Non è illegittima la norma che vieta il reddito di cittadinanza nonché il Reddito di Inclusione agli stranieri privi del permesso di soggiorno di lungo periodo. Le due prestazioni, infatti, non sono semplici misure di contrasto alla povertà ma perseguono diversi e più articolati obiettivi di politica attiva del lavoro e di integrazione sociale e, pertanto, il requisito dello stabile soggiorno in Italia è un vincolo coerente con tali finalità. E' questo l'orientamento espresso dalla Corte Costituzionale con due sentenze gemelle (n. 19/2022 e n. 34/2022) depositate il 25 gennaio ed il 17 febbraio scorso con le quali promuove il RdC ed il ReI, assorbito dal marzo 2019 dal RdC.
Le due prestazioni erano state sottoposte al vaglio della Consulta in quanto escludevano, a differenza di quanto previsto per la generalità delle prestazioni sociali, gli extracomunitari in possesso del permesso unico di lavoro o di ricerca di durata superiore a sei mesi. Secondo la Corte però differenza è legittima in quanto sia il ReI che l'RdC sono prestazioni indirizzate verso obiettivi di politica attiva del lavoro e d'integrazione sociale e non solo di assistenza.
Il quid pluris
In sostanza, spiega la Corte, le due provvidenze non si risolvono in un «mero sussidio economico», ma costituiscono misure più articolate, comportanti anche l’assunzione di precisi impegni dei beneficiari, diretti ad immettere il nucleo familiare beneficiario in un «percorso volto al superamento della condizione di povertà, all’inserimento o reinserimento lavorativo e all’inclusione sociale». Del resto anche l'orizzonte temporale delle misure è particolarmente lungo. Se la durata dei benefici economici può arrivare a 18 mesi, con possibilità di rinnovo, è pure previsto che la «durata del progetto può eccedere la durata del beneficio economico».
In conclusione, secondo la Corte, il legislatore non ha irragionevolmente destinato i benefici (RdC e ReI) agli stranieri soggiornanti in Italia a tempo indeterminato. «In questa prospettiva di lungo o medio termine la titolarità del diritto di soggiornare stabilmente in Italia non si presenta come un requisito privo di collegamento con la ratio della misura concessa, sicché la scelta di escludere gli stranieri regolarmente soggiornanti, ma pur sempre privi di un consolidato radicamento nel territorio, non può essere giudicata esorbitante rispetto ai confini della ragionevolezza».