Eleonora Accorsi

Eleonora Accorsi

Sono una giornalista freelance. Collaboro con diverse testate e blog nella redazione di notizie ed approfondimenti su materie fiscali e di diritto del lavoro. Dal 2014 collaboro con la redazione di PensioniOggi.it

Sono terminati prima del previsto i posti disponibili per la salvaguardia dei lavoratori che hanno fruito nel 2011 dei congedi e/o permessi per assistere i familiari con disabilità. L'ultimo beneficiario ha maturato il diritto previdenziale, con la vecchia disciplina, il 31 Ottobre 2012. Il Comitato: "ora subito i vasi comunicanti".

Kamsin L'ultimo lavoratore incluso nella salvaguardia di cui all'articolo 11-bis del Dl 102/2013 ha maturato il diritto previdenziale, con la vecchia normativa, alla data 31 Ottobre 2012. E' quanto si legge in un messaggio pubblicato oggi sul sito internet dell'istituto di previdenza.

L'istituto precisa che già in precedenza "era stato comunicato che, nelle more della definizione del monitoraggio volto a individuare i 2500 soggetti beneficiari, tenuto conto anche delle esigenze dei lavoratori appartenenti al comparto scuola, l’Istituto aveva ritenuto di inviare le lettere di certificazione ai soggetti che perfezionano i requisiti anagrafico e contributivo in salvaguardia entro il 31 agosto del 2012, in base al criterio ordinatorio previsto dal citato art. 11 bis, comma 2, della legge 124/2013".

Ora però, a seguito della conclusione delle operazioni di monitoraggio, "risultano salvaguardati i soggetti che perfezionano i requisiti anagrafico e contributivo in salvaguardia entro il 31 ottobre del 2012" e pertanto, "le relative comunicazioni di certificazione del diritto a pensione sono in corso di spedizione".

I lavoratori che hanno maturato un diritto previdenziale (cioè la quota 96 o i 40 anni di contributi) successivamente al 31 Ottobre 2012 (per maturare il requisito c'era tempo sino al 2013 in quanto la decorrenza doveva avvenire entro il 6 gennaio 2015) dovranno attendere probabilmente l'attivazione del particolare meccanismo individuato dall'articolo 1, comma 193 della legge 143/2013 per fruire della salvaguardia. Tale strumento consente, previa adozione di apposito decreto interministeriale Lavoro-Economia, di utilizzare le economie derivanti dalle precedenti salvaguardie al fine di far fronte a situazioni in cui i posti disponibili in uno dei successivi provvedimenti dovessero risultare insufficienti. Una sorta di valvola di sicurezza.

"L'adozione di questo particolare provvedimento (denominato anche "vasi comunicanti") deve avvenire immediatamente - sostiene il Comitato Esodati Italiani - soprattutto per evitare che gli esclusi ripresentino in massa domanda di ammissione alla sesta salvaguardia contribuendo così ad erodere il plafond (ulteriori 1.800 posti per il profilo in parola, ndr) messo a disposizione di coloro che avrebbero avuto decorrenza della prestazione entro il 6 gennaio 2016".

In questa situazione, secondo il Comitato Esodati, dovrebbero trovarsi "almeno 6 mila persone considerando che le domande di ammissione per il profilo in questione sono state oltre 10mila ma che alcune di queste erano non accoglibili per mancanza dei requisiti di legge".

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Una norma della legge di stabilità 2014 consente l'allargamento del plafond per salvaguardare quei lavoratori per i quali i posti dovessero risultare insufficienti rispetto al numero delle domande presentate.

Kamsin I 2500 posti disponibili per consentire la salvaguardia di quei lavoratori che nel corso del 2011 hanno fruito della legge 104/1992 non sono sufficienti a coprire tutti gli aventi diritto. E' quanto denuncia il Comitato Esodati in un comunicato diffuso ieri con il quale chiede, pertanto, la rapida attivazione della procedura dei cd "vasi comunicanti" di cui all'articolo 1, comma 193 della legge 147/2013 (legge di stabilità 2014).

Protagonisti della vicenda sono quei lavoratori, in congedo ai sensi dell'articolo 42, comma 5, del Dlgs 151/2001 o fruitori di permessi ai sensi dell'articolo 33, comma 3, della legge 104/1992 nel corso del 2011, che hanno fatto domanda di accesso ai benefici previsti dal decreto legge 102/2013.  L'Inps  dal mese di Settembre ha iniziato ad inviare le lettere di salvaguardia nei confronti dei lavoratori che hanno maturato i requisiti previdenziali entro il 31 agosto 2012 e l'ultimo lavoratore incluso tra i 2.500 beneficiari dovrebbe (si attende una conferma ufficiale dall'Inps) aver maturato i requisiti per la pensione il 31 Ottobre 2012.

"Attualmente quindi - afferma il Comitato - le risorse complessivamente impiegate solo per salvaguardare questi soggetti hanno già saturato i 2.500 posti disponibili rendendo di fatto improbabile che il plafond, così come è stato ripartito, sia in grado di tutelare tutti gli aventi diritto". 

Tra le condizioni per l'ammissione ai benefici c'è la previsione che la decorrenza della pensione deve collocarsi entro il 6 gennaio 2015 e "pertanto molti lavoratori che hanno fatto domanda hanno maturato i requisiti previdenziali successivamente al 31 Ottobre 2012".

In loro favore tuttavia la legge viene in soccorso. Infatti, all'esito di una speciale procedura di monitoraggio che vede coinvolti Inps, Ministero del Lavoro e delle Finanze, la legge di stabilità 2014 (legge 147/2013) consente il trasferimento di risorse e relative consistenze numeriche tra le categorie di soggetti tutelati sulla base della normativa vigente.

Si tratta di una procedura che in pratica consente di utilizzare le economie derivanti dalle precedenti salvaguardie, accantonate in un Fondo speciale istituito presso il Ministero del Lavoro dalla legge 228/2012, per coprire le eventuali carenze di posti che dovessero riscontrarsi in successive salvaguardie, previa adozione di uno specifico decreto interministeriale Lavoro-Finanze.

Il Comitato Esodati chiede pertanto che questo speciale meccanismo "sia attivato senza indugio in modo da consentire l'uscita a tutti coloro in possesso dei requisiti prima che decorrano i termini per la sesta salvaguardia. Bisogna evitare, infatti, che chi non ha ancora ricevuto conferma di tutela sia costretto, nel dubbio, a presentare nuovamente istanza per la sesta salvaguardia."

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L'ipotesi elaborata nel 2013 dall'ex Ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, torna di attualità come strumento per anticipare l'età pensionabile per coloro che hanno perso il lavoro. 

Kamsin Tra le misure che potrebbero vedere la luce con la prossima legge di stabilità per risolvere il via strutturale il fenomeno dei lavoratori esodati c'è quella dell'introduzione del cosiddetto prestito pensionistico. L'idea, che attualmente non si è tradotta ancora in un disegno di legge vero e proprio, è stata elaborata un anno fa dall'ex-ministro del lavoro Enrico Giovannini e nei mesi scorsi è stata rilanciata anche dall'attuale titolare del Dicastero di Via Veneto, Giuliano Poletti.

Si tratta di un meccanismo, come già anticipato nelle settimane scorse da pensionioggi.it, che consentirebbe ai lavoratori che hanno perso il posto di lavoro e non hanno ancora maturato i requisiti per la pensione di ottenere un sussidio economico transitorio in attesa del perfezionamento di requisiti pensionistici. Sussidio che poi dovrà essere però restituito con gradualità una volta ottenuta la pensione con micro-prelievi sull'assegno.

L’idea è quella di evitare in maniera stabile di ricreare il fenomeno “esodati” cioè di personale maturo difficilmente rioccupabile che non ha ancora i requisiti per andare in pensione. Lo strumento funzionerebbe analogamente a quanto attualmente prevede l'articolo 4 della legge 92/2012 (che consente alle imprese di "esodare" i lavoratori a cui mancano 4 anni al compimento dell'età pensionabile pagandone i rispettivi oneri).

Secondo i tecnici dell'esecutivo la misura dovrebbe riguardare i lavoratori che hanno perso il lavoro ed ai quali mancano perfezionare 2 o 3 anni per raggiungere i requisiti per la pensione di vecchiaia o per l'anticipata ed hanno almeno 35 anni di contributi accreditati (o comunque una quantità di contributi tali da garantire un assegno pensionistico pari a circa due volte il minimo). Ai lavoratori in parola sarebbe concesso un assegno mensile di importo pari a quello della pensione per il periodo necessario alla maturazione dei requisiti per la stessa. Una volta ottenuta la pensione, i beneficiari dovrebbero poi restituire gradualmente nei primi 15 anni di pensionamento una parte del “prestito” con una trattenuta Inps che dovrebbe pesare sulla busta paga per circa il 10 -15 %.

Al “prestito pensionistico” dovrebbero contribuire, oltre ai lavoratori, anche le imprese che saranno tenute al pagamento dell'anticipo nonchè lo Stato che sarebbe chiamato a coprire con contributi figurativi il periodo di percezione dell'assegno.

Ancora non chiaro se il Governo intenderà seguire questa strada per risolvere il problema degli esodati in via strutturale in occasione della legge di stabilità 2015. L'ipotesi inoltre potrebbe essere  alternativa o integrativa della proposta di legge 857 (quella dei cd. pensionamenti flessibili).

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Una norma della Legge Fornero continua a bloccare il pensionamento dei lavoratori autorizzati ai volontari prima del 20 Luglio 2007 nonostante le coperture fossero già state individuate dalla legge 247/07. Il Comitato Contributori Volontari: "siamo una delle categorie maggiormente penalizzate dalla controriforma previdenziale Fornero".

Kamsin Il comitato Contributori Volontari torna a chiedere al Governo Renzi e alle Commissioni Parlamentari la soluzione della vicenda dei lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione prima del 20 luglio 2007.

In base all'articolo 1, comma 8 della legge 247/07 tali soggetti possono infatti cristallizzare le regole previdenziali della legge Dini che consentivano il pensionamento già con 57 anni di età (58 gli autonomi) e 35 anni di contributi, al netto della stima di vita e dell'anno di finestra mobile. Un diritto tuttavia che è stato compresso fortemente con l'approvazione della Riforma Fornero del 2011 che ha subordinato il mantenimento di tali requisiti agevolati, al rispetto di un preciso termine di decorrenza della prestazione pensionistica, alla mancanza di rioccupazione dopo il conseguimento dell'autorizzazione e, soprattutto, alla circostanza che i lavoratori in questione debbano aver almeno un contributo accreditato al 4 dicembre 2011. Paletti che in realtà non erano previsti nella legge originaria istitutiva della deroga.

“Nell'attuazione delle pregresse riforme previdenziali - si legge nel comunicato del Comitato dei Contributori Volontari - , in virtù del loro patto con lo Stato, costoro sono sempre stati ritenuti legittimati a deroga (vedasi deroghe L. 503/1992, L. 243/2004 e L.247/2007) e, in teoria, anche la manovra del dicembre 2011, alla lettera d) del comma 4 dell’articolo 24, ha confermato tale prassi consolidata, ponendo, come unico vincolo, la data dell’autorizzazione entro il  4.12.2011. Ma c’è un però: “Fu lo stesso Ministro Fornero con i suoi DM attuativi, a cancellare di fatto tale deroga (ponendo un numero tale di condizioni aggiuntive, non previste dalla legge di riferimento, da renderla attuabile solo per pochi “fortunati”), con il risultato di far gravare l’obiettivo del risanamento del Bilancio dello Stato, quasi esclusivamente,  sulle spalle dei cittadini nati tra il 1952 e il 1962”.

Negli ultimi anni, anche con riferimento all'approvazione della sesta salvaguardia, diversi paletti imposti per la fruizione della deroga sono stati, almeno in parte, allentati. Ma restano almeno due criticità di cui il Comitato chiede la pronta rimozione. La prima è relativa al rispetto di una precisa data entro cui la decorrenza della prestazione pensionistica debba essere verificata (attualmente, con l'ultima salvaguardia, il termine è stato spostato al 6 gennaio 2016). 

L'altra questione è quella della necessità che al 4 Dicembre 2011 sussista almeno un contributo accreditato. "Questo vincolo illegittimo fu attenuato con l'introduzione della lettera f) nella legge 147/2013, con la quale in alternativa al contributo volontario accreditato o accreditabile si accetta almeno  un contributo accreditato, derivante da  effettiva attività lavorativa svolta nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2007 e il 30 novembre  2013, a condizione che alla data del 30 novembre 2013 non si svolga attività  lavorativa riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato. Di fatto però l'introduzione della lettera f) non risulta sufficiente a stralciare del tutto il paletto, perché non è applicabile a tutti quei casi di autorizzati che non hanno svolto più alcuna attività lavorativa dopo l'autorizzazione, ma che in aggiunta si trovano, inoltre, a non aver effettuato versamenti perché al momento della loro espulsione dal mondo del lavoro erano già in possesso della soglia contributiva necessaria" .

La denuncia dei contributori volontari arriva all'indomani dell'approvazione dell'Ordine del Giorno con il quale il Parlamento dichiara sostanzialmente preclusa la possibilità di nuovi interventi in materia di deroghe alla Riforma Fornero: "Prendiamo atto con vivo sgomento, forte disappunto e costernazione" di tale documento. "In questi 32 mesi abbiamo subissato ogni ordine e grado degli organi parlamentari, di nostri argomentati documenti  volti a motivare, in termini di normativa, la legittimità della rivendicazione del ripristino del nostro diritto alla pensione, ma, evidentemente, tali documenti non sono stati presi in alcuna considerazione".

Il comitato ricorda peraltro come il pieno riconoscimento della deroga di cui all'articolo 1, comma 8 della legge 247/04 non comporti ulteriori oneri per lo stato in quanto tale legge “stabiliva le risorse necessarie a garantire la copertura  per cui tutti i lavoratori autorizzati alla contribuzione volontaria prima del 20 luglio 2007".

L’appello è dunque uno e uno solo: quello di "vedersi riconosciuta la pensione con le norme in vigore alla data della autorizzazione ricevuta dall’INPS o dall’INPDAP, senza alcuna limitazione e senza alcuna delle condizioni capestro inserite illegittimamente nei decreti attuativi delle salvaguardie finora previste”.

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Una norma del decreto legge "Sblocca Italia", rifinanzia il Fondo Sociale per la Formazione e l'Occupazione con 728 milioni di euro. I fondi saranno utilizzati per erogare la Cassa Integrazione in Deroga e le altre prestazioni.

Kamsin In attesa che si delinei un piu' ampio intervento sugli ammortizzatori sociali con il Jobs Act  il governo ha provveduto, con il decreto legge Sblocca Italia (Dl 132/2014), al rifinanziamento del Fondo Sociale per l'Occupazione.

L'articolo 40 del provvedimento dispone infatti l'integrazione del Fondo Sociale per la formazione e l'occupazione con ben 728 milioni di euro per garantire, nel 2014, l'erogazione dei finanziamenti connessi alla cassa integrazione in deroga. Del rifinanziamento dovrebbero beneficiare anche le ulteriori prestazioni a carico del Fondo Sociale, in primis, quelle dedicate alla proroga del sostegno al reddito per i lavoratori esodati "ante 2010" finanziate ex articolo 12, comma 5-bis del Dl 78/2010 (per i quali si attende la firma del decreto relativo all'annualità del 2014).

Per reperire tali fondi il governo è stato costretto a tagliare altri stanziamenti. È stato, per esempio, rivisto il «bonus Letta» per finanziare le assunzioni a tempo Indeterminato di giovani tra i 18 e i 29 anni in regioni svantaggiate.  Quasi 300 milioni di euro, poi, saranno presi dal contributo integrativo dello 0,30 per cento che viene versato all'Inps e il cui scopo, almeno fino ad oggi, era quello di finanziare un fondo rotativo per facilitare l'accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo regionale europeo.

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