Bernardo Diaz

Bernardo Diaz

Bernardo Diaz, dottore commercialista collabora con PensioniOggi.it dal novembre del 2015.  

L'Inps ha diffuso la circolare applicativa in materia di armonizzazione all’assicurazione generale obbligatoria dei requisiti minimi di accesso al sistema pensionistico di alcune categorie di personale iscritto presso l’INPS, ex-ENPALS ed ex- INPDAP.

Kamsin La Circolare Inps 86/2014 ha specificato le modalità di allungamento dei requisiti di accesso alla pensione, vigenti dal 1° gennaio 2014, nei confronti dei cd. lavoratori armonizzati ai sensi del Dpr 157/2013 pubblicato lo scorso gennaio in Gazzetta Ufficiale; si trattava, com'è noto, di un provvedimento previsto dal decreto legge 201/2011 (riforma Monti-Fornero), che ha ridisegnato la previdenza, anche se il suo percorso attuativo si è prolungato nel tempo.

Il provvedimento prevede il lento e progressivo adeguamento dei requisiti minimi di accesso alla pensione per diverse categorie di lavoratori (che godevano sino al 31 dicembre 2013 di requisiti diversi da quelli vigenti nell’assicurazione generale obbligatoria), armonizzandoli a quelli che sono previsti nell'Ago.
Le categorie di lavoratori coinvolti dal provvedimento sono gli spedizionieri doganali, i poligrafici per quanto riguarda il prepensionamento, il personale viaggiante addetto ai pubblici servizi di trasporto, il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea, i marittimi, i lavoratori dello spettacolo e gli sportivi professionisti (ex Enpals) e i dipendenti dell'Enav. 

L'inps con la Circolare conferma sostanzialmente l'impianto del Dpr 157/2013 ribadendo tuttavia che tutti i requisiti ivi indicati devono essere adeguati alla stima di vita in base alle norme generali. E dunque devono subire un immediato incremento di 3 mesi a partire dal 1° gennaio 2014, primo di anno di entrata in vigore della normativa in oggetto. I comparti regolati nel provvedimento inoltre subiscono la disapplicazione della finestra mobile.

Il regolamento, lo si ricorda, ha previsto l'incremento dei requisiti di accesso alla pensione per il soppresso Fondo degli spedizionieri doganali. Qui il requisito anagrafico per la prestazione di vecchiaia viene innalzato a 66 anni, rispetto ai 65 della vecchia normativa. Inoltre viene consentita la possibilità di totalizzare questi contributi che finora erano rimasti esclusi.

Per i poligrafici dipendenti da aziende in crisi il requisito contributivo di trentadue anni per accedere al prepensionamento viene innalzato a 35 anni per il biennio 2014-2015, a 36 anni per il 2016-2017 e a 37 anni a decorrere dal 2018.

Il regolamento ha incrementato poi i requisiti pensionistici del cd. personale viaggiante cioè i dipendenti di pubblici servizi di trasporto. Sino al 31.12.2013 i soggetti potevano andare in pensione a 60 anni (55 anni le donne); dal 2014 il requisito per il riposo viene fissato in 5 anni prima dell'età pensionabile prevista nel regime generale obbligatorio. In particolare dal 2018 saranno necessari, per uomini e donne, 61 anni di età per il pensionamento di vecchiaia.

Per i piloti del pilotaggio marittimo la pensione di vecchiaia viene liquidata, dal 1° gennaio 2014, al raggiungimento del requisito anagrafico ridotto di cinque anni rispetto a quello tempo per tempo in vigore nel regime generale obbligatorio. Per i marittimi adibiti al servizio di macchina il requisito anagrafico viene portato a 56 anni di età fino al 31 dicembre 2014, e innalzato a 57 anni per il periodo intercorrente tra il primo gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017. Dal primo gennaio 2018 il requisito viene fissato al raggiungimento di 58 anni di età.

Aumentano anche i requisiti per il pensionamento di vecchiaia degli ex-enpals e per gli iscritti al fondo sportivo professionisti. Per i ballerini l'età passa a 46 anni dai 45 anni previsti precedentemente; l'età pensionabile degli attori invece salirà da 63 a 64 anni; quella delle attrici passerà gradualmente dai 58 anni prima della Riforma a 64 anni nel 2022; per gli sportivi l'età per il collocamento a riposo è fissata in 53 anni.

Zedde

Dal 6 luglio verranno azzerati gli errori commessi (dal 2001 in poi) dall'Inps nel calcolo della pensione. A partire dal 6 luglio, dunque, i pensionati che negli anni passati avevano riscontrato errori di calcolo nelle loro pensioni non potranno più rivendicarne la rettifica a proprio favore. Kamsin E' quanto ha ricordato la Circolare della Fondazione Studi dei consulenti del lavoro che ricorda come la legge 111/2011 ha introdotto un termine di decadenza triennale per il diritto dei pensionati a ricorrere in giudizio contro gli errori dell'Inps contro i dieci stabiliti in precedenza. La norma non contiene un regime transitorio e dunque si applica anche agli errori commessi prima dell'entrata in vigore della legge 211/2011 e quindi anche prima del 6 luglio 2011 qualora non sia stato presentato ricorso per ottenere il ricalcolo. Per tale ragione, nonostante le rassicurazioni dell'Inps che ha minimizzato la situazione, la Fondazione consiglia ai pensionati che abbiano dubbi di rivolgersi all'autorità giudiziaria per bloccare il termine il decadenza.

Per le prestazioni erogate, invece, a decorrere dalla data del 6 luglio 2011 il termine di decadenza triennale inizia a decorrere dalla data del provvedimento formale di liquidazione o se
precedente (o mancante) dalla data del pagamento della prestazione. Pertanto il pensionato avrà tre anni entro cui accorgersi degli errori commessi dall'Inps nel calcolo della propria pensione; in assenza di contestazione, perderebbe questo diritto anche per il futuro mantenendo dunque una pensione sbagliata a vita. La Fondazione tuttavia ricorda che il termine di decadenza di tre anni per dell’azione giudiziaria, decorre dalla corresponsione di ogni singolo rateo di prestazione e quindi il diritto di ogni rateo è da considerarsi autonomo rispetto al complessivo diritto alla pensione.

Interessati alla vicenda sono potenzialmente milioni pensionati in quanto l'Inps risulta essere l'unico depositario di tutti gli elementi di calcolo e l'istituto non ha obbligo di segnalare gli eventuali errori. Pertanto scovare gli errori risulta molto difficile. Le categorie piu' a rischio sono tuttavia abbastanza note. Di particolare evidenza è il caso dei soggetti che si sono trovati
in mobilità nel periodo di ricerca della retribuzione media pensionabile a partire dal 2009. Infatti l’INPS ha provveduto ad applicare il tasso di variazione delle retribuzioni contrattuali del settore di appartenenza, solo fino al 31 dicembre 2008. Pertanto si rinviene la possibilità che le pensioni con decorrenza successiva a tale data, erogate a soggetti in mobilità, possono essere inficiate sistematicamente da errore.

A rischio anche chi ha fruito di un periodo di malattia, maternità, cassa integrazione e piu' in generale di contribuzione figurativa. Talvolta infatti, per un deficit di informazione tra sostituto di imposta ed INPS, al lavoratore viene accreditato un numero di settimane (ai fini del diritto e della misura), inferiore a quello spettante. Tale circostanza risulta più frequente nel caso in cui il lavoratore ha diritto ad un accredito figurativo. 

Non è raro inoltre che ci siano errori in sede di valutazione dei redditi dei pensionati nonché dalla non corretta applicazione della perequazione delle pensioni campo in cui si sono susseguiti molti interventi di recente. 

Zedde

I lavoratori che accedono alla pensione in regime di salvaguardia, cioè mantenendo le regole pensionistiche vigenti al 6 dicembre 2011, non subiranno la decurtazione dell'1%-2% prevista dall'articolo 24, comma 10 del Dl 201/2011 qualora non abbiano compiuto i 62 anni. Kamsin E' quanto si apprende da alcune risposte fornite dalle sedi territoriali dell'Istituto di previdenza nei giorni scorsi. L'interpretazione dell'Inps conferma sostanzialmente quanto già si riteneva in materia ribadendo che la penalizzazione riguarda solo i lavoratori che accedono alla pensione anticipata con i requisiti post-Riforma Fornero (messaggio Inps 19202/2013).

In sintesi pertanto con la normativa vigente una lavoratrice che accederà alla pensione anticipata con i 41 anni e sei mesi di contributi subirà le penalità legate all'età (taglio dell'1% per ogni anno di anticipo rispetto a 62 anni e del 2% per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto all'età di 60 anni) se non avrà compiuto i 62 anni e l'anzianità contributiva non risulterà composta da prestazione effettiva di lavoro, includendo i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per infortunio, per malattia e cassa integrazione guadagni ordinaria, nonché per la donazione di sangue e di emocomponenti, come previsto dall'articolo 8, comma 1, della legge 21 ottobre 2005, a 219, e per i congedi parentali di maternità previsti dal Dlgs 26 marzo 2001, n. 151, nonché per i congedi e i permessi concessi ex articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, a 1424.

Se invece l'accesso al pensionamento avverrà in deroga, grazie a una delle cinque salvaguardie previste dalla normativa vigente e l'Inps ha accolto la relativa istanza, allora la pensione non subirà le penalità citate ancorchè la lavoratrice non avrà perfezionato i 62 anni di età.

Zedde

La riforma della pubblica amministrazione (all'articolo 3 del Dl 90/2014) rivede le norme che disciplinano il turnover confermando il progressivo allentamento del blocco che era stato imposto in questi ultimi anni per far fronte ad esigenze di cassa. Kamsin Le amministrazioni statali nel 2014 potranno sostituire il personale cessato l'anno precedente nel limite del 20%, tetto che passa al 40% nel 2015, poi al 60% nel 2016, all'80% nel 2017, per arrivare al turnover completo nel 2018.

La vera novità è però l'eliminazione a decorrere dal 2014, per le amministrazioni centrali, del vincolo relativo alla percentuale delle unità cessate nell’anno precedente (c.d. limite capitario), mantenendo solo quello  legato alla percentuale di risparmi da cessazione. In altri termini cambiano le modalità di calcolo del limite, che dall'entrata in vigore del decreto legge fa riferimento solo alla spesa e non più alle teste.

Per gli enti di ricerca il decreto legge elimina la previsione che impedisce di calcolare, ai fini della determinazione delle risorse finanziarie da destinare a nuove assunzioni, il maturato economico delle retribuzioni del personale cessato. Anche in questo settore percentuali di copertura del turnover immutate (50% nel 2014-2015, 60% nel 2016, 80% nel 2017 e 100% dal 2018), ed una nuova condizione: potranno assumere solo gli enti la cui spesa per il personale di ruolo non supera l'80% delle entrate correnti secondo il bilancio consuntivo dell'anno precedente. Altrimenti scatta il divieto di nuove assunzioni a tempo indeterminato.

Modifiche significative riguardano invece, come ambito soggettivo, le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno. La previsione è di semplificazione dell’attuale regime e di graduale aumento delle percentuali di turn-over e quindi di assunzioni a tempo indeterminato.  In loro favore è, infatti, previsto un significativo innalzamento della percentuale di copertura del turnover, che passa dal 40% al 60% già nel 2014 (articolo 3, comma 5 del Dl 90/2014). L'incremento è confermato nel 2015, arriva all'80% nel biennio 2016-2017 e arriva al 100% nel 2018. Inoltre, viene abrogato il discusso articolo 76, comma 7, del Dl 112/2008, che vietava le assunzioni agli enti con incidenza della spesa di personale sulla spesa corrente superiore al 50%, consolidando anche le aziende speciali, le istituzioni e le partecipate.

Zedde

Dal 25 Giugno è arrivato l'atteso stop ai trattenimenti in servizio per i lavoratori delle pubbliche amministrazioni. E' questa una delle principali novità contenute nel decreto legge sulla riforma della pubblica amministrazione (articolo 1, comma 1 del decreto legge 90/2014)  che di fatto,  introduce  la regola generale, riguardante tutte le categorie del pubblico impiego, del collocamento a riposo al raggiungimento dei limiti di età. Kamsin L'intervento è contenuto nei primi quattro commi del citato articolo con il quale si prevede l'abolizione dell'articolo 16 del decreto legislativo 503/1992 e degli interventi legislativi conseguenti. Trova, quindi, lo stop definitivo una disposizione che agli albori rappresentava il diritto del dipendente a rimanere in servizio, per un biennio (o 5 anni in alcuni casi), una volta raggiunti i limiti di età.

La norma opera immediatamente solo per i trattenimenti già disposti e non ancora efficaci al 25 giugno 2014 (data di entrata in vigore del Dl 90), i quali devono essere revocati. Quelli già in essere continuano a spiegare gli effetti, ma solo fino al 31 ottobre prossimo. Resta ferma la scadenza anteriore, se originariamente fissata.  Periodo transitorio piu' lungo per per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili, militari, gli avvocati dello Stato e dei militari, per i quali i trattenimenti in servizio in essere hanno efficacia fino al 31 dicembre 2015, ovvero fino alla loro scadenza originaria, se antecedente.
 
L'abrogazione dell'istituto del trattenimento in servizio può essere comunque salutato positivamente per favorire il ricambio generazionale, in un momento di crisi del sistema economico nel suo complesso e di blocco delle assunzioni. Infatti la misura aumenta la già elevata età media dei dipendenti pubblici in quanto coloro che normalmente potrebbero essere collocati in pensione per raggiunti limiti di età, possono ottenere altri due anni di servizio arrivando a lavorare fino a 67 o 68 anni (75 anni per alcune categorie), a seconda della data di maturazione del requisito pensionistico; e non consente inoltre di realizzare risparmi da cessazione che, in relazione al regime del turn-over, alimentano il budget spendibile per nuove assunzioni. L'istituto, lo si ricorda, è considerato dalla normativa vigente alla stessa stregua di una nuova assunzione, con la conseguenza che per finanziarlo vengono distratte le risorse assunzionali che potrebbero essere meglio finalizzate all’assunzione di giovani.

Con l'abrogazione del trattenimento in servizio la maggior parte dei lavoratori pubblici (con l'eccezione dei magistrati e dei professori universitari) non potranno però di fatto godere dell'incentivazione alla permanenza al lavoro sino a 70 anni, possibilità incentivata dal decreto legge 201/2011 (e poi già parzialmente limitata dal Dl 101/2013), per conseguire una pensione piu'  "succulenta" tramite coefficienti di rivalutazione piu' elevati.

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