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Contratti a termine, accordo per 5 proroghe
Tetto di cinque proroghe nei contratti a termine acausali nell'arco dei 36 mesi. E introduzione di un regime transitorio per armonizzare le nuove regole sui rapporti a tempo (soprattutto il limite di utilizzo del 20% sull'organico complessivo) con i contratti già in corso.
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Un accordo tra le forze politiche della maggioranza potrà portare ad una revisione del sistema delle proroghe del contratto a tempo determinato: la durata massima resterà in 36 mesi ma le possibilità di prolungare un rapporto, che nel decreto 34/2014 sono 8, passerebbero a 5. E' quanto ha detto Cesare Damiano (Pd), presidente della Commissione lavoro di Montecitorio, che sta votando gli emendamenti al Decreto Legge Poletti.
Nessuna novità, ancora, sugli altri capitoli del decreto, sui quali i partiti di centro-sinistra vorrebbero imporre modifiche. Si tratta del contratto di apprendistato, in particolare sul programma formativo individuale scritto: il governo pare orientato a confermare la sufficienza di stilare un piano all'interno del contratto stesso di apprendistato.
Sempre sull'apprendistato l'ex ministro e capogruppo al Senato Maurizio Sacconi avverte il premier Renzi «a non cedere alle pressioni della sinistra interna del Pd» e annuncia un secco «no» a qualsiasi ipotesi di stravolgimento delle norme come la reintroduzione delle quote di stabilizzazione degli apprendisti (20% nelle aziende con più di 30 dipendenti), il ritorno a una sostanziale obbligatorietà della formazione pubblica (ora resa facoltativa) e la previsione di un diritto di precedenza (alla stabilizzazione o al rinnovo del rapporto) per chi lavora a termine da almeno sei mesi nella stessa azienda.
La Commissione ha dato poi il via libera ad una modifica chiesta da Renata Polverini (Fi), secondo cui dovranno dare il proprio parere sul decreto attuativo per la smaterializzazione e semplificazione del Durc (il Documento unico di regolarità contributiva) non soltanto l'Inps e l'Inail, ma anche la commissione nazionale per le Casse edili.
Tari, tornano gli aumenti per le imprese
Le imprese che smaltiscono in proprio una parte dei loro rifiuti dovranno pagare la Tari. I Comuni potranno individuare agevolazioni proporzionali alla quota di rifiuti smaltiti autonomamente.
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La partita sull'introduzione della Tari, il nuovo tributo sui rifiuti, vede il ritorno del tributo senza esenzioni sulle imprese. Come si ricorderà negli ultimi mesi la discussione è stata tutta incentrata sulla possibilità di esenzione dal tributo per le imprese e agli operatori commerciali che smaltiscono una parte dei loro rifiuti, quelli speciali assimilati agli urbani, senza fruire dei servizi locali di igiene urbana.
Nella legge 147/2013 veniva prevista contemporaneamente l'esenzione e la possibilità di sconti da parte dei Comuni, una regola contraddittoria che il governo, nel decreto Salva Roma ter, il dl 16/2014, aveva risolto nel senso di esentare dal pagamento del tributo le imprese che smaltivano in proprio i rifiuti speciali assimilati.
Ora invece con gli emendamenti approvati alla legge di conversione del decreto Salva Roma ter questi rifiuti tornano nuovamente soggetti alla Tari. Con la precisazione tuttavia che i Comuni potranno individuare agevolazioni proporzionali alla quota di rifiuti smaltiti autonomamente. Nel regolamento i Comuni potranno individuare anche le aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini anche se caratterizzati dal divieto di assimilazione.
Gli emendamenti approvati dalla Camera garantiscono inoltre maggiore flessibilità ai Comuni nella determinazione dei parametri con cui calcolare la Tari per le diverse tipologie di contribuente. Per la quota fissa delle utenze domestiche si potranno evitare i parametri standard, mentre in generale sarà possibile discostarsi anche del 50% dai parametri del metodo normalizzato.
Agevolazioni sociali - Oltre a sconti tipizzati in base agli occupanti degli immobili (come ad esempio quelle abitate da una sola persona, oppure quelle a utilizzo stagionale) i Comuni possono introdurre agevolazioni ulteriori, con finalità sociale. Questi sconti ulteriori potevano essere finanziati con risorse di bilancio per una quota non superiore al 7% del costo totale del servizio. Nella versione approvata dalle commissioni di Montecitorio questo vincolo è stato però cancellato.
Base imponibile - La base imponibile della Tari, come accadeva per le vecchie tasse rifiuti, rimane quella dichiarata dal contribuente. L'applicazione del tributo sulla superficie catastale sarà avviata solo a partire dall'anno successivo a quello in cui sarà avviato davvero l'interscambio di informazioni fra l'agenzia delle Entrate (che ha incorporato l'agenzia del Territorio) e i Comuni.
Quinta salvaguardia, pubblicato in Gazzetta il Decreto per 17mila esodati
E' stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale della Repubblica numero 89 del 16 Aprile il Decreto Interministeriale Economia-Lavoro relativo alle modalità attuative della quinta salvaguardia per 17 mila esodati.
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Il decreto interministeriale indica le modalità attraverso cui i 17mila lavoratori potranno fruire della quinta procedura di salvaguardia (articolo 1, comma 194 e ss della legge 147/2013). I lavoratori potenziali interessati dovranno presentare istanza di accesso all'Inps o alle Direzioni Territoriali del Lavoro entro il 15 Giugno 2014 (60 giorni dalla data di pubblicazione in GU del Dm). Qui il testo ufficiale del decreto.
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Durc interno, l'Inps accoglie la richiesta di una proroga
L'Inps accoglie la richiesta dei Consulenti del lavoro per la proroga dei termini per il Durc interno. I preavvisi di esito negativo saranno inviati il 15 Maggio.
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Slitta di un mese il termine che l'Inps aveva stabilito nel messaggio 2889/2014 per l'invio del primo preavviso di Durc interno negativo. L'Inps ha di fatto introdotto una variazione alla tabella di marcia che vedrà l'introduzione della nuova regolamentazione del Durc interno. L'istituto invita le proprie sedi a dare la precedenza alle situazioni relative ai datori di lavoro che si trovano nelle circostanze sopra descritte.
In considerazione delle difficoltà in fase di avvio del sistema, il primo preavviso di Durc interno negativo verrà trasmesso dall'Inps il 15 maggio invece del 15 aprile. Tale primo preavviso sarà inviato esclusivamente alle aziende per le quali risultino delle irregolarità incidenti sul diritto al riconoscimento dei benefici, ovvero per le quali siano state emesse note di rettifica con causale “addebito art. 1, comma 1175, della legge 27 dicembre 2006, n. 296”.
L'Inps, infine, fa presente che tutte le note di rettifica i cui calcoli sono stati rapportati al 15 maggio, saranno ricalcolate al 15 giugno. Le stesse saranno recapitate alle aziende unitamente alle altre che l'istituto aveva programmato di trasmettere il 15 giugno. L'invio delle rimanenti note di rettifica resta confermato al 15 settembre.
Con la nuova gestione del Durc interno è l'Inps, in qualità di ente tenuto a riconoscere i benefici di legge subordinati alla regolarità contributiva, a richiedere il documento di regolarità contributiva e non più il datore di lavoro attraverso l'Uniemens. Le procedure verificano mensilmente la presenza di eventuali situazioni di irregolarità. Se il controllo dà esito positivo, si accende automaticamente il semaforo verde che vale per il mese in corso e per i tre mesi successivi.
Bonus Irpef, sconto medio di 714 euro l'anno per le famiglie più povere
Secondo l'Istituto di Statistica lo sconto Irpef alle famiglie scende dal 3,4% allo 0,7% del reddito, più questo sale. Considerando anche l'Irap e le misure della vecchia Legge di Stabilità il risparmio fiscale è di 11,3 miliardi.
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La revisione fiscale presentata dal governo nell'ambito del Documento di economia e finanza, che contiene lo sconto Irpef che verrà dettagliato con un provvedimento venerdì prossimo, porterà un guadagno medio annuo di 714 euro per le famiglie più povere.
Lo calcola l'Istat nell'ambito delle audizioni che si stanno svolgendo alla Camera in questa settimana proprio per sentire il parere di esperti e soggetti coinvolti a più livelli dal documento di programmazione economica dello Stato.
Per l'Istituto di statistica lo sconto scende via via fino a 451 euro per le famiglie più ricche. Cioè si passa dal 3,4% del reddito allo 0,7%. Un piano che, secondo l'opinione di Bankitalia, rischia però di non essere sostenibile grazie alla sola spending review del Commissario Carlo Cottarelli, soprattutto per l'anno prossimo.
Il presidente Istat, Antonio Golini, ha spiegato ieri che le misure sul Fisco previste nel Def porteranno a un "beneficio netto annuale sotto forma di minore imposta netta pari a circa 11,3 miliardi di euro".
Golini si riferisce appunto alla "rimodulazione delle detrazioni Irpef sul lavoro dipendente per le fasce più basse di reddito (reddito lordo fino a 25 mila euro) e la riduzione dell'Irap per le imprese" e aggiunge che "nel complesso si stima un beneficio netto effettivo annuale sotto forma di minore imposta netta pari a circa 11,3 miliardi di euro. Di questi - aggiunge - circa 1,8 miliardi di euro sono l'effetto aggregato delle variazioni già approvate con la precedente Legge di stabilità, mentre circa 9,5 miliardi di euro sono riferiti alle nuove misure previste nel Def 2014". Secondo il presidente dell'Istat, sul 2014 "saranno pari a circa 7 miliardi di euro, per effetto dell'introduzione del provvedimento a partire dal mese di maggio".
Calo degli occupati - Durante l'audizione alla Camera, Golini ha presentato anche i dati sul lavoro: un milione di occupati in meno in cinque anni, soprattutto al Sud. "Dal 2008 al 2013 la perdita - ha detto Golini - è stata di quasi un milione di occupati (-984 mila, pari al 4,2%) e le differenze territoriali sul mercato del lavoro si sono ulteriormente accentuate: rispetto al 2008 nel Mezzogiorno gli occupati calano del 9%, contro il 2,4% del Nord". "Nel 2013 il numero di occupati si è ridotto di 478 mila unità (-2,1% rispetto all'anno precedente, ben -4,6% nel Mezzogiorno, pari a -282 mila unita') scendendo a 22 milioni e 420 mila, un calo superiore anche a quello del 2009 (-380 mila unita')", ha aggiunto il presidente dell'Istat.
Altro...
Tfr, pubblicato il coefficiente per il mese di marzo
A marzo il coefficiente per rivalutare le quote di Trattamento di fine rapporto (Tfr) accantonate al 31 dicembre 2013 è pari a 0,445028. L'indice dei prezzi al consumo calcolato dall'Istituto nazionale di statistica, con esclusione del prezzo dei tabacchi lavorati, è al valore di 107,2.
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L'articolo 2120 del Codice civile stabilisce che alla fine di ogni anno la quota di Tfr accantonata va rivalutata attraverso il coefficiente di rivalutazione del Tfr. Per farlo si parte dall'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati diffuso ogni mese dall'Istat, quello "senza tabacchi lavorati". In particolare, si calcola la differenza in percentuale tra il mese di dicembre dell'anno precedente, e il mese in cui si effettua la rivalutazione. Poi si calcola il 75% della differenza a cui si aggiunge, mensilmente, un tasso fisso di 0,125 (che su base annua è di 1,500). La somma tra il 75% e il tasso fisso è il coefficiente di rivalutazione per il calcolo del Tfr.
L'indice Istat per marzo è 107,2. A partire dai dati di gennaio 2011 la base di riferimento dell'indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati è il 2010.La differenza in percentuale rispetto a dicembre 2013, su cui si calcola il 75%, è 0,093371. Pertanto il 75% è 0,070028. A marzo il tasso fisso è pari a 0,375. Sommando quindi il 75% (0,070028) e il tasso fisso (0,375), si ottiene il coefficiente di rivalutazione 0,445028.
In caso di corresponsione di una anticipazione del Tfr, il tasso di rivalutazione si applica sull'intero importo accantonato fino al periodo di paga in cui l'erogazione viene effettuata.
Quota 96, nessuna soluzione nel Def
Niente da fare per i docenti che chiedono di poter accedere alla pensione con le vecchie regole. Nel Def il governo non ha previsto alcuna copertura per il progetto di legge Ghizzoni/Marzana.
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Il governo non ha indicato nessuna copertura per la proposta Ghizzoni/Marzana in favore dei 4 mila docenti che chiedono di poter accedere alla pensione con le regole antecedenti alla Riforma Fornero. Nel Def presentato nei giorni scorsi e questa settimana all'esame del Parlamento, non sono indicate le coperture su come reperire le risorse necessarie (complessivamente 430 milioni di euro) per consentire l'approvazione della proposta di legge in favore del personale della scuola che si trova nella cosiddetta "quota 96".
Si susseguono le reazioni negative non solo da parte dei firmatari la proposta di legge, ma anche da parte della maggioranza dei componenti le Commissioni Bilancio e Lavoro della camera che avevano impegnato il governo a riferire, prima della presentazione del Def 2014, proprio in merito al reperimento delle risorse necessarie per l'adozione delle urgenti iniziative normative previste dalla proposta di legge.
L'esecutivo di Renzi ha invece soprasseduto sulla questione. «Inseriremo quota 96 nel Def e lo voteremo solo se il problema degli insegnanti coinvolti sarà risolto, ha detto in un tweet Barbara Saltamartini, vicepresidente della Commissione Bilancio alla Camera, Ncd. Ma a questo punto è ormai chiaro che l'ipotesi della deroga sta tramontando.
Dopo lo stop della Ragioneria dello Stato e del MEF delle scorse settimane, Domenico Pantaleo della Cisl scuola denuncia che le speranze sono ridotte al lumicino. "E' ormai chiaro che, andare in pensione a partire dal prossimo 1° settembre, non avrà nessuna possibilità di realizzarsi a meno che la questione non trovi soluzione in una revisione dell'impianto della riforma Fornero".
Esodati, tre le ipotesi sul tavolo di Poletti
Tre progetti per risolvere in maniera strutturale il problema degli esodati. Ma il nodo resta sempre quello delle risorse.
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La bagarre sugli esodati prosegue. Dopo la richiesta di avviare un tavolo di confronto tra Ministero del Lavoro, Economia ed Inps per definire il numero dei potenziali interessati, vediamo di fare il punto sulle ipotesi attualmente in pista per una soluzione strutturale al problema.
La prima sul tavolo è quella di approvare una nuova deroga, la sesta salvaguardia, partendo dalla proposta unificata licenziata dalla Commissione Lavoro della Camera lo scorso mese di marzo. L'ipotesi ha il pregio di non modificare l'impianto della Riforma del 2011 che sta portando molti benefici per le Casse dello stato, ma ha comunque un costo elevato su cui è difficile un'intesa politica.
La proposta unificata inoltre limita i benefici solo in favore di talune categorie di soggetti con precisi vincoli e paletti come è accaduto con le precedenti operazioni di salvaguardia; secondo i sindacati la proposta non ha quel carattere universale che consentirebbe di risolvere in maniera strutturale il problema di tutti coloro che si trovano senza lavoro e senza pensione.
Ad esempio fuori dalla tutela rimarrebbero i cd. "esodandi" cioè coloro che hanno lasciato il posto di lavoro dal 2012 in poi che si troverebbero soggetti alle nuove regole di pensionamento.
Le ipotesi dei pensionamenti flessibili
La seconda ipotesi è quella dello scivolo a 62 anni ed è stata rispolverata nei giorni scorsi da Poletti. E' l'idea di consentire di andare in pensione ai lavoratori bloccati in mezzo al guado dalla riforma Fornero attraverso una modifica alla riforma previdenziale del 2011 con l'introduzione di un requisito anagrafico minimo (pari a 62 anni) ed un minimo di 35 anni di contributi.
Un'ipotesi, contenuta nel progetto di legge 857 presentato da Damiano, che tuttavia prevederebbe delle decurtazioni sull'assegno tanto piu' il lavoratore anticipi l'uscita. "Si tratterebbe però di tornare ai prepensionamenti con oneri miliardari per le casse dell'Inps", ha spiegato Giuliano Cazzola, esperto di previdenza ed ex vicepresidente della Commissione Lavoro che boccia categoricamente la possibilità di procedere in tal senso.
Infine sul tavolo c'è l'opzione targata Giovannini che in realtà è una variante del progetto appena esposto. L'ex ministro del Lavoro stava lavorando al progetto del "prestito pensionistico" che prevederebbe la possibilità di riconoscere con un anticipo di 2 o 3 anni la pensione maturata a lavoratori rimasti senza impiego e senza ammortizzatore sociale con almeno 62 anni di età e 35 di contributi.
Una sorta di "prestito previdenziale" su cui il Governo Letta non riuscì a indicare i dettagli, che verrebbe incontro a persone e a imprese (come quelle di minori dimensioni) che attualmente non possono utilizzare gli strumenti previsti in materia dalla legislazione vigente.
Un'ipotesi strutturale con minori costi per lo stato (dato che il prestito sarebbe poi recuperato sulla pensione con un decurtazione entro il 10%) che inoltre avrebbe il pregio di non modificare le regole pensionistiche attualmente esistenti. Lo strumento sarebbe pertanto una ulteriore possibilità per anticipare la pensione a cui si accederebbe su base volontaria, con il possibile coinvolgimento delle imprese, come già avviene nei casi previsti dalla legge per le aziende di maggiori dimensioni.
Sempre sulle pensioni, Renzi ha prospettato di aumentare nel 2015 gli assegni sotto 1000 euro: un intervento che dovrebbe ricalcare la manovra Irpef in arrivo a maggio. Ma anche in questo caso c'e un problema di costi perche circa il 40% del pensionati (7-8 milioni di persone) ha un assegno basso, sotto i mille euro: servirebbero quindi almeno altri 5 miliardi per il bonus anche a loro.
Bonus Irpef, i sindacati chiedono l'estensione dei bonus ai pensionati
E' iniziato il percorso parlamentare del Def, il Documento di economia e finanza che racchiude le previsioni dell'esecutivo guidato da Matteo Renzi sull'andamento economico dell'Italia e sull'agenda di riforme da realizzare nei prossimi anni.
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Il Documento di economia e finanza ha iniziato questa settimana il suo iter alla Camera dei Deputati. Il lavoro procede a ritmi serrati, anche perché venerdì il Consiglio di ministri dovrà mettere per iscritto come intende modulare gli sgravi Irpef che dovrebbero portare i famosi 80 euro in più in busta paga a chi ne guadagna meno di 25mila annui. L'Abi, l'associazione degli istituti di credito, apre una polemica sul miliardo di tassazione in più per le quote di Bankitalia: "Sottrae credito alle famiglie e alle imprese". Ma arriva la risposta di Graziano Delrio: "Sono allibito dalle dichiarazioni delle banche: è un ricatto che non accettiamo". "Le banche hanno ricevuto mille miliardi dalla Bce e non hanno" ridistribuito "a famiglie e imprese", ha aggiunto il sottosegretario.
Gli sgravi ai pensionati - Proprio sulla portata degli sgravi Irpef si concentrano alcune obiezioni da parte dei sindacati e anche di esponenti politici. Allo stato attuale, lo sconto Irpef è stato annunciato per i lavoratori dipendenti. Ma il segretario della Uil, Luigi Angeletti, pur riconoscendo che il taglio del cuneo fiscale "va nella direzione giusta", chiede di coinvolgere nella misura "quella parte di pensionati che hanno pensioni medio-basse e che sono stati ancora una volta esclusi" dagli sgravi fiscali. A un'altra platea ha guardato invece Angelino Alfano, che intervenendo in precedenza a Radio24 aveva chiesto di estendere il beneficio alle partite Iva.
Sulla falsariga di Angeletti si è mosso il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni: la misura a favore degli incapienti a cui sta lavorando l'esecutivo è "ineludibile", così come "non è eludibile" da parte del governo "il problema della mancata tutela di milioni pensionati con trattamenti medio bassi". Bonanni paventa anche il rischio che senza una spending review efficace si renda necessaria una "manovra correttiva".
Cassa in deroga - Il Governo è poi pronto per “un altro intervento sulla cassa in deroga”. Lo ha annunciato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, a margine di un incontro pubblico nel trevigiano. Poletti ha riconosciuto che la legge di stabilità ha coperto meno che nell'anno precedente, ma ha aggiunto che sono in atto le verifiche dello stato della situazione regione per regione, per trovare i criteri migliori ai fini della redistribuzione delle risorse, “evitando assegnazioni a regioni che non ne hanno esigenza e lasciandone altre in attesa, con i lavoratori che magari aspettano per essere 'pagati' anche 6-7 mesi”. Per Poletti andrebbe comunque evitato il criterio dell'andamento storico nella distribuzione dei fondi.
Tasi 2014, per gli inquilini le regole si sdoppiano
Il Dl 16/2014 consente ai sindaci di aumentare complessivamente, per il 2014, la Tasi e il tetto massimo del prelievo dello 0,8 per mille.
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Con l'approvazione in prima lettura del disegno di legge di conversione del Dl 16/2014 è stato precisato, con riguardo alla TASI, che, nei Comuni che non riusciranno a fissare le aliquote entro il 23 maggio e a pubblicare le delibere entro il 31 maggio sul portale del federalismo fiscale, l'intero pagamento per l'abitazione principale è rinviato al 16 dicembre. Per gli altri immobili, invece, quando il Comune "non abbia deliberato entro il 31 maggio", si dovrà versare entro il 16 giugno l'acconto pari al 50% della TASI calcolata con aliquota standard dell'1 per mille.
La legge di stabilità per il 2014 prevedeva che la somma di Imu e Tasi non potesse superare il 10,6 per mille. Entro questo tetto, poi, l'aliquota della Tasi non deve superare il 2,5 per mille. Il Dl 16/2014 sulla finanza locale, in corso di conversione, permette ai sindaci di aumentare complessivamente, per il 2014, la Tasi e il tetto massimo del prelievo dello 0,8 per mille, a condizione che il gettito derivante dall'incremento d'aliquota venga utilizzato per finanziare detrazioni d'imposta e altre agevolazioni sulle prime case. Nei Comuni che sfruttano questa possibilità l'aliquota massima della Tasi sulle case locate può raggiungere il 3,3 per mille e la somma di Imu e Tasi può arrivare al livello massimo di 11,4 per mille.
Gli effetti per gli inquilini - Per gli inquilini gli effetti delle nuove norme determineranno che l'Imu sarà a carico del solo proprietario dell'immobile mentre la Tasi (tributo per i servizi indivisibili) dovrà essere posto a carico di proprietario e inquilino.
I Comuni però potranno differenziare il livello dell'imposta a seconda dei contratti, per esempio, applicando una aliquota più favorevole su quelli a canone concordato. Per le abitazioni locate, una percentuale della sola Tasi oscillante tra il 10% e il 30% deve essere pagata dall'inquilino. L'inquilino paga la sua parte solo, naturalmente, per la durata del contratto; se non supera i sei mesi la Tasi è tutta a carico del proprietario.
Il comune potrà comunque decidere l'effettiva percentuale dell'imposta da chiedere agli inquilini. La base imponibile, cioè l'importo sul quale si applica l'aliquota per il calcolo dell'imposta, è la stessa dell'Imu: la rendita catastale dell'immobile deve essere rivalutata del 5%; la cifra che risulta va, poi, moltiplicata per 160. Su tale valore è possibile quindi applicare le aliquote per determinare l'imposta.
Le rate della Tasi del 2014 - I Comuni devono consentire il pagamento dell'imposta in almeno due rate a scadenza semestrale il 16 Giugno ed il 16 Dicembre. Chi vuole può pagare tutto in un'unica rata, entro il 16 giugno.