Inps.
Kamsin Non riesco a capire. Bloccare le pensioni alte, o comunque non quelle più basse, in un momento di grave crisi finanziaria è una manovra contro la quale è difficile eccepire». Elsa Fornero, il ministro del welfare che nel governo Monti aveva avviato la riforma delle pensioni non condivide la sentenza della Corte Costituzionale di ieri secondo la quale è illegittimo il blocco dei trattamenti pensionistici al costo della vita per gli assegni superiori a tre volte il minimo Inps. Lo fa in una intervista raccolta dal Quotidiano de la Repubblica.
Professoressa Fornero, come commenta la sentenza che la commosse durante il suo governo? «Non la commento, perché non la conosco nel dettaglio. Ma la prima osservazione è che non era certo una norma stabilita da me. Per una volta, il governo Monti era stato unanime nel ritenere che per ragioni di emergenza finanziaria fosse motivato stabilire quel blocco. Non era facile, e di fatti io stessa ne fui colpita, e chiesi che la norma non fosse estesa a chi percepiva 1000 euro almese, o meno. Una richiesta personale fatta proprio alla luce della mia comprensione dei problemi».
Dunque la norma non faceva parte della riforma pensionistica? «Assolutamente no. Non fu una norma proposta da me e non entrò nella riforma. Fu dovuta alla situazione economica tragica del Paese, da tutti conosciuta. Il governo impose il blocco per due anni. E l'indicizzazione delle pensioni più basse fu sbloccata grazie al mio intervento».
Ora la decisione della Consulta addebita fino a 5 miliardi allo Stato? «E difficile pensare che quella norma fosse incostituzionale nelle circostanze di quel periodo. Non si trattava di una retribuzione differita a chi la percepiva, non corrispondeva ai contributi versati. E questa norma arrivava in un momento in cui tutti piangevano per i giovani senza lavoro. É difficile vederla ora come incompatibile con la Costituzione». «Sei sindacati difendono l'indicizzazione delle pensioni alte, è un fatto paradossale, che fa pensare che il mondo va alla rovescia. E non capisco neppure perché sollevare ora, quando l'intera manovra era digerita, un dubbio di incostituzionalità».
seguifb
Zedde
Esodati ante 2010, il Gazzetta il Decreto che paga le mensilità residue del 2015
Il provvedimento consentirà di erogare le mensilità residue nell'anno 2015 ai lavoratori destinatari del Dm 85708 del 24 Ottobre scorso.
Kamsin E' stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto 88332/2015 che concede il pagamento delle mensilità residue del 2015 per i lavoratori esodati ante 2010 destinatari del decreto interministeriale n. 85708 del 24 ottobre 2014. E' previsto un onere di 19,8 milioni di euro a carico del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione.
L'articolo 1 del citato decreto prevede infatti la concessione "del prolungamento dell'intervento di tutela del reddito, con esclusione della contribuzione figurativa, in favore dei lavoratori gia' destinatari del decreto n. 85708 del 24 ottobre 2014. In favore dei lavoratori [...] il prolungamento del sostegno al reddito e' concesso limitatamente alle mensilita' residue nell'anno 2015 e relative al prolungamento degli interventi di sostegno al reddito autorizzati con decreto interministeriale n. 85708 del 24 ottobre 2014".
Destinatari. Il decreto interessa i lavoratori, di cui ai profili di seguito illustrati, la cui finestra fissa di accesso alla pensione calcolata prima del Dl 78/2010 si aprisse nel corso del 2014 e che, per effetto dell'applicazione del citato decreto legge, fosse slittata successivamente al 31 dicembre 2014. Questi lavoratori, infatti, hanno potuto beneficiare del sostegno di cui al Dm 85708/2014 solo sino alla data del 31 Dicembre 2014 mentre risultavano scoperte le, eventuali, mensilità del 2015. I profili dei lavoratori interessati dal provvedimento sono:
a) i lavoratori collocati in mobilita' ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 30 aprile 2010 (cessati dal servizio entro la medesima data) e che maturano i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell'indennita' di mobilita' di cui all'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223;
b) i lavoratori collocati in mobilita' lunga ai sensi dell'articolo 7, commi 6 e 7, della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni e integrazioni, per effetto di accordi collettivi stipulati entro il 30 aprile 2010;
c) i lavoratori che al 31 Maggio 2010, sono titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarieta' di settore di cui all'art. 2, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
Un esempio - Si immagini un lavoratore che abbia raggiunto il diritto a pensione (es. la quota 97,3) nel marzo 2014 e che avrebbe, pertanto, visto l'apertura della finestra fissa di accesso al 1° luglio 2014, data in cui termina l'assistenza dell'indennità di mobilità ordinaria (o lunga) o l'assegno straordinario di sostegno al reddito a carico dei fondi di solidarietà di settore. Per effetto della legge 122/2010 ora la sua pensione verrà erogata il 1° Aprile 2015. E quindi sta subendo un vuoto economico di quasi un anno.
Il decreto interministeriale 85708 gli ha consentito di ottenere, seppur in ritardo rispetto alle reali necessità, la copertura delle mensilità tra agosto 2014 ed il 31 dicembre 2014 mentre risultavano ancora scoperte le mensilità del 2015 (gennaio-aprile). Ora grazie al Dm 88332/2015 anche tali mensilità potranno essere corrisposte a completamento della copertura prevista dall'articolo 12, comma 5-bis del Dl 78/2010.
seguifb
Zedde
Altro...
Pensioni, Lo Stato dovrà risarcire in media mille euro a 6milioni di pensionati
E' l'effetto della sentenza 70/2015 con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo, per il biennio 2012-2013, il blocco della perequazione sui trattamenti pensionistici di importo superiore a tre volte il minimo INPS.
Kamsin Il Governo dovrà trovare dai 5 ai 10 miliardi di euro per restituire quanto indebitamente sottratto a 6 milioni di pensionati con la Legge Fornero del 2011. Ben piu' del «tesoretto» da 1,6 miliardi del governo Renzi messo da parte con il Def e poi congelato dalla Ragioneria dello Stato per ridurre il debito pubblico. E' questo l'effetto principale della Sentenza della Corte Costituzionale 70/2015 con la quale è stata "bocciata" la norma della Legge Fornero del 2011 con la quale si è fermata la rivalutazione all'inflazione dei trattamenti previdenziali superiori a 3 volte il trattamento minimo inps (circa 1450 euro lordi al mese) per gli anni 2012 e 2013.
L'indicizzazione, com'è noto, è un meccanismo che tutela dall'inflazione il valore degli assegni che altrimenti verrebbero erosi nel tempo nel loro potere d'acquisto. In pratica, l'Istat determina la percentuale di incremento del livello dei prezzi da un anno all'altro e l'Inps eroga, da quel momento in avanti, la pensione aumentata di quella percentuale.
Dal 1° gennaio 2014, la rivalutazione è stata poi riattribuita seppur con gradualità in funzione dell'importo senza prevedere alcun recupero per gli anni di blocco. Ciò ha portato inevitabilmente a una perdita irrecuperabile e quindi a una riduzione del potere di acquisto. Per questo, il diritto a una prestazione previdenziale adeguata risulta irragionevolmente sacrificato essendo intaccati i diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale. La pensione è, infatti, intesa quale retribuzione differita in un quadro di solidarietà.
Gli effetti della sentenza. La Sentenza è destinata a produrre effetto solo sugli assegni di pensionati che avevano nel 2012 un assegno superiore a 1.446 euro al mese (lordi) e 1.486 euro nel 2013. L'effetto sarà duplice: da un lato vedranno crescere l'assegno mensile di alcune decine di euro e dall'altro dovrà essere corrisposto loro un ristoro oscillante tra i mille e i 2mila euro (lordi) in media per recuperare quanto indebitamente lasciato sul terreno in questi anni. L'entità del recupero, in entrambi i casi, dipende dal valore dell'assegno: piu' è alto il rateo mensile maggiore sarà l'importo che dovrà essere corrisposto al pensionato. Ma bisogna comunque considerare che una parte di questi denari tornerà allo Stato come tassazione Irpef. Non ci saranno effetti invece sugli assegni piu' bassi, in quanto questi sono stati già pienamente indicizzati all'inflazione nel biennio incriminato.
Le modalità di restituzione dovranno essere concordate dall'Inps e dal Governo. In astratto si può ipotizzare la restituzione immediata anche se è piu' probabile l'approvazione di una apposita legge che preveda la rateizzazione del rimborso, come è accaduto in passato, e come stanno già ipotizzando all'Economia; in tale occasione, peraltro, è possibile anche che si decida di confermare il blocco biennale solo sugli importi piu' elevati (ad esempio su quelli superiori a 6-7 volte il trattamento minimo). Il viceministro, Enrico Morando, reagisce così alla notizia: «Sembrerebbe una sentenza che rende obbligatoria la restituzione di ciò che era stato non pagato in base al blocco delle indicizzazioni...». Più tardi Palazzo Chigi fa filtrare che è in corso la verifica dell'impatto della sentenza sui conti pubblici. Una «prova non facile», l'ammissione, ma «troveremo una soluzione». Di certo il rischio è che si mettano a repentaglio le ipotesi di intervento per correggere le altre storture della Legge Fornero.
seguifb
Zedde
Riforma Pensioni, Cgil: la staffetta generazionale è un bluff. Damiano: pronti a modifiche
Un duro giudizio arriva subito dai sindacati, che parlano di "staffetta truffa, dirigenti ricattabili e arretramento dal territorio". A loro avviso, inoltre, dopo i vari passaggi parlamentari è "ridicolo chiamarla riforma".
Kamsin "La staffetta generazionale è un bluff perchè lo Stato non ci metterà un solo euro". Lo sottolinea una nota della Cgil-Uil all'indomani dell'approvazione del disegno di legge delega di Riforma della Pubblica Amministrazione. All'interno del provvedimento, che ora passa all'esame della Camera, è stata approvata infatti una norma che consente agli enti pubblici di promuovere il ricambio di personale proponendo al dipendente prossimo alla pensione di lavorare part-time con stipendio ridotto in modo da favorire nuove assunzioni.
Ma saranno i pensionandi che hanno optato, volontariamente, per il part-time e il taglio di stipendio, a dover continuare a versare per l'intero i contributi previdenziali se vorranno evitare ripercussioni negative sulla pensione. Al pari di quanto avviene nel settore privato in cui i lavoratori possono integrare con il riscatto o con i volontari il differenziale di contribuzione per la pensione piena. I soldi pubblici risparmiati sulle retribuzioni andranno a finanziare nuove immissioni in ruolo, sempre però «nel rispetto della normativa vigente in materia di vincoli assunzionali» e senza «nuovi o maggiori oneri a carico degli enti previdenziali e delle amministrazioni pubbliche». L'emendamento è passato in un testo modificato piu' volte rispetto alla precedente versione e con una esplicita clausola di neutralità finanziaria che gli è valso l'ok della commissione bilancio, ma anche forti critiche bipartisan e non solo da parte delle opposizioni.
“Dov'è la staffetta generazionale? Considerando che per i prossimi quattro anni sono previste 128 mila uscite, l'immissione di 70 mila unità è di fatto un nuovo taglio al personale. Tanto più se per finanziare il ricambio, si fanno pagare ai lavoratori vicini alla pensione i contributi per passare al part-time”, rimarcano dalla Cgil. “Un vero turn-over si fa assumendo almeno altri 100 mila giovani competenti e motivati. Ma per questo serve coraggio, perché bisogna tagliare le consulenze e riequilibrare il rapporto tra lavoratori e management” sottolinea la Cgil.
Ma il maldipancia serpeggia anche tra alcuni esponenti della maggioranza. Secondo Cesare Damiano (Pd) la norma sarà poco appetibile e dovrà essere modificata alla Camera: «il differenziale sulla contribuzione previdenziale deve essere pagata dallo Stato per favorire il ricorso a questo strumento, che dovrà restare sempre su base volontaria. Bisogna poi eliminare i vincoli al turn-over in modo da incoraggiare l'utilizzo della misura. La norma per ora è un semplice part-time, poco vantaggioso per il lavoratore».
seguifb
Zedde
Congedi parentali, tutele ampliate con il Jobs Act. Ecco le novità
Le misure sono contenute nella bozza di decreto attuativo del Jobs Act, approvato in via preliminare lo scorso 20 Febbraio dal consiglio dei ministri.
Kamsin Congedo parentale piu' ampio. Almeno per il 2015. Quest'anno, infatti, i genitori potranno fruire del congedo parentale sino ai 12 anni di età del figlio (invece di otto). Sempre quest'anno, i genitori avranno diritto all'indennità di congedo parentale, senza vincoli di reddito, fino all'età di sei anni (e non tre). E' quanto stabilisce la bozza di decreto attuativo del Jobs Act, approvato in via preliminare dal consiglio dei ministri lo scorso 20 Febbraio e all'esame delle Commissioni Lavoro di Camera e Senato.
Congedo Parentale. L'istituto maggiormente toccato dal provvedimento è il congedo parentale, la cui durata resta però invariata. Il periodo massimo di fruizione viene infatti esteso dall'ottavo anno di vita del bambino al dodicesimo. In pratica, le novità andranno a beneficio dei genitori di figli d'età oltre gli otto e fino ai dodici anni (cioè per i nati tra il 2007 e il 2012). Costoro, infatti, beneficeranno di una sorta di «riapertura» dei termini per fruire del congedo parentale: se non lo hanno sfruttato per i sei mesi entro gli otto anni di vita del figlio, i genitori potranno richiederlo nel 2015 fino al compimento dei dodici anni.
Indennità di Maternità. Non solo. I genitori di figli d'età oltre i tre e fino a sei anni (cioè per i bimbi nati tra il 2009 e il 2012), invece, oltre a poter richiedere il congedo fino ai dodici anni del figlio, avranno anche la possibilità di ricevere l'indennità di maternità, senza alcuna condizione di reddito. Si allunga cioè anche il periodo indennizzato dall'Inps il cui importo resta però fissato nella misura del 30% della retribuzione: non più fino al terzo anno di vita del bambino, ma fino al sesto.
Contestualmente inoltre viene abrogata la disposizione che consentiva di continuare a percepire l'indennità dopo il terzo anno a condizione che il reddito individuale dell'interessato fosse inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria.
Congedo ad Ore. Il provvedimento contiene inoltre una spinta all'utilizzo del congedo parentale a ore, possibilità introdotta dalla legge Fornero, e che doveva però essere regolamentata dalla contrattazione collettiva. Considerato che ciò fino a oggi è avvenuto in pochissimi casi, il legislatore ne consente l'uso anche senza disciplina contrattuale fissando alcune regole di carattere generale. In particolare il decreto prevede che ciascun genitore può scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria. Vengono modificati anche i termini di preavviso: da 15 giorni si passa a 5 per il congedo giornaliero e a 2 in caso di congedo ad ore.
Congedo di maternità. Altre modifiche riguardano il congedo di maternità. Da un lato si concede la possibilità per la madre di sospenderlo in caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata. Se pertanto il bambino viene ricoverato nel periodo previsto per la cosiddetta astensione obbligatoria (tre o quattro mesi dopo il parto) il periodo può essere sospeso e riprenderà a decorrere dopo le dimissioni del figlio, a condizione che la lavoratrice produca una attestazione medica che dichiari la compatibilità dello stato di salute della donna con la ripresa dell'attività lavorativa. Il diritto della sospensione del congedo può essere esercitato una sola volta per ogni figlio. L'altra importante novità è l'estensione del diritto a percepire l'indennità di maternità (direttamente dall'Inps) anche nel caso di risoluzione del rapporto per giusta causa, precedentemente escluso.
Parasubordinate. Il provvedimento estende loro il principio della automaticità dell'indennità di maternità. In questo modo, come per avviene per le dipendenti, le lavoratrici avranno diritto alla prestazione anche in caso di mancato pagamento dei contributi da parte del committente. Inoltre viene esteso anche a loro il diritto all'indennità per cinque mesi in caso di adozioni.
Vittime di Violenza. Novità assoluta è l'introduzione di un congedo retribuito di durata di tre mesi, a favore delle donne vittime di violenza di genere. In particolare, alle lavoratrici dipendenti, pubbliche e/o private, e alla collaboratrici a progetto, inserite in percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, tali certificati dai servizi sociali del comune di residenza o dai centri antiviolenza o dalle case rifugio, hanno il diritto di astenersi dal lavoro (sospensione del contratto, nel caso di co.co.pro.) per motivi connessi al percorso di protezione per un periodo massimo di tre mesi.
Diversa però è la tutela retributiva e normativa; infatti, alla lavoratrice dipendente per tutto il periodo di congedo spetta l'intera retribuzione e l'assenza non rileva ai fini dell'anzianità di servizio, della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto. La lavoratrice dipendente, infine, ha diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in tempo parziale, verticale od orizzontale, nonché al ripristino del tempo pieno, a sua richiesta.
La durata. Tutte queste novità, è questa è la nota dolente, si applicano per il solo anno corrente (2015) e per le sole giornate di astensione riconosciute nello stesso anno. Resta quindi da chiedersi quanto sia efficace un intervento per un periodo di tempo così limitato. Probabilmente c'è da aspettarsi un rinnovo.
seguifb
Zedde
Riforma Pa, Ok del Senato. Stop ai segretari comunali. Sì alla staffetta generazionale
L'Aula del Senato ha approvato il ddl di riforma della pubblica amministrazione con 144 voti a favore, nessun voto contrario e un astenuto. Il testo passa ora alla Camera
Kamsin L'Aula di Palazzo Madama ha dato oggi il primo via libera definitivo al disegno di legge delega di riforma della pubblica amministrazione. Con le votazioni finali sugli articoli 16 e 17 del provvedimento (Ac 1577) il testo passa ora alla Camera per la seconda lettura. Nella giornata di ieri sono stati approvati gli articoli 9-15 registrando alcune modifiche rispetto al testo licenziato dalla Commissione Affari Costituzionali.
Concorsi Pubblici: nessuna corsia preferenziale per gli idonei. In particolare l'Aula ha dato il via libera all'emendamento di Vincenzo Cuomo (Pd) che prevede una corsia preferenziale per assumere i 3 mila vincitori di concorso tuttora in attesa di essere assunti dalla p.a. Restano fuori invece gli idonei. L'emendamento prevede «l'introduzione di norme transitorie finalizzate esclusivamente all'assunzione di vincitori di procedure selettive pubbliche» qualora vi siano graduatorie approvate e pubblicate alla data di entrata in vigore della legge delega.
Dirigenza Pubblica. Altra modifica è quella sulla durata degli incarichi dirigenziali che passa da tre a quattro anni, con la possibilità di un solo rinnovo senza concorso per ulteriori due anni, mentre la versione originaria del ddl prevedeva la possibilità di una sola proroga per tre anni. A volere la modifica, un emendamento della senatrice Pd Linda Lanzillotta, riformulato dal relatore. Dalla formula 3+3 si passa quindi a quella 4+2. Significa che l'incarico di un dirigente, che con la riforma sarà inserito in un ruolo unico, potrà durare massimo quattro anni con la possibilità di un rinnovo, senza una nuova selezione, per altri due anni. Il reincarico senza selezione potrà avvenire una sola volta.
Esauriti i sei anni complessivi, il dirigente torna al ruolo unico e per assumere un nuovo incarico dovrà superare una nuova fase selettiva. Se rimarrà inattivo per un determinato periodo, che i decreti attuativi della delega dovranno indicare, potrà essere licenziato. Stop anche all'altro piatto forte della Riforma della Dirigenza ossia gli avanzamenti di carriera automatici. Il riferimento al «superamento degli automatismi nel percorso di carriera» è stato infatti espunto dal ddl. Tra le altre novità c'è da registrare che i diplomatici sono stati esclusi dal ruolo unico dei dirigenti.
Segretari Comunali. Sui segretari comunali è stata confermata la fase ponte di tre anni prima dell'abolizione, durante la quale chi svolge questa funzione potrà continuare a farlo ma sotto la qualifica generica di «dirigente pubblico». «Ora», ha rimarcato il ministro, «i segretari sono nominati dai sindaci, con la nostra riforma saranno scelti all'interno del ruolo unico». Nei comuni capoluogo di provincia e nei centri sopra i 100 mila abitanti, le funzioni apicali potranno comunque essere attribuite anche a un soggetto estraneo al ruolo unico, purché in possesso di «adeguati requisiti culturali e professionali». Una misura duramente contestata dalle opposizioni in quanto consentirebbe ai sindaci dei grandi comuni di attribuire le funzioni, ora svolte dai segretari, a soggetti compiacenti e vicini al potere politico.
Camere di Commercio. L'Aula ha poi introdotto un tetto per gli stipendi dei vertici amministrativi delle società controllate dalle Camere di commercio; inoltre i manager degli enti camerali transitano dal ruolo unico dei dirigenti statali a quello dei dirigenti regionali.
Pensioni, Sì alla staffetta generazionale. Passa l'emendamento a firma del sen. Berger (Aut), che prevede la facoltà per le amministrazioni pubbliche di promuovere il ricambio generazionale mediante riduzione volontaria e non revocabile dell'orario di lavoro e della retribuzione del personale prossimo al pensionamento, nell'invarianza della contribuzione previdenziale
Enti di ricerca. Approvato anche l'emendamento di Fabrizio Bocchino (Italia Lavori in corso) che affida un'ulteriore delega al governo da esercitare entro 12 mesi per la semplificazione e lo scorporo dalla PA degli enti pubblici di ricerca e la disciplina dello status giuridico dei ricercatori. Sarà infatti garantita maggiore autonomia, soprattutto di spesa, agli enti pubblici di ricerca, grazie a uno status speciale che tali enti avranno, pur restando nel perimetro della pubblica amministrazione.
Martedì scorso l'Aula aveva approvato l'emendamento alla delega che prevede l'assorbimento della Forestale in un'unico altro corpo, probabilmente la Polizia, con l'obiettivo di evitare la sua dispersione. Permane a questo scopo anche l'unitarietà delle funzioni attribuite. Tra le norme che sono state approvate ieri senza modifiche, la stretta sulle azioni disciplinari dei dipendenti pubblici, il passaggio all'Inps di competenze e risorse per gli accertamenti della malattie. Via libera alla stretta sulle partecipate locali, al taglio delle Prefetture, alla soppressione degli enti inutili.
seguifb
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Naspi 2015, Al via il nuovo assegno contro la disoccupazione. Dentro anche gli apprendisti
Saranno ammessi alla fruizione del nuovo ammortizzatore sociale anche i lavoratori apprendisti e i soci lavoratori di cooperativa che abbiano un rapporto di lavoro in forma subordinata.
Kamsin Via libera alla nuova Aspi. Da domani i lavoratori dipendenti potranno iniziare a presentare le domande di accesso alla nuova assicurazione sociale contro la disoccupazione introdotta dal decreto legislativo 22/2015. Lo ricorda l'Inps con il messaggio 2971/2015 in attesa che sia pubblicata una Circolare che regoli compiutamente il nuovo ammortizzatore sociale nei prossimi giorni.
L'istituto precisa che per fruire dell'indennità i lavoratori aventi diritto devono presentare, esclusivamente in via telematica, apposita domanda all’INPS entro il termine di decadenza di sessantotto giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro. A tal fine, a partire dal 1° maggio 2015, sarà possibile utilizzare i consueti canali telematici per l’inoltro della domanda: via web, attraverso il sito www.INPS.it (direttamente da cittadino in possesso del PIN dispositivo INPS); tramite patronato (che, per legge, offre assistenza gratuita); tramite Contact Center Integrato INPS INAIL (chiamando da rete fissa il numero gratuito 803 164 oppure il numero
La Nuova Aspi. L’art. 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 22 istituisce, a decorrere dal 1° maggio 2015 , una indennità mensile di disoccupazione denominata Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI), avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione.
La NASpI sostituisce, con riferimento agli eventi di cessazione dal lavoro verificatisi dal 1° maggio 2015, le indennità di disoccupazione ASpI e mini ASpI di cui all’art. 2 della legge n. 92 del 2012 la cui disciplina continua a trovare applicazione per gli eventi di cessazione involontaria dal lavoro verificatisi fino al 30 aprile 2015.
Destinatari. Sono destinatari della NASpI i lavoratori dipendenti ivi compresi – come già disposto dalla legge n. 92 del 2012 - gli apprendisti, i soci lavoratori di cooperativa che abbiano stabilito, con la propria adesione o successivamente all’instaurazione del rapporto associativo, un rapporto di lavoro in forma subordinata, ai sensi dell’art. 1, co. 3, della legge n.142 del 2001, nonché il personale artistico con rapporto di lavoro subordinato.
La NASpI è riconosciuta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti:
- siano in stato di disoccupazione ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera c) del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181 e successive modificazioni;
- possano far valere, nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione contro la disoccupazione;
- possano far valere trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.
La NASpI è corrisposta mensilmente, per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni. L'inps precisa, inoltre, che ai fini del calcolo della durata non sono computati i periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazione delle prestazioni di disoccupazione.
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