Il lavoratore aveva già visto soddisfatte le proprie doglianze presso il Tribunale di Parma e la Corte d'Appello di Bologna le quali avevano ritenuto fondante il rilievo secondo il quale l'attività di consulenza aziendale svolta non era qualificabile commerciale poiché I' Inps non aveva fornito prova dell'attività professionale in forma d'impresa. L'Inps, tuttavia, ha proposto ricorso per Cassazione ravvisando la natura commerciale dell'attività nell'avvenuta iscrizione del professionista presso la Camera di commercio.
La decisione
Secondo la Corte di Cassazione il ricorso dell'Inps è privo di fondamento per due ordini di motivi. I giudici spiegano, prima di tutto, che non può attribuirsi alcun valore assoluto, in quanto non dotata di effetti costitutivi, l'iscrizione della parte alla Camera di commercio; ciò perchè l'indagine circa il sorgere dell'obbligo contributivo alla gestione commercianti dipende esclusivamente dall'esercizio dell'attività in concreto in forma imprenditoriale che non può essere desunta da altri elementi. Se mancano tali elementi non può darsi la nascita dell'obbligo contributivo.
In secondo luogo i giudici osservano come il giudizio di merito abbia escluso che l'attività in questione avesse natura imprenditoriale non essendo svolta con una stabile organizzazione di mezzi ma esclusivamente con il lavoro personale. Pertanto non risultavano integrati i presupposti normativi per l'iscrizione alla gestione commercianti non risultando il lavoratore titolare di una impresa quanto piuttosto titolare di una attività di lavoro autonomo in quanto svolto con la sola attività personale, intellettuale, di consulenza aziendale. Pertanto, concludono i giudici, va esclusa la ricorrenza dell'attività a cui la legge ricollega l'obbligo di iscrizione e il versamento di contribuzione alla gestione commercianti. Al più il lavoratore avrebbe dovuto procedere all'iscrizione presso la gestione dei collaboratori dell'Inps ai sensi della legge 335/1995.