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Riforma Pensioni, tre risoluzioni per riformare la Gestione Separata
La Gnecchi sottolinea come sia indispensabile un "intervento strutturale sulla Gestione Separata che riconduca il livello contributivo di questi lavoratori a quanto previsto per la generalità dei lavoratori autonomi".
Kamsin Allineare le aliquote contributive della Gestione Separata a quelle vigenti nelle gestione artigiani e commerciati; eliminare la doppia contribuzione nella Fondazione Enasarco per gli agenti di commercio; rivedere le tutele riguardanti la malattia, la maternità e politiche di sostegno al reddito; salvaguardare la contribuzione già versata alla gestione separata INPS in caso di conversione dei contratti atipici in contratti di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti.
Sono questi i contenuti di tre risoluzioni che intendono impegnare il Governo a tutelare maggiormente il lavoro autonomo discusse ieri presso la Commissione Lavoro della Camera dei Deputati. Le risoluzioni, che sono state depositate dal M5S, dal Partito Democratico e dalla Lega nord, saranno la base per l'adozione di un testo unificato che sarà poi votato dalla Commissione.
Particolarmente duro il giudizio sulla normativa attuale accusata dalla Commissione di penalizzare chi intraprende un'attività di lavoro autonomo. "Negli ultimi due decenni - ha osservato la Gnecchi - in conseguenza delle profonde trasformazioni che hanno caratterizzato il sistema produttivo italiano, la composizione della forza lavoro ha vissuto una radicale mutazione, con un peso sempre più significativo dei lavoratori che svolgono la loro attività in forma autonoma. Sussistono però - ricordano dalla Commissione - ancora troppe differenze tra le tutele previste per i lavoratori dipendenti e quelle per i lavoratori autonomi, nonostante vi sia stato qualche miglioramento negli ultimi anni".
Tre sono gli interventi richiesti quindi al Governo. In primis una modifica strutturale che riconduca il livello contributivo dei professionisti senza cassa, iscritti alla gestione separata, a quanto previsto per la generalità dei lavoratori autonomi. Aliquote dunque piu' basse allineate intorno al 23-24% contro il 27% attualmente previsto. In secondo luogo la Commissione chiede che in caso di patologie gravi e di conseguente sospensione dell'attività sia rivisto l'obbligo del versare acconti e saldi di imposte e contributi sulla base di imponibili che la patologia non permette oggettivamente di produrre: la richiesta è almeno di consentire, in situazioni di conclamata e prolungata impossibilità di produrre reddito, la rateizzazione dei tributi dovuti.
Nei testi delle risoluzioni viene anche formulato l'invito al Governo a prevedere opportune misure che salvaguardino la contribuzione già versata alla gestione separata INPS in caso di conversione dei contratti atipici in contratti di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti e alla soluzione della doppia contribuzione obbligatoria dovuta dagli agenti di commercio alla Fondazione/cassa Enasarco: secondo i deputati si tratta di un unicum nel panorama previdenziale italiano ormai anacronistico e assolutamente insostenibile per i giovani lavoratori che si affacciano alla professione.
seguifb
Zedde
Riforma Pa, Ok alla stretta sulle assenze degli statali. Si tratta sui segretari comunali
E' stato approvato l'emendamento che affida all'Inps il controllo sulle assenze dei pubblici dipendenti. Via libera anche alla riforma della responsabilità disciplinare dei dipendenti pubblici.
Kamsin Ok al passaggio delle visite fiscali dalle Asl all'Inps per garantire maggiore efficienza dei controlli. E' stato approvato dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato l'emendamento del relatore Giorgio Pagliari (Pd) 13.500 che attribuisce al Governo la delega per riorganizzare "le funzioni in materia di accertamento medico-legale sulle assenze dal servizio per malattia dei dipendenti pubblici, al fine di garantire l'effettività del controllo, con attribuzione della relativa competenza all'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale".
Con l'emendamento passa anche la delega al Governo per la semplificazione delle norme in materia di valutazione dei dipendenti pubblici, di riconoscimento del merito e di premialità, nonché dei relativi soggetti e delle relative procedure. In particolare si prevede l'introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare "finalizzate ad accelerare, rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l'esercizio dell'azione disciplinare".
Disabili: maggiori tutele per il rispetto delle quote di riserva
Passa anche un emendamento presentato dai Senatori Morra e Maturani (13.43) per garantire una piu' efficace adempimento degli obblighi di inserimento al lavoro di persone con disabilità come disposte dalla legge 68/1999 (le cd. quote di riserva). Si prevede in particolare la nomina, da parte delle pubbliche amministrazioni con più di 200 dipendenti, di un responsabile dei processi di inserimento dei disabili e l'obbligo di trasmissione annuale da parte delle pubbliche amministrazioni ai Ministeri della semplificazione e della pubblica amministrazione e del lavoro e delle politiche sociali oltre che al Centro per l'impiego territorialmente competente, della comunicazione relativa alle scoperture di posti riservati ai lavoratori disabili, e successiva dichiarazione relativa a tempi e modalità di copertura della quota di riserva prevista dalla normativa vigente.
Concorsi: valorizzati anche coloro che hanno avuto rapporti di lavoro flessibile
Nelle procedure concorsuali pubbliche saranno previsti, poi, meccanismi di "valutazione finalizzati a valorizzare l'esperienza professionale acquisita da coloro che hanno avuto rapporti di lavoro flessibile con le amministrazioni pubbliche, con esclusione, in ogni caso, dei servizi prestati presso uffici di diretta collaborazione degli organi politici e ferma restando, comunque, la garanzia di un adeguato accesso dall'esterno".
Sempre sui i concorsi passa un emendamento che prevede "la predisposizione di strumenti volti a garantire l'effettiva segretezza dei temi d'esame fino allo svolgimento delle relative prove, di misure di pubblicità sui temi di concorso e di forme di preselezione dei componenti delle commissioni".
Segretari Comunali: Pagliari conferma l'abolizione
Partita rinviata invece sulla riforma della dirigenza e sui segretari comunali. Il relatore, pur essendo disponibile ad approvare alcune modifiche, ha comunque confermato la volontà di abolire la figura attribuendo a un dirigente il compito di controllo della legalità dell'azione amministrativa e prevedendo che coloro attualmente iscritti all'albo nazionale dei segretari comunali siano inseriti nelle fasce professionali A e B del ruolo unico della dirigenza degli enti locali. Verrebbe previsto, inoltre, l'obbligo per gli enti locali di nominare comunque un dirigente apicale con compiti di attuazione dell'indirizzo politico, coordinamento dell'attività amministrativa e controllo della legalità dell'azione amministrativa. Nel caso dei comuni di minori dimensioni, la funzione di direzione apicale dovrà essere svolta in forma associata. Inoltre, in sede di prima applicazione del decreto attuativo, e per un periodo non superiore a tre anni, l'incarico dovrà essere conferito ai segretari comunali già iscritti nel relativo albo, senza nuovi oneri per la finanza pubblica.
seguifb
Zedde
Lavoro a progetto, a rischio le stabilizzazioni. Per il Mef non ci sono i soldi
Secondo il Mef non ci sono le coperture per garantire l'assorbimento nell'alveo del lavoro subordinato delle collaborazioni a progetto a partire dal 1° gennaio 2016.
Kamsin Il decreto legislativo sul riordino dei contratti varato lo scorso 20 febbraio dal Consiglio dei ministri all'interno del Jobs Act potrebbe essere rivisto. I tecnici di Palazzo Chigi del Ministero del Lavoro stanno infatti approfondendo taluni aspetti legati alla norma (articolo 48 del decreto) che incentiva la trasformazione delle collaborazioni a progetto in contratti a tempo indeterminato in vista del superamento di questa forma contrattuale.
Secondo gli esperti si teme una rapida erosione degli 1,8 miliardi di euro messi sul piatto dalla legge di stabilità per finanziare la trasformazione dei contratti precari in assunzioni stabili, a tempo indeterminato. La legge di stabilità, infatti, riconosce uno sgravio contributivo triennale per chi assume a tempo indeterminato lavoratori precari nel corso del 2015. Ma non solo. Al Mef fanno presente anche che una volta assunti stabilmente a tempo indeterminato questi lavoratori usciranno per sempre dalla gestione separata e non verseranno quindi le "ricche" aliquote nella gestione (che com'è noto chiede il 27,72%). Ciò metterebbe a rischio i conti stessi del Fondo dei parasubordinati che attualmente costituisce una delle poche gestioni in positivo dell'Inps. Insomma un doppio effetto negativo per le casse dello stato che da un lato si troverebbero il venir meno della contribuzione nella gestione dedicata ai collaboratori a progetto e dall'altro dovrebbe coprire i contributi per almeno tre anni in favore degli stabilizzati nel 2015.
Secondo quanto si apprende da fonti di stampa i tecnici del MEF suggeriscono in particolare due correttivi al decreto legislativo che ancora non è stato trasmesso alle Commissioni Lavoro di Camera e Senato per l'acquisizione dei relativi pareri. Il primo riguarda l'esclusione espressa dalla stabilizzazione delle forme di collaborazioni continuative a progetto nel pubblico impiego, si tratterebbe di circa 20-25 mila contratti. L'altro correttivo potrebbe comportare l'esclusione dalla stabilizzazione per quanti risultano iscritti alla gestione separata non via esclusiva per non perdere il gettito di tale gestione.
seguifb
Zedde
Pensioni, l'aumento della stima vita interessa anche chi esce con le quote
L'aumento della stima di vita interesserà anche quei lavoratori che, in virtu' di speciali disposizioni di legge, mantengono tutt'oggi in vigore le regole di pensionamento antecedenti alla Riforma Fornero.
Kamsin La Circolare Inps 63/2015 ha fissato gli effetti del prossimo incremento dell'età pensionabile nel triennio 2016-2018. E' così dal prossimo 1° gennaio 2016 si dovrà lavorare 4 mesi in piu' di quest'anno. Per la pensione anticipata bisognerà raggiungere i 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne) mentre per la vecchiaia saranno necessari 66 anni e 7 mesi (65 anni e 7 mesi per le lavoratrici dipendenti e 66 anni ed un mese per le autonome).
Nella Circolare c'è, tuttavia un passaggio che ha destato tra i lettori di pensionioggi.it molta confusione. Il passaggio "incriminato" è il seguente: "Ciò posto, dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2018, i soggetti per i quali continuano a trovare applicazione le disposizioni in materia di requisiti per il diritto a pensione con il sistema delle c.d. quote, possono conseguire tale diritto ove in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 35 anni e, se lavoratori dipendenti pubblici e privati, di un’età anagrafica minima di 61 anni e 7 mesi, fermo restando il raggiungimento di quota 97,6, e, se lavoratori autonomi iscritti all’Inps, di un’età anagrafica minima di 62 anni e 7 mesi, fermo restando il raggiungimento di quota 98,6". Molti lettori hanno interpretato questa disposizione nel senso che fossero tornate in vigore le pensioni con le quote in forma generalizzata e che quindi fosse possibile uscire con 61 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contributi. Viene sorridere perchè, naturalmente, non è così.
Il passaggio infatti si riferisce solo a due categorie "particolari" di lavoratori per i quali è ancora oggi previsto il sistema delle quote. Da un lato ci sono i lavoratori salvaguardati, cioè coloro che sulla base di specifici provvedimenti legislativi possono continuare a godere delle regole ante-Fornero, tra cui c'era, per l'appunto, la possibilità di accedere alla pensione con le cd. quote. Sono 170mila i lavoratori che si trovano in questa condizione e, per avvalersi di questo beneficio, bisogna rispettare parecchi vincoli e condizioni stabiliti in sei diversi provvedimenti di salvaguardia. Si tratta comunque di lavoratori che avevano perso il lavoro entro il 2011 o che avevano, sempre entro tale data, stipulato accordi con il datore che prevedevano l'uscita nei mesi successivi.
Dall'altro lato ci sono i lavoratori addetti a lavori particolarmente faticosi e pesanti e notturni ai sensi di quanto previsto dal Dlgs 67/2011 (vedi voce lavori usuranti). Anche per questi lavoratori è, infatti, previsto un canale di uscita basato sulle cd. quote che chiederà, per il triennio 2016-2018, il perfezionamento di almeno 61 anni e 7 mesi di età unitamente ad quorum di 97,6 (per gli autonomi i requisiti sono di un anno piu' elevati).
E' appena il caso di precisare che chi beneficia di questa normativa riporta in vita anche il vecchio sistema basato sulle finestre mobili. E quindi dovrà attendere 12 mesi o 18 mesi dal perfezionamento dei suddetti requisiti prima di poter ottenere la liquidazione della prestazione.
L'Inps propone anche un esempio di come deve essere condotta la verifica per il diritto a pensione. Ad esempio per verificare il raggiungimento del requisito al 31 ottobre 2016 di un lavoratore nato il 20 marzo 1955 con 1877 settimane di contributi bisogna trasformare l’età e i contributi del lavoratore in questo modo: 61 anni e 225 giorni sono pari a (61+225/365)= 61,616 anni; si divide quindi il numero di contributi per le settimane (1877/52) e si ottiene il valore 36,096 anni. La somma tra età e anzianità contributiva alla data del 31 ottobre 2016 è pari a 61,616 + 36,096 = 97,712. Il lavoratore ha quindi raggiunto il diritto a pensione avendo superato quota 97,6 ed essendo in possesso dei requisiti minimo di 61 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contribuzione.
Ad ogni modo, dunque, un lavoratore dipendente, pubblico o autonomo che non si riconosca in una delle due deroghe appena citate non potrà fruire delle quote. Ma dovrà attendere i requisiti previdenziali introdotti dalla Riforma Fornero citati all'inizio dell'articolo.
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Zedde
Riforma Pensioni, Galloni (Inps): mille euro al mese proposta "interessante"
Per ogni lavoratore indipendentemente dal reddito percepito, il datore di lavoro dovrà versare 5.000 euro l'anno per 40 anni. «Il principio - spiega Siri - è lo stesso della Flat Tax; tutti percepiranno la stessa pensione indipendentemente dal reddito.
Kamsin A esprimere parere favorevole nei confronti della proposta di Armando Siri, condivisa dalla Lega Nord, che lega il sistema di previenza sociale alla Flat Tax così da garantire a ciascun lavoratore mille euro di pensione al meseper quattordici mensilità è Nino Galloni, oggi membro effettivo del Collegio dei sindaci dell'Inps per conto del Ministero del Lavoro, dove è stato direttore generale a partire dal maggio 1990.
Lo riporta oggi un articolo comparso sul quotidiano Il Tempo. «La proposta di Armando Siri - spiega Galloni - renderebbe più conveniente per le imprese la stabilizzazione dei lavoratori piu pagati, riducendo il cuneo, ma lasciando invariata la contribuzione a carico del lavoratore. Questa sembrerebbe una delle poche proposte in grado di contrastare l'errore gravissimo che si commise trent'anni fa volendo scambiare la flessibilità con l'occupazione invece che col salario. Quell'errore produsse la precarizzazione e i bassi salari che rendono e soprattutto renderanno socialmente insostenibile attuale modello a contribuzione».
Il programma di Siri prevede per i lavoratori dipendenti un versamento annuale medio di 7.500 euro (5.000 di contributo annuale fisso a carico del datore di lavoro a prescindere dal reddito percepito dal lavoratore e un contributo pari al 10% della retribuzione a Carico del dipendente). Tale versamento in 40 anni produrrà una contribuzione complessiva di 300mila euro che, calcolando vent' anni di erogazione della pensione in base all' aspettativa di vita media, consentirà al lavoratore di ottenere una pensione di mille euro al mese netti. Per i lavoratori autonomi invece la pensione viene così calcolata: 3.500 euro di versamenti all'anno per 35 anni danno diritto a 500 euro di pensione al mese; 3.500 euro per 40 anni daranno una pensione di 600 euro al mese; con 5.000 per 40 anni si avrà diritto invece a mille euro al mese.
La riforma di Siri si applicherebbe a tutti i lavoratori a prescindere dal reddito e senza vincolo di età. Quindi sarebbe possibile andare in pensione anche a 60 anni purchè siano stati raggiunti 40 anni di versamenti. Gli unici parametri sono infatti il numero di anni e l'entità di effettiva contribuzione.
Nel nuovo sistema saranno coinvolti tutti i neo-lavoratori e quelli che hanno fino a 10 anni di anzianità ai quali, nel caso di versamenti superiore i a 5.000 euro verrà erogata una tantum dall'Inps per recuperare la differenza. I lavoratori che hanno fino a 25 anni di anzianità contributiva potranno invece scegliere il nuovo sistema solo se la loro aspettativa di pensione è superiore ai mille euro al mese e, in questo caso, otterranno un rimborso rateizzato in tre anni per recuperare la differenza.
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Zedde
Altro...
Salario Minimo, l'asticella sarà tra i 6,5 e i 7 euro l'ora
Il salario minimo arriverà anche in Italia, i cui dettagli saranno definiti in uno dei prossimi decreti attuativi del Jobs Act. Il Fismic, il sindacato dei lavoratori autonomi, appoggia la misura.
Kamsin La teoria neoclassica dell'occupazione sostiene che il livello di occupazione dipenda dall'equilibrio tra domanda e offerta in base al suo «prezzo»: il salario. La teoria sostiene quindi che esiste un salario di equilibrio al quale si può realizzare la piena occupazione. Ovviamente la visione di un paese con piena occupazione è del tutto utopica, ma di certo non si può non tener conto dell'importanza che possiede il «salario» come fattore determinante del mercato del lavoro.
Tra tutti i paesi maggiormente industrializzati, l'Italia (e fino a all'estate scorsa la Germania) è uno dei pochi paesi a non aver adottato la misura di un salario minimo ossia la più bassa paga oraria, giornaliera o mensile che i datori di lavoro devono per legge corrispondere a impiegati ed operai e al di sotto della quale non possono assumere. Come accennato in precedenza, in Italia esistono pensioni minime ma un livello di salari minimi non è previsto da leggi nazionali, ma bensì dalla contrattazione tra le parti sociali ossia tra sindacati ed imprese, escludendo così molti dei lavoratori con contratti atipici; e inoltre nella prassi giuridica la magistratura italiana ha preso sovente riferimento la pensione sociale minima erogata dall'Inps come soglia minima vitale. Con l'introduzione della nuova legge di Stabilità 2015 anche questo scenario sarà completamente modificato con incidenze, si spera, positive per il mercato del lavoro e i tassi di occupazione.
Il salario minimo arriverà anche in Italia. Al momento bisogna solo stabilire la cifra esatta, che al momento oscilla tra i 6,5-7 euro l'ora e si applicherà proprio nei settori che non sono già regolati da un accordo nazionale. La Fismic sostiene anche questa svolta decisiva portata avanti nel Jobs Act, nonostante le proteste di abrogazione diventate ormai uno standard di contestazione da parte di taluni sindacati verso riforme che puntano alla crescita del Paese.
L'Italia è tra i pochissimi a non avere ancora il salario minimo ma questo cambiamento potrebbe apportare finalmente una svolta positiva per tutte quelle persone che, essendo escluse dal contratto collettivo, non godono di molte agevolazioni che invece ogni lavoratore indipendentemente dalla tipologia di contratto ha diritto a ricevere. In Italia le retribuzioni sono frutto di contrattazione
tra le parti sociali, tra dipendente e datore di lavoro ed è per questo che i sindacati hanno un ruolo importante e determinante.
L'introduzione di una soglia minima di salario regolamentata dallo Stato è stata presa dalla Fiom come un ulteriore modo di sminuire la voce del sindacato, e rischia quindi di divenire un ulteriore punto di scontro. Quello che forse la Fiom non riesce a concepire è che è improponibile che proprio un sindacato, che difende i diritti di tutti i lavoratori possa andare contro ad un decreto che garantisce a ogni singolo lavoratore, indipendentemente dal contratto sottoscritto, il diritto a un minimo salariale fine a garantire uno standard di vita adeguato. Il governo probabilmente interverrà solo nei settori che non sono già regolamentati da un contratto nazionale.
Gli stage e i contratti a progetto non fanno riferimento ad alcun contratto nazionale di lavoro e a un livello di inquadramento con il relativo salario base: i rapporti di lavoro regolati da queste tipologie contrattuali non prevedono alcun salario minimo. Niente a che vedere con il reddito minimo garantito che invece, è una somma che viene garantita per vivere. Ci sarebbe bisogno di andare al di là degli scontri di posizione 'e considerare che il salario minimo sarebbe un aiuto sostanziale per tutti quei cittadini che lavorano ma che purtroppo cadono nella categoria dei «lavoratori poveri», che nonostante il lavoro hanno enormi difficoltà ad affrontare spese giornaliere e/o arrivare a fine mese.
Si stimolerebbe così l'aumento dei posti di lavoro indotto dalla spinta ai consumi e della domanda interna tramite retribuzioni più alte e concentrate nel segmento di reddito meno abbiente. Il salario minimo, oltre a garantire il diritto ad una paga oraria dignitosa per ogni lavoratore, diminuendo quindi lo sfruttamento, costituisce un incentivo al consumo per le fasce di popolazione più povere, migliorando in questo modo l'economia. Come anticipato dal Corriere della Sera, da Palazzo Chigi assicurano che nel giro di qualche settimana arriverà sul tavolo del consiglio dei ministri il decreto che riscrive le regole sulla retribuzione minima. Si auspica che questa sia un'ulteriore manovra che agevola i lavoratori e che manifesti lo sforzo concreto da parte del governo a migliorare il mercato del lavoro e l'economia del nostro Paese.
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A cura di Sara Rinaudo - Sindacato Autonomi Fismic
Riforma Pensioni, Landini: ripristinare subito il sistema delle quote
"Per la riforma delle pensioni bisogna fare tre cose molte precise: abbassare l'età pensionabile, ripristinare le pensioni di anzianità a partire dai lavori più pesanti e non rimanere solo col contributivo"
Kamsin La Fiom si prepara alla manifestazione nazionale di sabato pomeriggio a Roma, con lo slogan 'Unions', le cui "ragioni, proposte e richieste sono molto precise", a partire dal fatto che "noi vogliamo continuare la battaglia, la lotta contro il Jobs Act". Kamsin Così il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, ha presentato l'iniziativa, spiegando che "la piattaforma sindacale" comprende anche la riforma delle pensioni, la lotta alla corruzione e all'evasione fiscale e la richiesta del reddito minimo.
Chiare le richieste del sindacato. «Per la riforma delle pensioni bisogna fare tre cose molte precise: abbassare l'età pensionabile, ripristinare le pensioni di anzianità a partire dai lavori più pesanti e non rimanere solo col contributivo, perché i giovani così non hanno più la pensione - ha detto il segretario Fiom, Maurizio Landini - Abbassare l'età pensionabile vuol dire creare posti di lavoro e dare spazio ai giovani che sono oggi disoccupati». Abbiamo chiesto a Boeri di avviare anche con lui un confronto, sia sulla governance degli istituti previdenziali, sia sui temi della previdenza».
"Io ci sarò, non c'è dubbio, non abbiamo ancora ragionato sul comizio", su chi parlerà dal palco. Così il segretario generale della Cgil Susanna Camusso conferma la sua presenza, annunciata da Maurizio Landini, alla manifestazione della Fiom di sabato prossimo.
"Non c'è mai stato un dissenso" con il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. Così ha risposto il leader della Fiom ospite di un videoforum di Repubblica.it sulla coalizione sociale e sulla manifestazione di sabato, per la quale "abbiamo mantenuto la piattaforma. Una manifestazione sindacale, aperta come sempre. Sarà una grande manifestazione dei metalmeccanici e non solo", ha aggiunto riferendosi ai lavoratori, e alle diverse categorie, che saranno in piazza. "Vogliamo costruire l'unità del mondo del lavoro e del mondo sociale. La nostra manifestazione non è rivolta a questa o quella forza politica, la piazza è aperta a chi condivide le nostre proposte", ha detto ancora Landini.
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Sesta Salvaguardia, oltre 11mila le pensioni certificate
L'Inps ha aggiornato il report delle procedure di monitoraggio dei lavoratori cd. salvaguardati. Restano insufficienti i posti dedicati ai lavoratori che hanno assistito disabili nel corso del 2011.
Kamsin Quasi 11.000 pensioni certificate e poco più di 800 prestazioni liquidate nell'ambito della sesta salvaguardia. È quanto emerge dal report diffuso dall'Inps relativo alle operazioni di salvaguardia aggiornato al 20 marzo.
Questa la suddivisione delle certificazioni in base ai diversi profili di tutela individuati dalla legge 147/2014. Per quanto riguarda i lavoratori in mobilità ordinaria l'Inps ha emesso 1.119 certificazioni a fronte di una platea di 5.500 posti disponibili; ammontano invece a 3.773 le certificazioni per i lavoratori autorizzati ai volontari (sia con contributo versato entro il 6 dicembre 2011 sia senza) su una platea prevista di 12.000 posti; sono 1.836 le certificazioni relative a coloro che sono cessati con accordi con il datore di lavoro entro il dicembre 2012, la platea disponibile è 8.800 posti.
Continua invece a registrarsi un deficit di posti disponibili per i lavoratori che hanno fruito dei permessi e dei congedi per assistere disabili nel corso del 2011. A fronte di una capienza di 1.800 posti le certificazioni rilasciate sono infatti più del doppio, ben 3.701. A questo punto appare evenidente la necessità di un intervento ad hoc per estendere la capienza del contingente utilizzando le posizioni avanzate negli altri profili di tutela. In questo profilo, del resto, si era già avuto modo di evidenziare l'insufficienza dei posti previsti per legge già nel corso della quarta salvaguardia (legge 124 2013). In tale occasione, infatti, il legislatore aveva fatto male i calcoli fissando in 2.500 ma l'Inps certificò in quasi 5mila i potenziali aventi diritto.
Crescono anche le prestazioni liquidate nelle altre 5 salvaguardie. Complessivamente l'Inps ha certificato il diritto in favore di circa 110mila lavoratori mentre sono 70mila le pensioni già poste in pagamento. Queste norme, lo si ricorda, consentono a lavoratori che hanno perso il lavoro entro il 2011 di mantenere l'ultrattività delle regole pensionistiche ante-fornero e quindi di accedere alla pensione prima rispetto a quanto stabilito dalla Riforma del 2011.
seguifb
Zedde
Pensioni, gli assegni crescono meno rispetto al passato. Ecco perchè
Il blocco dell'indicizzazione degli assegni nel biennio 2012-2013 ha già fatto lasciare sul terreno oltre 150 euro al mese sugli assegni superiori a 3mila euro lordi.
Kamsin Com'è noto gli assegni previdenziali vengono di anno un anno rivalutati in base all'andamento dell'inflazione. In gergo questo meccanimso di chiama "perequazione", una misura "compensativa" che consente agli assegni pensionistici di recuperare il potere d'acquisto eroso dall'aumento annuale dell'inflazione. Si tratta dunque di una garanzia che il reddito del pensionato rimanga costante nel tempo.
In questi ultimi anni, però, le modalità di erogazione della rivalutazione sono state piu' volte riviste sino a generare molta confusione sul punto. Con la Riforma Fornero è stato infatti disposto il blocco dell'indicizzazione nei confronti delle pensioni che erano di importo superiore a tre volte il trattamento minimo Inps (pari a 1.443 euro per il 2012; 1486,26 euro per il 2013). Le pensioni di importo inferiore sono state invece adeguate pienamente all'inflazione (+ 2,7% nel 2012 e + 3% nel 2013).
Si ricorda che prima del Dl 201/2011 la perequazione era suddivisa in tre fasce all'interno del trattamento pensionistico complessivo e l'adeguamento veniva concesso in misura piena per le pensioni fino a tre volte il trattamento minimo; scendeva al 90% per le fasce di importo comprese tra tre e cinque volte il trattamento minimo; e ancora calava al 75% per i trattamenti superiori a cinque volte il minimo.
La legge 147/2013 ha parzialmente rimosso questa misura particolarmente penalizzante. Nello specifico la legge citata ha previsto un sistema di rivalutazione suddiviso in cinque scaglioni. Per le pensioni di importo fino a tre volte il trattamento minimo l'adeguamento avviene in misura piena (100%); per le pensioni di importo superiore e sino a quattro volte il trattamento minimo viene riconosciuto il 95% dell'adeguamento; per quelle di importo superiore e sino a cinque volte il minimo l'adeguamento è pari al 75%; per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il minimo l'adeguamento è del 50%; per i trattamenti superiori a 6 volte il minimo l'adeguamento è pari al 45% (per il 2014 l’aumento è stato del 40% ma calcolato soltanto sulla quota di pensione entro il limite di sei volte il trattamento minimo: in pratica gli assegni sono cresciuti di un valore fisso pari a 13,08 euro).
Con la legge 147/2013, va in soffitta però, almeno sino al 2016, il sistema di rivalutazione differenziata per fasce d’importo all’interno della stessa pensione. Le nuove regole prevedono che l’aliquota di aumento, spettante ad ogni pensione a seconda del gruppo in cui si colloca, venga applicata all’intero importo della pensione. Questa misura aggrava ulteriormente l’effetto limitativo delle nuove disposizioni. Per fare un esempio, con il meccanismo precedente una pensione di 2.000 euro lordi sarebbe stata rivalutata al 100% per i primi 1.486,29 euro e al 90% per la parte rimanente, che equivale all’applicazione di un’aliquota media pari al 97,42% del normale, mentre oggi l’aliquota da applicare al gruppo d’importo in questione è ridotta al 75%. Ciò comporta un ulteriore aggravio rispetto a quanto prevedeva la vecchia normativa.
Per una visione d'insieme degli effetti sugli assegni pensionistici prodotti dalle Riforme degli ultimi anni si rimanda alla seguente tabella in cui vengono comparati gli effetti della normativa ante fornero e quella attualmente vigente con la legge 147/2013.
Come si vede gli assegni superiori a 3 volte il minimo hanno lasciato sul terreno circa 100 euro al mese di mancata rivalutazione, cifra che mano mano aumenta al crescere dell'importo della pensione sino a toccare quasi i 200 euro per gli assegni superiori a 6 volte il trattamento minimo inps. La maggior parte del mancato guadagno dipende dal blocco della rivalutazione nel biennio 2012-2013 dato che gli effetti negativi della misura si ripercuotono inevitabilmente sugli anni a venire.
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Zedde
A cura di Giorgio Gori, Patronato Inas
Riforma pensioni, reddito minimo e piu' flessibilità. Ecco la ricetta Boeri
Boeri avvia lo studio di un'operazione per garantire un reddito minimo a chi ha perso il lavoro tra i 55 e i 65 anni. A giugno la proposta dell'Istituto di Previdenza.
Kamsin Garantire una sorta di «reddito minimo» per quanti perdono il lavoro nella fascia ricompresa tra i 55 e i 65 anni. È questa la flessibilità sostenibile a cui pensa il presidente dell'Inps Tito Boeri che ha in cantiere una riforma previdenziale col doppio obiettivo di aiutare i lavoratori in difficoltà causa crisi, e rendere più flessibile l'accesso alla pensione.
Sul primo fronte Boeri vorrebbe introdurre un ammortizzatore sociale che tuteli chi è rimasto senza lavoro a partire dai 55 anni e che abbia un reddito basso, ancorato a specifiche soglie Isee (similmente a quanto avviene con l'Asdi, il nuovo ammortizzatore sociale introdotto dal Jobs Act). Questo "reddito minimo" potrebbe essere finanziato con un prelievo sulle pensioni più alte, ottenute in passato con criteri più vantaggiosi del calcolo retributivo o misto. Un contributo di solidarietà da cui, sostiene Boeri, si potrebbero racimolare 1,5 miliardi. Sul taglio degli assegni Boeri ricorda del resto che "al di sopra di un certo importo è necessario intervenire, anche se non è mai bello". La proposta del neo presidente dell'Inps, che sarà messa nero su bianco entro giugno, vorrebbe quindi tosare gli assegni dei pensionati piu' "ricchi" a dispetto dei contributi effettivamente versati.
Altro capitolo è la flessibilità in uscita, su cui sta lavorando la Commissione Lavoro della Camera. L'opzione più gettonata è consentire l'accesso anticipato alla pensione di 4 anni rispetto alla soglia standard (66 anni e 7 mesi nel 2016) ma rinunciando a parte dell'assegno: il ddl Damiano prevede un abbattimento del 2% l'anno fino a un massimo dell'8%. Ma al governo potrebbe non bastare, anche perché deve negoziare con Bruxelles. Specifiche misure, poi, dovrebbero rivedere l'età pensionabile delle lavoratrici che, in assenza di correttivi, schizzerà dagli attuali 63 anni e 9 mesi a 65 anni e 7 mesi dal 2016 e a 66 anni anni e 7 mesi dal 2018. Un incremento troppo ripido sul quale crescono le pressioni per una revisione.
Secondo Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera, l'ipotesi tuttavia di "tosare" gli assegni in essere liquidati con il retributivo «può essere pericolosa». Per Damiano sarebbe preferibile «affrontare per prima cosa i privilegi di chi ha goduto di contribuzioni più basse e regole più generose di anticipo pensionistico». Come i dirigenti, andati in quiescenza con l'80% della retribuzione e soli 30 anni di contributi. «Partiamo da qui, se non vogliamo colpire i soliti noti che hanno dato già più del dovuto», sostiene Damiano.
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