L'esecutivo ha sul tavolo diverse proposte per ammorbidire la Riforma Fornero senza stravolgere l'impianto che sta generando significativi risparmi per lo Stato. Possibile l'estensione del calcolo contributivo in favore degli ultracinquantenni senza lavoro.
Kamsin «Stiamo ragionando su come rendere più flessibile l'età del pensionamento. Ma serve cautela per gli effetti sui conti pubblici e per non incrinare la credibilità che l'Italia ha costruito proprio grazie alla riforma previdenziale». E' quanto sostiene una fonte autorevole del governo citata oggi dalle agenzie di stampa. Una modifica della Riforma Fornero sembra necessaria anche per far ripartire il mercato del lavoro, ormai al palo da anni con una disoccupazione che continua a crescere. L'obiettivo è duplice: da una parte, correggere le rigidità della riforma Fornero del 2011 sull'età pensionabile per bloccare definitivamente il fenomeno degli esodati; dall'altra consentire ai giovani di subentrare ai più anziani nei posti di lavoro.
Il primo segnale della nuova strategia del governo è arrivato con la legge di Stabilità: dal prossimo anno vanno via le penalizzazioni (cioè il taglio dell'assegno pensionistico) per chi decide di andare in pensione dopo aver versato per 42 anni e 6 mesi i contributi all'Inps senza aver ancora compiuto i 62 anni di età.
Il dossier pensioni è comunque sul tavolo di Palazzo Chigi e potrebbe subire un'accelerazione qualora la Corte Costituzionale nei prossimi giorni dichiarerà ammissibile il referendum sulle pensioni proposto dalla Lega Nord. A quel punto, fonti vicine al Governo, fanno sapere che un intervento sulla Riforma Fornero sarebbe "inevitabile" per scongiurare il rischio di uno tsunami sui conti pubblici.
Le proposte di Riforma sono note e sono già state piu' volte accennate da pensionioggi.it. Si tratta di ripristinare un minimo di criteri flessibili per andare in pensione, soprattutto a tutela dei lavoratori più anziani che dovessero perdere l'occupazione e che si troverebbero senza stipendio, senza sostegno al reddito dopo un po' e troppo lontani dalla pensione. Si ragiona su alcune opzioni compatibili con l'impianto generale della legge Fornero senza compromettere cioè i risparmi attesi. Così riprende quota la proposta di concedere ai lavoratori prossimi alla pensione ( a 2-3 anni di distanza) che dovessero essere licenziati, un anticipo di una quota dell'assegno pensionistico ( pari a circa 700 euro al mese) che verrebbe poi restituita in piccole rate una volta maturati i requisiti per il pensionamento. Ipotesi che nel passato aveva sostenuto anche il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti e che costerebbe non più di 4-500 milioni l'anno.
Piu' improbabile invece, l'approvazione del disegno di legge Damiano (i cd. pensionamenti flessibili) perché troppo costosi. Resta sul tavolo anche la proposta del consigliere economico di Palazzo Chigi Yoram Gutgeld di consentire —come ha spiegato ieri in un'intervista a Repubblica—di ricalcolare l'assegno pensionistico esclusivamente con il metodo contributivo di quei lavoratori ultracinquantenni rimasti senza lavoro. Costoro, in cambio della certezza della pensione, accetterebbero una decurtazione significativa dell'importo.
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