E' la denuncia di un dossier Inps: il «fondo volo» pesa sulla fiscalità generale addirittura per il 96%. I cittadini mantengono trai quasi diecimila cassintegrati 152 che prendono da dieci a ventimila euro. Più due che sfiorano i trentamila.
Kamsin Il Fondo speciale per il Trasporto aereo (Ftsa) finisce sotto accusa. Sul sito web dell'Istituto è stata pubblicata una scheda informativa sul funzionamento e i numeri del Fondo, che garantisce prestazioni di integrazione al reddito in situazioni di crisi a una platea potenziale di 150 mila lavoratori del settore, sia di terra che di volo. Le prestazioni erogate dal Fondo sono però d'oro rispetto a quelle di un normale cassintegrato di altre categorie: l'integrazione al reddito è infatti pari all'80% dell'ultima retribuzione e può arrivare fino a 7 anni e superano di frequente spesso gli 8mila euro mensili lordi con punte vicine ai 20mila euro.
Prestazioni del genere se fossero tutte a carico dei fruitori sarebbero accettabili. Ma la scheda Inps dimostra che il 96% delle entrate è garantito dalla fiscalità generale, che contribuisce al Ftsa con un prelievo di 3 euro per ogni biglietto aereo acquistato. «Un prelievo regressivo», sostiene l'Inps, perché è uguale per tutti: dai voli low cost a quelli in classe business. Per il resto, il Fondo è «alimentato da un contributo sulle retribuzioni a carico dei datori di lavoro (0,375%) e dei lavoratori (0,125%) del settore» ma questo versamento è calcolato solo su una parte della retribuzione: «Ad esempio, un pilota che percepisce un salario mensile di 10.000 euro, di cui circa 4000 euro di indennità di volo, versa al Fondo un contributo di 7,5 euro mensili». In caso di sospensione per cassa straordinaria o di mobilità «percepisce 8mila euro mensili tra prestazione integrativa (6832 euro) e prestazione di base (1.168 euro)».
Per capirci, dice l'Istituto di previdenza, il fondo «preleva circa 220 milioni all'anno dai contribuenti, più del finanziamento annuo per la lotta alla povertà attraverso il Sostegno' di inclusione attiva». Per un totale, dal 2007 al 2014, di quasi un miliardo e 400 milioni di euro. Una somma stratosferica. Servita per pagare ai cassintegrati delle varie compagnie aeree in crisi 80% «della retribuzione comunicata dall'azienda all'Inps al momento della richiesta del trattamento integrativo, fino a un massimo di 7 anni». Il che ha significato il pagamento nel 2012, l'anno di picco, di 4366 assegni mensili superiori ai 2000 euro, 896 superiori ai 5mila, 399 superiori ai 10mila e 35 che sfondavano addirittura i 20 mila euro lordi. Oggi, certo, sono calati. Ma esistono ancora «casi limite in cui la prestazione si avvicina ai 30 mila euro lordi al mese». Cifre da capogiro rispetto al tetto di 1.168 euro previsto per la cassa integrazione dei comuni mortali.
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Zedde