La vicenda riguardava un cittadino extraUe lavoratore dipendente titolare dal 9 dicembre 2011 di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato e dal 28 dicembre 2015 di un permesso unico di lavoro. Da gennaio a giugno 2014 e da luglio 2014 a giugno 2016, sua moglie e i suoi due bambini hanno risieduto nel paese d'origine, lo Sri Lanka. Nei periodi di non residenza in Italia dei familiari, l'Inps non gli ha erogato l'assegno per nucleo familiare. Da qui è scaturito un lungo contenzioso legale: il tribunale di primo grado gli ha dato torto, la Corte d'Appello gli ha dato ragione, la vicenda è infine sfociata in Cassazione che a sua volta ha rinviato la decisione alla Corte di Giustizia UE.
I giudici si sono trovati a pronunciarsi sulla conformità della normativa italiana (articolo 2, comma 6 bis, della legge n. 153/1988) con i dettami stabiliti dalla Direttiva comunitaria 2011/98 che impone il principio di parità di trattamento tra titolari di permesso unico di soggiorno e di lavoro e cittadini nazionali. Secondo la Corte UE, fatte salve le deroghe consentite dall’articolo 12, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2011/98, uno Stato membro non può rifiutare o ridurre il beneficio di una prestazione di sicurezza sociale al titolare di un permesso unico per il fatto che i suoi familiari o taluni di essi risiedono non nel suo territorio, bensì in un paese terzo, quando invece accorda tale beneficio ai propri cittadini indipendentemente dal luogo in cui i loro familiari risiedano. In sostanza, secondo i giudici, dal momento che la legislazione italiana riconosce ai cittadini italiani l'assegno al nucleo familiare a prescindere dalla residenza dei propri familiari (che quindi concorrono non solo al diritto ma anche alla misura dell'assegno stesso) il medesimo criterio deve valere con riferimento agli extracomunitari titolari di permesso unico.