Pd diviso sulle riforme, autosospesi 14 senatori. L'ira di Renzi In evidenza

Giovedì, 12 Giugno 2014
- Roma, 12 giu. - Il caso Mineo rompe la pax renziana iniziata nella notte delle Europee e rischia di avere ripercussioni anche all'assemblea di sabato all'Ergife, quando si trattera' di eleggere il nuovo presidente. La sostituzione del senatore in Commissione Affari Costituzionali era nell'aria da ieri mattina, quando il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi si era appellata al capogruppo al Senato Luigi Zanda perche' riportasse "compattezza" all'interno del gruppo dem. Puntuale, in serata, e' arrivata l'avvicendamento tra Mineo e lo stesso Zanda che ha portato all'auto sospensione di 14 senatori contrari all'impostazione data dal governo alla riforma della Camera alta del Parlamento. Si tratta di Felice Casson, Vannino Chiti e dei colleghi Corsini, D'Adda, Dirindin, Gatti, Giacobbe, Lo Giudice, Micheloni, Mineo, Mucchetti, Ricchiuti, Tocci, Turano. "Il processo delle riforme va avanti, non si puo' fermare per dieci senatori",ha commentato il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi. Ma a tuonare contro i "veti" posti da Mineo e dagli altri senatori 'dissidenti' e' stato il presidente del consiglio che, da Astana, ha puntualizzato: "Il Pd non e' un taxi, non lascio il Paese a Mineo. Contano piu' i voti degli italiani che il diritto di veto di un singolo politico" e "sulle riforme non molliamo di mezzo centimetro, siamo convinti di cambiare il Paese". Parole che hanno innescato un lungo botta e risposta tra i 14 e la maggioranza del partito sull'articolo 67 della Costituzione, quello secondo cui un parlamentare non ha vincolo di mandato nell'esercizio delle sue funzioni. "Mai posto veti", e' stata la risposta di Corradino Mineo che derubrica a una battuta, seppur "sublime", quella di Renzi sul Paese che rischia di essere lasciato nelle mani dell'ex direttore di Rainews. "Chiediamo un chiarimento: una discussione franca e senza tabu' per ricostruire il rapporto di fiducia tra noi e la presidenza del gruppo. Chiediamo che si argini questo fiume di avvertimenti e minacce a mezzo stampa", ha poi aggiunto, "e vogliamo sapere se l'articolo 67 della Costituzione sia da considerare carta straccia e se i partiti (gli stessi che hanno messo in ginocchio questo paese) abbiano il diritto di prevaricare e far tacere ogni parlamentare. Siamo in attesa. Fino a martedi'", quando e' in programma una assemblea dei senatori dem. Uno scontro che si e' poi spostato al Nazareno, dove in serata si e' tenuta una direzione per l'approvazione del bilancio. "Se c'era la disciplina di partito, la costituzione non c'era". Ranieri ha poi paventato che le tensioni sulle riforme possano avere ricadute anche sull'elezione del presidente dell'assemblea: "Sabato c'e' l'assemblea: secondo me si puo' trovare il modo di correggere quello che considero un errore", ha sottolineato il civatiano Andrea Ranieri. "Sbaglia Ranieri", ha ribattuto Andrea Mirabelli: "non c'e' nessuna penalizzazione del dissenso. In commissione si sta a rappresentare il gruppo. Perche' siamo un gruppo di maggioranza impegnato a realizzare una delle cose prioritarie su cui gli elettori ci hanno dato credito. Per questo la maggioranza deve avere i numeri nelle commissioni. Se ci sono dissensi ognuno li puo' manifestare in aula". Piu' dura Rosa Maria Di Giorgi, senatrice renziana, che invita i 14 a fare un corso accelerato di democrazia: "In Commissione rappresenti la linea del partito e, in Senato, non puoi pensare di fare passare la tua posizione rispetto a quella della maggioranza. Questo non puo' essere consentito. In un paio di direzioni e un'assemblea e' stato deciso un percorso e penso che una ripassatina del concetto di democrazia qualcuno lo dovrebbe fare". .

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