Eleonora Accorsi

Eleonora Accorsi

Sono una giornalista freelance. Collaboro con diverse testate e blog nella redazione di notizie ed approfondimenti su materie fiscali e di diritto del lavoro. Dal 2014 collaboro con la redazione di PensioniOggi.it

Il Comitato degli esodati di Roma denuncia che restano fuori dalle tutele circa 200mila lavoratori nonostante l'approvazione della sesta salvaguardia. "I governi attuali devono porre fine e chiudere con equità" la vicenda.

Kamsin "Dopo la sesta salvaguardia non si intende più salvaguardare nessuno, questo è quanto dice l'odg presentato al senato dal SEN. Ichino e compagnia bella, ebbene in base ai dati inps all'epoca del dramma eravamo 398.000 con tutte e sei le salvaguardie si arriva a poco piu' di 170mila, rimangono fuori dalle salvaguardie la bellezza di 228 mila padri e madri di famiglia, derubati e condannati a morte certa se non si rimedia a questo atroce delitto di stato, a meno che non ci si diventa malavitosi, tanto le persone oneste pagano i delinquenti no!"

E' quanto si legge in una nota diffusa dal Coordinatore del Comitato Esodati di Roma Giuliano Colaci con cui si ribadisce la necessità che il governo tenga in considerazione tutti coloro che sono ancora rimasti fuori dalle tutele.

"Ichino dice che ormai gli esodati rimasti devono essere ricollocati a lavoro, ma quale lavoro? Noi abbiamo i nostri figli a casa disoccupati come pretende Ichino che gli esodati vengano reinseriti? Si è parlato di patto negato dallo stato e si è parlato e promesso di dare una soluzione a tutti gli esodati, allora mi domando dove stà la giustizia in questo paese?

Con la giustizia non si scherza ed è giusto che chi sbaglia paghi, pertanto il governo Monti con la Fornero hanno sbagliato, è chiaro che loro non pagheranno mai, ma i governi attuali devono porre fine e  chiudere con equità e legalità questa sporca pagina della storia della repubblica. La cosa buffa e umiliante per noi, tutte persone sulla soglia dei 60 anni e su di lì, che abbiamo versato tutto ciò che ci stava da versare, e dopo il danno anche la beffa da parte della Fornero dove ha dichiarato e riconosciuto l'errore. Dopo tre anni di lotterie siamo arrivati al traguardo, chiuse le lotterie chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato".

Zedde

Un ordine del giorno approvato da Palazzo da Madama chiude a nuove salvaguardie ma apre ad una indagine per verificare i casi residui di persone private del posto di lavoro in forza di accordi di incentivazione all'esodo stipulati prima della riforma pensionistica.

Kamsin Il disegno di legge in materia di sesta salvaguardia si avvia alla sua definitiva approvazione, probabilmente già la prossima settimana. L'accordo tra le forze politiche in Commissione lavoro a Palazzo Madama ha retto ed il testo sarà confermato nella versione uscita a Luglio da Montecitorio.

Nella giornata di Mercoledì è stato anche approvato un emendamento a firma di Pietro Ichino (Sc). L'emendamento dichiara sostanzialmente chiuso il capitolo relativo alle salvaguardie e chiede al governo di impegnarsi per individuare soluzioni alternative, come forme di active ageing e di flessibilizzazione dell'età pensionabile, per la gestione degli ultracinquantenni che abbiano perso il posto di lavoro.

Nell'Odg si sottolinea infatti come il lavoro svolto dal Parlamento in questi due anni abbia sostanzialmente offerto una scialuppa di salvataggio a tutti coloro che, "avendo perso involontariamente l'occupazione nel periodo immediatamente precedente o immediatamente successivo alla riforma stessa, si attendevano il pensionamento entro il quadriennio successivo (2012-2015), nonché tutti i lavoratori in carico da prima della riforma a "fondi di solidarietà" istituiti in funzione della soluzione di crisi occupazionali aziendali o di settore".

"Con gli stessi provvedimenti di salvaguardia - si legge nell'odg - è stata inoltre assicurata l'applicazione della disciplina previgente del pensionamento per coloro che fossero stati autorizzati alla prosecuzione volontaria prima della riforma, in attesa di maturare i requisiti per il pensionamento entro il quadriennio successivo (2012-2015)".

Il documento invita a "voltar pagina rispetto a una prassi che ha visto troppo diffusamente utilizzato il sistema pensionistico come strumento di politica del lavoro, per risolvere problemi di disoccupazione con l'espulsione precoce dei lavoratori interessati dal mercato del lavoro; è necessario, per altro verso, evitare che l'attesa di provvedimenti ulteriori di salvaguardia induca una parte dei potenziali interessati ad astenersi da possibili opportunità di occupazione; è invece tempo di incominciare a operare in modo efficace e incisivo per l'aumento del tasso di occupazione della popolazione italiana in età superiore ai 50 anni".

L'Odg impegna pertanto il Governo "a sviluppare – anche sulla scorta delle migliori esperienze straniere di politiche di active ageing – un insieme organico di interventi volti a incentivare e facilitare la permanenza e/o il reinserimento dei cinquantenni e dei sessantenni nel tessuto produttivo, con forme di flessibilizzazione dell'età del pensionamento, di combinazione del lavoro a tempo parziale con pensionamento parziale, di incentivo economico alle iniziative delle imprese volte a ridisegnare le posizioni di lavoro in funzione della migliore valorizzazione delle doti di esperienza, equilibrio e affidabilità delle persone nell'ultima fase della loro vita attiva, nonché a integrare queste misure con l'attivazione di versamenti volontari per il recupero di periodi non lavorati o di studio, a carico del lavoratore anziano e del suo datore di lavoro; inoltre, laddove nessuna delle anzidette misure di promozione dell'invecchiamento attivo possa essere adottata o risulti sufficiente a risolvere il problema occupazionale, nonchè ad affrontare il problema degli ultrasessantenni che abbiano perduto l'occupazione senza avere ancora i requisiti per il pensionamento e che si trovino in difficoltà nella ricerca di una nuova occupazione, attivando strumenti di sostegno del reddito, di assistenza intensiva nella ricerca e di contributo economico per l'assunzione, mirati a incentivare il loro reinserimento nel tessuto produttivo e non la loro uscita dal mercato del lavoro".

In questo contesto non sarenno presi in considerazione ulteriori provvedimenti di salvaguardia anche se il documento apre ai soli "casi residui di persone private del posto di lavoro in forza di accordi di incentivazione all'esodo stipulati prima della riforma pensionistica, che all'esito di una approfondita indagine della Commissione Lavoro risultino meritevoli di salvaguardia".

Zedde

La commissione lavoro del Senato ha respinto ieri gli ordini del giorno presentati dalle opposizioni che chiedevano al governo un nuovo intervento in materia di deroghe alla Riforma Fornero.

Kamsin Sono stati bocciati ieri in commissione Lavoro del Senato i tre ordini del giorno presentati dalle opposizioni (Lega-Sel-M5S) al disegno di legge in materia di sesta salvaguardia. Gli interventi presentati erano volti ad impegnare il governo ad un nuovo intervento in materie di deroghe pensionistiche alla Riforma Fornero.

La lega Nord, per via della Senatrice Munerato, chiedeva al governo di mettere fine una volta per tutte al problema degli esodati. "In sede di prima lettura del provvedimento - si legge nell'odg - il sottosegretario Bobba, nella seduta della Commissione XI Camera del 24 giugno scorso, ha ribadito la volontà del Governo di individuare soluzioni definitive alla problematica, annunciando a mezzo stampa una conclusione con la legge di stabilità 2015".

La lega chiedeva pertanto al governo "di non disattendere ancora una volta gli impegni assunti in sede parlamentare e le promesse fatte a mezzo stampa, inserendo nell'imminente legge di stabilità per il 2015 la soluzione definitiva della vicenda degli esodati che tenga conto di tutte le categorie dei soggeti coinvolti, nessuna esclusa, e quindi anche del personale marittimo e ferroviario, nonché a garantire nelle more di attuazione della sesta salvaguardia, l'equivalenza degli accordi di mobilità sottoscritti in sede governativa con quelli stipulati in qualunque altra sede".

Non è passato l'odg presentato da Sel e M5S che impegnava il governo ad una abrogazione della Riforma Fornero. Respinta anche la richiesta al governo di considerare le esigenze dei lavoratori della IBM che nel mese di aprile 2011 hanno sottoscritto un accordo individuale con il proprio datore di lavoro, ai sensi degli articoli 410, 411 e 412 del codice di procedura civile e hanno avuto la risoluzione del rapporto di lavoro dopo il 31 dicembre del 2012. Si tratta di lavoratori che  attualmente non vengono salvaguardati nell'ambito della categoria di contributori volontari perchè l'INPS ritiene che la copertura contributiva volontaria ha avuto luogo in regime di "sospensione dal lavoro" e non di "cessazione del lavoro". L'odg chiedeva al governo di intervenire in via amministrativa sulla vicenda.

E' stato approvato - seppur riscritto rispetto alla prima versione - l'ordine del giorno di Pietro Ichino (Sc), che dichiara comunque sostanzialmente chiuso il capitolo relativo alle salvaguardie "salvi i casi residui di persone private del posto di lavoro in forza di accordi di incentivazione all'esodo stipulati prima della riforma pensionistica, che all'esito di una approfondita indagine di questa Commissione Lavoro risultino meritevoli di salvaguardia, gli altri casi di disoccupazione di sessantenni non ancora in età di pensionamento devono essere affrontati con misure di sostegno nel mercato del lavoro e non con l'estromissione permanente da esso". 

L'odg chiede "di voltar pagina rispetto a una prassi che ha visto troppo diffusamente utilizzato il sistema pensionistico come strumento di politica del lavoro, per risolvere problemi di disoccupazione con l'espulsione precoce dei lavoratori interessati dal mercato del lavoro; è necessario, per altro verso, evitare che l'attesa di provvedimenti ulteriori di salvaguardia induca una parte dei potenziali interessati ad astenersi da possibili opportunità di occupazione".

Il testo del ddl 1558 non è stato comunque modificato rispetto alla versione approvata lo scorso 3 luglio dalla Camera dei Deputati; il provvedimento si avvia dunque verso la definitiva conversione in legge. Già la prossima settimana il testo potrebbe ricevere (senza passare dall'aula) il via libera conclusivo.

Zedde

Una regola introdotta con l'ultima legge di stabilità ha allungato i termini per il pagamento della cd. buonuscita per i pubblici dipendenti.

Kamsin Con la legge di stabilità 2014, dal 1° gennaio 2014, i tempi per mettere in tasca i trattamenti di fine lavoro (tfr) e di fine servizio (tfs) dovuti a statali e dipendenti pubblici sono diventati piu' lunghi. Si deve attendere infatti un periodo variabile da circa da 3 mesi e mezzo a 27 mesi. E se la prestazione supera un certo importo, la somma viene anche frazionata in due o tre rate annuali. Vediamo in breve le novità in vigore da quest'anno.

Inabilità o decesso - Il termine piu' breve è previsto per i pensionamenti per inabilità e per decesso. La prima rata della buonuscita arriverà infatti decorsi 105 giorni dalla data di cessazione dal servizio dell'interessato.

Esuberi e raggiungimento limiti di servizio - Lo spostamento sale a 12 mesi per raggiungimento dei limiti di età o dei limiti di servizio, per cessazione del lavoro a tempo determinato, o nei casi in cui la pubblica amministrazione si avvalga della facoltà di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro al perfezionamento della massima anzianità contributiva del dipendente (cioè 42 anni e 6 mesi) secondo quanto previsto dalla disciplina vigente (articolo 1, Dl 90/2014).

Dimissioni Volontarie - Il termine di pagamento sale invece a 24 mesi nei casi di dimissioni volontarie, oppure per licenziamenti e destituzioni.

L'Inps non potrà procedere dunque al pagamento del trattamento prima che siano decorsi 12 o 24 mesi dalla data di cessazione dal servizio del dipendente. Ma scaduto il termine, all’istituto sono concessi ulteriori 3 mesi per mettere in pagamento la prestazione. Quindi in pratica il termine per il pagamento giunge rispettivamente a 15 e a 27 mesi. Decorsi questi due periodi sono dovuti gli interessi.

La Rateizzazione della buonuscita - Ma non è finita. C'è infatti una ulteriore attesa qualora la buonuscita superi i 50 mila euro lordi: se la buonuscita non supera 50 mila euro lordi il pagamento avviene in una unica soluzione; tra 50 mila e 100 mila euro il pagamento è diviso in due tranches annuali: 50 mila euro il primo anno e la restante parte dopo 12 mesi dal pagamento della prima tranche, e; oltre 100 mila euro il pagamento è in tre rate: 50 mila il primo anno, 50 mila il secondo, la rimanenza il terzo.

Ad esempio un lavoratore che si dimettesse oggi con 120 mila euro lordi di buonuscita prenderà 50 mila euro dopo 27 mesi dalle dimissioni; altri 50 mila euro dopo 12 mesi dal pagamento del primo importo e la restante parte, pari a 20 mila euro, dopo altri 12 mesi. In pratica gli ultimi 20 mila euro arriveranno dopo ben quattro anni e tre mesi (51 mesi) dalle dimissioni. Il tutto a interessi zero.

La differenza con il settore privato è dunque abissale: il Codice civile (art. 2120) impone al datore di lavoro il pagamento del tfr al momento della cessazione. Con buona pace della parità di trattamento garantita costituzionalmente.

Zedde

Il Ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia ha dato disponibilità, pur senza rinnovi dei contratti, a rivedere il pagamento degli scatti di anzianità nei settori in cui sono previsti, e gli aumenti legati alle carriere dei singoli.

Kamsin Non ci sono ancora certezze e molto dipenderà dalle disponibilità finanziarie che saranno individuate nella prossima sessione di bilancio. Ma il Ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, ha dato la sua disponibilità a rimettere in moto gli stipendi nelle Pubbliche Amministrazioni. A partire dal prossimo anno. Il Ministro, secondo quanto si apprende dalle agenzie di stampa, ha indicato la possibilità, pur senza rinnovi dei contratti, che per buona parte delle Pa tornino ad essere pagati gli scatti di anzianità, nei settori in cui sono previsti, e gli aumenti legati alle carriere dei singoli.

C'è un dunque uno spiraglio per i dipendenti della pubblica amministrazione dopo l'accordo politico tra il governo e i rappresentati di forze dell'ordine e militari: una soluzione di questo tipo potrebbe farsi strada anche per le altre categorie. Le retribuzioni nel pubblico impiego sono infatti ferme dal 2010, con l'eccezione del comparto scuola in cui gli scatti sono stati parzialmente recuperati.

Intanto l'8 Novembre si terrà la manifestazione nazionale dei lavoratori dei servizi pubblici. L'iniziativa mette insieme i vari comparti di Cgil, Cisl e Uil (scuola, sanità, sicurezza e soccorso pubblico e privato, università, ricerca, funzioni pubbliche, privato sociale, servizi locali): "In piazza per difendere i servizi ai cittadini e il salario dei lavoratori". 

"Il prossimo 8 novembre saremo in piazza a Roma, tutti insieme - affermano - per sfidare il Governo degli illusionismi e delle divisioni; per chiedere una vera riforma delle Pa, dei comparti della conoscenza, dei servizi pubblici. E per rivendicare il diritto al contratto nazionale di lavoro tanto per i lavoratori pubblici quanto per quelli privati".

"Cinque anni di tagli lineari forsennati, di blocco delle retribuzioni, oltre dieci di blocco del turn-over, un esercito di precari senza certezze e tutele, riforme fatte in fretta e male: il sistema è al collasso, mentre la spesa continua a crescere nonostante i tagli al welfare e il caro prezzo pagato dai dipendenti pubblici, oltre 8 miliardi di euro in cinque anni. Qui non è in gioco solo il futuro delle lavoratrici e dei lavoratori, ma quello dell'intero Paese" rimarcano i sindacati.

"Come pensa il Governo Renzi di garantire salute, sicurezza e soccorso, istruzione, prevenzione, assistenza, previdenza, ricerca e sviluppo senza fare innovazione, senza investire nelle competenze, nella formazione, nel lavoro di qualità, senza aver messo in campo un progetto?". Per questo, "saremo in piazza l'8 novembre" concludono i sindacati. "Ma prima ancora saremo in tutti i posti di lavoro, in tutte le città e in tutti i territori per spiegare a lavoratori e cittadini una per una le bugie del Governo. Una mobilitazione in difesa del diritto dei cittadini italiani a servizi efficienti e ad una migliore qualità del sistema di istruzione e ricerca, che per essere tali hanno bisogno di un adeguato finanziamento, adeguata formazione e adeguato salario per i lavoratori che li offrono".

Zedde

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