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Province, ancora ritardi per la mobilità del personale in esubero
A quasi un anno dall'approvazione della Legge Delrio non risulta ancora completa la normativa per regolare la mobilità dei dipendenti dichiarati in soprannumero.
Kamsin Giorni cruciali per il destino dei lavoratori delle province. Gli enti territoriali, svuotati oramai delle proprie funzioni, ai sensi della Legge Delrio (Legge 56/2014) devono individuare nominativamente i dipendenti in esubero destinatari della mobilità introdotta dalla legge 190/2014 attraverso il portale lanciato da Palazzo Vidoni all'indirizzo www.mobilita.gov.it.
Si tratta questo di un passaggio fondamentale per l'attivazione dei percorsi "specifici" che la legge di stabilità ha individuato per la gestione di circa 15-20mila dipendenti pubblici interessati dal riordino delle funzioni provinciali. In primo luogo chi rientrerà nel programma di mobilità potrà accedere al pensionamento in deroga alla Legge Fornero (qualora sia stato già raggiunto un diritto a pensione con la vecchia normativa); coloro che lavorano nella agenzie per l'impiego, invece verranno assorbiti dalla nuova Agenzia nazionale prevista dal Jobs Act. Poi ci sono quei dipendenti che lavorano nella polizia provinciale che saranno ricollocati secondo il riordino delle polizie locali previsto con la legge di riforma della pubblica amministrazione appena approvata dal Senato.
Infine ci sono i dipendenti che dovranno subire un trasferimento vero e proprio il cui numero non è stato ancora chiarito ufficialmente (si parla di circa 15mila lavoratori). Si tratta dei dipendenti soprannumerari di funzioni non fondamentali per i quali la legge prevede la ricollocazione prioritaria presso le Regioni e gli enti locali e i loro enti strumentali e, in via subordinata, con le modalità presso le sedi territoriali delle amministrazioni centrali.
Per l'attivazione di questa procedura tuttavia si registrano molti ritardi. Da un lato infatti mancano ancora due tasselli amministrativi che devono essere adottati dala Funzione Pubblica: il regolamento per definire le procedure di mobilità del personale interessato e la tabella di equiparazione delle posizioni, strumenti indispensabili per "spostare" i dipendenti da un posto all'altro senza compromettere lo stipendio. Dall'altro ci sono le resistenze delle Regioni e delle Amministrazioni Locali che non collaborano nelle definizione dei posti da assegnare ai dipendenti provenienti dalle Province. Il Governo assicura che nessun dipendente soprannumerario perderà il posto di lavoro ma su tutta la procedura pende il termine del 31 dicembre 2016: a quella data chi risulterà ancora in soprannumero sarà collocato in disponibilità.
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Zedde
Pensioni, Stop all'arrotondamento dell'anzianità contributiva per i dipendenti pubblici
L'Inps nega la possibilità di ricorrere agli arrotondamenti alla frazione di mese per anticipare la pensione dei dipendenti pubblici. La questione interesserà soprattutto i lavoratori che raggiungono i requisiti alla fine dell'anno.
Kamsin Con la riforma Fornero i lavoratori iscritti alle forme esclusive dell'AGO dovranno maturare per intero l'anzianità contributiva necessaria per il conseguimento delle prestazioni pensionistiche di vecchiaia e anticipata. Lo precisa l'Inps nel messaggio n. 2974/2015.
Per la determinazione dell’anzianità contributiva ed assicurativa necessaria per il conseguimento del diritto alla prestazione pensionistica con i nuovi requisiti previsti dalla legge n. 214/2011 nonché con il sistema delle c.d. quote, - precisa l'Inps - non si deve operare alcun arrotondamento per eccesso o per difetto alla frazione di mese dal momento che l’anzianità stessa deve essere interamente maturata.
La questione era stata posta da alcune sedi territoriali dell'Inps e dai Caf e riguardava, in particolare, le sorti dell'articolo 59 della legge 449/1997 che consente, com'è noto, di arrotondare alla frazione di mese l’anzianità contributiva per gli iscritti alle gestioni esclusive dell’A.G.O (cioè i dipendenti pubblici) - per i quali la contribuzione è calcolata in anni, mesi e giorni - nonchè per gli iscritti al Fondo speciale per il personale dipendente dalle Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A. e al Fondo di quiescenza Poste. L'Inps precisa che, in sostanza, l'arrotondamento in parola dal 1° gennaio 2012 non può piu' operare.
Stop alla possibilità quindi, ad esempio, di chiedere la pensione anticipata arrotondando i 41 anni e 6 mesi di contributi a 41 anni 5 mesi e 16 giorni di servizio oppure i 42 anni e 6 mesi a 42 anni, 5 mesi e 16 giorni di servizio. La misura, a ben vedere, penalizzerà soprattutto quei lavoratori che con l'arrotondamento avrebbero centrato il requisito al 31 dicembre dell'anno e che ora vedranno pertanto dilatarsi il momento dell'uscita.
L’arrotondamento previsto dall’art. 59, comma 1 lettera b) della legge n. 449/1997 per la determinazione dell’anzianità continua, invece, ad operare nelle seguenti ipotesi:
- regime sperimentale "opzione donna" di cui all’art. 1, comma 9 della legge n. 243/2004 e s.m. e i. (34 anni, 11 mesi e 16 giorni);
- 40 anni di anzianità al 31 dicembre 2011 (39 anni, 11 mesi e 16 giorni);
- per i lavoratori c.d. "salvaguardati" che raggiungono il diritto a pensione con 40 anni di contribuzione (39 anni, 11 mesi e 16 giorni) indipendentemente dall’età anagrafica
- pensioni di inabilità, ad eccezione di quella prevista dall’art. 2, comma 12 della Legge n. 335/1995.
seguifb
Zedde
Pensioni, Fuori dalle Pa chi ha raggiunto la quota 96 entro il 2011
In Gazzetta la Circolare della Funzione Pubblica che obbliga le pubbliche amministrazioni a collocare forzosamente in pensione i dipendenti che abbiano maturato un diritto a pensione prima della Riforma Fornero.
Kamsin E' stata pubblicata ieri in Gazzetta Ufficiale la Circolare della Funzione Pubblica 2/2015 con la quale Palazzo Vidoni ha individuato con precisione i limiti e le modalità per l'esercizio del potere di collocare in pensione d'ufficio i dipendenti pubblici.
La Circolare ribadisce che i dipendenti che hanno maturato il requisito di accesso al pensionamento entro il 31 dicembre 2011 (in pratica la vecchia quota 96) rimangono soggetti al regime di accesso al pensionamento previgente (anche in applicazione dell'articolo 2, comma 4, del decreto legge 31 agosto 2013, n. 101). Pertanto nei confronti di questi dipendenti l'amministrazione dovrà esercitare il recesso al raggiungimento del limite ordinamentale, cioè al perfezionamento dei 65 anni.
Il provvedimento precisa inoltre che tutte le amministrazioni nonché le Authority potranno, poi, facoltativamente, procedere alla risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro dei propri dipendenti quando maturano i requisiti per l'anzianità contributiva (42 anni e sei mesi se uomini, 41 e sei mesi se donne) e hanno compiuto 62 anni di età (questo vincolo anagrafico appare superato sino al 31.12.2017). Prima di agire l'amministrazione dovrà dare un preavviso di sei mesi (il preavviso potrà essere anche comunicato in anticipo rispetto alla realizzazione dei relativi presupposti). La facoltà in parola è tuttavia preclusa nei confronti dei dirigenti medici responsabili di struttura complessa (i primari), i magistrati, il personale difesa e soccorso pubblico e i professori universitari.
L'altro punto è la conferma dell'abolizione del trattenimento in servizio. Quando il lavoratore ha raggiunto l'età per la vecchiaia non potrà piu' chiedere di restare in servizio, come accadeva in passato, al fine di maturare una pensione piu' succulenta. C'è solo una deroga. Le amministrazioni, infatti, non dovranno comunque penalizzare i lavoratori che, pur avendo raggiunto i limiti di età, non hanno i contributi pieni: in questo caso è prevista infatti la possibilità di permettere il proseguimento dell'impiego fino ai 70 anni (più l'adeguamento alla speranza divita).
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Pensioni, Governo verso lo sblocco solo parziale degli assegni
Entro Giugno il Governo stabilirà come dare esecuzione alla Sentenza della Corte Costituzionale dello scorso Venerdì con la quale è stato dichiarato illegittimo il blocco della perequazione nel biennio 2012-2013. Kamsin A breve ci sarà anche un incontro con i sindacati. Sono queste le prime indicazioni emerse nella giornata di ieri da fonti vicine all'esecutivo.
Si fa poi sempre piu' strada l'ipotesi di uno spartiacque posto più in alto rispetto all'impostazione del decreto salva-Italia (cinque o sei volte il minimo, ovvero, 2.342 euro lordi al mese, oppure 2.810 euro lordi al mese) per limitare i danni dell'esborso. La Corte, infatti, quando si è dovuta esprimersi sulla norma introdotta nel 2007 dal Governo Prodi ha dato il benestare al blocco delle pensioni piu' elevate. Insomma l'ipotesi è che il Governo ripristini gli aumenti solo parzialmente, venendo incontro alle indicazioni della stessa Consulta che chiede in sostanza un meccanismo più graduale e la tutela dei redditi bassi. L'obiettivo resta quindi quello conciliare le ragioni dell'equità con il rigore dei conti pubblici.
Resta da comprendere cosa dirà l'Ue. Bruxelles ha già fatto sapere che le minori risorse necessarie per rimborsare - almeno in parte - i pensionati e incrementare in via definitiva i loro trattamenti dovranno essere compensate con altre voci di importo equivalente, in modo da mantenere gli impegni presi dal Paese. Come dire che il buco la cui entità ancora non è chiara (si parla di circa 5miliardi di euro) dovrà essere coperto tramite un taglio ad altre voci di spesa. Resta inteso comunque che le cifre corrisposte saranno soggette al prelievo Irpef e quindi in realtà una fetta di questi denari torneranno nelle casse dello stato.
Quanto ai tempi dell'intervento del governo, Taddei, il responsabile economico del Pd, prevede che siano "ragionevolmente rapidi": "sarebbe opportuno poter dare un'indicazione entro il versamento degli assegni il primo giugno".
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Pensioni / Consulta, Taddei: indicazioni sui tempi del rimborso entro il 1° giugno
"Qualunque sarà la scelta del governo sarà ispirata a due principi: tenuta dei conti ed equità". E' quanto sottolinea il responsabile economico del Pd Filippo Taddei commentando la bocciatura da parte della Corte Costituzionale della norma Fornero del 2011 che bloccava l'adeguamento delle pensioni al costo della vita per gli assegni superiori a tre volte il minimo Inps (1.443 euro). Kamsin Una sentenza, quella della Consulta, che per l'Avvocatura dello Stato ha un impatto sui conti pubblici di circa 1,8 miliardi per il 2012 e altri 3 miliardi per il 2013. "In questa fase è impossibile definire con quale strumento interverrà il governo" per adeguarsi alla decisione della Consulta e rimborsare i 6 mln di pensionati colpiti dal blocco delle indicizzazioni. "Adesso si sta valutando l'esatto impatto sul bilancio quindi è in corso la ricognizione della Ragioneria Generale dello Stato", spiega Taddei. L'obiettivo è avere in mano numeri certi in tempi rapidi, anche per evitare il 'balletto' sulle cifre, che secondo indiscrezioni potrebbero arrivare fino a 13 mld in termini di impatto sul bilancio. Di certo "l'effetto riguarderà solo il deficit degli anni interessati, 2012 e 2013, e non intaccherà in alcun modo il deficit 2015", chiarisce Taddei. Diverso però è l'impatto sul debito pubblico, alla luce del previsto rialzo del disavanzo degli anni precedenti.
In ogni caso, sottolinea l'economista, "dobbiamo ricordare che le norme Fornero furono concepite in un momento in cui la situazione italiana era gravissima e il paese andava raddrizzato mettendo in sicurezza i conti e le stesse pensioni". Dunque "anche se presentano un errore di tecnica legislativa, non bisogna approfittare di questa sentenza per rimuovere la memoria collettiva della gravità della crisi in quegli anni e questo lo dico per invitare certe forze politiche ad evitare le polemiche".
Inoltre, osserva ancora Taddei, "alla luce della sentenza della Corte costituzionale, che considera le pensioni come una retribuzione differita, allora avrebbe senso considerare uno più stretto allineamento tra contributi versati e pensioni, per gli assegni più alti ovviamente". Quindi "cercare di essere più attenti affinché le pensioni più alte, siano in linea con i contributi versati e questo spesso non accade". Quanto ai tempi dell'intervento del governo, Taddei prevede che siano "ragionevolmente rapidi" e in conclusione osserva: "di certo sarebbe opportuno poter dare un'indicazione entro il versamento degli assegni il primo giugno".
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Pensioni, Poletti incontrerà i sindacati dopo un confronto in Cdm
I sindacati dei pensionati Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil hanno inviato oggi (4 maggio) una richiesta di incontro urgente al Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Giuliano Poletti sulle modalità e le tempistiche di applicazione della sentenza della Consulta sulla rivalutazione delle pensioni. E’ quanto si apprende da una nota unitaria delle tre sigle sindacali. Kamsin "Incontrerò sicuramente i sindacati, non appena avremo definito a livello di governo una posizione collegiale in merito alla sentenza della Consulta". Questa la risposta di Poletti, in una dichiarazione alle agenzie di stampa. "E' necessario un approfondimento dei contenuti - ha aggiunto - serve un po' di tempo".
Il 30 aprile la Consulta ha bocciato la riforma Fornero, nella norma che bloccava la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici al costo della vita per gli assegni superiori a tre volte il minimo Inps. In particolare, la sentenza della Corte dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 24, comma 25, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, nella parte in cui prevede che "in considerazione della contingente situazione finanziaria, la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall'art. 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è riconosciuta, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo Inps, nella misura del 100 per cento".
Subito dopo era arrivato l'intervento del sindacato dei pensionati. “Avevamo ragione noi. Il blocco della rivalutazione delle pensioni voluto dalla Fornero era profondamente ingiusto e perfino incostituzionale. Ora è bene sanare questa ingiustizia perché i pensionati meritano di vedere tutelata la propria pensione, così come abbiamo sempre sostenuto fin dal governo Monti”. Così il segretario generale dello Spi Cgil, Carla Cantone, aveva commentato la sentenza.
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Riforma Pensioni, Damiano: ora discussione seria sulle pensioni flessibili
Il Governo Prodi, nel 2007, aveva istituito per la prima volta un tavolo di concertazione con i sindacati dei pensionati. Si trattava di una innovazione molto importante che si proponeva di coinvolgere i soggetti direttamente interessati alla tutela del potere d’acquisto delle pensioni. Kamsin Il successivo Governo Berlusconi ha subito abbandonato questo strumento. Migliore sorte non e’ toccata con gli altri Governi”. Lo dichiara in una nota il Presidente della Commissione Lavoro alla Camera Cesare Damiano. “Adesso – prosegue – noi pensiamo che sarebbe il caso di ripristinarlo per decidere quale sia il meccanismo migliore per restituire gli aumenti della mancata indicizzazione alle pensioni superiori a tre volte il minimo. Le scelte unilaterali senza un confronto preventivo con le parti sociali, quale che sia il Governo in carica, portano piu’ facilmente a compiere degli errori, come si e’ visto”.
“Tra le altre cose – spiega Damiano – va considerato che il sistema previdenziale ha bisogno di correzioni, come l’introduzione di un criterio di flessibilita’ nell’uscita dal lavoro a partire dai 62 anni, che richiedono l’investimento di risorse. Per questo un tavolo di confronto servirebbe per ricostruire un quadro generale di interventi sulla previdenza e per calibrare la distribuzione delle risorse tra le varie correzioni da apportare. Altrimenti c’e’ il rischio di chiudere una falla e di aprirne altre procedendo per aggiustamenti parziali e contraddittori. Sappiamo che il Premier Renzi non ama la concertazione, ma in questo caso il ripristino di una logica di dialogo sociale sarebbe salutare per il Governo e per il Paese.”
Il Governo avvia il confronto su come restituire i denari sottratti con il blocco della rivalutazione. Oggi intanto a Palazzo Chigi ci sarà il primo confronto con il Tesoro e l’Inps su come affrontare il tema della mancata rivalutazione nel 2012 e 2013 delle pensioni. Il ripristino della rivalutazione su tutte le pensioni toccate dalla manovra Monti, quelle che superano il triplo del minimo, costerebbe 1,8 miliardi di euro nel 2012 e 3 miliardi dal 2013 in poi, secondo i calcoli dell’Avvocatura. Il governo starebbe pensando di non rimborsare tutti, ma solo i pensionati con gli assegni più bassi, limitando così il costo dell’operazione.
La mancata rivalutazione per il 2012-13 potrebbe rimanere ad esempio sulle pensioni superiori a sei volte il minimo (cioè circa 3mila euro lordi al mese) ed essere articolata progressivamente in funzione del reddito, come ha previsto per il 2014, la legge 147/2013. Uno dei motivi della bocciatura del decreto Monti, del resto, è l’iniquità data dall’assenza di progressività. Le somme che il governo deciderà di restituire per il 2012-13 non dovranno essere coperto con misure compensative. Più complessa la faccenda per i conti del 2014, mentre è più semplice per il 2015, visto che la rivalutazione delle pensioni, senza inflazione l’anno scorso, non c’è stata. «Parliamo di 3 miliardi l’anno, al massimo, e quindi non c’è da drammatizzare» dice Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera.
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Riforma Pensioni, La Lega deposita il ddl sulla settima salvaguardia. Ecco le misure
La Lega presenta la propria proposta di legge per estendere i benefici in favore dei cd. lavoratori esodati. All'interno ricompaiono i quindicenni e gli autorizzati ai volontari prima del 2007 ma anche il tentativo di porre rimedio all'Opzione donna.
Kamsin Completo utilizzo delle risorse stanziate e non ancora utilizzate nel Fondo Esodati senza piu' alcun vincolo temporale per accedere alla salvaguardia, estensione della salvaguardia ai cd. lavoratori quindicenni, agli autorizzati ai volontari prima del 20 luglio 2007, ai lavoratori nella Cassa Edile, stop alla finestra di accesso e alla stima di vita per chiedere la pensione a 57 anni (cd. opzione donna), possibilità di accedere alla pensione a 64 anni anche per i lavoratori del pubblico impiego per chi ha raggiunto la quota 96 entro il 31 dicembre 2012.
Sono i punti cardine della proposta di legge (ddl 3002) - primo firmatario Onorevole Fedriga - depositata questa mattina dalla Lega Nord in Commissione Lavoro alla Camera dei Deputati in materia di estensione dei benefici previdenziali per i lavoratori cd. esodati (cd. settima salvaguardia). La proposta affianca quella depositata la scorsa settimana dal Pd ricomprendendo però espressamente alcune categorie di lavoratori rimasti fuori dal perimetro di tutela predisposto dal Pd.
Ma a cambiare, rispetto alla proposta del Pd, è soprattutto il meccanismo di utilizzo dei fondi e della formazione delle graduatorie degli aventi diritto. Per la copertura degli oneri si prevede infatti il completo utilizzo di tutte le risorse stanziate ad hoc e non utilizzate con il cd. Fondo Esodati introdotto con la legge 228/2012. Il criterio che si intende seguire sarà quello della tutela degli aventi diritto mese dopo mese in base al conseguimento dei requisiti per l’accesso alla pensione secondo le norme previgenti al citato decreto-legge n. 201 del 2011, fino all’utilizzo totale delle risorse accantonate e non utilizzate perché maggiori rispetto al fabbisogno relativo all’effettivo numero di lavoratori tutelati dai precedenti sei provvedimenti di salvaguardia. "Ciò - si legge nel disegno di legge - per rimediare a una ingiustizia delle salvaguardie finora applicate, le quali non prevedono un giusto ordine cronologico nella maturazione dei requisiti ai fini della fruizione del beneficio della salvaguardia stessa".
Qualora le risorse già stanziate nel fondo per la salvaguardia degli esodati (articolo 1, comma 235, della legge n. 228 del 2012), ancora non utilizzate perché maggiori rispetto al fabbisogno relativo all’effettivo numero di lavoratori tutelati dai precedenti sei provvedimenti di salvaguardia, dovessero risultare insufficienti la proposta di legge prevede l’intervento del Ministro dell’economia e delle finanze per apportare le occorrenti variazioni di bilancio al fine di provvedere al reperimento di nuove ed ulteriori risorse. L’INPS, dal canto suo, dovrà procedere al monitoraggio con cadenza mensile delle domande presentate, prendendo in considerazione tutte le istanze fino al completo utilizzo delle risorse allo scopo accantonate e non ancora utilizzate.
Documenti: il testo ufficiale del Disegno di legge 3002
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Pensioni, Monti: il taglio del 2011 salvo' l'Italia. Possibile nuovo intervento
L'ex premier: "Rispetto la sentenza, ma si dimentica che ci attendeva la Troika Difficile garantire le prestazioni, le decisioni delle corti europee divergono".
Kamsin «Rispetto la sentenza della Corte, come sempre, ma sono perplesso». Così Mario Monti, Presidente del Consiglio dei Ministri il cui Governo nel dicembre 2011 ha dato il via libera alla controversa norma sul blocco dell'indicizzazione delle pensioni bocciata Venerdì scorso dalla Corte Costituzionale. «Quello della Corte è un mondo calmo, riflessivo, che deve ragionare ex post e non è esposto alle tempeste che i governi devono affrontare in situazioni di emergenza. Il nostro primo dovere allora era evitare il default. In quel caso, come oggi in Grecia, sarebbero state a rischio le pensioni, non solo il loro aumento per recuperare l'inflazione. Immagino che la questione sia stata dibattuta anche all'interno della Corte: secondo resoconti giornalistici la sentenza sarebbe stata adottata con sei voti a favore e sei contrari e il sì determinante del presidente».
Monti difende l'operato del suo governo giustificato dalla logica dell'emergenza e dalla necessità di tenere sotto controllo lo spread ricordando, peraltro, come si fosse riusciti ad evitare lo sgancio dall'inflazione almeno degli assegni piu' bassi, inferiori cioè a 1450 euro al mese lordi. «Dal punto di vista finanziario la situazione dell'Italia di allora puntava pericolosamente in direzione della Grecia. Se non avessimo preso le misure necessarie, sarebbe intervenuto il default oppure sarebbe arrivata la Troika. La Corte non avrebbe avuto nulla da eccepire. Ma l'Italia avrebbe perduto il proprio credito oppure la sovranità nazionale».
«La situazione era tale per cui nei giorni precedenti il decreto sembrava inevitabile bloccare l'indicizzazione di tutte le pensioni, a prescindere dal reddito. Ma Elsa Fornero e io - e con noi i nostri colleghi - ci siamo ribellati nelle nostre stesse coscienze. Pur di evitare il blocco per le più povere, riaprimmo le posizioni del precedente "scudo fiscale" e imponemmo ex post un tassazione supplementare».
Impossibile, secondo Monti, colpire solo gli assegni superiori a 3700 euro al mese, come fece nel 2007 il governo Prodi senza che la Consulta avesse da obiettare: «Non ce lo potevamo permettere. Occorreva un risparmio maggiore, e poi c'era un problema di equilibrio politico. Le misure sulle pensioni, sgradite al Pd, facevano parte di un pacchetto in cui erano comprese misure sgradite al Pdl, l'Imu e l'inasprimento della lotta all'evasione fiscale. Solo grazie a questo mix di sacrifici politici, il "SalvaItalia" venne approvato dal Parlamento, rapidamente e a larga maggioranza».
Per quanto riguarda la quantificazione delle risorse Monti ammette che «avremmo dovuto fare uno sforzo in più, ma in quelle settimane si lavorava con una fretta diabolica. Giusto per rinfrescare la memoria storica: lo spread, che a novembre aveva toccato i 574 punti base, oscillava attorno ai 500. Oggi è a 110. Per collocare Btp decennali bisognava remunerarli all'8 per cento, oggi all'1,4. Il petrolio costava 110 dollari il barile, oggi 57. Il cambio dell'euro con il dollaro era 1,35, oggi è 1,12. Mario Draghi era appena entrato in carica e, lungi dall'assumere atteggiamenti espansivi, lanciò l'idea di un fiscal compact rigoroso, subito fatta propria dalla Germania».
L'ex Premier poi ribadisce che l'intervento della Corte non sottrae al Governo la possibilità di intervenire nuovamente per limitare i danni: «non sono abbastanza competente, ma ovviamente una Corte che dichiara una legge incostituzionale compie parte del suo compito. D'altra parte il governo può intervenire nuovamente, tenendo conto dei rilievi della Corte. Immagino che non si rassegnerà a subirne silente l'impatto finanziario».
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Pensioni, sei strade per anticipare l'età pensionabile utilizzando la contribuzione mista
I lavoratori soggetti alle nuove regole pensionistiche con contribuzione mista hanno a disposizione diverse strade per centrare l'uscita.
Kamsin Per i lavoratori interessati dalla riforma previdenziale Fornero del 2011 che hanno contribuzione mista, cioè accreditata presso diverse gestioni previdenziali, può essere utile verificare quali sono le opzioni per avvicinarsi al traguardo della pensione. È chiaro che non ci sono scorciatoie in quanto la maggior parte delle opzioni prevedono comunque il versamento, direttamente o indirettamente di un onere, ma può risultare comunque utile avere un quadro entro cui è possibile muoversi per anticipare l'uscita.
Chi ha contribuzione mista e non ha ancora raggiunto i requisiti per il conseguimento di una prestazione diretta a carico di una gestione previdenziale, ipotesi ormai sempre piu' frequente a causa della discontinuità dell'attività lavorativa, deve infatti valutare attentamente quali strumenti l'ordinamento mette a disposizione per riunire le diverse contribuzioni ai fini del conseguimento di un'unica prestazione previdenziale.
Vediamo dunque, attraverso una tavola ragionata, quali sono le opzioni disponibili e a quale "prezzo" è possibile percorrerle.
La ricongiunzione - La prima facoltà da tenere a mente per il lavoratore è quella di ricongiungere a pagamento i versamenti effettuati in diverse gestioni previdenziali in un'unica gestione. La ricongiunzione è esercitabile sia dai lavoratori dipendenti che dagli autonomi e professionisti (ad eccezione però degli iscritti alla gestione separata) con un onere che può essere rateizzato. Con la ricongiunzione è possibile maturare una qualsiasi pensione nella gestione accentrante con le regole di calcolo previste per quest'ultima.
Con l'abolizione della pensione di anzianità, la necessità del pagamento di un onere e la sostanziale equiparazione dei requisiti per il conseguimento della pensione di vecchiaia in tutte le gestioni della previdenza pubblica, questo istituto è divenuto ormai meno utilizzato rispetto al passato. Ma resta pur sempre una strada percorribile per riunire tutti gli spezzoni contributivi e centrare i 41 anni e mezzo di contributi (42 anni e mezzo per gli uomini) necessari per uscire con la pensione anticipata.
La totalizzazione - Una seconda strada per chi possiede contributi in diverse casse previdenziali è quella di maturare la pensione di vecchiaia o di anzianità in regime di totalizzazione. L'istituto interessa praticamente tutte le gestioni previdenziali comprese le casse professionali e la gestione separata Inps. A differenza della ricongiunzione, la totalizzazione è completamente gratuita e non trasferisce i contributi da una gestione all'altra.
Il calcolo però viene effettuato con il sistema contributivo (di regola) e, pertanto, può comportare una decurtazione nel trattamento economico erogato. Con la totalizzazione si può conseguire una prestazione pensionistica al perfezionamento di 40 anni e 3 mesi di contributi (piu' una finestra mobile di 21 mesi) indipendentemente dall'età anagrafica oppure con 65 anni e 3 mesi unitamente a 20 anni di contributi (piu' una finestra mobile però di 18 mesi). Ad esempio se ci sono 21 anni di contributi nella gestione dipendenti e altri 20 nella gestione separata questi contributi si possono "sommare" per ottenere un'unica prestazione.
Il cumulo ex legge 228/2012 - La terza strada è piu' recente in quanto è stata introdotta con la legge di stabilità 2013. Consente ai lavoratori iscritti presso due o più gestioni previdenziali - ad eccezione delle casse professionali - di cumulare gratuitamente tali contributi per conseguire la pensione di vecchiaia. La facoltà di cumulo in questione è totalmente gratuita ed inoltre ha il vantaggio di lasciare inalterato il sistema di calcolo applicabile in base alle anzianità maturate. Questo istituto tuttavia può essere utilizzato solo se non è stato maturato un diritto a pensione nelle gestioni interessate ed all'età anagrafica prevista per la pensione di vecchiaia. Quindi mai prima dei 66 anni e 3 mesi (almeno di regola).
Questa facoltà può essere utile ad esempio se un lavoratore ha 10 anni di contributi nella gestione inps dipendenti ed altri 10 nella gestione separata. Senza tale istituto il lavoratore non avrebbe mai conseguito un diritto a pensione in nessuna delle due gestioni (perchè mancavano i 20 anni di contributi) e avrebbe dovuto quindi totalizzare a 65 anni e 3 mesi rimettendoci però sull'importo dell'assegno per il diverso sistema di calcolo. Con il cumulo, invece, potrà ottenere a 66 anni e 3 mesi una prestazione di vecchiaia mantenendo il sistema di calcolo previsto nelle rispettive gestioni.
Il Computo nella Gestione Separata - Chi è iscritto alla Gestione Separata può chiedere il computo in tale gestione dei contributi accreditati nella Gestione Inps dipendenti, nei fondi speciali per i lavoratori autonomi e negli altri fondi sostitutivi ed esclusivi dell'Ago (articolo 3, Dm 282/1996). L'istituto è attivabile però solo da quei lavoratori in possesso di anzianità contributiva al 1° gennaio 1996 (però con meno di 18 anni di contributi alla medesima data); che abbiano 15 anni di contributi di cui almeno 5 nella gestione separata. Il Computo è gratuito ma comporta che il calcolo dell'assegno sia determinato completamente con il sistema contributivo.
Con questo strumento i lavoratori possono però centrare l'uscita con le regole previste per i contributivi puri indicate dalla Legge Fornero (cioè pensione a 66 anni e 3 mesi con 20 anni di contributi; a 41 anni e 6 mesi di contributi indipendentemente dall'età anagrafica (42 anni e 6 mesi gli uomini); a 63 anni e 3 mesi di età unitamente a 20 anni di contributi "effettivi" a condizione che l'importo dell'assegno non risulti inferiori a 2,8 volte l'assegno sociale.
Il Cumulo per i contributivi puri - Scarsamente utilizzata e conosciuta invece la possibilità di cumulare i contributi per chi è entrato nel mondo del lavoro successivamente al 31.12.1995. Il Dlgs 184/1997 consente infatti a chi non è in possesso di anzianità contributiva a tale data e risulti iscritto presso due o più gestioni previdenziali - compresi i periodi lavorati nelle casse professionali a condizione che queste ultime abbiano adottato il sistema contributivo - la possibilità di sommare tali periodi per ottenere una prestazione previdenziale al perfezionamento dei requisiti previsti dalla legge Fornero per i contributivi puri.
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