Bernardo Diaz

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Bernardo Diaz, dottore commercialista collabora con PensioniOggi.it dal novembre del 2015.  

I dipendenti pubblici saranno collocati in pensione d'ufficio al raggiungimento dei 65 anni qualora abbiano maturato a tale data un diritto a pensione.

Kamsin Con l'abolizione del trattenimento in servizio, previsto dal dl 90/2014, i lavoratori della pubblica amministrazione potranno essere collocati in quiescenza al compimento del 65° anno di età, cioè al raggiungimento del limite ordinamentale per il servizio, limite vigente in molte delle Pa. La prosecuzione del rapporto di lavoro fino ai nuovi limiti anagrafici (66 anni 3 mesi) per la pensione di vecchiaia sarà ammissibile infatti solo ove, al raggiungimento del 65° anno di età, non risulti perfezionato un diritto a pensione. 

Sono questi gli effetti combinati del Dl 90/2014 e della regola introdotta nel Dl 101/2013 per i lavoratori delle Pa. In altri termini nel pubblico impiego il lavoratore deve lasciare il posto a 65 anni se a tale età ha maturato un qualsiasi diritto a pensione (si tratta principalmente del caso in cui il lavoratore ha raggiunto i requisiti contributivi per la pensione anticipata). In caso contrario il rapporto proseguirà fino ai nuovi limiti previsti per il conseguimento della pensione di vecchiaia. E superati i 65 anni il rapporto di lavoro si intenderà risolto al perfezionamento del primo requisito per la pensione senza che l'interessato possa chiedere di proseguire il rapporto di lavoro per un altro biennio.

Come si ricorderà infatti l’articolo 2, comma 5, del Dl 101/2013 ha interpretato autenticamente l’articolo 24 della riforma Monti-Fornero nel senso che per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni il limite ordinamentale – al raggiungimento del quale l’amministrazione deve far cessare il rapporto di lavoro se il lavoratore ha conseguito, a qualsiasi titolo, i requisiti per il diritto a pensione – non è modificato dall’elevazione dei requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia; si fa eccezione solo per il trattenimento in servizio o per far conseguire all’interessato la prima decorrenza utile della pensione. Ora, con l'abolizione del trattenimento in servizio, sarà possibile pertanto superare il limite ordinamentale solo per far conseguire la pensione di vecchiaia quando l'interessato non ha maturato un diritto a pensione entro il 65° anno di età. Resta ferma comunque la possibilità di permanere sul posto di lavoro per il raggiungimento dell'anzianità contributiva minima richiesta per la pensione di vecchiaia (cioè 20 anni) anche se tale requisito dovesse risultare perfezionato successivamente al compimento dell'età anagrafica prevista per la pensione di vecchiaia.

La misura peraltro è sorretta anche dall'ulteriore possibilità (non obbligo) per la Pa, contenuta nel Dl 90/2014, di risolvere il rapporto di lavoro al raggiungimento dei requisiti per la pensione anticipata purchè il soggetto abbia perfezionato il 62° anno di età (65° anno per i dirigenti medici e del ruolo sanitario). La decisione della Pa dovrà essere in tal caso motivata con riferimento alle esigenze organizzative e senza pregiudizio per la funzionale erogazione dei servizi.

Restano fuori da queste regole i magistrati, i professori universitari e gli Avvocati dello Stato. Si tratta di categorie di lavoratori per i quali è infatti previsto un limite ordinamentale piu' elevato, pari a 70 anni. Per costoro il pensionamento d'ufficio scatterà solo al raggiungimento del 70° anno di età e, peraltro, le Pa non potranno anticipare la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro già all'età di 62 anni. 

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Con l'abolizione del trattenimento in servizio, previsto dal dl 90/2014 a partire dal 31 Ottobre 2014, i lavoratori della pubblica amministrazione saranno collocati in quiescenza al compimento del 65° anno di età, cioè al raggiungimento del limite ordinamentale vigente in molte Pa. Kamsin Esclusi i magistrati e i professori universitari che potranno raggiungere il 70° anno di età (godendo peraltro di una pensione piu' succulenta grazie all'attivazione di coefficienti di trasformazione piu' elevati). La prosecuzione del rapporto di lavoro fino ai nuovi limiti anagrafici (66 anni 3 mesi) potrà essere ammessa solo per far sì che l'interessato acquisisca la pensione qualora a 65 anni non risulti perfezionato alcun diritto.

Come si ricorderà infatti l’articolo 2, comma 5, del Dl 101/2013 ha interpretato autenticamente l’articolo 24 della riforma Monti-Fornero nel senso che per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni il limite ordinamentale – al raggiungimento del quale l’amministrazione deve far cessare il rapporto di lavoro se il lavoratore ha conseguito, a qualsiasi titolo, i requisiti per il diritto a pensione – non è modificato dall’elevazione dei requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia; si fa eccezione solo per il trattenimento in servizio o per far conseguire all’interessato la prima decorrenza utile della pensione. Ora con l'abolizione del trattenimento in servizio sarà possibile pertanto superare il limite ordinamentale solo per far conseguire la pensione di vecchiaia quando l'interessato non ha maturato un diritto a pensione anticipata entro il 65° anno di età. Resta ferma comunque la possibilità di permanere sul posto di lavoro per il raggiungimento dell'anzianità contributiva minima richiesta per la pensione di vecchiaia (cioè 20 anni) anche se tale requisito dovesse risultare perfezionato successivamente al compimento dell'età anagrafica prevista per la pensione di vecchiaia.

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E' stata confermata nel decreto sulla Pa la norma che consente alle imprese editoriali in crisi che avviano un processo di ristrutturazione, di ricorrere al prepensionamento dei giornalisti. Kamsin La misura, nel rifinanziare gli oneri per l'accesso alla pensione di vecchiaia anticipata dei giornalisti professionisti iscritti all'Inpgi, prevede che i trattamenti di vecchiaia anticipata possano essere attivati dalle imprese editrici in crisi a condizione che sussistano appositi piani di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale. I piani devono prevedere la contestuale assunzione di personale giornalistico in possesso di competenze professionali, coerenti con la realizzazione dei programmi di rilancio e sviluppo aziendale, nel rapporto minimo di un'assunzione a tempo indeterminato ogni 3 prepensionamenti. Il vincolo tuttavia non interesserà le imprese i cui accordi prevedano un massimo di 5 prepensionamenti.

La misura pertanto subordinerà la possibilità, per le imprese editoriali, di procedere al prepensionamento dei giornalisti alla presentazione di appositi piani di ristrutturazione aziendale che prevedano uno specifico "turnover" minimo del personale. Le imprese che avevano già presentato istanza per il collocamento in prepensionamento dovranno integrare i piani di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale già presentati con le assunzioni indicate dalla nuova norma. 

Inoltre si prevede che per il sostegno degli oneri derivanti dalle prestazioni di vecchiaia anticipate per i  giornalisti dipendenti da aziende in ristrutturazione o riorganizzazione per crisi aziendale (di cui all'articolo 41-bis, comma 7, del D.L. 207/2008) di una spesa di 3 milioni di euro per il 2014, 9 milioni di euro per il  2015, 13 milioni di euro per il 2016, 13 milioni di euro per il 2017, 10,8 milioni di euro per il 2018 e 3 milioni di euro per il 2019.

La disposizione prevede anche la revoca dei finanziamenti concessi nei confronti dei giornalisti i  quali abbiano optato per i trattamenti di vecchiaia anticipata finanziati nel caso in cui sia intervenuta l'instaurazione di rapporti di lavoro dipendente o autonomo (di cui all'articolo 2222 e ss. c.c.), anche in forma di collaborazione coordinata e continuativa, ovvero la sottoscrizione di contratti per la cessione del diritto d'autore (anche nel caso in cui il  rapporto di lavoro sia instaurato con azienda diversa facente capo al medesimo gruppo editoriale).

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I trattamenti di cassa integrazione in deroga non potranno superare gli 11 mesi nel 2014, e i 5 mesi nel 2015, il beneficio sarà concesso inoltre solo ai lavoratori con almeno 12 mesi di anzianità aziendale (8 mesi per il 2014). Esclusi dal beneficio i casi di cessazione dell'attività di impresa o di parte della stessa e gli studi professionali. Kamsin Sono questi i nuovi paletti fissati nel decreto interministeriale Lavoro-Economia numero 83473 firmato lo scorso 1° Agosto (il testo è qui disponibile) che riordina i criteri di concessione della cassa e della mobilità in deroga. Le novità entreranno subito in vigore.

Per quanto riguarda la fruizione della cassa integrazione in deroga il provvedimento incrementa l'anzianità lavorativa necessaria per accedere al trattamento da 90 giorni ad almeno 12 mesi, fissa un limite di 11 mesi per il 2014 e 5 mesi per il 2015 per la fruizione del beneficio. Norme ancora piu' restrittive sulla mobilità in deroga per la quale il decreto stabilisce che, per il 2014, il beneficio non potrà superare i 5 mesi, non ulteriormente prorogabili, per quei lavoratori che abbiamo già beneficiato di prestazioni di mobilità in deroga per almeno 3 anni, anche non continuative. Per quei lavoratori che non hanno raggiunto i 3 anni di prestazione la proroga per il 2014 salirà fino a 7 mesi, anche in questo caso non ulteriormente prorogabili. Solo ai lavoratori del Mezzogiorno, che ricadono nelle aree individuate dal Dpr 218, la mobilità in deroga potrà essere prorogata di ulteriori 3 mesi sia che abbiano tre anni di mobilità in deroga alle spalle sia che non li raggiungano. Dal 1° gennaio 2017 la mobilità in deroga scomparirà per tutti.

Il regime Transitorio - Il decreto prevede anche un regime transitorio, limitato al 2014, nel quale sono ammesse specifiche deroghe a livello nazionale e regionale per consentire una gestione razionale del passaggio dal precedente all'attuale regime.  La cassa integrazione in deroga potrà essere concessa per crisi aziendali temporanee, o determinate da eventi transitori, e in caso di ristrutturazione o riorganizzazione. Solo per il 2014 è possibile "derogare" ai nuovi tetti di durata. A livello nazionale, solo in presenza di programmi di reindustrializzazione o riconversione di specifiche aree territoriali, ed entro un limite di spesa di 55 milioni. A livello regionale, entro 70 milioni e comunque in misura non superiore al 5% delle risorse attribuite.

La nuova modalità di autorizzazione - Il provvedimento modifica anche la procedura di autorizzazione dell'ammortizzatore sociale: l'azienda dovrà presentare, in via telematica, a Inps e Regione, la domanda di proroga concessione dello strumento; per poter accedere al beneficio, inoltre, l'impresa deve avere prima fatto ricorso agli strumenti ordinari di flessibilità.

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Cambiano le regole per l'accesso alla mobilità ed alla cassa integrazione in deroga. Con l'entrata in vigore del decreto interministeriale Lavoro-Finanze firmato lo scorso 1° Agosto (di cui si attende la pubblicazione ufficiale), in concomitanza con un nuovo stanziamento di risorse che, per il 2014, porta a una copertura complessiva di 1 miliardo e 720 milioni di euro vengono stabiliti nuovi criteri per l'accesso a questi due ammortizzatori sociali in vista della loro definitiva abolizione prevista per il 2017. Kamsin

La legge 92/2012, in attesa che vada a regime il sistema dei Fondi di solidarietà bilaterali, costituiti dalle organizzazioni sindacali e imprenditoriali, ha infatti previsto un regime di transizione per il 2013-2016 in considerazione del perdurante stato di debolezza dei livelli produttivi del paese. Per il periodo transitorio però le risorse sono state ridotte rispetto al passato e quindi i criteri sono oggi piu' restrittivi. Ecco quindi che il nuovo Dm prevede che possono richiedere il trattamento di integrazione salariale in deroga alle nome vigenti esclusivamente le imprese di cui all'articolo 2082 del Codice civile, ossia coloro che svolgono con continuità una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi. Il che, per orientamento consolidato porta a escludere dal novero dei fruitori i liberi professionisti che non sono considerati "imprenditori" salvo che agiscano in forma di società di persone o di capitali. Inoltre il diritto alle imprese è subordinato alla preventiva adozione degli altri strumenti di flessibilità, inclusa la fruizione delle ferie residue. Quanto ai lavoratori, le tutele interessano i soli dipendenti, a eccezione dei dirigenti, con un'anzianità lavorativa di almeno 12 mesi

Cig in deroga - Il decreto stabilisce che la cig in deroga può essere concessa e prorogata solo ai dipendenti di imprese (ex art. 2082 del codice civile), con qualifica di operai, impiegati e quadri, compresi apprendisti e somministrati. Pertanto, come anticipato, restano fuori i dipendenti di studi professionali. Inoltre, i lavoratori beneficiari sono quelli in possesso di un'anzianità lavorativa presso l'impresa di almeno 12 mesi alla data d'inizio del periodo di cig in deroga. L'ammortizzatore è concesso, inoltre, solo nei casi di sospensione o riduzione di attività lavorativa (in nessun caso per l'ipotesi di cessazione dell'attività d'impresa o di parte di essa) per le seguenti motivazioni: a) situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all'imprenditore o ai lavoratori; b) situazioni aziendali determinate da situazioni temporanee di mercato; c) crisi aziendali; d) ristrutturazione o riorganizzazione.
Inoltre la concessione della cig in deroga è ancorata al fatto che l'impresa abbia previamente utilizzato gli strumenti ordinari di flessibilità, ivi inclusa la fruizione delle ferie residue.

Per quanto riguarda la durata il provvedimento fissa l'asticella in 11 mesi per l'anno 2014 e in 5 mesi per l'anno 2015. Infine, per la richiesta il decreto stabilisce che l'impresa presenti in via telematica una domanda all'Inps e alla regione, corredata dell'accordo quadro stipulato in sede regionale, entro 20 giorni dalla data in cui ha avuto inizio la sospensione o la riduzione dell'orario di lavoro.

Mobilità in deroga -  L'indennità di mobilità in deroga può essere erogata dalle regioni e province autonome, nel limite delle risorse rese disponibili, ai lavoratori privi di altra tutela legata alla cessazione del rapporto di lavoro. Anche in questo caso il decreto stabilisce che i lavoratori interessati sono soltanto quelli provenienti da imprese, con l'esclusione degli studi professionali. Potenziali beneficiari del provvedimento sono: 1) i lavoratori che alla decorrenza del trattamento abbiano già beneficiato di mobilità in deroga per almeno tre anni, anche non continuativi, per un periodo che, unito ai periodi già concessi per effetto di accordi stipulati prima dell'entrata in vigore dei nuovi criteri, non superi cinque mesi, non prorogabili, più altri tre mesi nel caso di lavoratori residenti nel Mezzogiorno (dpr n. 218/1978); 2) i lavoratori che alla decorrenza del trattamento abbiano beneficiato di mobilità in deroga per meno di tre anni, per altri sette mesi, non prorogabili, più ulteriori tre mesi nel caso di lavoratori residenti nelle aree del Mezzogiorno.

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