Pensioni
Pensionati delusi dalle misure di Renzi
Nel piano annunciato da Matteo Renzi gli sgravi Irpef non verranno estesi ai pensionati. I sindacati in una nota congiunta denunciano: i pensionati non sono persone di serie B.
L'anno nuovo e il nuovo governo non riservano buone notizie per i titolari di reddito da pensione. Gli oltre 16 milioni di pensionati italiani sono infatti rimasti fuori dal taglio dell'Irpef annunciato questa settimana dal primo ministro Matteo Renzi. Quindi, almeno per ora, l'aumento di 100 euro al mese in busta paga non ci sarà. Anzi in vista potrebbero esserci dei nuovi tagli sui trattamenti pensionistici che superano i 3mila euro al mese, un intervento questo che se non calibrato correttamente potrebbe ulteriormente comprimere il potere d'acquisto di pensioni già fortemente indebolite dall'acuirsi della crisi e dalla mancata indicizzazione.
La preoccupazione dei sindacati è stata espressa in un comunicato congiunto della Cgil, Cisl e Uil in cui si afferma che "ormai è del tutto evidente che i pensionati sono stati considerati a tutti gli effetti dei cittadini di serie B non meritevoli di alcuna attenzione. La condizione di milioni di persone a cui sono stati chiesti negli ultimi anni tanti sacrifici non può essere archiviata così. Chiediamo al Governo di ravvedersi. Noi non staremo né fermi né zitti a guardare subire l'ennesima ingiustizia ai danni di chi ha lavorato una vita versando i contributi e pagando le tasse fino all'ultimo centesimo. E' inaccettabile che per pensionati ed annziani non ci siano sgravi fiscali" conclude il comunicato congiunto.
Sul punto è intervenuto anche il presidente della commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano che ha sollecitato il governo ad "aprire un tavolo di confronto con i sindacati per affrontare il tema della indicizzazione delle pensioni. La manovra ha una indubbia valenza sociale: evitiamo di comprometterla con misure sbagliate. È fortemente contraddittorio il fatto che allo stesso tempo si dettassino i redditi medio bassi dei lavoratori dipendenti e non quelli medio bassi dei pensionati, una misura fortemente discriminatoria" ha detto Damiano.
Pensioni d'oro, altolà di Renzi ai prelievi sotto i 3mila euro
La proposta di far scattare già dal 2014 un prelievo sui trattamenti superiori ai 2mila euro viene bocciata da Matteo Renzi dopo le proteste dei sindacati.
Il premier Matteo Renzi smentisce la proposta contenuta nel piano sulla spending review targato Cottarelli presentato ieri in Consiglio dei ministri. "L'idea che uno che guadagna 2 mila euro di pensione sia chiamato a dare un contributo forse c'è per Cottarelli, ma io la escludo" ha affermato ieri il premier a Porta a Porta ammettendo però che l'idea non è un tabu' ma che potrebbe essere legata a soglie piu' elevate: "è chiaro che se prendi ottomila euro netti e il governo ti chiede un sacrificio io mi sento di difendere questa misura, che peraltro già esiste".
Le parole del premier erano indirizzate in particolare ai sindacati che ieri erano già sul piede di guerra contro l'ipotesi dell'introduzione di un nuovo contributo di solidarietà. Sia per la Cgil che per l'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano la proposta fatta circolare dal commissario Cottarelli era del tutto inaccettabile. Renzi ha dunque rassicurato: "chi sostiene che i pensionati pagheranno la manovra sbaglia."
Il problema sta nelle soglie - Il segretario Cgil Camusso tuttavia non è contraria tout court alla misura a condizione che pero' che si fissi la soglia del contributo di solidarietà sopra i 3 mila e 500 - 4mila euro in modo da garantire le fasce medie. L'ipotesi peraltro è condivisa negli ambienti governativi. Insomma un intervento una tantum sui trattamenti superiori ai 4-5 mila euro lordi al mese non è del tutto da scartare come del resto ha detto ieri mattina il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio. Ma in ogni caso le pensioni avranno un ruolo marginale nel finanziamento di altri capitoli di spesa del governo Renzi in quanto il contributo, se sarà introdotto, "sarà comunque temporaneo" ha detto Delrio.
I calcoli - Insomma la precisazione dovrebbe garantire che l'eventuale prelievo di solidarietà - se sarà introdotto - riguarderà solo il 5 per cento dei pensionati e forse anche meno. Peraltro Renzi dovrebbe ricordare che alcuni di questi trattamenti già pagano un contributo di solidarietà reintrodotto con l' ultima legge di stabilità, anche piuttosto salato, che scatta sopra i 90 mila euro lordi annui - cioè circa 7mila euro al mese - e dovrà essere pagato fino al 2016. E quindi, a meno che non si voglia ulteriormente penalizzare queste "pensioni d'oro", la reale platea che potrebbe essere interessata dalla misura è quella che va dai 3-4 mila euro ai 7mila euro. Quante sarebbero le pensioni colpite? Circa 350mila secondo i calcoli Inps; ed ipotizzando una aliquota del 5 per cento massimo sulla parte eccedente i 3000 euro al mese, Renzi potrebbe racimolare circa 260 milioni di euro l'anno. Una cifra del tutto inadeguata evidentemente a finanziare gli sgravi sul lavoro per stimolare le nuove assunzioni.
Ma il calcolo potrebbe anche avvenire in modo differente laddove il governo scegliesse di prelevare la parte dell'assegno non derivante da versamenti contributivi che per queste fasce di pensioni raggiunge anche il 25 per cento dell'importo. In tal caso il "danno" per i pensionati sarebbe ingente perchè colpirebbe la parte retributiva e la misura comporterebbe un gettito molto più ricco per le casse dello Stato.
Pensioni, Renzi annuncia un nuovo prelievo sui trattamenti oltre i 2 mila euro
Doccia fredda per i pensionati. Renzi annuncia l'introduzione di un nuovo contributo di solidarietà sulle pensioni sopra i 2500 euro lordi. Immediata la replica di Damiano: "la misura è fuori dalla realtà".
Nelle novità annunciate ieri dal primo ministro, Matteo Renzi, ci sono anche alcuni provvedimenti che potrebbero interessare i pensionati. Non si tratta però delle misure tanto attese, come un allargamento delle maglie degli esodati o l'introduzione dei pensionamenti flessibili, ma di un ennesimo contributo temporaneo di solidarietà a carico dei trattamenti più elevati. E' quanto annunciato dal commissario straordinario alla spending review Carlo Cottarelli nella conferenza stampa di mercoledì. Ma andiamo con ordine.
Secondo Cottarelli il piano di revisione della spesa pubblica sarà articolato in 33 punti con l'obiettivo di conseguire risparmi dai 5 ai 7 miliardi quest'anno, 18 miliardi il prossimo e 35 miliardi nel 2016. I tagli saranno graduali con i primi provvedimenti che potranno essere avviati dal prossimo mese di maggio "sempre che si riesca ad agire seriamente e subito" ha detto Cottarelli. Tra le misure annunciate ci sarà chiaramente una sforbiciata alle auto blu che secondo il presidente del Consiglio dei Ministri "ne devono restare una per ministro e massimo 5 auto per ogni dicastero".
Ma la scure della spending review potrebbe essere calata ancora una volta sulla previdenza. Secondo Cottarelli il settore non può non essere coinvolto: "i costi del sistema sono ancora troppo elevati dato che raggiungono circa il 16 per cento del Pil, per un valore di ben 270 miliardi di euro". A tale riguardo Cottarelli è stato abbastanza chiaro: l'ipotesi è di introdurre "un contributo temporaneo di solidarietà sui trattamenti previdenziali più elevati a beneficio della fiscalizzazione degli oneri per i lavoratori neoassunti". Secondo il commissario verranno colpiti gradualmente solo il 15 per cento degli assegni previdenziali. Si tratterebbe in particolare, anche se in via temporanea, degli assegni sopra i 2500 euro lordi mensili (ossia con la soglia oltre cinque volte il minimo), cifre che a ben guardare non sono in realtà un gran reddito ma che andrebbero a colpire i redditi medi già duramente provati dalla stop all'indicizzazione dei trattamenti negli ultimi anni. Altro che pensioni d'oro.
Secondo Cottarelli l'intervento sulle pensioni è giustificabile anche perché i pensionati, stando alle indagini della Banca d'Italia, "sono tra coloro che riescono più a risparmiare."
Dure le critiche dell'ex ministro del lavoro Cesare Damiano che dal suo blog denuncia: "E’ fortemente contraddittorio il fatto che, allo stesso tempo, si detassino i redditi medio-bassi dei lavoratori dipendenti e si tassino quelli medio-bassi dei pensionati. Se qualcuno pensa che 2.000 euro lordi mensili assomigliano ad una pensione d’oro, è fuori dalla realtà. “In questo modo, da una parte si sostengono i consumi mentre, dall’altra, si deprimono: sarebbe assurdo e non crediamo che il Governo voglia manovre economiche a somma zero. Inoltre, i pensionati non trarranno alcun beneficio dalla manovra e avrebbero un doppio svantaggio. Per questo chiediamo che l’Esecutivo apra un tavolo di confronto con i sindacati per affrontare il tema della indicizzazione delle pensioni. Infine si dovrebbe affrontare, nell’ambito del lavoro autonomo, il tema delle partite IVA autentiche agevolando questi lavoratori, in molti casi giovani, attraverso la fissazione dell’aliquota dei contributi previdenziali al 24%, come nel caso del lavoro autonomo. La manovra può essere completata con queste correzioni che rafforzerebbero il suo carattere di equità".
Sostegno al reddito, pronto il decreto per le mensilità residue del 2014
Secondo fonti vicino al Ministero del Lavoro Poletti pubblicherà il decreto di sostegno del reddito per le mensilità residue relative all'anno 2014.
Nelle prossime settimane dovrebbero esserci dei passi avanti relativamente alla pubblicazione della seconda parte del terzo decreto che ha concesso l'assegno di sostegno al reddito per l'anno 2013 per i lavoratori indicati dell'articolo 12, comma-5 bis del DL 78/2010 convertito con legge 122/2010.
Il decreto numero 76353 del 16 ottobre 2013 era infatti nato con un problema di fondo. Aveva sì concesso la proroga del sostegno del reddito, con esclusione della contribuzione figurativa, in favore dei soggetti per i quali la vecchia finestra di decorrenza era collocata nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2013, ma il prolungamento, in considerazione delle scarse risorse finanziarie reperibili all'epoca, aveva coperto solo una parte del periodo di slittamento della finestra, quello sino al 31 dicembre 2013. Erano rimasti in questo modo prive di copertura le mensilità di slittamento che si collocavano nel nuovo anno, il 2014.
Ora sotto la guida del nuovo ministro, Giuliano Poletti, i tecnici del ministero di via Veneto hanno predisposto la "seconda parte" del decreto interministeriale con il quale sarà concesso il prolungamento dell'intervento di tutela del reddito in favore dei lavoratori già beneficiari della tutela di cui al Dm 76353 limitatamente, questa volta, alle mensilità residue dell'anno 2014 che non erano state coperte con il citato decreto. Con la pubblicazione della seconda parte di questo decreto l'Inps sarà autorizzata pertanto ad erogare il prolungamento dell'intervento di tutela del reddito in favore dei soggetti individuati dal decreto 76353 per le mensilità residue del 2014.
Altra questione sul tavolo del Ministro è quella relativa all'interpretazione dell'articolo 12 comma 5 bis lettera a) del Dl 78/2010 che secondo espressa ammissione dello stesso ministero non si presta ad una interpretazione univoca. Il problema è noto e ruota intorno al significato della disposizione che ammette al beneficio della proroga del sostegno al reddito quei "lavoratori le cui imprese abbiano siglato accordi sindacali per il collocamento in mobilità ordinaria o lunga entro il 30 aprile 2010".
I decreti attuativi della citata disposizione (Dm 63655, Dm 68225, Dm 76353) hanno infatti interpretato la stessa in maniera non omogenea indicando che alla data del 30 Aprile 2010 il lavoratore debba (come ulteriore condizione) aver cessato l'attività lavorativa. In tal modo è stato ristretto il campo di reale operatività della disposizione posto che non tutti i lavoratori le cui imprese abbiano stipulato accordi entro il 30 Aprile 2010 hanno necessariamente cessato l'attività lavorativa alla predetta data. La questione era stata piu' volte sollevata dai sindacati che avevano rappresentato "come al 30 Aprile 2010 i lavoratori in questione potessero non aver ancora cessato l'attività lavorativa" ma per ben due anni la questione non è stata raccolta dal Dicastero.
Il Ministero del Lavoro ha avviato di recente un approfondimento sulla reale portata della norma e sulle diverse implicazioni che ne possono conseguire aprendo dunque alla possibilità di un chiarimento e di un allargamento della platea in oggetto.
Pensionamenti flessibili, ecco la proposta Damiano
Il Pd rispolvera la proposta Damiano per introdurre premialità e penalità per i lavoratori tra i 62 e i 70 anni di età.
Tra le varie riforme in materia previdenziale che potrebbero nei prossimi tempi vedere la luce verde c'è quella legata all'introduzione dei cosidetti pensionamenti flessibili. La riforma si basa sulla proposta di legge presentata il 30 aprile 2013 alla Camera dei Deputati firmata, tra l'altro, dagli onorevoli Damiano, Baretta e Gnecchi e viene oggi riproposta dal Partito Democratico al governo Renzi come base per un intervento volto a risolvere i nodi della Riforma Fornero del 2011. Vediamo più da vicino di che cosa si tratta.
In pensione a 62 anni e 35 di contributi - La proposta di legge prevede che, a partire dal 1° gennaio 2014, le lavoratrici e lavoratori (pubblici, privati ed autonomi) che hanno raggiunto i 62 anni di età che abbiano maturato un' anzianità contributiva di almeno 35 anni, possono accedere a forme di pensionamento flessibili sempre che l'importo dell'assegno pensionistico, secondo l'ordinamento previdenziale di appartenenza, sia pari ad almeno 1,5 volte l'importo dell'assegno sociale.
Nel documento si specifica anche che per la determinazione dell'importo della pensione si consideri l'importo massimo conseguibile, secondo l'ordinamento previdenziale di appartenenza, e si applichi una riduzione o una maggiorazione sulla quota di trattamento pensionistico calcolata con il sistema retributivo a seconda che l'età del pensionando sia inferiore o superiore ai 66 anni (ed in funzione dei contributi versati).
Le penalità e la premiazione - In pratica viene previsto un sistema di penalizzazioni e di premialità a seconda se il lavoratore scelga di cessare l'attività lavorativa prima dei 66 anni o dopo 66 anni entro comunque un range che va dai 62 anni ai 70 anni. Il taglio massimo sull'importo pensionistico è pari all'8% per cento per i lavoratori che decidono di uscire con 62 anni e 35 di contributi e man mano si riduce del 2 % l'anno fino ad annullarsi all'età di 66 anni. Analogamente, qualora il lavoratore decidesse di rimanere sul posto di lavoro oltre i 66 anni subirebbe un incremento dell'assegno pensionistico del 2% l'anno sino ai 70 anni. Pertanto il beneficio massimo conseguibile sarà dell' 8% per cento in corrispondenza dei settant'anni.
Le penalizzazioni e le premialità si applicano sulle anzianità maturate con il sistema retributivo (dunque sulle anzianità maturate sino al 31.12.2011 per chi era nel sistema misto o sino al 31.12.95 per chi ne era rimasto escluso).
In pensione con 41 anni di contributi - Inoltre per le lavoratrici e lavoratori che abbiano maturato almeno 41 anni di anzianità contributiva viene concessa la possibilità di accedere alla pensione anticipata a prescindere dall'età anagrafica e senza incorrere in penalizzazioni.
Stima di Vita - La proposta congela inoltre, almeno per un anno, il prossimo scatto della stima di vita (pari a 4 mesi) previsto dal prossimo 1° Gennaio 2016. Nel documento si specifica infatti che fino al 31 dicembre 2016 l'incremento delle pensionistica dovuto all'allungamento della speranza di vita sia determinato nella misura di 3 mesi complessivi.
La proposta Damiano è stata tuttavia bocciata lo scorso anno per ragioni di copertura finanziaria. Ora però con il nuovo governo Renzi i firmatari dell'originario progetto di legge sono tornati alla carica e hanno chiesto al Premier di ritararla fuori dal cassetto.
Esodati, in 23mila attendono la pubblicazione della quinta salvaguardia
23 mila lavoratori attendono la pubblicazione del quinto decreto di salvaguardia in attuazione delle disposizioni contenute nella legge 147/2013
I lavoratori salvaguardati ai sensi dell'ultimo intervento contenuto nella legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 191 e ss. della legge 147/2013) attendono la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto attuativo. Il decreto è stato già firmato dall'ex ministro del lavoro Enrico Giovannini. Il provvedimento dovrà specificare le regole per la fruizione del beneficio ed indicare, termini e modalità per presentare la domanda.
Le misure contenute nella quinta salvaguardia concederanno la possibilità di mantenere salve le regole pensionistiche vigenti prima dell'entrata in vigore della Riforma Fornero (Dl 201/2011) a 23 mila soggetti individuabili in due macro-categorie.
Da un lato viene infatti ampliato, con il comma 191 dell'articolo 1 della legge 147/2013, di 6mila unità il contingente dei prosecutori volontari salvaguardati ai sensi della lettera b) dell'articolo 1, comma 231 della legge 228/2012. Si tratta degli autorizzati alla prosecuzione volontaria entro il 4 dicembre 2011, con almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile al 6 dicembre 2011, anche che abbiano lavorato (purchè non con contratti a tempo indeterminato e con un reddito massimo lordo annuo di 7.500 euro) che maturano la decorrenza della pensione entro il 6 gennaio 2015. Con questo intervento il contingente passa dunque dalle originarie 1.590 unità (come individuate dal Dm 22 Aprile 2013) a 7.590 unità.
Il secondo fronte invece, riguardante 17mila persone, è quello piu' importante perchè aggiunge nuove fattispecie di lavoratori ammessi in salvaguardia (art. 1, commi 194-198, legge 147/2013); si tratta evidentemente di soggetti che per via dei precedenti paletti non hanno potuto accedervi.
L'intervento del legislatore è stato caratterizzato - in questa salvaguardia - dalla circostanza di aver eliminato il limite reddituale di 7.500 euro - per i prosecutori volontari, cessati dal servizio con accordi e lavoratori con risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro - e nell'aver aperto alla possibilità - per i lavoratori in mobilità ordinaria che non riescono a perfezionare i requisiti per la pensione entro la fruizione della relativa indennità - di mantenere la salvaguardia qualora entro sei mesi dal termine dell'indennità di mobilità riescano a perfezionare, tramite contribuzione volontaria, i requisiti per la pensione. In ogni caso tuttavia resta la condizione - per essere ammessi al beneficio - che la decorrenza della prestazione pensionistica avvenga entro il 6.1.2015 e viene questa volta specificato che il primo pagamento della pensione non potrà avere decorrenza anteriore al 1° Gennaio 2014 (comma 195).
Nello specifico i lavoratori che potranno fruire della quinta salvaguardia sono:
a) i lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione anteriormente al 4 dicembre 2011 i quali possano far valere almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile alla data del 6 dicembre 2011, anche se hanno svolto, successivamente alla data del 4 dicembre 2011, qualsiasi attivita', non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;
b) i lavoratori il cui rapporto di lavoro si e' risolto entro il 30 giugno 2012 in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, dopo il 30 giugno 2012, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;
c) i lavoratori il cui rapporto di lavoro si e' risolto dopo il 30 giugno 2012 ed entro il 31 dicembre 2012 in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, dopo la cessazione, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;
d) i lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato per risoluzione unilaterale, nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, successivamente alla data di cessazione, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;
e) i lavoratori collocati in mobilita' ordinaria alla data del 4 dicembre 2011 e autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione successivamente alla predetta data, che, entro sei mesi dalla fine del periodo di fruizione dell'indennita' di mobilita' di cui all'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, perfezionino, mediante il versamento di contributi volontari, i requisiti vigenti alla data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 201 del 2011;
f) i lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione anteriormente al 4 dicembre 2011, ancorche' al 6 dicembre 2011 non abbiano un contributo volontario accreditato o accreditabile alla predetta data, a condizione che abbiano almeno un contributo accreditato derivante da effettiva attivita' lavorativa nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2007 e il 30 novembre 2013 e che alla data del 30 novembre 2013 non svolgano attivita' lavorativa riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato.