Notizie
Requisiti piu' stringenti per la cassa integrazione straordinaria
Gli ispettori del Ministero del Lavoro verificheranno il rispetto degli obblighi per fruire della cassa integrazione guadagni
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Gli ispettori dovranno seguire le linee guida per accertare l' esistenza delle condizioni dettate dal decreto N. 31444 del 20 agosto 2002.
I controlli riguarderanno le causali di utilizzo per l' approvazione o proroga dei programmi di riorganizzazione e ristrutturazione aziendale. Sotto la lente, nei controlli, ci saranno soprattutto gli obblighi formativi.
I nuovi indirizzi che saranno seguito dagli ispettori riguardano la formazione e gli investimenti anche in vista, della riforma degli ammortizzatori sociali contenuta in una delle deleghe del «Jobs act» (il disegno di legge delega di riforma del lavoro presentato al Senato il 3 aprile).
Formazione -Il decreto citato prevede innanzitutto che il rapporto tra lavoratori coinvolti nella formazione e lavoratori sospesi non sia inferiore al 30%. L'ispezione inoltre tenderà a verificare che esista una correlazione e coerenza tra programma ed investimenti effettuati, soprattutto nella ipotesi che la formazione venga effettuata nel luogo di lavoro e coinvolga molti lavoratori.
L'obiettivo che si vuole raggiungere è quello di evitare abusi e pertanto per accertare la realtà verranno esaminati con cura strumenti documentali quali gli strumenti per la rilevazione delle presenze ed il Lul (Libro Unico Lavoro) dai quali potranno essere effettuati raffronti tra monte ore formazione e ed ore conguagliate Cigs.
Le ispezioni saranno integrate anche da dichiarazioni dei lavoratori che seguono i processi formativi mediante l' accesso diretto sul luoghi di lavoro.
Investimenti. In merito agli investimenti, gli ispettori indagheranno sui programmi di riorganizzazione aziendale e su quelli di ristrutturazione. Entrambi i settori dovranno contenere indicazioni sugli investimenti: per i primi (riorganizzazione) la cassa integrazione straordinaria deve essere collegata a programmi di modifica e innovazione sia dell' assetto gestionale sia per quello produttivo. Per la ristrutturazione aziendale si dovrà essere in presenza di modifiche dei processi produttivi, aggiornamento tecnologico, rinnovo di impianti fissi e tecnologie.
Un altro requisito specifico, riguarda l'ammontare degli investimenti previsti che dovrà esseere superiore alla media degli investimenti effettuati nei due anni precedenti, sia della stessa tipologia, sia di tipologie diverse.
Pensioni, necessario un intervento per risolvere le storture della Riforma del 2011
Passate le Elezioni Europee del 25 Maggio, il premier Renzi e la maggioranza saranno costretti ad un intervento di riordino sulla previdenza.
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Una volta terminate le elezioni europee di Maggio, per centrare i vincoli di bilancio concordati con Bruxelles, il governo dovrebbe essere costretto ad un intervento sul settore previdenziale in grado di eliminare almeno i privilegi più costosi e ingiusti di alcune categorie, che nella Prima e Seconda Repubblica hanno ottenuto di poter incassare «pensioni d’oro» in cambio di contributi più bassi rispetto a quelli previsti per la generalità dei lavoratori Inps.
Il riordino dovrebbe peraltro coincidere con un intervento strutturale sulle pensioni sotto i mille euro, come annunciato l'altro giorno dal Premier Matteo Renzi, per il 2015.
Un intervento su questo capitolo è del resto chiesto anche dal Consiglio d'Europa che come si ricorderà, ha richiamato piu' volte l’Italia perché le pensioni minime (circa 500 euro mensili) non consentono una vita dignitosa. La platea dei possibili interessati ammonta ad oltre 7milioni di pensionati.
Sotto i 500 euro ci sono 2,2 milioni di assegni mentre nella fascia tra 500 e mille euro gli assegni sono poco piu' di 4,9 milioni. Numeri davvero significativi che fanno comprendere la realtà del paese.
Anche per quanto riguarda il problema degli esodati, ci si augura che le forze politiche riescano a trovare la quadra e le risorse necessarie a soddisfare i tanti annunci che si sono susseguiti in questi ultimi tempi.
Insomma un intervento "manutentivo" sulla Riforma del 2011 appare quanto mai necessario. Il dilagare della disoccupazione e del precariato sta portando alla luce problemi che un tempo sembravano superati: milioni di cittadini vanno verso una vecchiaia in povertà.
La coalizione di governo dovrebbe cogliere l'occasione per fissare "regole uguali per tutti", alzare le pensioni minime, fissare un «tetto» massimo alle rendite alte, risolvere in maniera strutturale la questione degli esodati e delegare alle casse di categoria solo la previdenza integrativa.
Tasi, nel 2014 in arrivo una nuova stangata
Secondo lo studio della Cgia di Mestre, tra Imu-Tasi al 2 per mille e Tari, gli italiani pagheranno 32,5 miliardi; il peso complessivo delle Tasse, delle Imposte e dei Tributi rischia di superare i 53,7 miliardi di euro.
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Nuova stangata sulle case: rispetto all'anno scorso, nel 2014 i proprietari di immobili " secondo l'associazione degli artigiani di Mestre " dovrebbero pagare 4,6 miliardi di euro in più.Tra Imu-Tasi al 2 per mille e Tari, gli italiani pagheranno 32,5 miliardi.
Tra case, negozi e capannoni il carico fiscale ha ormai raggiunto un livello record. Per la Cgia il peso complessivo delle tasse, delle imposte e dei tributi rischia di superare i 53,7 miliardi di euro.
La soglia potrebbe essere raggiunta nel caso in cui l'aliquota media della Tasi sulle prime case si attesti al 2 per mille. "Un tempo, l'acquisto di una abitazione o di un altro tipo di immobile (osserva il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi) costituiva un investimento. Ora chi possiede una casa o un capannone sta vivendo un incubo.Tra Imu - Tasi e Tari gli immobili sono sottoposti ad un peso fiscale insopportabile".
Se in questi ultimi 7 anni il prelievo legato alla redditività degli immobili è aumentato di poco (+1%), quello riferito ai trasferimenti di proprietà è sceso del 23%, a seguito della forte crisi che il mercato immobiliare ha subito in questi ultimi anni.
Solo il gettito riconducibile al possesso dell'immobile ha subito un vera e propria impennata; se ipotizziamo che nel 2014 l'aliquota media Tasi sull'abitazione principale si attesti al 2 per mille, dal 2007 ad oggi il prelievo è destinato a crescere dell'88%. "I 32,5 miliardi di euro che pagheranno gli italiani - conclude Bortolussi - incide sul prelievo totale per il 60%. Tenendo conto di tutto il sistema fiscale che grava sul mattone, nel 2014 i proprietari di immobili dovrebbero pagare 4,6 miliardi in più rispetto al 2013.
Una buona parte di questo aumento va attribuito all'introduzione della Tasi che appesantirà il prelievo fiscale soprattutto sui proprietari di seconde e terze case e su quelli che possiedono un immobile ad uso produttivo".
Esodati, protesta a Montecitorio contro lo stop alla proposta Damiano
La rete degli esodati contraria all'ipotesi di introdurre il prestito pensionistico: "Vogliamo solo il nostro diritto alla pensione. Non chiediamo assistenza sociale".
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“La cosiddetta riforma Fornero è stata una manovra finanziaria che ha fatto cassa alle spalle dei pensionandi. All’inizio del 2012 gli esodati erano 400 mila, poi 160 mila sono stati salvaguardati. Ma restano centinaia di migliaia di persone ancora in attesa di capire cosa succederà: gran parte di noi sono senza reddito e senza pensione, altri lo stanno per diventare, e abbiamo davanti a noi un periodo da due a sette anni in queste condizioni”. A dirlo è Francesco Flore, della Rete Comitati Esodati in occasione della manifestazione indetta per oggi (14 aprile) dalla Rete davanti alla Camera dei Deputati. “Per l’ottava volta – aggiunge – siamo qui davanti a Montecitorio, continueremo a esserlo anche domani, mentre dopodomani saremo davanti al ministero del Lavoro per manifestare ancora una volta tutta la nostra rabbia per un diritto del quale siamo stati derubati”.
La salvaguardia dei 160 mila ‘esodati’ è avvenuta attraverso cinque successivi interventi. “Noi li abbiamo vissuti come vere e proprie lotterie” spiega Flore: “sono state cinque ‘toppe’, messe lì per correggere gli squilibri e gli obbrobri creati dalla riforma. Da oltre due anni ascoltiamo le promesse di presidenti che, da un lato, dichiarano che con gli esodati lo Stato ha fatto un patto che bisogna onorare, dall’altro, questo patto rimane disatteso”. Nell’ultimo anno la Commissione Lavoro della Camera ha elaborato una proposta di legge dedicata agli esodati, che, pur non risolvendo “totalmente il problema, è un passo importante verso la soluzione. Questa proposta di legge, condivisa da tutti i partiti, doveva iniziare il suo percorso in aula il 27 marzo. L’avvio è poi slittato a oggi, ma l’esame ancora non è cominciato. E questo perché non si hanno ancora i numeri esatti degli esodati, quindi non si possono calcolare le coperture finanziarie. Una vera e propria beffa”.
A distanza di due anni, insomma, ancora non si conosce con esattezza il numero degli esodati. “Nel maggio 2012 l’Inps comunica alla Fornero i numeri degli esodati, che sono circa 400 mila. La Fornero impugna la relazione dell’Inps, subito scatta una polemica becera tra la Fornero e il presidente dell’Inps, con il risultato che quel documento viene insabbiato” spiega Flore: “ancora oggi non sanno quanto siamo, ma è impossibile che l’Inps non conosca i numeri, questa cosa è inaccettabile per un paese civile. Soprattutto è inaccettabile perché blocca una proposta di legge che, in qualche maniera, ne salvaguarda almeno una buona parte”.
La settimana scorsa, in un presidio davanti al ministero delle Finanze, la Rete Comitati Esodati è stata ricevuta dal sottosegretario Pier Paolo Baretta. “Ha detto – spiega Flore – che il governo intende risolvere il problema in maniera strutturale e definitiva. L’intenzione è istituire una commissione ad hoc tra i ministeri delle Finanze e del Lavoro, l’Inps, la Ragioneria dello Stato e le Commissioni Lavoro di Camera e Senato per certificare i numeri che arrivano dall’Inps, per poi presentare una proposta definitiva al Parlamento”. Qualche giorno fa, infine, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha proposto, per risolvere la questione degli esodati, la creazione di “uno scivolo per accompagnarli alla pensione". Una soluzione che la Rete respinge con fermezza: “da quel poco che abbiamo capito sarebbe ipotizzare dell’assistenza, quindi un’Aspi o qualcosa di simile, da qui fino alla pensione. Ma noi non vogliamo assistenza, noi vogliamo il ripristino del nostro diritto alla pensione, niente di più”.
Pensioni, dal governo ci si aspetta maggiore trasparenza
La classe politica dovrà mettere al centro della propria azione i giovani e la crescita del paese. Se lo stallo continuasse la previdenza per i giovani resterà un miraggio.
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"Se dovessimo dare la simulazione della pensione rischieremmo un sommovimento sociale", si lasciò scappare nel 2012 l’ex Ministro del Lavoro Elsa Fornero, responsabile della famigerata Riforma Pensionistica del 2011. Eppure in quelle parole c’era un pezzo di verità che non si riesce a far emergere.
Quanto riceveranno, davvero di pensione, i giovani di oggi? Il sistema di calcolo contributivo ormai in vigore dal 1996 per tutti i nuovi entrati nel mondo del lavoro (e poi esteso dal 1° gennaio 2012 anche nei confronti di coloro che godevano ancora del retributivo) sappiamo che lega direttamente l’assegno alle somme effettivamente versate. In molti casi i giovani però non riusciranno a costruirsi una pensione adeguata.
Una situazione che va corretta. Partendo intanto dal dire loro la verità su quanto effettivamente prenderanno di pensione. Negli ultimi mesi, più volte è stata promessa la cosiddetta «Busta arancione»: un documento inviato a ciascun lavoratore con l’indicazione della pensione che presumibilmente andrà a incassare, per capire quale sarà il proprio destino pensionistico, in modo da poter pensare a soluzioni alternative.
Si tratta questo di un atto di trasparenza verso milioni di contribuenti italiani. Un atto dovuto dato che in questi anni le aliquote contributive sono aumentate soprattutto per i lavoratori autonomi e parasubordinati. Merito della Riforma del 2011.
Ma della riforma Fornero, meritano di essere evidenziati anche gli effetti sul numero degli accessi al pensionamento. Nel 2013 sono state liquidate 649.621 pensioni rispetto ai 1.146.340 di nuovi trattamenti del 2012 (-43%). Le pensioni eliminate nel 2013 sono state 742.195 con un saldo di quasi 100mila trattamenti in meno viventi nell’anno.
L’Inps, per il 2014, prevede che vi saranno 596.556 nuove pensioni a fronte di 739.924 assegni da eliminare. Il crollo più vistoso riguarderà le pensioni di anzianità (ora pensioni di vecchiaia anticipate) che passeranno dalle 170.604 del 2013 alle 80.457 previste per il 2014 (-52,8%).
Insomma la classe politica dovrà fermarsi un attimo e creare maggiore trasparenza. E soprattutto mettere al centro i giovani.
Serve maggiore riflessione e meno decisioni d'impeto. Perchè il tema previdenziale rischia di esplodere in tutta la sua drammaticità nei prossimi anni. Si potrebbe introdurre una maggiore flessibilità: aliquote più basse a inizio carriera, più alte al progredire del reddito. Anche se la vera sfida è quella di far ripartire il paese. Il sistema contributivo, infatti, lega le pensioni alla dinamica del Pil. E se il paese crescesse del 3% l’anno, il rapporto tra ultimo reddito e pensione potrebbe aumentare anche del 25%.
Altro...
Pensioni, Secondo la Cisl oltre 223 mila persone rischiano di restare nel guado
Numeri sempre più preoccupanti di lavoratori in Cassa Integrazione Straordinaria e in Deroga. Nel primo trimestre 2013 erano 199.987. A marzo le ore autorizzate di Cassa hanno toccato la soglia dei 100 milioni
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Sono oltre 223mila le persone che rischiano di perdere il loro posto di lavoro, secondo i dati calcolati dalla Cisl nei primi tre mesi di quest'anno. Sono tutti lavoratori in Cassa Integrazione straordinaria e in deroga che se saranno licenziati andranno a riempire le file degli esodati. Con la particolarità che, annuncia la Cisl, per questi lavoratori si dovranno individuare forme di salvaguardia nuove rispetto a quelle attualmente previste.
Il dato di Cigo e Cigs è preoccupante soprattutto se raffrontato a quello dello stesso periodo dell'anno scorso quando i lavoratori in bilico erano 199.987. L'allarme viene lanciato dall'Osservatorio del sindacato di Via Po che registra come la Cassa Integrazione guadagni a marzo abbia toccato la soglia dei 100 milioni di ore autorizzate, con un aumento del 2,1% rispetto a marzo 2013 e del 2,4% rispetto a febbraio.
In totale i lavoratori coinvolti ammontano a 500mila. Secondo il sindacato i dati Istat sull'occupazione riferiti all'ultimo trimestre 2013 offrono un quadro in continuo peggioramento.
A fronte di un ritmo meno accentuato di perdita di occupati nell'industria, l'edilizia perde in un anno il 5,6 % di occupati ed il terziario mostra significative riduzioni anche in aree dove l'occupazione fino a qualche tempo fa cresceva, come i servizi alla persona.
E' particolarmente inquietante il segnale che viene dall'analisi dell'occupazione per tipologia. Continua infatti da un anno la riduzione dei dipendenti a termine (-6,6% in un anno), portando la loro quota sul totale degli occupati al 9,9% dal 10,4% di un anno prima. Così come prosegue sostenuto il calo dei collaboratori (-13,3%).
Secondo la Cisl, dunque senza una ripresa economica le assunzioni non sono trainate neppure dai contratti flessibili. Solo i rapporti part-time crescono ma senza compensare affatto il calo dei rapporti a tempo pieno. Si tratta probabilmente di forme di part-time difensive per evitare licenziamenti.
In questo contesto la Cisl "apprezza" l'impegno per il lavoro del governo; ma sottolinea la necessità di misure "per bloccare il processo di deindustrializzazione e di contrazione degli investimenti con politiche di sostegno ai settori industriali emergenti ed ai programmi di ricerca ed innovazione risolvendo definitivamente alcune criticità di contesto come: il costo dell'energia, le dotazioni infrastrutturali, il costo del denaro alle famiglie ed alle imprese".
Esodati, una soluzione strutturale entro maggio
Entro fine maggio si dovrà fare l'ennesimo punto della situazione sui numeri reali, le risorse occorrenti e le soluzioni possibili per risolvere la questione esodati in via strutturale.
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"Stiamo cercando di costruire uno scivolo che consenta di collegare la condizione di queste persone al pensionamento". Lo ha detto il ministro del lavoro Giuliano Poletti parlando di esodati nei giorni scorsi al margine del festival del volontariato a Lucca spiegando che "questa è un'operazione che ha dei costi quindi la discussione che stiamo facendo è costruirla tecnicamente bene per evitare di riprodurre i problemi e trovare un bilanciamento che ci consenta di fare questa operazione in maniera efficace".
Il ministro vorrebbe quindi "fare una regola generale che dice tutti quelli che arrivano a queste condizioni possono avere questo tipo di trattamento". Sarebbe il caso che si intervenisse sulla questione con un provvedimento onnicomprensivo. Piu' volte annunciato, anche dai precedenti governi, ma mai attuato. Ancora una volta riparte la tiritera dei numeri in quanto Poletti chiede di comprendere quanti sono ancora gli esodati, ovvero le persone rimaste intrappolate nella maglie della riforma Fornero e che ora si ritrovano senza stipendio, senza ammortizzatore e senza pensione.
Dopo ben cinque interventi legislativi in due anni, la vicenda resta ancora un mistero. E' certo solo che i 162.000 "salvaguardati" dai vari provvedimenti non hanno esaurito l'intero bacino che secondo i dati della Cgil dovrebbero essere circa 300mila persone. Ma ormai l'idea di "bandire" un tavolo di confronto sembra solo un escamotage per prendere tempo e dare qualcosa in mano al "popolino".
A giorni quindi partirà un tavolo tra Ministero del Lavoro, Economia, Inps, Ragioneria generale, uffici di presidenza delle commissioni Lavoro di Camera e Senato: entro fine maggio si dovrà fare l'ennesimo punto della situazione sui numeri reali, le risorse occorrenti e le soluzioni possibili.
Tra le ipotesi - come annunciato da Poletti - c'è anche quella di riprendere il lavoro e la proposta lasciata dal suo predecessore Enrico Giovannini, di un "prestito" a chi si ritrova senza lavoro a pochi anni dall'età della pensione.
Ma per una soluzione strutturale l'ala sinistra del Pd e la Lega chiedono un intervento deciso sulla Riforma del 2011 per reintrodurre una certa flessibilità nel momento del pensionamento. Che significherebbe in pratica reintrodurre le pensioni di anzianità.
Il problema che forse cominciano a comprendere è nella necessità di tutelare anche chi ha perso il lavoro nel 2012 e nel 2013 per effetto della crisi e che i provvedimenti "salva esodati" non hanno coperto nè copriranno (la categoria si arresta al 2011). Sono decine di migliaia le persone che, per effetto della crisi, hanno lasciato il posto di lavoro infatti dopo il 2011.
Sempre in ottica lavoro Poletti ha detto: "Stiamo lavorando ad un idea di contratto di reinserimento che garantisca alle imprese un vantaggio economico significativo" a chi assume "persone avanti con l'età che hanno perso il lavoro". I vantaggi economici sono "minori oneri, minore trattamento fiscale e sul piano contributivo.
Stiamo costruendo un'agenzia nazionale per il lavoro che prenda in carico le persone che hanno questo problema e le aiuti sul piano della formazione e della ricollocazione".
Riguardo ai contratti di reinserimento "bisogna facilitarli da un punto di vista economico: un'impresa che assume una persona che è stata licenziata e in avanti con l'età, deve avere una spinta economica". Il contratto di reinserimento dovrà anche "unificare tutti gli incentivi che già ci sono".
Il governo sta anche lavorando "per ampliare la fascia fino a 29 anni" dei giovani che potranno godere del progetto "garanzia giovani". Il ministro ha ricordato che il progetto è rivolto a ragazzi "che interrompono gli studi, o li concludono e non trovano un'occupazione". E che così hanno "qualcuno che li prende in carico, con la possibilità di uno stage o un'opportunità di lavoro.
La cosa originale - ha spiegato Poletti - è che il primo lancio della comunicazione lo faremo con le imprese affinchè offrano opportunità ai giovani". I giovani saranno quindi interpellati quando sarà già disponibile per loro un ventaglio di opportunità.
Esodati, si allontana la calendarizzazione della sesta salvaguardia
La proposta di legge Damiano che prevede una ulteriore operazione di salvaguardia per lavoratori rimasti senza impiego entro il 2011 non potrà arrivare in aula entro aprile.
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Si allontanano le possibilità di una rapida approvazione della sesta operazione di salvaguardia in favore degli esodati calendarizzata alla Camera per lunedì prossimo.
Qualche giorno fa la capogruppo della Camera dei Deputati ha infatti riconosciuto che il disegno di legge che prevede l'estensione delle operazioni di salvaguardia per lavoratori rimasti senza impiego non potrà arrivare in aula nei temi previsti in origine. Il problema sta nelle coperture sulle quali si dovrà cercare prima un confronto con Inps e Ministeri dell'Economia e del Lavoro. Ma la presidente Laura Boldrini ha assicurato che «vista la rilevanza del tema» il testo verrà calendarizzato il più presto possibile.
La proposta in standby è il progetto di legge unificato Damiano, un provvedimento che raccoglie diversi testi presentati da tutte le parti politiche e che, di fatto, consente il pensionamento con i requisiti pre-Fornero ai lavoratori rimasti senza impiego che maturano, secondo diversi parametri, i requisiti entro il 2018. Una spesa ancora difficilmente calcolabile ma che comunque oscilla tra i 20 e e 30 miliardi di euro a regime.
Troppi secondo la Ragioneria dello Stato. Il sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta, nell'incontro che ha avuto con la rete degli esodati in settimana ha tuttavia rassicurato che il governo è impegnato alla ricerca di una soluzione strutturale al dramma dei lavoratori rimasti impigliati nella rete della Riforma Fornero.
Ma la soluzione non appare facile. L'idea alternativa all'approvazione di una sesta salvaguardia è sempre quella dell'introduzione del cd. "prestito pensionistico" a cui aveva già lavorato il Ministro Giovannini. Un progetto che, tuttavia, il ministro Maria Anna Madia vorrebbe tener separato dal piano di pre-pensionamenti di dipendenti pubblici da associare all'annunciata "staffetta generazionale". Anche se, al momento, non sono stati indicati numeri chiari e tanto meno ipotetici flussi di spesa.
Insomma le grane per il nuovo esecutivo non mancano. Ma se l'individuazione delle nuove risorse è oggettivamente materia complessa, il governo dovrebbe dare prova di una maggiore celerità sull'adozione dei provvedimenti a costo zero.
E su questo fronte c'è parecchio da fare a cominciare con la pubblicazione dei decreti di proroga del sostegno al reddito relativi al 2014 (e alla seconda parte del 2013) individuati dall'articolo 12, comma 5-bis del Dl 78/2010.
Sempre per la fascia di età degli over cinquantenni espulsi dal lavoro, Poletti intende rilanciare il contratto di reinserimento «unificando tutti gli incentivi che già ci sono per farlo diventare uno strumento che garantisce alle imprese un vantaggio economico significativo», in termini di «minori oneri, minore trattamento fiscale e contributivo, se assumono persone con questo tipo di problema». Con un'altra misura allo studio, si prevede di abbassare i costi per il periodo di inserimento nel contratto a tempo indeterminato.
Bonus Irpef, beneficio esteso anche ai redditi sotto gli 8 mila euro
Un bonus Irpef da 722 euro per gli ultimi 8 mesi del 2014, destinato a salire fino a 820 euro per l'intero 2015. Potrebbero essere questi i livelli massimi di risparmio della nuova curva delle detrazioni Irpef allo studio del governo.
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Sembra trovare conferma la possibilità di un'estensione del bonus irpef anche a 4 milioni di incapienti, per i quali la no tax area non avrebbe consentito l'applicazione dell'aumento delle detrazioni a cui il governo sta lavorando per portare gli 80 euro in busta paga a Maggio.
Per riconoscere loro il il bonus il governo starebbe ipotizzando di far erogare direttamente in busta paga dai datori di lavoro una somma pari al 9% del reddito fino a circa 4.100 euro che darebbe luogo a un credito di 380 euro. Questa somma, poi, diminuirebbe al crescere del reddito per azzerarsi una volta toccato il nuovo limite della soglia di non tassazione.
Per il prossimo anno la no tax area potrebbe salire fino a 8.500 euro, per gli incapienti la percentuale da applicare alla prima fascia di reddito da zero a 4.250 euro annui salirà al 15% e portando un credito di 638 euro. Il bonus anche in questo caso si andrebbe via via ad azzerare una volta toccata la soglia degli 8.500.
Ci sono due problemi, però. Il primo è trovare nuove risorse, quasi un miliardo di euro, visto che il numero delle persone coinvolte salirebbe da 10 a 14 milioni. A meno che non si decida di spalmare in modo diverso i fondi già trovati per l’aumento delle detrazioni Irpef, lasciando fisso solo lo sconto massimo di 80 euro. Il secondo problema è tecnico. Il bonus per gli incapienti potrebbe essere anticipato dal datore di lavoro che poi lo recupererebbe a sua volta sotto forma di credito d’imposta. Ma restano in piedi anche l’ipotesi del taglio dei contributi Inps, comunque versati anche da chi è nella no tax area, o del contributo diretto pagato sempre dall’Inps.
Nello stesso decreto su Irpef e incapienti ci sarà lo sconto dell’Irap per le imprese: del 5% quest’anno e poi, si legge nel Def, di «almeno il 10%» a partire dall’anno prossimo. L’operazione sarà finanziata con l’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie (Bot esclusi) che dal primo luglio di quest’anno dovrebbe passare dal 20 al 26% .
Oltre gli 8mila euro la nuova curva delle detrazioni Irpef prevede un ampliamento delle fasce di contribuenti che potranno utilizzare l'attuale detrazione in misura fissa. Per l'anno 2014, infatti, gli attuali 1.880 euro resteranno fissi per tutti i contribuenti fino a 24mila euro di reddito. Quanto ai destinatari gli 80 euro mensili si concentreranno nella fascia di reddito che si trova entro i 24mila euro: oltre questa soglia l'effetto andrà a ridursi per annullarsi completamente a 35mila euro.
Tasi 2014, ecco le regole per il pagamento dell'acconto
Il decreto dl «Salva-Roma» passa con la fiducia alla Camera. L'acconto Tasi 2014 avverrà con regole diverse per prima e seconda casa.
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Con l'approvazione in prima lettura alla Camera, con 325 voti favorevoli e 176 contrari, della legge di conversione del Decreto Legge 16/2014 "Salva Roma ", si cominciano a delineare le regole per il versamento dell'acconto Tasi per milioni di contribuenti italiani. Versamento che sarà diverso per abitazioni principali e per gli altri immobili.
Infatti nei Comuni che non riusciranno a fissare le aliquote entro il 23 maggio e a pubblicare entro il 31 maggio le delibere sul portale del federalismo fiscale, i proprietari delle abitazioni principali dovranno eseguire l'intero pagamento il 16 dicembre.
Per gli altri immobili invece,i proprietari dovranno versare il 16 giugno l'acconto pari al 50% del tributo ad aliquota standard dell'1 per mille, con la possibilità di doversi poi far restituire la quota versata nei Comuni che decideranno di non applicare la Tasi su questi immobili, (per esempio perché l'Imu è già al 10,6 per mille) o chiederanno solo un'aliquota aggiuntiva fino allo 0,4 per mille.
Confermate invece le regole generali della Tasi (l'imposta sui servizi indivisibili): il prelievo si applica sui fabbricati, compresa l'abitazione principale e sulle aree fabbricabili, così come definiti ai fini Imu attraverso una base imponibile determinata con le stesse regole dell'Imu.
I soggetti passivi sono i possessori e detentori (anche inquilini) degli immobili (questi ultimi in misura compresa tra il 10 e il 30 per cento, secondo quanto decide il comune). L'aliquota base è l'1 per mille; l'aliquota massima per le abitazioni principali quest'anno non può superare il 2,5 per mille, mentre quella per gli altri immobili va determinata in modo che la somma di Tasi e Imu non superi il 10,6 per mille.
Il Comune però può aumentare le aliquote massime di un altro 0,8 per mille se fissa agevolazioni all'abitazione principale, tali da equiparare il carico della Tasi a quello dell'Imu su questa abitazione.
Tari - Le modifiche al Dl 16/2014 coinvolgono anche le regole per il calcolo della Tari "il tributo sui rifiuti", che vede l'eliminazione dell'esenzione prevista dal decreto originario per imprese e centri commerciali sui rifiuti speciali assimilati agli urbani e smaltiti autonomamente dai produttori.
La Tari ha sostituito la Tares ed è dovuta per finanziare il servizio di gestione dei rifiuti urbani e assimilati. Si applica su tutti gli immobili suscettibili di produrre rifiuti urbani con esenzione delle superfici che producono rifiuti speciali e delle aree scoperte pertinenziali. La Tari è costituita da una quota fissa e da una variabile: la prima a copertura dei costi fissi del servizio, la seconda per la fruizione del servizio da parte del contribuente.
Quanto alle modalità di pagamento, resta confermato che le utenze domestiche pagheranno in funzione dei metri quadrati e del numero dei componenti il nucleo familiare, mentre le altre utenze pagheranno in funzione dei metri quadrati e degli indici medi di produttività dei rifiuti.
Nei calcoli delle tariffe 2014 e 2015 per le utenze domestiche comunque, i Comuni avranno maggiore libertà nel fissare i parametri per quota fissa e quota variabile, mentre le detrazioni "sociali" aggiuntive a quelle tipizzate potranno essere finanziate con risorse di bilancio anche se costano più del 7% del totale degli oneri del servizio.
La Tari si paga alle scadenze stabilite dal comune che deve assicurare almeno due rate semestrali. Entro il 30 giugno 2014 il Ministero dell'Ambiente dovrebbe tuttavia approvare un nuovo regolamento per determinare le nuove tariffe della Tari.
Imu - Poche invece le novità per quanto riguarda l'Imu. Si paga su fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli ed è dovuta solo dal proprietario o da chi vanta un diritto reale di godimento. La base imponibile si determina partendo dalla rendita catastale dell'immobile, rivalutata e moltiplicando l'importo per i coefficienti stabiliti dalla legge per ciascuna tipologia immobiliare.
Per le aree fabbricabili, l'imponibile è il valore di mercato del bene. L'aliquota base è pari al 7,6 per mille ma il comune può variarla dal minimo del 4,6 per mille al massimo del 10,6 per mille.
Restano ferme le due rate al 16 giugno e al 16 dicembre di ogni anno. L'Imu non è dovuta sulle abitazioni principali non di lusso e su quelle a esse assimilate per legge o per regolamento comunale. Non è dovuta anche sugli alloggi sociali, sugli immobili adibiti a ricerca scientifica degli enti non commerciali e sui beni merce delle imprese costruttrici. Il Dl 16/2014 chiarisce definitivamente, poi, che i versamenti insufficienti dell'Imu 2013, travolti dal caos-aliquote, possono essere sanati senza sanzioni e interessi entro il 16 giugno.