La questione
L'intervento demolitore è iniziato con la sentenza numero 11/2009 con la quale la Consulta ha dichiarato l'incostituzionalità dell'articolo 80, co. 19 della legge 388/200 nella parte in cui esclude che la pensione di inabilità civile (ex legge 118/1971) possa essere attribuita agli stranieri extracomunitari soltanto perchè essi non risultano in possesso dei requisiti di reddito già stabiliti per la carta di soggiorno CE per i soggiornanti di lungo periodo. La stessa Corte delle Leggi ha poi dichiarato l'illegittimità costituzionale della predetta disposizione nella parte in cui subordina il requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione delle pensione di inabilità civile e dell'indennità di accompagnamento agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello stato (Corte Cost. 40/2013). Medesimi interventi sono stati stabiliti con riferimento all'indennità di frequenza (Corte Cost. 329/2011), l'indennità di accompagnamento (Corte Cost. 306/2008), l'assegno mensile di invalidità (Corte Cost. 187/2010).
Con la sentenza del 2013 la Consulta, in particolare, ha affermato che ove si tratti di provvidenze destinate al sostentamento della persona nonché alla salvaguardia di condizioni di vita accettabili per il contesto familiare in cui il disabile si trova inserito, qualsiasi discrimine fra cittadini e stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato, fondato su requisiti diversi da quelli previsti per la generalità dei soggetti, finisce per risultare in contrasto con la Carta Europea dei Diritti Umani. L'introduzione di una norma a carattere restrittivo è stata quindi riconosciuta dalla Corte priva di giustificazione nei confronti dei cittadini extracomunitari, legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato da tempo apprezzabile ed in modo non episodico.
Il nuovo orientamento ha, in sostanza, abilitato il conseguimento delle prestazioni di invalidità sopra citate anche nei confronti dei cittadini extracomunitari che, fermo restando il possesso dei requisiti sanitari e reddituali stabiliti con riferimento alla generalità dei soggetti, siano legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato. Ad esempio per motivi di studio, di lavoro o familiari purchè la permanenza sul territorio non abbia carattere meramente episodico.
A tale riguardo, la Cassazione ha riconosciuto (cfr: Cass. Civ 14261/2019) la validità - ai fini della concessione delle prestazioni in parola - anche di un permesso di soggiorno per motivi di studio di sei mesi (sulla considerazione che tale permesso consente comunque allo straniero di svolgere un lavoro subordinato per un massimo di 20 ore settimanali con un limite annuale di 1040 ore ai sensi dell'art. 14, comma 4, d.p.r. 394 del 1999); ma di rifiutare la tesi secondo la quale le prestazioni possano essere riconosciute sin dalla data di prima concessione del permesso di soggiorno in quanto non è ancora soddisfatto, a tale data, il requisito della decorrenza, da tempo apprezzabile e in modo non episodico, del soggiorno in Italia quali cittadini extracomunitari (cfr: Cass. Civ 18398/2019).