Occorre un intervento legislativo per riequilibrare la quota di pensione ai superstiti spettante al figlio che concorre con la matrigna del padre defunto. Lo sollecita la Corte Costituzionale con la sentenza n. 100 del 19 aprile 2022 con la quale i giudici sono stati chiamati a valutare la legittimità delle norme che governano l’erogazione della pensione ai superstiti dalla sezione giurisdizionale della Corte dei Conti del Lazio.
La questione
La Consulta si è trovata ad esaminare una situazione particolare, quella di un figlio minorenne nato fuori del matrimonio che concorre – alla morte del padre – con il coniuge non suo genitore. In tal caso, infatti, l’ordinamento previdenziale non tiene conto che il coniuge superstite non è la madre del figlio e, pertanto, riconosce le normali percentuali di reversibilità stabilite dalla legge: al coniuge il 60% della pensione del defunto; al figlio minorenne il 20% della stessa. La madre, peraltro, non ha alcuna quota non essendosi sposata con il padre poi defunto.
La sezione giurisdizionale della Corte dei Conti del Lazio ha ravvisato la sostanziale ingiustizia che si anniderebbe nel «riconoscimento della sola quota del 20 per cento al minore, il quale non può beneficiare, neppure indirettamente, della quota del 60 per cento riconosciuta all’ex coniuge che, in questa fattispecie, non è sua madre» rinviando la questione alla Consulta. Già con la sentenza n. 86/2009, del resto, la Corte Costituzionale si era espressa su una simile vicenda avente però ad oggetto la corresponsione della rendita Inail ai superstiti al figlio minore di una coppia di genitori non sposati. In tale sede la Corte si era espressa nel senso di riconoscere al figlio superstite la quota spettante al figlio orfano di entrambi i genitori (cioè il 40% della pensione del genitore naturale defunto anziché il 20%) valutando necessario riequilibrare la discriminazione tra figli nati nel e fuori del matrimonio.
La Corte territoriale ha pure proposto una soluzione: riconoscere al figlio la quota di pensione ai superstiti spettante per il figlio solo (cioè il 70%) che dovrebbe concorrere con il 60% della quota prevista al coniuge. Siccome, tuttavia, la somma delle due prestazioni non può splafonare il 100% della pensione del defunto i magistrati contabili hanno proposto di ridurre proporzionalmente le quote nelle seguenti misure: 53,85% al figlio minore e al 46,15% al coniuge superstite.
La decisione
Il giudice delle leggi ha condiviso le preoccupazioni di una discriminazione tra figli nati fuori e nati nel matrimonio. Nelle motivazioni alla sentenza, infatti, la Consulta conferma l’orientamento che ha portato alla pronuncia n. 86/2009 ribadendo la necessità di rimuovere ogni qualsiasi discriminazione tra figli legittimi e naturali.
Infatti se il figlio superstite è nato nel matrimonio, egli, oltre alla propria quota del 20 per cento, può sempre contare, indirettamente, anche su un plus di assistenza derivante dalla quota del 60 per cento che per legge spetta al coniuge superstite suo genitore. Se il figlio superstite è invece nato fuori dal matrimonio, egli può contare solo sulla quota del 20 per cento a lui direttamente attribuita.
«È evidente che, - si legge nelle motivazioni - vi è un altro avente diritto alla quota di reversibilità - l’ex coniuge superstite -, ma costui non è genitore di quel figlio: la mancanza del rapporto di filiazione fa, quindi, presumere che quest’ultimo non potrà beneficiare, neppure indirettamente, di tale quota».
«La condizione del figlio nato fuori dal matrimonio, dunque, ai fini che qui interessano, è comparabile a quella del figlio orfano di entrambi i genitori». Come nel caso deciso nel 2009, dunque, anche nella fattispecie sottoposto allo scrutinio della Corte c’è una diseguaglianza sostanziale da riequilibrare.
Di conseguenza la Corte segnala la necessità di un «tempestivo intervento del legislatore» per colmare una lacuna che «compromette i valori costituzionali sottesi all’istituto della reversibilità, impedendo la piena soddisfazione del diritto a veder salvaguardata la forza cogente del vincolo di solidarietà familiare». Per la Consulta, infatti, non è ricevibile la proposta della Corte dei Conti di emettere una sentenza di natura additiva che fissi a priori le quote di pensione conseguibili dal figlio e dall’ex coniuge. Per quanto condivisibile la proposta non esaurisce, infatti, altre alternative che potrebbero essere individuate, per l’appunto, dal legislatore.