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TFR in busta paga, ecco come si presenta la domanda
L'opzione sarà preclusa ai lavoratori del pubblico impiego e ai lavoratori domestici e del settore agricolo. Chi opera per la liquidazione mensile del TFR sarà vincolato alla sua decisione fino alla scadenza del triennio.
Kamsin Via libera definitivo all'anticipo del TFR in busta paga. Entra oggi in vigore il Dpcm 29/2015 con il quale i lavoratori dipendenti del settore privato potranno richiedere di percepire in busta paga, come parte integrativa della retribuzione, le quote maturande del TFR (il cd. Quir).
La scelta può essere effettuata da tutti i dipendenti di datori di lavoro privati, i quali abbiano una anzianità di servizio presso lo stesso datore di lavoro di almeno 6 mesi ad esclusione però dei lavoratori domestici e del settore agricolo. Una volta effettuata la scelta il vincolo sarà triennale ed irrevocabile, il vincolo durerà infatti sino al 30 Giugno 2008.
La domanda. Basterà una semplice richiesta all'ufficio del personale della propria azienda (qui il fac-simile del modulo per la domanda) e quel tesoretto che di solito si riscuote al pensionamento o che è stato dirottato al fondo pensione, andrà ad aumentare lo stipendio di ogni mese per un arco di tre anni.
Una volta che il datore di lavoro ha accertato il possesso dei requisiti previsti dalla normativa per il lavoratore, l'erogazione della Quir sarà operativa dal mese successivo a quello di formalizzazione dell'istanza (quindi se si fa domanda ad aprile la prima tranche sarà corrisposta dal 1° maggio), fino al periodo di paga che scade il 30 giugno 2018 o a quello in cui si verifica la risoluzione del rapporto di lavoro, se antecedente.Nelle aziende che hanno meno di 50 dipendenti e che accederanno al finanziamento garantito dal Fondo di garanzia Inps, la liquidazione mensile del Tfr avverrà dal terzo mese successivo a quello dell'istanza; per chi fa domanda ad aprile, ad esempio, l'erogazione avverrà a luglio.
Il Calcolo. Per il calcolo, la Quir è pari alla misura integrale della quota maturanda del Tfr determinata in base alle disposizioni dell'articolo 2120 del Codice civile, al netto del contributo previsto dalla legge 297/1982. L'importo così determinato è assoggettato a tassazione ordinaria, non è imponibile ai fini previdenziali e usufruisce delle misure compensative dettate dal Dlgs 252/2005 (esonero del versamento al Fondo di garanzia per il Tfr). Per i lavoratori ai quali si liquida mensilmente la Quir, non valgono gli obblighi di versamento del Tfr alle forme pensionistiche complementari e al fondo di Tesoreria Inps.
La Tassazione - L'operazione comporterà tuttavia che tali somme saranno soggette a tassazione ordinaria, con applicazione dell'aliquota marginale Irpef e delle addizionali, mentre sull'importo erogato a fine rapporto a titolo di TFR avrebbe subito la tassazione separata, che è una tassazione Irpef (escluse addizionali) agevolata in quanto si tiene conto del fatto che la somma è maturata nel corso del rapporto a fronte di un'erogazione differita al momento della cessazione.
Da un punto di vista reddituale inoltre la misura dovrebbe comportare diversi effetti per il lavoratore. Infatti le elargizioni saranno cumulate con il reddito del periodo d'imposta che quindi, come già anticipato, sarà tassato in modo ordinario, incidendo altresì sulla determinazione delle detrazioni d'imposta, degli assegni familiari e dell'ISEE. La somma sarà tuttavia esclusa dal reddito complessivo valutabile ai fini della percezione del bonus di 80 euro, anch'esso confermato nella legge di stabilità. Il TFR in busta paga inoltre non sarà soggetto a contribuzione previdenziale.
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Naspi 2015, le nuove regole penalizzano i lavoratori stagionali
Le nuove regole precisano che non possono essere tenuti in considerazione i periodi contributivi già utilizzati per precedenti erogazioni del trattamento.
Kamsin Gli eventi di malattia senza integrazione da parte del datore di lavoro, o alla Cig con sospensione a zero ore non devono essere considerati ai fini della determinazione delle 30 giornate di effettivo lavoro che il lavoratore deve possedere con riferimento ai 12 mesi precedenti la disoccupazione (unitamente a 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti) per accedere alla Naspi.
Con questa precisazione il ministero del Lavoro ha messo le mani avanti nei giorni scorsi per eliminare i primi dubbi degli operatori in attesa di una circolare Inps piu' chiara al riguarda. In pratica gli eventuali periodi immediatamente precedenti la perdita involontaria del lavoro, non coperti dalla contribuzione, non devono considerati ai fini della determinazione dei requisiti menzionati.
Ma a parte questa precisazione c'è un altro aspetto da tenere in considerazione, sempre in virtù delle condizioni richieste per godere del sussidio: la penalizzazione che si creerà nei confronti della categoria dei lavoratori stagionali. Rispetto alla "vecchia" Aspi, le nuove regole precisano come non possano essere tenuti in considerazione i periodi contributivi già utilizzati per precedenti erogazioni del trattamento.
Con il vecchio sistema (Mini Aspi) i lavoratori stagionali, lavorando sei mesi, potevano contare, una volta rimasti disoccupati, su un sostegno al reddito per gli altri sei, riuscendo a percepire salario per un anno. Ora, con il nuovo sistema di calcolo, l’integrazione che potranno ottenere sarà di soli tre mesi, con un'evidente e inspiegabile danno. Cio' perchè l'assegno sarà erogato solo per la metà delle settimane contributive del lavoratore. Quindi su sei mesi lavorati l'assegno avrà una durata massima di 3 mesi.
Secondo il Sindacato Filcams la Naspi crea inique differenziazioni fra chi ha rapporti continuativi e chi frammentati, a scapito di questi ultimi. "Da simulazioni effettuate, emerge che a parità di retribuzione e di numero di giornate lavorate, l’importo dell’indennità diminuisce all’aumentare del numero di settimane su cui si dispiega la prestazione lavorativa. Chi lavora con molte interruzioni, e raggiunge il requisito per somma di giornate, effettuate in periodi lunghi di tempo, riceve meno di chi può contare su rapporti di lavoro più stabili e lineari sostiene il sindacato".
L'importo. Per quanto riguarda l'importo l'assegno Naspi sarà rapportato alla retribuzione imponibile previdenziale degli ultimi quattro anni. L'importo sarà pari a tale retribuzione divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata per il numero 4,33, con i seguenti limiti: 1) se la retribuzione media non supera i 1.195 euro mensili (dato valido per il 2015 da rivalutare annualmente), l'indennità mensile sarà pari al 75% di tale retribuzione; 2) se supera i 1.195 euro mensili, l'indennità è pari al 75 per cento del predetto importo incrementata di una somma pari al 25 per cento del differenziale tra la retribuzione mensile e il predetto importo.
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Riforma Pa, il Senato conferma l'abolizione dei segretari comunali
Lo prevede un emendamento approvato ieri in Commissione Affari Costituzionali al disegno di legge delega di riforma della pubblica amministrazione.
Kamsin I dirigenti pubblici potranno essere licenziati dallo Stato e ci saranno nuovi tetti sulle retribuzioni. Via anche i segretari comunali anche se solo dopo un periodo transitorio di tre anni. Sono queste le novità più importanti dopo il definitivo via libera della commissione Affari costituzionali del Senato che ieri ha concluso l'esame e approvato il testo della legge delega di Riforma della Pubblica Amministrazione. La discussione in aula inizierà oggi subito e il presidente del Senato Pietro Grasso ha fissato per mercoledì 8 aprile il termine per gli emendamenti alla delega. Non passano specifiche modifiche in materia pensionistica dopo la bocciatura di tutti gli emendamenti presentati in Commissione.
L'articolo dieci del ddl 1577 (così è enumerato il provvedimento), prevede che la dirigenza sarà articolata in ruoli unificati, con piena mobilità con la definitiva soppressione della tradizionale distinzione in due fasce. Ci sarà quindi un unico ruolo dove finiranno tutti i dirigenti, quelli dei ministeri, del Fisco, dell'Inps, anche dell'Istat e degli enti di ricerca. Il principio più volte espresso dal ministro Marianna Madia è che i dirigenti saranno della Repubblica e non proprietà privata delle singole amministrazioni.
Si potrà, anzi probabilmente si dovrà, passare da un'amministrazione all'altra. E la carriera dei dirigenti pubblici non si baserà più sugli automatismi ma sarà valutato in base ai risultati ottenuti ( si precisa infatti il superamento degli automatismi nel percorso di carriere che saranno calcolate solo «in funzione degli esiti della valutazione). Inoltre, è stato stabilito, gli incarichi dirigenziali avranno una durata di tre anni, rinnovabili una sola volta senza ripassare per un bando e una selezione.
L'accesso alla Dirigenza. Alla dirigenza pubblica si accederà solo poi in due modi: per corso-concorso o per concorso pubblico. Nel primo caso si entrerà nell'amministrazione come funzionari, poi dopo quattro anni e dopo un esame, si potrà diventare dirigenti. Chi invece entrerà per concorso sarà assunto a tempo determinato. Dopo tre anni potrà sostenere un esame per essere stabilizzato. Per quanto riguarda la retribuzione la riforma prevede la «definizione di limiti assoluti del trattamento economico complessivo». Un tetto, come detto, già esiste: è quello dei 240 mila euro. I decreti attuativi della delega, dunque, dovranno indicare nuovi tetti, presumibilmente più bassi di quello a 240 mila, a seconda della tipologia di incarico.
I segretari comunali saranno aboliti, ma solo al termine di una fase transitoria di 3 anni durante la quale le funzioni verranno affidate ai dirigenti del ruolo unico provenienti dall'albo dei segretari comunali. I Comuni Capoluogo di Provincia e i Comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti, in assenza di specifiche professionalità interne all'Ente, potranno reclutare il dirigente apicale anche al di fuori del ruolo unico, "purché in possesso di adeguati requisiti culturali e professionali" (si veda in calce all'articolo l'emendamento approvato).
La riforma prevede poi che da cinque corpi nazionali si passi a quattro (Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e Penitenziaria). Resta invece da decidere il destino della polizia provinciale per la quale si prevede solo un "riordino".
Quanto ai licenziamenti nel pubblico impiego, quando scatta un'azione disciplinare contro un dipendente non potranno più passare 100 giorni, e soprattutto l'istruttoria non si potrà più concludere con un nulla di fatto, altrimenti a rimetterci sarà il dirigente responsabile. Il procedimento dovrà essere condotto fino in fondo senza escludere il licenziamento. Per centrare l'obiettivo le funzioni di controllo e le relative risorse vengono trasferite dalle Asl all'Inps.
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4) dei segretari comunali e provinciali: abolizione della figura; attribuzione alla dirigenza, di cui al presente articolo, dei compiti di attuazione dell'indirizzo politico, coordinamento dell'attività amministrativa e controllo della legalità dell'azione amministrativa; inserimento di coloro che alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al presente comma sono iscritti all'albo nazionale dei segretari comunali e provinciali di cui all'articolo 98 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nelle fasce professionali A e B, nel ruolo unico dei dirigenti degli enti locali di cui al numero 3) e soppressione del relativo albo; fermo restando il rispetto della normativa vigente in materia di contenimento della spesa di personale, specifica disciplina per coloro che sono iscritti nelle predette fasce professionali e privi di incarico alla data di entrata in vigore del decreto legislativo adottato in attuazione della delega di cui al presente articolo; specifica disciplina che contempli la confluenza nel suddetto ruolo unico dopo due anni esercizio effettivo, anche come funzionario, di funzioni segretariali o equivalenti per coloro che sono iscritti al predetto albo, nella fascia professionale C, e per i vincitori di procedure concorsuali già avviate alla data di entrata in vigore della presente legge; fermo restando il rispetto della vigente normativa in materia di contenimento della spesa di personale, obbligo per gli enti locali di nominare comunque un dirigente apicalecon compiti di attuazione dell'indirizzo politico, coordinamento dell'attività amministrativa e controllo della legalità dell'azione amministrativa, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; previsione, per i comuni di minori dimensioni demografiche, dell'obbligo di gestire la funzione di direzione apicale in via associata, coerentemente con le previsioni di cui all' articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122 e successive modifiche ed integrazioni; in sede di prima applicazione e per un periodo non superiore a tre anni dall'entrata in vigore del decreto legislativo adottato in attuazione della delega di cui al presente articolo, obbligo per i Comuni di conferire l'incarico di direzione apicale con compiti di attuazione dell'indirizzo politico, coordinamento dell'attività amministrativa e controllo della legalità dell'azione amministrativa ai predetti soggetti, già iscritti nel suddetto albo e confluiti nel ruolo di cui al numero 3), senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica); in assenza di specifiche professionalità interne all'Ente, senza oneri aggiuntivi e nel rispetto dei limiti di spesa previsti dalla legislazione vigente, possibilità per i Comuni Capoluogo di Provincia e per i Comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti di reclutare il dirigente apicale anche al di fuori del ruolo unico, purché in possesso di adeguati requisiti culturali e professionali;
Riforma Pensioni, Damiano: non distrarre i fondi destinati agli esodati
Per il presidente della Commissione Lavoro del Senato le risorse avanzate nel fondo istituito per la tutela degli esodati non devono essere distratti per altri scopi.
Kamsin “Al presidente dell’Inps, Boeri, che si e’ chiesto che cosa non funzioni nelle salvaguardie, risponderei che il problema sta, come al solito, nel fatto che le coperture finanziarie pretese a suo tempo dalla Ragioneria erano sovrastimate”. Lo dichiara Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera.
“Questo – continua Damiano – e’ un bene perche’ sicuramente ci saranno dei risparmi (da riutilizzare) per alcune famiglie di esodati, un male perche’ abbiamo dovuto escludere in quel momento altri lavoratori che potevano essere a loro volta salvaguardati. Poiche’ abbiamo imparato la lezione un po’ di anni fa, in questo caso abbiamo blindato il fondo: sconsigliamo quindi a chiunque di utilizzare gli eventuali risparmi per scopi che siano diversi dalle salvaguardie. Se ci saranno risorse che avanzano, dovranno a nostro avviso essere impiegate per una nuova salvaguardia, la settima, per risolvere i casi di maggiore ingiustizia previdenziale”.
“Per quanto riguarda il ricalcolo delle pensioni in essere, che taluni vorrebbero fare per evidenziare lo scostamento tra calcolo retributivo e contributivo, suggeriamo al Governo di non allarmare inutilmente gli attuali pensionati con la “minaccia” di una tosatura degli assegni attualmente erogati”, aggiunge il presidente della Commissione Lavoro, che conclude: “In ogni caso, le pensioni sono un tema che compete all’esecutivo. Per questo, in Commissione Lavoro chiameremo in audizione il ministro Poletti per affrontare il tema, nostro avviso, prioritario dell’introduzione di un criterio di flessibilita’ nel sistema previdenziale.
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730 precompilato, come ottenere il pin d'accesso ai servizi online
Agenzia delle Entrate e Inps informano sul modo migliore per affrontare le prossime scadenze fiscali.
Abilitarsi a Fisconline e ottenere la password e il Pin per utilizzare i servizi telematici dell’Agenzia, incluso il 730 precompilato, è semplice e gratuito. Kamsin La richiesta può essere effettuata online, per telefono o in un qualsiasi ufficio territoriale delle Entrate, in modo da garantire a tutti i cittadini la possibilità di scelta sulla base delle proprie esigenze. Per quanto riguarda la Certificazione Unica dei redditi, i pensionati e gli assistiti Inps possono riceverla facilmente e gratuitamente sia online, sul sito dell’Inps, se dispongono del codice Pin rilasciato dall’ente previdenziale, sia presso i patronati. Presso Caf e altri intermediari specializzati la procedura è altrettanto semplice, ma in alcuni casi a pagamento.
Codice Pin dell’Agenzia delle Entrate: ecco come ottenerlo gratuitamente
I contribuenti che vogliono accedere a tutti i servizi online dell’Agenzia, compresa la dichiarazione precompilata, possono richiedere gratuitamente il Pin e la password personali sia online, tramite il sito internet dell’Agenzia, sia recandosi presso un ufficio delle Entrate, anche tramite soggetto delegato, oppure per telefono. Se la richiesta è effettuata dal diretto interessato presso un ufficio dell’Agenzia, viene rilasciata la prima parte del codice pin e la password di primo accesso; la seconda parte del pin potrà essere subito prelevata dal contribuente direttamente via internet. A garanzia degli utenti, in caso di richiesta online, per telefono, o tramite soggetto delegato, la procedura prevede che la prima parte del pin sia rilasciata immediatamente, mentre la seconda parte, con la password di primo accesso, sia inviata per posta presso il domicilio del contribuente registrato in Anagrafe tributaria.
Certificazione unica senza costi, online
Per i pensionati, oltre che per i lavoratori che hanno ottenuto nel 2014 una prestazione di sostegno al reddito da Inps (cassintegrati, disoccupati, etc.) il modello di Certificazione Unica, necessario per la presentazione della dichiarazione dei redditi, è disponibile online sul sito istituzionale dell’Inps, alla voce “Servizi al cittadino”. Per questo servizio è necessario avere il PIN. Per chi non è dotato di PIN, la Certificazione Unica 2015 può essere richiesta a costo zero presso i patronati. E’ possibile ottenere lo stesso certificato anche presso i Caf e gli altri intermediari autorizzati, ma alcuni di questi fanno pagare il servizio. In seguito ad un incontro fra il presidente dell’Inps e la Consulta Nazionale dei Caf si è stabilito che tutti i Caf che appartengono alla Consulta Nazionale offriranno la possibilità di ottenere la Certificazione Unica a titolo gratuito.
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Opzione Donna, depositata la class action contro l'Inps
Finirà davanti al Tar del Lazio, con una class action il nodo dell'«opzione donna». Si tratta della possibilità concessa dalla legge 243 del 2004 per le donne con almeno 57 anni d'età e 35 anni di contributi di andare in pensione ma con l'assegno calcolato con il sistema contributivo.
Kamsin E' partita la class action per ottenere la pensione a 57 anni. Il Comitato guidato da Dianella Maroni ha concluso ufficialmente la raccolta delle firme per la promozione del ricorso contro l'Inps volto ad ottenere la revoca o la modifica delle Circolari Inps 35 e 37 del 14 marzo 2012 che impediscono alle lavoratrici che maturano i requisiti nel 2015 di accedere alla cd. opzione donna. Gli avvocati che assistono il Comitato hanno depositato ieri il ricorso innanzi al Tar del Lazio.
L'Inps è intervenuta il 2 dicembre scorso con un messaggio interno ai propri uffici (messaggio inps 9304/2014) con il quale ha riaperto i termini per la domanda in attesa di ricevere istruzioni dai ministeri vigilanti (Lavoro ed Economia), che non risulta siano ancora arrivate. In sostanza gli sportelli lnps devono continuare ad accettare le domande anche nel 2015, ma non si sa se esse poi verranno accolte. Il comitato opzione donna ha ritenuto insufficiente il messaggio Inps e ha quindi deciso di avviare il ricorso collettivo.
Il TAR dovrà ora fissare l'udienza d'ufficio in una data compresa tra il 90mo e il 120mo giorno dal deposito. Pertanto, ricordano dal Comitato, già entro l'estate il Tar potrebbe, se non ci saranno intoppi, esprimersi sulla questione.
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Province, al via il piano per la mobilità del personale in esubero
La Funzione Pubblica ha predisposto il decreto con le tabelle di equiparazione per consentire la mobilità fra i comparti come più volte annunciato dallo stesso ministro della Pa Marianna Madia.
Kamsin E' pronto il decreto per ricollocare gli esuberi del personale delle province. «Sono in corso di elaborazione i criteri relativi alla ricollocazione del personale soprannumerario degli enti di area vasta», da definire con decreto del ministro della Pubblica amministrazione, attraverso cui si stabiliranno anche «le procedure di svolgimento dei processi di mobilità». Lo spiega una nota indirizzata ad And, Upi, Inps, Mef il Ministero degli Affari regionali. Il decreto darà inoltre «indicazioni sulla disciplina del trattamento economico del personale trasferito». Sul punto - precisano dal ministero - la riforma garantisce che il passaggio a un altro ente non intaccherà il «trattamento economico fondamentale e accessorio» del personale interessato ma nel caso dei dirigenti, chiarisce la nota, la retribuzione di posizione da mantenere sarà quella prevista dai contratti nazionali, mentre saranno escluse dalla garanzia «eventuali maggiorazioni riconducibili ad atti organizzativi interni».
Inoltre le amministrazioni pubbliche (Regioni e Comuni) che per le leggi di riordino diventeranno titolari di funzioni prima svolte dalla province «possono procedere, ove necessario, all'ampliamento della propria dotazione organica».
La Funzione pubblica spiega anche che gli elenchi degli esuberi - indispensabili per far partire la piattaforma per la mobilità appena messa online dal Governo per incrociare domanda e offerta di lavoro pubblico - possono essere adottati dalle Province «nell'esercizio della propria autonomia». Questi elenchi, sottolinea Palazzo Vidoni dovranno contenere i nomi e le informazioni necessarie per elaborare le graduatorie che saranno utilizzate per la piattaforma. La nota ricorda, infine, che gli enti di Area Vasta potranno applicare, per il personale in soprannumero che matura la decorrenza della pensione entro il 31.12.2016 la disciplina del collocamento a riposo prevista dal decreto legge 101/2013 concordando con l'Inps ogni utile forma di collaborazione al fine di rendere più celere i rispettivi adempimenti.
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Fisco, ok alle imposte sulle rendite finanziarie del Vaticano
Anche gli istituti religiosi e dipendenti vaticani pagheranno le tasse sulle loro "rendite finanziarie" ma la Santa Sede non fara' altrettanto per gli immobili che sono stati riconosciuti dall'Italia come extraterritoriali. Kamsin E' questa la sintesi della convenzione siglata oggi tra l'Italia e la Santa Sede. "Della Convenzione sono da apprezzare i riferimenti, brevi ma tecnicamente puntuali e opportuni, alle disposizioni del Trattato lateranense" che risulta "non solo confermato, ma anche portato a compimento in relazione al regime fiscale peculiare degli immobili situati nelle zone extraterritoriali, di cui la Convenzione ribadisce l'esenzione da ogni tributo che aveva costituito di recente oggetto di incertezze giurisprudenziali".
Resta confermata inoltre "l'esclusione di ogni modifica al regime di esenzione stabilito nell'articolo 17 del Trattato del Laterano con riferimento alle retribuzioni corrisposte ai dipendenti della Santa Sede; nonche' l'esclusione degli enti centrali della Chiesa Cattolica, di cui all'art. 11 del Trattato, dall'applicazione delle disposizioni piu' strettamente fiscali della Convenzione concernenti lo scambio di informazioni ed il pagamento delle imposte sulle rendite finanziarie". Secondo quanto si apprende, "la Convenzione in materia fiscale e' destinata a segnare una tappa importante nella cooperazione tra Italia e Santa Sede, che conferma come queste realta', accomunate dalla storia, sanno procedere insieme e sostenersi reciprocamente, conservando e rinsaldando vincoli peculiari e caratteristici, anche in un contesto internazionale sempre piu' articolato e globale".
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Polizia Locale, il M5S presenta il ddl per il ripristino della pensione privilegiata
Un disegno di legge presentato dal Movimento 5 Stelle intende ripristinare la pensione privilegiata di servizio per gli operatori della polizia locale.
Kamsin Ripristinare gli istituti dell'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio, del rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata al personale della polizia locale. E' quanto prevede un ddl di iniziativa dei deputati del Movimento 5 Stelle (Catalfo e Crimi) presentato alla Camera dei Deputati nella giornata di ieri. Il disegno di legge (numero 1799) intende estendere i benefici abograti con la legge Fornero nel 2011 e attualmente riconosciuti esclusivamente nei confronti del comparto pubblica sicurezza di cui la Polizia Locale non fa parte.
La vicenda. Com'è noto per causa di servizio si intende comunemente il riconoscimento della dipendenza dal servizio di una infermità o di lesioni fisiche, contratte, appunto, a causa del servizio prestato previsto per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche in generale, gli appartenenti alle Forze di polizia e alle Forze armate (nonchè alle altre categorie indicate nel decreto del Presidente della Repubblica 1092 del 1973).
L'individuazione di tale dipendenza da causa di servizio comporta il riconoscimento del diritto alla fruizione di particolari benefici, quali indennizzi o trattamenti pensionistici privilegiati. Al fine del riconoscimento della causa di servizio è necessario che l'infermità o le lesioni derivino da fatti accaduti in servizio o per cause inerenti al servizio stesso come, ad esempio, l'ambiente e le condizioni di lavoro. Infine, la causa di servizio può essere riconosciuta anche se i fatti di servizio abbiano concorso in maniera determinante con altri fattori nell'insorgenza di infermità o lesioni.
L'articolo 6 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (il cd. Salva Italia) ha stabilito l'abrogazione degli istituti dell'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio, del rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata nei confronti di tutto il pubblico impiego con l'eccezione del personale appartenente al comparto sicurezza, difesa, soccorso pubblico e al corpo dei vigili del fuoco.
"Questa norma - ricordano i deputati - colpisce in particolare i lavoratori della Polizia locale, i quali pure ogni giorno svolgono, al pari delle forze di polizia dello Stato, appartenenti al citato comparto sicurezza, le medesime funzioni (svolte da queste ultime) di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza, come previsto dall'articolo 5 della legge speciale n. 65 del 1986." "Pertanto - proseguono i deputati - la Riforma del 2011, produce una criticità oggettiva in relazione alla tutela degli operatori, che accentua altresì il divario di trattamento tra la polizia locale e le forze di polizia dello Stato che deve essere risolta".
"Si può affermare - concludono i deputati - che l'articolo 6 del citato decreto-legge n. 201 del 2011 fa venire meno le più elementari forme di tutela del lavoratore della polizia locale, creando delle evidenti discriminazioni e disparità di trattamento nell'ambito di forze di polizia, che, sebbene appartenenti ad enti pubblici diversi (Stato ed enti locali), sono chiamati a svolgere, nell'interesse primario dello Stato, le stesse funzioni di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza".
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Pensioni, Il ddl buona scuola dimentica i quota 96
La Rassegna Stampa
Il grande disegno di legge, ora in viaggio tra commissioni di Camera e Senato, sembrava il mezzo ideale per affrontare e risolvere la questione dei Quota 96. Kamsin Sono quei docenti che, arrivati sulla soglia della pensione, nel gennaio 2012 - governo Monti, ministro del Lavoro Fornero - si sono visti cambiare le carte sulla cattedra e hanno visto allontanarsi il loro riposo. Secondo le nuove regole, pensate per cancellare le pensioni d'anzianità, realizzate con l'accetta, gli insegnanti sessantenni prossimi alla quiescenza lavorativa avrebbero potuto salutare gli alunni solo se la somma della loro età anagrafica e contributiva non fosse stata inferiore a 96 (60 anni di età più 36 di contributi, per esempio). O se avevano quarant'anni di contributi. Risultato: almeno quattromila persone hanno visto spostare in avanti, in alcuni casi molto in avanti, il traguardo. Nel 2013, poi, le cose sono progredite in senso peggiorativo. A quella data la quota per la pensione era già salita a 97,3.
I "quota 96" non sono esodati della scuola, come erroneamente vengono chiamati. Non sono pensionati senza pensione. Sono aspiranti pensionati a cui si è chiesto di restare in cattedra ora un anno in più, ora due, ora tre. E loro, logorati da 35 stagioni di insegnamento a 1.300 euro il mese - insegnare a scuola, sì, logora - sono rimasti. Controvoglia. Impedendo a precari più giovani di entrare in ruolo.
Il premier Matteo Renzi aveva promesso che avrebbe preso in mano la situazione, che avrebbe trovato i soldi per chiudere i pasticci forneriani. E due emendamenti di Sel, approvati in aula, sembrarono aver sistemato la faccenda e i cinquemila: pensionamento alla prima finestra utile, settembre 2015. Ma la Ragioneria dello Stato intervenne motu proprio e cancellò gli emendamenti: non c'era copertura finanziaria. Renzi incassò la sconfitta e non riaprì più la questione. Maestri e prof sono tornati in classe e il disegno di legge "La buona scuola" semplicemente li ha ignorati. Anche se il deputato Pd Francesco Boccia aveva detto, dopo la bocciatura degli emendamenti: "La scelta è una ferita aperta tra il governo e la Commissione Bilancio". Anche se il viceministro dell'Economia, Enrico Morando, aveva assicurato che i soldi si sarebbero trovati proprio con il ddl "La buona scuola".
Dopo tre anni di rinvii a decreti successivi, i "Quota 96" sono fisiologicamente scesi a tremila (una decina di insegnanti sono deceduti, assicurano i sindacati), Visto che il miliardo stanziato per la grande riforma serve ad altro, c'è chi ipotizza di ricollocarli - stanchi, demotivati - nell'organico funzionale della nuova scuola italiana.
Di Corrado Zunino - Repubblica.it
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