La questione
La questione sottoposta ai giudici riguardava l'impossibilità per la lavoratrice dipendente di godere dell’indennità di maternità (cinque mesi) se, all’inizio del periodo di astensione obbligatoria, abbia beneficiato da più di sessanta giorni di un congedo straordinario per l’assistenza al coniuge o al figlio in condizioni di grave disabilità di cui all'articolo 42, co.5 del Dlgs 151/2001 risultando, pertanto, assente dal posto di lavoro. L'articolo 24, co. 2 del Dlgs 151/2001, infatti , accorda l’indennità giornaliera di maternità anche alle «lavoratrici gestanti che si trovino, all’inizio del periodo di congedo di maternità, sospese, assenti dal lavoro senza retribuzione, ovvero, disoccupate», purché «tra l’inizio della sospensione, dell’assenza o della disoccupazione e quello di detto periodo non siano decorsi più di sessanta giorni». Ai fini del computo di tale periodo, non si tiene conto delle assenze di malattia e d'infortunio, del «periodo di congedo parentale o di congedo per la malattia del figlio fruito per una precedente maternità», del «periodo di assenza fruito per accudire minori in affidamento» e del «periodo di mancata prestazione lavorativa prevista dal contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale».
La decisione della Corte
Alla Corte era stato chiesto, quindi, tra le deroghe al termine dei 60 giorni potessero riconoscersi anche le assenze dal lavoro dovute alla fruizione del congedo straordinario per assistere disabili. Secondo la Corte la riposta è positiva. "Nel negare l’indennità di maternità alla madre - scrivono i giudici nelle motivazioni - che, all’inizio del periodo di astensione obbligatoria, benefici da più di sessanta giorni di un congedo straordinario per l’assistenza al coniuge o al figlio in condizioni di grave disabilità, la disposizione censurata sacrifica in maniera arbitraria la speciale adeguata protezione che l’art. 37, primo comma, Cost. accorda alla madre lavoratrice e al bambino. Quest’ultima previsione specifica e rafforza la tutela della maternità e dell’infanzia già sancita in termini generali dall’art. 31, secondo comma, Cost. L’esclusione del congedo straordinario si rivela irragionevole anche alla luce delle speciali previsioni dell’art. 24, comma 3, d.lgs. n. 151 del 2001, che non comprendono nel computo dei sessanta giorni tra l’inizio dell’assenza e l’inizio dell’astensione obbligatoria il «periodo di congedo parentale o di congedo per la malattia del figlio fruito per una precedente maternità».
In conclusione, la Corte stabilisce che, così come la malattia e gli infortuni, anche il congedo straordinario è “neutro” ai fini del calcolo dei 60 giorni, tra inizio della maternità e fine del rapporto di lavoro, periodo che garantisce il diritto all'indennità. "L’estensione dei beneficiari del congedo straordinario risponde - infatti - all’esigenza di garantire la cura del disabile nell’àmbito della famiglia e della comunità di vita cui appartiene, allo scopo di tutelarne nel modo più efficace la salute, di preservarne la continuità delle relazioni e di promuoverne una piena integrazione" concludono i giudici. Pertanto non si tiene conto, dunque, del congedo straordinario di cui la lavoratrice gestante abbia fruito per l'assistenza al coniuge convivente o a un figlio, portatori di handicap in situazione di gravità.