Pensioni

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Antonio Mastrapasqua si è dimesso dopo l’intenzione del Governo Letta di voler riformare il sistema di governance dell'ente previdenziale e di introdurre il divieto di cumulo degli incarichi.

Alla fine, sfiduciato dal governo, Antonio Mastrapasqua ha dovuto rassegnare le dimissioni dall'incarico di presidente dell'Inps. La decisione è arrivata oggi dopo che il premier Letta ha annunciato ieri di voler vietare il cumulo di incarichi che l'ex dirigente aveva abilmente ottenuto in questi ultimi anni in oltre 20 società e  consigli di amministrazione. 

Il pressing del governo era del resto aumentato da diverso tempo. A pesare era la notizia che il commercialista romano, in qualità di direttore generale dell’ospedale israelitico di Roma era stato indagato dai magistrati per truffa aggravata. L'accusa è quella di truccare e gonfiare cartelle cliniche per ottenere rimborsi cospicui dal sistema sanitario nazionale e dalla Regione Lazio.

E' chiaro però che oltre ai problemi giudiziari a rendere indifendibile la posizione dell'ex numero dell’INPS e' stato il cumulo di poltrone incarichi ed emolumenti. Ben 25 secondo l' ultima inchiesta del Fatto Quotidiano, con compensi ovviamente milionari per il superdirigente.

Ma nonostante tutto Mastrapasqua ha provato a resistere fino all’ultimo, irremovibile nel non voler lasciare il suo incarico: “ non faccio nulla di male, nessuna legge lo vieta”. In pratica Mastrapasqua faceva leva su un vuoto normativo secondo il quale per i presidenti e gli amministratori pubblici non esiste un divieto di cumulare un altro incarico in strutture private. Divieto che invece scatta per i politici.

Inevitabile dunque l’intervento di Letta incalzato anche dalla nuova governance del Pd, particolarmente irritata per il comportamento del dirigente. Oggi quindi, di fronte alla presentazione ieri di un disegno di legge che vieta ai presidenti e amministratori pubblici di rivestire cariche in società private e che rivede il complesso normativo della dirigenza dell’Inps e dell’INAIL, Mastrapasqua non ha avuto altra scelta che quella di rassegnare le dimissioni. Era chiaro che non godeva più dell'appoggio del governo.

Per Letta, "questa scelta credo sia saggia e giusta, e ha colto l'iniziativa" presa dal governo e" perché "non si possono assumere incarichi così rilevanti senza esclusività". "Voglio dare atto del suo lavoro in questi anni, fatto in modo corretto", ha proseguito il presidente del Consiglio, ricordando passaggi importanti quali l'unificazione tra Inpdap e Inps. Il premier, poi,  è quindi tornato ad auspicare che per la nuova "governance ci sia un'accelerazione dei tempi".

Il governo dovrà chiedere all'Inps la rimozione dei paletti occultamente imposti all'opzione donna dall'istituto previdenziale nel 2012.

Sul regime sperimentale donna l'Inps potrebbe fare finalmente dietrofront nei prossimi mesi. Il Parlamento ha votato infatti questa settimana una risoluzione, presentata dall'onorevole Maria Luisa Gnecchi in commissione Lavoro alla Camera, che impegna il governo a chiedere all'Inps di rivedere la circolare numero 35/2012, con l'obiettivo di non applicare la finestra mobile, l'aspettativa di vita e ritenere sufficiente la maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi entro il 31 dicembre 2015.

L'ozione donna (articolo 1, comma 9 della legge 243/04) consente alle lavoratrici di accedere alla pensione sino al 31.12.2015 con 57 anni di età (58 se autonome) e 35 anni di contributi a condizione di optare per la liquidazione del trattamento pensionistico con il solo calcolo contributivo. La circolare Inps 35/2012 ha precisato però che - ai fini dell'accesso al regime - entro il 31 dicembre 2015 deve verificarsi la decorrenza del trattamento pensionistico e non la maturazione dei requisiti oltre a disporre l'applicazione della stima di vita (con il risultato che i requisiti anagrafici dal 1° gennaio 2013 sono passati a 57 anni e 3 mesi per le dipendenti e 58 anni e 3 mesi per le autonome).

L'interpretazione restrittiva dell'Inps ha dunque escluso dal beneficio parecchie lavoratrici: tenuto infatti conto che alle donne interessate si applica la finestra di 12 o 18 mesi, rispettivamente per dipendenti o autonome, le lavoratrici in questione sono obbligate a perfezionare i requisiti anagrafici e contributivi entro novembre di quest'anno se dipendenti o maggio 2014 se autonome. In pratica con un anno di anticipo rispetto a quanto previsto originariamente dalla legge 243/04.

Secondo il Ministero dell'Istruzione la mini-sanatoria del Dl 102/2013 prevista in favore di 2.500 soggetti si applica anche al personale della scuola.

Anche il personale della scuola potrà godere dei benefici del dl 102/2013 ai fini dell'accesso alla pensione secondo le vecchie regole. E' quanto ha stabilito la nota numero 481 del Ministero dell'istruzione il 21 gennaio 2014 scorso secondo la quale vengono estese al personale della scuola le disposizioni contenute nell'articolo 11 bis del decreto legge 102/2013. Disposizioni, lo si ricorda, che sanciscono la possibilità di accedere al trattamento pensionistico con i requisiti previgenti all'entrata in vigore della legge Fornero (articolo 24, Dl 201/2011) ai lavoratori pubblici e privati - nel limite di 2500 unità - che nel corso dell'anno 2011 erano in congedo straordinario oppure fruivano dei permessi previsti dalla legge 104.

Tra i potenziali beneficiari, secondo la precisazione ministeriale, si possono dunque annoverare i lavoratori della scuola che nel corso del 2011 erano in congedo straordinario ai sensi dell'articolo 42, comma 5 del DL 151/2001 per assistere parenti disabili in situazione di gravità oppure che fruivano dei permessi (pari a 3 giorni al mese) previsti dalla legge 104 a condizione che maturino la decorrenza della prestazione pensionistica - secondo le vecchie regole - entro il trentaseiesimo mese successivo all'entrata in vigore del DL 201/2011 (cioè entro il 6 gennaio 2015). In ogni caso i primi assegni saranno in pagamento non prima del 1° gennaio 2014 secondo quanto disposto dall'articolo 11-bis del Dl 102/2013.

Si è tratta chiaramente di una mini sanatoria che potrà recuperare solo una piccola percentuale dei quasi 4.000 dipendenti scolastici, tra insegnanti e Ata (personale ausiliario, tecnico e amministrativo), che sarebbero dovuti andare in pensione tra il 2012 e il 2015. Secondo alcune previsioni, potranno accedere al beneficio una quota tra il 15 e il 20% dei 2500 posti complessivamente in palio tra pubblico e privato.

La domanda di pensione deve essere inoltrata alle competenti direzioni territoriali del ministero del lavoro entro il 26 febbraio 2014 con le modalità indicate nella circolare n. 44 del 12 novembre 2013. La domanda di cessazione dal servizio potrà essere inviata all’amministrazione scolastica, con la modalità cartacea, oltre il termine del 7 febbraio 2014 stabilito dal decreto ministeriale n. 1058 del 23 dicembre 2013.

Con la legge 147/2013 vengono estesi i benefici del mantenimento delle vecchie regole previdenziali ad ulteriori 23 mila lavoratori esodati

Com'è noto il governo è intervenuto per la quinta volta in materia di salvaguardia rispetto alle nuove regole previdenziali introdotte con la legge 201/2011. Il veicolo utilizzato questa volta, come l'anno scorso, è stata la legge di stabilità approvata poche settimane fa dal Parlamento (legge 147/2013) che di fatto estende il rispetto delle vecchie norme previdenziali (vigenti sino al 31 dicembre 2011) ad un ulteriore contingente di 23 mila esodati.

La misura nello specifico interviene su due fronti. Da un lato il governo estende con il comma 191 dell'articolo 1 della legge 147/2013 di 6mila unità il contingente dei prosecutori volontari salvaguardati ai sensi della lettera b) dell'articolo 1, comma 231 della legge 228/2012. Si tratta degli autorizzati alla prosecuzione volontaria entro il 4 dicem­bre 2011, con almeno un contributo vo­lontario accreditato o accreditabile al 6 dicembre 2011, anche che abbiano lavorato (purchè non con contratti a tempo indeterminato e con un reddito massimo lordo annuo di 7.500 euro) che maturano la decorrenza della pen­sione entro il 6 gennaio 2015. Con questo intervento il contingente passa dunque dalle originarie 1.590 unità (come individuate dal Dm 22 Aprile 2013) a 7.590 unità.

Il secondo fronte invece, riguardante 17mila persone, introduce nuove fattispecie di salvaguardia (Art. 1, commi 194-198, legge 147/2013). Nello specifico vengono ammessi alla tutela:

a) gli au­torizzati alla contribuzione volontaria prima del 4 dicembre 2011 con un contri­buto volontario accreditato o accreditabi­le al 6 dicembre anche se hanno svolto dopo il 4 dicembre 2011 attività lavorativa non a tempo indeterminato (indipendentemente quindi dal reddito conseguito);

b) i contributori volontari anche se non hanno un contributo volontario accreditato o accreditabi­le al 6 dicembre a condizione che abbiano almeno un contributo accreditato derivante da effettiva attivita' lavorativa nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2007 e il 30 novembre 2013 e che alla data del 30 novembre 2013 non svolgano attivita' lavorativa riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

c) i cessati dal servizio entro il 31 dicembre 2012 a seguito di accordi individuali o collettivi di incenti­vo all'esodo sottoscritti entro il 31 dicembre 2011 anche se dopo l'esodo hanno lavorato purché non a tempo indeterminato;

d) chi è stato licenziato tra il 2007 e il 2011 anche se in seguito ha lavorato purché non a tempo indeterminato;

e) coloro che sono stati collocati in mobilità ordinaria entro il 4 dicembre 2011 ed sono stati autorizzato alla prosecuzione volontaria della contribu­zione se entro sei mesi dalla fine della mo­bilità verseranno i contributi volontari per raggiungere i requisiti ante riforma.

E' posta come condizione che la decorrenza della pensione per queste 17mila persone de­bba verificarsi - secondo quanto prevedevano le vecchie regole - tra il 1° Gennaio 2014 ed il 6 genna­io 2015 (comma 195, articolo 1, legge 147/2013). La formulazione della norma è tuttavia dubbia. Nello specifico il comma 195 infatti non precisa se coloro che avrebbero l'apertura della finestra prima del 1° Gennaio 2014 siano esclusi tout court dalla salvaguardia o se, come sembra, il pagamento della pensione avverrà solo da quella data.

Come si nota, nella maggior parte dei ca­si, l'ampliamento della platea di beneficiari è stato ottenuto allentando il vincolo ri­guardante il reddito da lavoro previsto nei precedenti interventi di salvaguardia. Le modalità operative di attua­zione saranno definite, in modo analogo a quanto già avvenuto per altre misure precedenti, con un decreto interministe­riale che dovrà essere promulgato entro il 2 marzo 2014 (60 giorni dall'entrata in vigore della legge 147/2013).

Per la salvaguardia dei 23mila è previ­sta una spesa massima di 950 milioni di euro dal 2014 al 2020, finanziata, tra l'al­tro, anche con l'ulteriore innalzamento delle aliquote contributive a carico di una parte degli iscritti alla gestione separata dell'Inps. L'Inps, come al solito, monitorerà le domande presentate dai lavoratori interessati e al raggiungi­mento di quota 17mila, non dovrà accetta­re ulteriori richieste di ammissione al beneficio in parola.

La legge di stabilità 2014 (l.n. 147/2013) reca una norma di interpretazione autentica concernente le gestioni previdenziali obbligatorie facenti capo ad enti previdenziali di diritto privato, al fine di specificare che gli atti e le deliberazioni adottati dagli enti ed approvati dai Ministeri vigilanti prima del 1° gennaio 2007, sono fatti salvi unicamente a condizione che essi siano intesi ad assicurare l'equilibrio finanziario di lungo termine delle gestioni previdenziali. 

La legge dunque conferma che, a condizione che siano finalizzati ad as­sicurare l'equilibrio finanziario di lungo ter­mine, tutti gli atti e le deliberazioni adottati dagli enti e approvati dai Ministeri vigilanti prima del 2007 si intendono legittimi ed effi­caci. Nello specifico la norma concede una in­terpretazione autentica dell'ultimo periodo dell'arti­colo 1, comma 763, della legge 296/2006 secondo la quale gli enti che evidenziano squilibri finanziari possono rivedere le prestazioni garantite in maniera graduale, te­nendo conto del principio del pro rata e nel rispetto dell'equità tra generazioni. L'interpretazione si è resa necessaria per rafforzare la posizione degli enti previdenziali di diritto privato dai contenziosi presentati dagli iscritti che hanno avuto una riduzione delle tutele previdenziali erogate sulla base di atti approvati prima del 2007.

La legge di stabilità interviene anche sulle spese di funzionamento di tali enti, consentendo che, a decorrere dal 2014, gli enti previdenziali adempiano gli obblighi di contenimento della spesa a cui sono soggetti sulla base della normativa vigente effettuando, in via sostitutiva, un riversamento in favore dell’entrata del bilancio dello Stato, entro il 30 giugno di ciascun anno, pari al 12 per cento della spesa sostenuta per i consumi intermedi nell’anno 2010.

Sono sempre più le donne che decidono di accedere alla pensione contributiva con l'opzione donna 57 anni di età 58 per l'autonomia e 35 anni di contributi dopo l'entrata in vigore della riforma Fornero.

Secondo i dati dall'Inps le domande per accedere al regime sperimentale donna introdotto nel 2004 hanno registrato negli ultimi 2 anni una forte crescita. Il regime donna, è noto, si tratta purtroppo dell'unica scappatoia attualmente ancora disponibile per poter andare in pensione con un po' di anticipo rispetto alle nuove regole. Un beneficio, se così può essere chiamato, fruibile solo per il gentil sesso a condizione però di avere una pesante penalizzazione dal punto di vista economico. Chi opta per l'opzione donna otterrà infatti la liquidazione della pensione con il calcolo contributivo che significa, a conti fatti, una decurtazione dell'assegno medio che può toccare anche il 35 per cento.

Nonostante questi risvolti economici negativi lo sperimentale rimane l'unico canale d'uscita anticipato che ha superato indenne le maglie restrittive della Riforma Fornero del Dicembre 2011. E non sorprende quindi il fatto che nei primi due anni dall'introduzione della Riforma, le domande per l'opzione donna hanno subito un vero e proprio boom. Secondo i dati dell'INPS infatti l'opzione prevista dall'articolo 1, comma 9, della legge 243 del 2004 e' stata scelta da oltre 17.500 donne in tutto con una fortissima accelerazione nello scorso anno quando si è toccata quota 8.846 domande (contro le 5.646 del 2012).

Una vera e propria corsa destinata però a fermarsi in anticipo rispetto a quanto originariamente previsto. Secondo la circolare 35/2012 Inps possono infatti fruire del beneficio solo le donne con 57 anni di età (58 le autonome) e 35 anni di contributi la cui finestra di decorrenza si apra entro il 31 Dicembre 2015 (cioè una volta perfezionati i requisiti bisogna aggiungere il periodo di finestra mobile di 12 o 18 mesi a seconda se trattasi di lavoratrice dipendente o autonoma). Nella legge istitutiva in realtà non si faceva alcun riferimento alla decorrenza lasciando immaginare che il beneficio fosse fruibile a condizione di maturare i soli sopra citati requisiti anagrafici e contributivi entro il 31.12.2015.

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