Rossini V

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Franco Rossini, già avvocato ed esperto in diritto del lavoro e della previdenza collabora dal 2013 con PensioniOggi.it. 

I lavoratori avranno 60 giorni di tempo dalla data di pubblicazione della legge in Gazzetta Ufficiale per presentare le istanze di accesso ai benefici della sesta salvaguardia.

Kamsin Cresce l'attesa per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge in materia di deroghe alla Riforma Fornero (disegno di legge 1558) prima che parta il conto alla rovescia per la presentazione delle istanze di accesso ai benefici. I lavoratori avranno 60 giorni di tempo per presentare le istanze di accesso attraverso modalità che saranno individuate con una Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Ma in ogni caso un dato è certo. L'ombrello dello stato tutelerà altri 32.100 esodati. Il provvedimento è importante, il sesto a in meno di tre anni, perchè porta globalmente a 170 mila unità i tutelati, intrappolati nel «limbo» della mancanza di retribuzione e pensione dopo l'entrata in vigore della riforma dell'ex ministro Elsa Fornero.

Com'è noto, con il provvedimento il governo ha ulteriormente esteso il periodo utile alla maturazione dei parametri per accedere alle prestazioni previdenziali di 12 mesi, dal 6 gennaio 2015 al 6 gennaio 2016 (in tutto il balzo va da 36 a 48 mesi, rispetto a quanto precedentemente stabilito).

Nel perimetro ci sono cinque profili di tutela: lavoratori in mobilità, autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione, cessati dal servizio (con accordi con il datore o licenziati in via unilaterale); lavoratori in congedo per assistere soggetti con disabilità; nonchè (ed è la vera novità della sesta salvaguardia) lavoratori cessati dal servizio per la scadenza naturale di un contratto a tempo determinato.

 Qui il testo della sesta salvaguardia approvata in via definitiva dal Senato.

La partita, tuttavia, non è completamente chiusa, dato che la Commissione ha dato parere favorevole a un ordine del giorno, a prima firma di Pietro Ichino (Sc), affinché scatti un'indagine conoscitiva per accertare ulteriori casi meritevoli di tutela nell'ambito tuttavia dei soli lavoratori che abbiano stipulato accordi di incentivazione all'esodo entro il 2011. E, nel contempo, preme perché si faciliti il reinserimento nel mercato dei lavoratori «adulti».

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Zedde

Sono un ispettore della polizia di stato di 56 anni. Volevo sapere se è ancora possibile avvalersi dei requisiti pensionistici previgenti alla Riforma Fornero del 2011. Mi sembra che le forze di polizia non rientrino nella riforma Fornero. Vorrei sapere quando potrò essere posto in congedo. Kasmin La valutazione è corretta. Al personale del comparto difesa e sicurezza non si applicano i nuovi limiti di età anagrafica e di anzianità contributiva stabiliti dalla legge 214/11 (cosiddetta legge Fornero) per andare in pensione.  Infatti, i requisiti necessari per il collocamento in pensione del personale in esame è, ancora, regolato dal Dlgs 165 del 30 aprile 1997, e successive modificazioni e integrazioni che, all'articolo 6, stabilisce che il diritto alla pensione di anzianità si consegue secondo le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 25, 26, 27 e 29, della legge 8 agosto 1995, n. 335 e successive modificazioni ed integrazioni.

A tali requisiti, occorre aggiungere l'applicazione della finestra mobile di 12 mesi, prevista dalla legge 122/10, e l'adeguamento alla speranza di vita. Quindi, il personale del comparto difesa e sicurezza può andare in pensione di anzianità con 35 anni di contributi (servizio utile: servizio effettivo + servizio virtuale) e l’età di 57 anni, con adeguamento alla speranza di vita (+ 3 mesi dal 2013), oltre all'applicazione della finestra mobile di 12 mesi, oppure con 40 anni di contribuzione, (+ 3 mesi dal 2014), indipendentemente dal requisito anagrafico, oltre l'applicazione della finestra mobile di 15 mesi (in tal caso). l lettore non specifica la sua data di nascita, per cui, per sapere la data di decorrenza della pensione anticipata, bisognerà verificare se maturerà prima il requisito di 57 anni di età e 35 anni di contributi, ai quali occorre aggiungere l'adeguamento alla speranza di vita e la finestra mobile di 12 mesi, ovvero il requisito di 40 anni e 3 mesi di contributi (servizio effettivo + servizio virtuale), oltre l'applicazione della finestra mobile di 15 mesi.

Zedde

La legge Fornero incentiva la permanenza sul posto di lavoro sino a 70 anni. Ma a distanza di oltre 2 anni dalla sua approvazione la norma ha ancora trovato una applicazione uniforme nei Tribunali. 

Kamsin E' ancora tutta aperta la partita per i lavoratori dipendenti del settore privato sulla possibilità di restare in servizio, dopo il perfezionamento della pensione di vecchiaia (66 anni e 3 mesi e 20 anni di contributi) sino al compimento del settantesimo anno di età per raggiungere una pensione piu' succulenta. 

L'articolo 24, comma 4 del DL 201/2011 infatti dispone che: «Il proseguimento dell’attività lavorativa è incentivato, fermi restando i limiti ordinamentali dei rispettivi settori di appartenenza, dall’operare dei coefficienti di trasformazione calcolati fino all’età di settant’anni fatti salvi gli adeguamenti alla speranza di vita come previsti dall’art. 12 del d.l. n. 78/2000. Nei confronti dei lavoratori dipendenti, l’efficacia delle disposizioni di cui all’art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 e successive modificazioni opera fino al conseguimento del predetto limite massimo di flessibilità». Sono diverse le criticità che pone questa disposizione. Vediamole.

Da un lato il legislatore pare aver di fatto introdotto, per la prima volta, due distinte discipline per il recesso ad nutum del lavoratore in possesso dei requisiti per la pensione di vecchiaia, le quali risultano differenziate, a seconda che alla fattispecie concreta trovi o meno applicazione l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, nei seguenti termini:

- i dipendenti in forza presso datori di lavoro che occupano più di 15 dipendenti (o, in caso di più unità produttive, che occupano più di 15 dipendenti nel l’ambito del territorio di un singolo comune e in ogni caso ove i dipendenti occupati siano complessivamente più di 60) possono proseguire fino a 70 anni e sino a tale età sono tutelati contro i licenziamenti senza giustificazione;

- diversamente, i dipendenti in forza presso datori di lavoro aventi fino a 15 dipendenti ( nell’unità produttiva considerata o, in caso di più unità produttive, che non superino i 15 dipendenti nell’ambito del territorio di un medesimo comune, sempreché il dato occupazionale complessivo non superi le 60 unità ), possono essere licenziati al raggiungimento dei requisiti pensionistici di vecchiaia, senza poter scegliere, di proseguire a lavorare sino ai 70 anni di età.

Oltre a tale articolazione, che viene determinata dall'operatività o meno dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, il principale interrogativo è quello relativo alla posizione giuridica del lavoratore interessato a proseguire l’attività lavorativa sino al settantesimo anno di età.

L’assenza di qualsiasi riferimento al consenso del datore di lavoro ovvero a particolari modalità attuative del precetto, dovrebbe far propendere per una ricostruzione in termini di vero e proprio diritto potestativo del lavoratore alla prosecuzione dell’attività lavorativa sino al settantesimo anno, con automatico diritto alla conservazione del pregresso regime di stabilità del rapporto e applicazione dei più favorevoli coefficienti di trasformazione per il calcolo della prestazione pensionistica così come accordati dal legislatore.

Se questa pare l'opinione prevalente e condivisibile, alcune sentenze recenti della giurisprudenza (Trib. Roma, 5 novembre 2013; Trib. Roma (ord.), 17 dicembre 2013, n. 141084; Corte App. Torino,
24 ottobre 2013) considerano invece la fruizione del diritto in questione subordinata al consenso del datore di lavoro, il quale, pertanto potrebbe opporsi alla prosecuzione del rapporto oltre l'età pensionabile.

Dal canto loro queste sentenze fanno leva sull’utilizzo del termine “è incentivato” senza alcuna altra indicazione che consenta di affermare sia l’esistenza di un diritto in favore del lavoratore, sia la disciplina dell’esercizio di tale diritto, dall’altro l’espresso richiamo ai "limiti ordinamentali che il datore di lavoro potrà invocare per recedere legittimamente dal rapporto di lavoro" che, non potendo essere disapplicati unilateralmente dal lavoratore, implicitamente rinvierebbero ad una necessaria bilateralità del consenso. Si è fatto leva anche sulla recente espressa previsione che l'incentivazione non può operare nel pubblico impiego indicando che il riconoscimento di un diritto potestativo in capo al lavoratore nel settore privato creerebbe disparità di trattamento tra impiego pubblico e privato con possibilità di censura costituzionale.

In realtà l’intento del legislatore è quello di consentire la permanenza in servizio oltre l’età prevista per il pensionamento di vecchiaia, e dunque l’interpretazione più lineare è quella che riconosce al lavoratore la conservazione del medesime tutele sino a quel momento accordategli dall’ordinamento, senza possibilità di essere licenziato. 

Il Profilo Soggettivo - Quanto al profilo soggettivo, la norma è destinata a operare nei confronti dei lavoratori subordinati di imprese con oltre 15 dipendenti (perchè altrimenti non potrebbe, come visto, operare la tutela reale offerta dall'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori in caso di licenziamento e quindi la prosecuzione del rapporto di lavoro), che non abbiano maturato i requisiti pensionistici alla data del 31 dicembre 2011, inscritti all’Inps ovvero a uno dei regimi sostitutivi di questo anche se privatizzati.

La circostanza inoltre che alcuni di questi enti (si pensi all’Inpgi) abbiano optato per l’adozione del sistema di calcolo retributivo, non dovrebbe peraltro inibire l’applicabilità della prosecuzione del rapporto di lavoro posto che il riferimento ai coefficienti di trasformazione dovrebbe essere inteso nel senso di applicabilità pro rata del relativo sistema di calcolo.

Zedde

Nei casi in cui un lavoratore dipendente non possa accedere alla totalizzazione, al cumulo o alla ricongiunzione ma abbia già acquisito un diritto a pensione può avere diritto all'erogazione della pensione supplementare.

Kamsin Accade spesso che un lavoratore abbia svolto nel corso della sua vita differente attività lavorative che abbiano dato luogo a posizioni assicurative presso fondi pensione diversi. In tali ipotesi oltre alla possibilità di esercitare la ricongiunzione, la totalizzazione o il cumulo contributivo, ai lavoratori dipendenti cui si è stata liquidata o per i quali, sussistendo il relativo diritto, sia in corso di liquidazione la pensione a carico di un trattamento di previdenza sostitutiva dell'Assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti o che ne comporti esclusione o l'esonero, è data facoltà di chiedere la liquidazione della pensione supplementare in base ai contributi versati o accreditati nell'Ago nel caso in cui tali contributi non siano sufficienti per il riconoscimento di un autonomo diritto a pensione.

In altri termini la pensione supplementare è una prestazione che si ottiene quando il soggetto che la chiede risulta già titolare di altra pensione e quando i contributi ulteriormente versati all'Inps non sono sufficienti per raggiungere il diritto a un'altra e autonoma prestazione pensionistica. L'Inps, pertanto, liquida una pensione che va ad aggiungersi (da qui il termine "supplementare") a quella principale già percepita. Si tratta di una facoltà disponibile solo per i lavoratori dipendenti e dunque non è concessa ai lavoratori autonomi, ai titolari di pensione nella Gestione Separata o ai liberi professionisti.

Ad esempio, si pensi a un pensionato da lavoro dipendente che ha versato solo tre anni nella gestione separata in qualità di collaboratore a progetto. Questi tre anni di contribuzione saranno utilizzati per calcolare una pensione supplementare. Chi presenta la domanda di pensione supplementare deve essere quindi già titolare di una pensione a carico di un fondo sostitutivo, esclusivo o esonerativo dell'assicurazione generale obbligatoria (es. Inpdap, fondi speciali Inps), avere altri contributi versati nell'assicurazione generale obbligatoria Inps non sufficienti per raggiungere il diritto alla pensione di vecchiaia o di invalidità. La prestazione supplementare potrà essere erogata al compimento dell'età pensionabile di vecchiaia (come fissata dalla Riforma Fornero del 2011) fermo restando che i lavoratori in questione devono aver cessato l'attività lavorativa, se dipendenti.

La pensione supplementare non va inoltre confusa con il supplemento di pensione. La pensione supplementare ha natura accessoria rispetto ad un altro trattamento di quiescenza già liquidato o in corso di liquidazione in favore del lavoratore assicurato in base a differenti ed autonomi contributi riferiti a periodi precedenti alla liquidazione della pensione principale. Il supplemento di pensione può essere erogato invece per quei lavoratori che abbiano prestato attività lavorativa dopo la liquidazione del trattamento di quiescenza; in tal caso quindi il supplemento riguarda retribuzioni maturate successivamente al pensionamento.

Il supplemento di pensione scatta, dunque, quando il pensionato, dopo la liquidazione della pensione, continua a lavorare con il conseguente versamento di altra contribuzione in aggiunta a quella già utilizzata. È il caso, ad esempio, di un pensionato ex lavoratore subordinato che con la pensione liquidata dopo 35 anni di contribuzione decide di lavorare ancora come dipendente maturando altra contribuzione utile da versare al fondo lavoratori dipendenti.

E' utile ricordare anche che in caso di morte del pensionato o del lavoratore, ai suoi familiari superstiti che ne hanno diritto, può essere liquidata una pensione supplementare di reversibilità o una pensione supplementare indiretta. Inoltre, per effetto dell'articolo 7 della legge 155/1981, la pensione supplementare non può essere integrata al trattamento minimo.

Per quanto riguarda i lavoratori parasubordinati iscritti alla gestione separata dell’Inps la legge riconosce loro la facoltà di richiedere la pensione supplementare nella loro gestione qualora non raggiungono i requisiti per il diritto ad un’autonoma pensione nella gestione stessa, se titolari di una pensione a carico dell’AGO, delle forme esclusive e sostitutive della medesima, delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi nonché delle gestioni previdenziali obbligatorie dei liberi professionisti.

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Zedde

Volevo sapere se, dopo l'approvazione del Decreto legge sulla Pubblica Amministrazione che ha abolito il trattenimento in servizio, è ancora possibile, per una lavoratrice della scuola che compie 66 anni di età nel marzo 2015, ma non ha ancora raggiunto i 20 anni di contribuzione minima, chiedere di restare in servizio oltre i limiti di età e fino a 70 anni? Paola Kamsin La risposta è positiva, ma il trattenimento in servizio si applicherà fino alla maturazione della contribuzione minima richiesta per la pensione di vecchiaia. Infatti, si ritiene che l'abrogazione dell'istituto del trattenimento in servizio, disposta dall'articolo 1 del Dl 90/2014, convertito con modificazioni dalla legge 114/2014, si applichi ai dipendenti pubblici che abbiano raggiunto il limite di età per la pensione di vecchiaia con diritto a pensione, mentre continuerà a trovare applicazione il trattenimento in servizio oltre l'età pensionabile, nel caso in cui, a tale data, il dipendente non abbia ancora maturato il requisito minimo di 20 anni di contributi, richiesto per avere diritto alla pensione di vecchiaia.

Infatti, in linea con i principi enunciati dalla Corte costituzionale (sentenza 282 del 1991), l'amministrazione è tenuta a disporre il trattenimento in servizio per i dipendenti che, alla data prevista per il collocamento d'ufficio in pensione (nel 2014, 66 anni e tre mesi), non hanno raggiunto il requisito di contribuzione minimo di 20 anni per la maturazione del diritto a pensione. Quindi, si ritiene che la docente in questione possa chiedere di essere trattenuta in servizio, ma il trattenimento in servizio opererà fino alla maturazione della contribuzione minima richiesta per la pensione di vecchiaia. L'amministrazione disporrà il collocamento d'ufficio in pensione, alla maturazione dell'anzianità citata, senza possibilità di prosecuzione del rapporto di lavoro fino ai 70 anni di età.

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