Pensioni
TFS Salvaguardati, così il pagamento della buonuscita
I lavoratori salvaguardati nel pubblico impiego otterranno il pagamento della buonuscita dopo 24 mesi dalle dimissioni. La vicenda coinvolge soprattutto i 4300 lavoratori in congedo per assistere parenti disabili.
Kamsin L'Inps ha chiarito i termini di pagamento dei Tfs e Tfr dei dipendenti pubblici interessati dalle salvaguardie per l'accesso al pensionamento in base alla disciplina previgente al decreto legge 201/2011. Lo ha fatto con il messaggio inps 8680/2014 con il quale ricorda che la salvaguardia disposta dal decreto legge 201/2011 e da successive norme per particolari categorie di lavoratori, consistendo nella conservazione delle regole di accesso alla pensione precedenti il 6 dicembre 2011 (data di entrata in vigore della riforma Monti Fornero), non ha alcun effetto diretto sui termini e le modalità di pagamento dei trattamenti di fine servizio e fine rapporto per i lavoratori che accedono alla salvaguardia.
L'Inps ricorda, pertanto, che i termini di pagamento del TFS per i lavoratori salvaguardati sono quelli vigenti nel regime generale e conseguentemente, qualora non operi alcuna deroga all’applicazione della disciplina generale, si deve tener conto della causa e della data di cessazione dal servizio ai fini dell’applicazione del corretto termine di pagamento secondo le istruzioni diramate con la circolare Inps 73/2014.
La questione interessa soprattutto i lavoratori del pubblico impiego che fruiscono dei congedi e dei permessi di cui alla legge 104/1992 (2500 in quarta salvaguardia ed altri 1800 lavoratori in sesta salvaguardia). In altri termini, secondo la disciplina generale, tali lavoratori, riceveranno il pagamento dell'indennità di buonuscita, dopo 24 mesi dalla data di dimissioni volontarie. Scaduti questi termini, l’istituto ha l'onere di porre in pagamento la prestazione entro 3 mesi pena il pagamento degli interessi. Nei casi di risoluzione da parte della pubblica amministrazione e/o di raggiungimento del limite ordinamentale (65 anni) i termini vengono accorciati a 12 mesi.
Per importi superiori a 50mila euro ma inferiori a 100mila euro il pagamento sarà frazionato secondo quanto previsto dalla legge 147/2013. L'erogazione avverrà in due rate di cui la prima erogata con i termini sopra citati e la seconda trascorsi ulteriori 12 mesi. Se la prestazione dovesse risultare superiore a 100mila euro, l'erogazione avverrà in tre rate con l'ultima rata pagata dopo ulteriori 12 mesi dalla seconda erogazione.
Si ritiene, peraltro, che i dipendenti che grazie alla salvaguardia riescano a conseguire un diritto a pensione entro il 2013 i frazionamenti di 50mila e 100mila siano portati rispettivamente a 90mila e 150mila euro.
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Pensioni, ecco di quanto aumenterà l'età per la pensione
Firmato il decreto interministeriale che incrementa di 4 mesi l'età pensionabile dal 1° gennaio 2016. Per la pensione serviranno 66 anni e 7 mesi o 42 anni e 10 mesi di contributi.
Kamsin Dal 2016 bisognerà lavorare 4 mesi in piu' per agguantare la pensione. E' l'effetto del decreto interministeriale Lavoro-Economia che adeguerà tutti i requisiti necessari per conseguire la pensione alla stima di vita istat. L'adeguamento fu introdotto da una legge del 2010 (governo Berlusconi) con cadenza triennale. La riforma Fornero lo accelerò, disponendo dal 2019 scatti ogni due anni. Serve, nella logica della legge, per la sostenibilità finanziaria del sistema: più si allunga la durata della vita, più tardi si va in pensione.
Come anticipato da pensionioggi.it i ministeri confermano che il relativo decreto è stato firmato e che sarà a breve pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Dopo il primo scatto nel 2013, che fu di tre mesi, questa volta, quindi, l'aumento sarà maggiore: 4 mesi. Che si sommano sia al minimo d'età richiesto per la pensione di vecchiaia sia al minimo di anni di contributi necessario per la pensione anticipata. Pensione di vecchiaia Questo significa che dal primo gennaio 2016 ai lavoratori dipendenti, sia del privato sia del pubblico e ai lavoratori autonomi, per andare in pensione di vecchiaia non basteranno più 66 anni e tre mesi d'età, come fino alla fine del 2015, ma ci vorranno 66 anni e sette mesi (oltre a un minimo di 20 venti anni di contributi).
Stessa cosa per le lavoratrici dipendenti del pubblico impiego, mentre per quelle del settore privato l'aumento, sempre nel 2016, sarà più forte perché segue uno specifico percorso di armonizzazione previsto dalla legge, che prevede un aumento da 63 anni e 9 mesi, valido fino al termine del 2015, a 65 anni e 7 mesi. Discorso analogo per le lavoratrici autonome che passeranno dagli attuali 64 anni e 9 mesi a 66 anni e un mese dal primo gennaio 2016. Crescono, poi, i requisiti per accedere alla pensione di vecchiaia prevista per chi ha cominciato a lavorare dopo il 1995 (sistema contributivo). Si passa da 63 e 3 mesi a 63 e 7 mesi.
Dal 1° gennaio 2016 aumenteranno anche i requisiti per lasciare con la pensione anticipata. Per lasciare il lavoro in anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia, gli uomini devono avere attualmente almeno 42 anni e sei mesi di contributi mentre alle donne bastano 41 anni e sei mesi. Sarà così ancora per un anno, fino alla fine del 2015. Poi dal 2016 il requisito salirà a 42 anni e dieci mesi per gli uomini e a 41 anni e dieci mesi per le donne.
Si ricorda, inoltre, che con la legge di stabilità (pubblicata ieri in Gazzetta Ufficiale), è andata in soffitta la penalizzazione - sino al 31 Dicembre 2017 - per chi, pur raggiungendo questo minimo contributivo, fosse andato in pensione con meno di 62 anni d'età.
Ecco quindi i requisiti per conseguire le prestazioni pensionistiche nei prossimi anni.
Le tabelle elaborate dalla Ragioneria generale dello Stato al momento della riforma Fornero sviluppano, infati, fino al 2050 e oltre le conseguenze della norma sull'adeguamento periodico dei requisiti alla speranza di vita. Sulla base di queste stime, peraltro confermate dallo scatto decretato per il 2016, l'età per la pensione di vecchiaia salirà progressivamente fino a 70 anni nel 2050, anno in cui gli anni di contributi necessari per accedere alla pensione anticipata saranno arrivati a 46 anni e 3 mesi.
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Quota 96, il testo della sentenza che cancella la Riforma Fornero
Una sentenza del Giudice del Lavoro di Salerno ha accolto il ricorso di 42 docenti salernitani promosso dallo Snals. Gli insegnanti potranno essere collocati in pensione con effetto giuridico dal 1.9.2012.
Kamsin ll giudice del lavoro del Tribunale di Salerno, Ippolita Laudati, ha riconosciuto con sentenza numero 31595 lo scorso 3 novembre il diritto al pensionamento di 42 prof salernitani in Quota 96, di fatto bocciando la Legge Fornero che li aveva costretti a restare in servizio. Il ricorso è stato presentato dallo Snals. Pubblichiamo di seguito il testo della sentenza del Giudice di Salerno che potrà risultare utile per altri lavoratori nella medesima situazione.
Si rammenta che si stratta di una sentenza di primo grado alla quale Miur e Inps potranno promuovere appello.
TRIBUNALE DI SALERNO - Sentenza 03 novembre 2014, n. 4216
Pubblico impiego - Comparto istruzione - Requisiti anagrafici e contributivi - Collocamento in quiescenza - Diritto a partire dal primo settembre 2012
Ragione di fatto e di diritto
Con ricorso (in riassunzione) depositato in data 11.10.2012, i ricorrenti come in premessa epigrafati, nella loro qualità di docenti attualmente in servizio, convenivano in giudizio il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca ritenendo sussistente il loro diritto alla pensione dal 31.8.2012 in forza di quanto delineato dal sistema ante d.l. 201/11 conv. in L. 214/11.
L’art. 24 d.l. 201/11, al comma 3, individua quale elemento discriminante del regime applicabile la data di maturazione dei requisiti di età e di anzianità contributiva alla data del 31.12.2011: per coloro che hanno maturato il diritto entro tale termine vale il vecchio regime, per gli altri il regime successivo.
La circolare n. 2 dell’8.3.2012 del Dip. Funzione Pubblica al punto 6) prende in esame la particolarità del comparto scuola affermando espressamente che rimane ferma la vigenza degli specifici termini di cessazione dal servizio stabiliti in relazione all’inizio dell’anno scolastico per le esigenze di servizio.
Orbene, condividendo quanto già statuito da parte della giurisprudenza di merito, ad avviso dell’ufficio detta circolare appare in linea con il testo della citata legge la quale si occupa esclusivamente della riforma dei requisiti per la maturazione del diritto al trattamento pensionistico, e dunque dei fatti costitutivi del diritto a pensione, modificando le regole stabilite in precedenza con riferimento all’età ed all’anzianità contributiva.
Non sembra invece preoccuparsi dei problemi relativi ad eventuali sfasature temporali tra il momento in cui si verificano i fatti costitutivi del diritto (età-anzianità contributiva) ed il termine dal quale si può far valere tale diritto (cessando di fatto la prestazione lavorativa).
La circolare della quale si sta discorrendo distingue la data di maturazione del diritto dai termini di cessazione dei servizio, ossia distingue i fatti costitutivi del diritto a pensione dai momento afferente la decorrenza Dunque, se la legge nuova non si occupa della decorrenza, avendo presente come discrimen il momento di maturazione dei requisiti di età/anzianità, il termine di decorrenza è regolato dalla vecchia normativa.
Questo è quanto accade nel comparto scuola laddove il DPR n. 358/98 stabilisce una sfasatura tra data di maturazione del diritto e data di collocamento a riposo che coincide con la fine dell’anno scolastico, ossia il 31.8.2012 nel caso di specie.
Di questa sfasatura dà atto la circolare n. 2/12 che evidenzia che nel comparto scuola ci sono specifici termini di cessazione del rapporto a differenza di altri comparti, per cui il dipendente - pur avendo maturato i requisiti costitutivi del diritto a pensione al 31.12.2011 - deve aspettare la fine dell’anno scolastico che termina il 31.8.2012.
Poiché per evitare un disservizio e garantire la continuità didattica al docente viene "imposto" di continuare a lavorare fino al 31.8.2012, appare irragionevole che proprio in forza di questa esigenza egli subisca gli effetti (negativi o positivi poco importa) di leggi successive che modificato il suo diritto già acquisito e non ancora esercitato.
Sulla scorta delle suesposte considerazioni, il ricorso deve esser accolto e, per l’effetto, accertato e dichiarato il diritto dei ricorrenti al collocamento in quiescenza alla data dell’1.9.2012.
Spese di lite compensate in ragione del contrasto giurisprudenziale In materia.
P.Q.M.
1) Accoglie il ricorso e, per l’effetto, accertata e dichiara il diritto dei ricorrenti tutti ad esser collocati in quiescenza alla data dell’1.9.2012;
2) Compensa le spese di lite.
Motivi contestuali.
(Gdl Ippolita Laudati)
Come già anticipato da pensionoggi.it ad analoghe considerazioni era giunto nel 2012 il giudice dr.ssa Baroncini del Tribunale di Roma, collocando in quiescenza due docenti in deroga alla vigente riforma Fornero, senza che il M.I.U.R. proponesse specifico ricorso in appello. Mentre altri giudici del Lavoro si sono espressi differentemente da quelli di Roma e Salerno: in taluni casi hanno respinto la richiesta dei ricorrenti; in altri si sono dichiarati incompetenti per materia e hanno rinviato alla Corte dei Conti; in altri, ancora, hanno rinviato alla Corte Costituzionale per eventuali profili di incostituzionalità.
La Consulta, il 19 Novembre 2013, si è espressa sull’inammissibilità del ricorso per la sua formulazione: conseguentemente, due ricorsi sono stati ripresentati (da parte dei tribunali di Siena e Ragusa) e sono in attesa di sentenza della Corte stessa.
Tra le particolarità della sentenza che ci appaiono interessanti c'è il fatto che il personale ricorrente sarà posto in quiescenza dal 1° settembre 2012. Ciò dovrebbe far pensare che il tribunale abbia ritenuto inapplicabile anche l'articolo 1, comma 21 del decreto legge 138/2011 che aveva introdotto, dal 1° gennaio 2012, la finestra mobile "suppletiva" anche al comparto in parola.
Seguifb
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Pensioni, l'Inps estende i benefici della sesta salvaguardia
Una nota dell'Inps ammette alla sesta salvaguardia anche i lavoratori che maturano i requisiti anagrafici e contributivi entro i 12 mesi dal termine dell'indennità di mobilità ordinaria.
Kamsin La Direzione Centrale Pensioni dell'Inps in risposta ad un quesito presentato dall'Inca Nazionale ha interpretato in senso estensivo la disposizione di cui all'articolo 2, comma 1 lettera a) della legge 147/2014.
Si tratta del passaggio normativo che ammette ai benefici della sesta salvaguardia i lavoratori "collocati in mobilità ordinaria a seguito di accordi governativi o non governativi, stipulati entro il 31 dicembre 2011, cessati dal rapporto di lavoro entro il 30 settembre 2012 e che perfezionano, entro il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità, ovvero, anche mediante il versamento di contributi volontari, entro dodici mesi dalla fine dello stesso periodo, i requisiti previdenziali vigenti al 31.12.2011".
La questione posta dal patronato era relativa alla possibilità o meno di ammettere alla tutela, tra gli altri, anche quei lavoratori che avessero maturato i requisiti anagrafici utili a conseguire il diritto a pensione con le vecchie regole pensionistiche entro i 12 mesi dal termine dell'indennità di mobilità (ordinaria). La norma di legge, infatti, era poco chiara in quanto sembrava ammettere al bonus dei 12 mesi solo coloro che, attraverso la prosecuzione volontaria della contribuzione, maturassero il requisito contributivo mancante al termine dell'indennità di mobilità.
La precisazione dell'Inps indica, invece, che possono fruire della salvaguardia tutti i lavoratori che maturano i requisiti anagrafici e contributivi utili a conseguire la pensione di anzianità (o di vecchiaia) entro i 12 mesi dalla scadenza dell'indennità stessa.
Per effetto della novità, ad esempio, potrà fruire della salvaguardia anche un lavoratore che ha terminato la fruizione dell'indennità di mobilità ordinaria il 31 Dicembre 2014 e che perfeziona i 61 anni e 3 mesi di età anagrafica, necessari per maturare il quorum 97,3 (cioè la vecchia pensione di anzianità) entro il 31 Dicembre 2015.
L'inps ha indicato, inoltre, che la percezione dell'indennità di mobilità in deroga e/o l'eventuale rioccupazione dopo il termine della fruizione dell'indennità di mobilità ordinaria non è causa ostativa all'accesso alla salvaguardia in questione.
I lavoratori, per beneficiare della norma in questione, dovranno presentare domanda online all'Inps tramite la procedura webdom entro il 5 gennaio 2015.
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Documenti: Il testo della nota del 19 dicembre 2014
Riforma Pensioni, Il Governo studia un anticipo dell'età pensionabile
L'esecutivo ha sul tavolo diverse proposte per ammorbidire la Riforma Fornero senza stravolgere l'impianto che sta generando significativi risparmi per lo Stato. Possibile l'estensione del calcolo contributivo in favore degli ultracinquantenni senza lavoro.
Kamsin «Stiamo ragionando su come rendere più flessibile l'età del pensionamento. Ma serve cautela per gli effetti sui conti pubblici e per non incrinare la credibilità che l'Italia ha costruito proprio grazie alla riforma previdenziale». E' quanto sostiene una fonte autorevole del governo citata oggi dalle agenzie di stampa. Una modifica della Riforma Fornero sembra necessaria anche per far ripartire il mercato del lavoro, ormai al palo da anni con una disoccupazione che continua a crescere. L'obiettivo è duplice: da una parte, correggere le rigidità della riforma Fornero del 2011 sull'età pensionabile per bloccare definitivamente il fenomeno degli esodati; dall'altra consentire ai giovani di subentrare ai più anziani nei posti di lavoro.
Il primo segnale della nuova strategia del governo è arrivato con la legge di Stabilità: dal prossimo anno vanno via le penalizzazioni (cioè il taglio dell'assegno pensionistico) per chi decide di andare in pensione dopo aver versato per 42 anni e 6 mesi i contributi all'Inps senza aver ancora compiuto i 62 anni di età.
Il dossier pensioni è comunque sul tavolo di Palazzo Chigi e potrebbe subire un'accelerazione qualora la Corte Costituzionale nei prossimi giorni dichiarerà ammissibile il referendum sulle pensioni proposto dalla Lega Nord. A quel punto, fonti vicine al Governo, fanno sapere che un intervento sulla Riforma Fornero sarebbe "inevitabile" per scongiurare il rischio di uno tsunami sui conti pubblici.
Le proposte di Riforma sono note e sono già state piu' volte accennate da pensionioggi.it. Si tratta di ripristinare un minimo di criteri flessibili per andare in pensione, soprattutto a tutela dei lavoratori più anziani che dovessero perdere l'occupazione e che si troverebbero senza stipendio, senza sostegno al reddito dopo un po' e troppo lontani dalla pensione. Si ragiona su alcune opzioni compatibili con l'impianto generale della legge Fornero senza compromettere cioè i risparmi attesi. Così riprende quota la proposta di concedere ai lavoratori prossimi alla pensione ( a 2-3 anni di distanza) che dovessero essere licenziati, un anticipo di una quota dell'assegno pensionistico ( pari a circa 700 euro al mese) che verrebbe poi restituita in piccole rate una volta maturati i requisiti per il pensionamento. Ipotesi che nel passato aveva sostenuto anche il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti e che costerebbe non più di 4-500 milioni l'anno.
Piu' improbabile invece, l'approvazione del disegno di legge Damiano (i cd. pensionamenti flessibili) perché troppo costosi. Resta sul tavolo anche la proposta del consigliere economico di Palazzo Chigi Yoram Gutgeld di consentire —come ha spiegato ieri in un'intervista a Repubblica—di ricalcolare l'assegno pensionistico esclusivamente con il metodo contributivo di quei lavoratori ultracinquantenni rimasti senza lavoro. Costoro, in cambio della certezza della pensione, accetterebbero una decurtazione significativa dell'importo.
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Riforma Pensioni, Gnecchi: si apra il capitolo flessibilità in uscita
Il sistema di disincentivi per l'accesso alla pensione anticipata sarà archiviato almeno sino al 31 dicembre 2017. "Ora si lavori sulle pensioni flessibili".
Kamsin Le penalità sulle quote retributive dei trattamenti pensionistici anticipati cioè 41 anni 6 mesi per le donne, 42 anni 6 mesi per gli uomini, non troveranno più applicazione per chi matura i requisiti entro il 31 dicembre 2017. E' quanto ricorda l'Onorevole Maria Luisa Gnecchi nell'illustrare le novità contenute nella legge di stabilità il cui testo sarà pubblicato a breve in Gazzetta Ufficiale. "Si tratta, ricorda la Deputata Pd, di un emendamento fortemente voluto dal Pd che pone fine ad una discriminazione nei confronti, soprattutto dei lavoratori che hanno avuto periodi di disoccupazione o di cassa integrazione. "Allo stato attuale la penalità viene applicata se l’età all’atto del pensionamento risulta inferiore a 62 anni ed è pari all’1% per ogni anno di anticipo rispetto ai 62 ed elevata al 2% per ogni ulteriore anno rispetto ai 60. Dal 1° gennaio 2015, sino al 2017, la legge di stabilità chiude questo discorso."
Alcuni passi avanti, ricorda la Gnecchi, di recente sono stati fatti anche sull'opzione donna. "Si tratta di un tema su cui l'intera Commissione Lavoro della Camera si è battuta nelle scorse settimane. Ebbene l’Inps ha precisato che in attesa di valutazioni da parte dei dicasteri competenti, le domande di pensione presentate dalle lavoratrici che perfezioneranno i requisiti anagrafici e contributivi entro il 2015, benché la decorrenza della pensione si collochi oltre fine 2015, non devono essere respinte ma tenute in evidenza".
L'anno prossimo, ricorda l'onorevole, si dovrà lavorare per introdurre una maggiore flessibilità in usita, unica strada per i lavoratori che hanno perso il posto di lavoro ma non hanno ancora raggiunto i requisiti previdenziali: "Ci sono diversi progetti di legge in materia in Parlamento, il Governo apra dunque questo capitolo".
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