Il datore di lavoro non può vietare ad un lavoratore, anche autonomo, di svolgere un impiego parallelo al di fuori dell’orario di lavoro stabilito, né per tale motivo riservargli un trattamento meno favorevole. Questo è uno dei principi sanciti dalla bozza di decreto in materia di trasparenza e prevedibilità nei rapporti di lavoro (art. 8). Le uniche limitazioni delineate dal provvedimento, così come stabilito dalla Corte di Cassazione che già aveva affrontato questo aspetto (cifr. ex multis Cass. sent.13196/2017) sono il tetto orario, la concorrenza e la riservatezza.
I limiti al cumulo di impieghi
Per quanto riguarda il rispetto dei riposi a tutela della salute del lavoratore a cui fa riferimento la norma, si ricorda il limite delle 48 ore lavorative settimanali e il diritto a godere del risposo settimanale (almeno 24 ore consecutive ogni 7 giorni) e di quello giornaliero (almeno 11 ore consecutive ogni 24 ore). C’è poi il vincolo dell’articolo 2105 c.c. in tema di divieto di concorrenza, richiamato esplicitamente dallo schema di decreto, per cui non è consentito svolgere attività alle dipendenze di aziende che operano nello stesso settore utilizzando o divulgando informazioni attinenti all’organizzazione.
Un conflitto di interessi che, per ragioni oggettive, secondo la nuova disposizione può essere invocato dal datore di lavoro principale “pur non violando il dovere di fedeltà di cui all’art. 2105 c.c.”. il Legislatore qui lascia spazio all’interpretazione e può ritenersi che l’ipotesi ricorra quando il nuovo lavoro comporti, anche potenzialmente, interessi in contrasto con quelli del datore di lavoro, di qualunque tipo (legami di parentela o affinità, conflitti di natura finanziaria etc.).
In ogni caso, restano fermi i limiti previsti dall’art. 53 D. Lgs. N.165/2001 sull’ incompatibilità tra impiego pubblico e privato e restano esclusi i lavoratori marittimi e quelli del settore della pesca.
Livello minimo di prevedibilità
Sulla scorta delle altre novità introdotte il nuovo decreto in materia di obblighi informativi all’articolo 9 sancisce altresì il principio della «prevedibilità minima». Una tutela riconosciuta ai lavoratori il cui rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa si svolga secondo modalità organizzative in tutto o in gran parte imprevedibili per orario di lavoro, collocazione temporale e in cui il programma di lavoro è determinato principalmente dal datore di lavoro. È il caso, per esempio, delle attività in cui è il datore di lavoro ad affidare incarichi al lavoratore o in cui è necessario rispondere alle richieste del cliente.
La novella prevede che non è possibile imporre al lavoratore lo svolgimento della prestazione lavorativa se non ricorrono entrambe le seguenti condizioni:
- la preventiva indicazione delle ore e giorni di riferimento durante i quali il lavoro può aver luogo;
- un ragionevole periodo di preavviso, entro il quale il lavoratore deve essere informato dal datore di lavoro in merito all’incarico di lavoro.
Qualora uno dei due requisiti non sia soddisfatto, il lavoratore ha il diritto di rifiutare di eseguire la prestazione senza subire conseguenze negative, come ad esempio sanzioni o la mancata assegnazione di successivi incarichi. Anche in questo caso restano esclusi i lavoratori marittimi e quelli del settore della pesca.
Viene, inoltre, introdotta una specifica tutela a favore del lavoratore, riconoscendogli il diritto di poter pianificare la propria attività prevedendo che lo stesso sia ristorato mediante un’adeguata compensazione del mancato guadagno derivante dalla tardiva revoca di un incarico di lavoro preventivamente concordato col datore di lavoro.
Formazione
La bozza di Dlgs, infine, mette nero su bianco il principio secondo cui, qualora i datori di lavoro siano tenuti a erogare ai lavoratori la formazione necessaria per lo svolgimento dei loro compiti, sia garantita gratuitamente e considerata come orario di lavoro e, ove possibile, venga svolta durante lo stesso.