In caso di annullamento del collocamento a riposo di un dipendente (andato nel frattempo in pensione) il datore di lavoro deve restituire all’ente previdenziale i ratei pensionistici, dallo stesso erogati, per il periodo compreso fra il collocamento a riposo del lavoratore sino al raggiungimento dell’età pensionabile. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 21879/2022 che, tra l’altro, richiama l’orientamento consolidato (Corte di cassazione n. 26988 del 2009) secondo cui la somma decurtata dal risarcimento dovuto al dipendente costituisce «indebito arricchimento» del datore di lavoro.
Ciò perché il risarcimento del danno viene calcolato in misura pari alla differenza tra la retribuzione dovuta e non corrisposta tra il collocamento e il raggiungimento dell’età pensionabile del lavoratore e il trattamento pensionistico percepito. I ratei di pensione corrisposti al dipendente posto a riposo, tuttavia, devono essere considerati «sine titulo» venendo meno a seguito della pronuncia giudiziale il presupposto giuridico della loro erogazione, ovvero il collocamento a riposo. Una volta sottratti alla somma risarcitoria devono, quindi, essere restituiti dal datore di lavoro all’INPS che li ha erogati per tutto il periodo in parola.
La questione
Con sentenza di secondo grado la Corte d’Appello di Campobasso, accertata l’illegittimità del collocamento a riposo di un dipendente, condannava Poste Italiane (datore di lavoro) a corrispondere allo stesso, a titolo di risarcimento del danno una somma commisurata alla retribuzione dovuta dal giorno dell'avvenuto collocamento a riposo e sino a quello del raggiungimento del 65esimo anno di età, oltre al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, previa decurtazione degli importi percepiti nello stesso periodo per i ratei di pensione.
In parallelo, veniva presentato un ulteriore ricorso dal dipendente, stavolta di fronte al Tribunale di Campobasso, nei confronti dell'INPS succeduto nel frattempo a IPOST-Istituto Postelegrafonici in qualità di ente previdenziale che pretendeva dallo stesso la restituzione dei ratei pensionistici corrisposti. Qui il Tribunale aveva accolto la richiesta del lavoratore che non era tenuto a corrispondere alcuna somma all'INPS-IPOST e anzi condannava l'INPS a restituire quanto trattenuto a titolo di ratei pensionistici per il periodo compreso fra il collocamento a riposo e sino al compimento del 65esimo anno di età.
Contro la decisione ha proposto ricorso l’ente previdenziale, rigettato dalla Corte che ha confermato quanto deciso dal primo giudice. L’INPS si sarebbe, infatti, dovuta rivolgere al datore di lavoro giacché l’ente previdenziale risulta estraneo al rapporto lavorativo e le pretese restitutorie avrebbero dovuto essere indirizzate verso l’azienda che si era «arricchita indebitamente». Difatti la stessa non aveva ripristinato il rapporto di lavoro e non aveva corrisposto alcuna retribuzione pur ottenendo che da quanto dovuto a titolo di risarcimento andasse detratto quanto percepito a titolo di ratei pensionistici di anzianità.
L’impostazione è stata confermata dalla Cassazione secondo cui l’ente previdenziale dovrà agire per indebito arricchimento nei confronti del datore di lavoro per recuperare le somme richieste.
La sentenza
Alla base della pronuncia il presupposto che, in caso di annullamento del licenziamento di un dipendente postale, con conseguente condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno in misura pari alla differenza fra la retribuzione dovuta e l'importo dei ratei percepiti dopo il licenziamento a titolo di pensione, come anticipato i ratei di pensione corrisposti sono «sine titulo» perché è venuto meno del presupposto (collocamento a riposo) della loro erogazione.
In altre parole il datore di lavoro ha ottenuto un «indebito arricchimento» per la parte che non ha dovuto erogare a titolo di risarcimento (i ratei pensionistici) ed è tenuto a restituire all’Ente previdenziale le somme corrisposte a titolo di pensione, senza che assuma, peraltro, alcun rilievo l'estraneità dello stesso datore di lavoro al rapporto previdenziale, discendendo l'effetto restitutorio dal licenziamento illegittimo