Sergey

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Mi occupo di diritto della previdenza e del lavoro. Mi sono laureato nel 1976 in Giurisprudenza alla Cattolica. Dal 1985 lavoro all'Inps.

Dallo scorso 21 marzo i datori di lavoro dovranno solo prestare attenzione alla circostanza che il numero massimo dei contratti a termine rispettino il tetto massimo del 20 per cento del organico complessivo dei dipendenti impiegati in azienda. Le imprese pertanto dovranno verificare di non aver ancora superato in quel determinato momento la soglia massima del 20 per cento dell'organico complessivo prima di procedere alla stipula di un nuovo contratto a termine. 

Restano comunque esclusi dal tetto le imprese che occupano fino 5 dipendenti le quali potranno sempre stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato.

Inoltre vengono mantenute le specifiche esclusioni di legge contenute dell'articolo 10 del D Lgs 368/2001 in favore di talune particolari situazioni meritevoli di una diversa regolamentazione. Si tratta in pratica dei contratti conclusi per l'avvio di attività di startup nei periodi indicati dai contratti nazionali, i contratti stagionali, i contratti stipulati per specifici spettacoli o programmi radiofonici e televisivi e contratti stipulati con lavoratori di età superiore a 55 anni.

Tra le varie problematiche che stanno riscontrando gli operatori del settore c'è quella relativa alla definizione della soglia dell' organico complessivo. La formulazione del termine non è del tutto chiara e può generare dubbi interpretativi. Secondo l'ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma la base di calcolo del 20 per cento deve essere riferita esclusivamente ai rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato in sintonia del resto con quanto prevedono i contratti nazionali di settore e come stabilito anche da diverse sentenze della giurisprudenza. 

Il decreto legge fa salvi gli eventuali limiti diversi previsti nei contratti collettivi nazionali stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi in base al Dlgs 368/2001 e concede la possibilità di innalzare questo limite attraverso accordi sindacali.

Le società innovative potranno beneficiare di detrazioni e deduzioni delle spese di investimento in un limite di 2,5 milioni di euro.

Dopo diversi mesi di attesa il 20 marzo scorso è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto ministeriale 30 gennaio 2014 che contiene le nuove norme attuative relative alle agevolazioni fiscali individuate dall'articolo 29 del DL 179/2012 per coloro che effettuino investimenti in startup innovative. 

Come si ricorderà il decreto era l'ultimo passo necessario per rendere operativa questa disciplina. I soggetti interessati, è noto, sono le società di capitali di diritto Italiane non quotate costituite anche in forma cooperativa in possesso dei requisiti per essere qualificate come società innovative ai sensi del DL 179/2012 ed iscritte al Registro delle Imprese nella sezione speciale.

I benefici - Per i soggetti IRPEF l'agevolazione consiste in una detrazione dall'imposta lorda di un importo pari al 19 per cento degli investimenti effettuati fino ad un massimo annuo di 500.000 euro per i periodi d'imposta 2013-2016.

La somma massima detraibile annua quindi sarà pari a 95 mila euro. La detrazione, laddove di ammontare superiore all'imposta lorda di periodo al netto delle eventuali altre detrazioni spettanti al soggetto, potrà essere riportata a nuovo entro il terzo periodo d'imposta successivo.

Per quanto riguarda i soggetti Ires invece viene prevista una deduzione dal reddito complessivo per un importo pari al 20% degli investimenti effettuati fino ad un massimo annuo di 1,8 milioni di euro sempre con riferimento ai periodi d'imposta 2013-2016. La deduzione massima raggiunge quindi i 360 mila euro.

La deduzione tuttavia può essere effettuata solo entro i limiti di reddito imponibile netto di periodo, cioè al netto delle eventuali perdite fiscali pregresse, e l'eventuale eccedenza non utilizzata può essere riportata a nuovo entro il terzo periodo d'imposta successivo.

L'investimento può essere effettuato direttamente o indirettamente tramite Organismi di Investimento Collettivi o di altre società di capitali a condizione che i soggetti investano prevalentemente in start-up innovative. Il criterio della prevalenza si considera rispettato laddove i soggetti, al termine dell'esercizio, detengano titoli di tali società per un valore almeno pari al 70% del valore totale dei propri investimenti.

Il decreto attuativo prevede inoltre che la startup innovativa non possa ricevere investimenti annui superiori a 2,5 milioni di euro. La norma al riguardo è particolarmente severa.  Prevede infatti che, laddove la startup riceva nel medesimo esercizio investimenti complessivi superiori a tale soglia, gli investitori perdano del tutto il diritto all'agevolazione, cioè anche con riferimento agli investimenti pari o inferiori a tale soglia.

Il decreto prevede inoltre che la fruizione del beneficio fiscale è condizionata al mantenimento dell' investimento nella startup per almeno due anni. Per limitare gli abusi l'eventuale cessione anche parziale dell'investimento prima del decorso dei 2 anni comporta la decadenza del beneficio e l'obbligo per il soggetto di restituire le imposte risparmiate all'origine con la maggiorazione di interessi legali. Il contribuente decade dal beneficio anche laddove la startup perda i requisiti soggettivi e oggettivi previsti dal DL 179 2012.

La deroga in favore delle imprese di piccole dimensioni rischia di non essere applicabile agli studi professionali.

Le imprese di minori dimensioni, fino a 5 dipendenti, possono stipulare sempre un contratto a tempo determinato. È quanto previsto dal decreto legge Poletti (dl 34/2014) entrato in vigore lo scorso 21 marzo. La norma mira a salvaguardare le imprese minori per le quali l'applicazione del limite generale del 20 per cento di organico complessivo non avrebbe consentito altrimenti il ricorso al contratto a tempo determinato.

La nuova disciplina del contratto a tempo determinato ha infatti previsto un tetto massimo di dipendenti assunti con contratto a tempo determinato rispetto al totale degli addetti nell'impresa. Il limite è del 20 per cento. 
Vincolo che chiaramente non poteva essere rispettato per le imprese minori per le quali, se non fosse stata concessa una deroga, non avrebbero potuto assumere nessun collaboratore con contratto a tempo determinato; un'impresa con tre dipendenti infatti se ne avesse assunto un quarto con un contratto a tempo determinato avrebbe sforato immediatamente il tetto del 20%. 

Il Decreto Poletti ha quindi stabilito che le imprese di minori dimensioni, sino a 5 dipendenti, possono sempre assumere un collaboratore con contratto a tempo determinato in deroga al tetto legale.

La norma tuttavia fa riferimento esclusivamente alle imprese ed escluderebbe di fatto i soggetti non imprenditori come per esempio i professionisti, gli studi, le associazioni e fondazioni. Che, in assenza di un chiarimento da parte del Ministero del Lavoro, rischiano di non poter assumere alcun collaboratore a tempo determinato nel caso il loro organico sia inferiore a 5 dipendenti.

Si tratta questo di un punto sul quale l'Ordine dei consulenti del lavoro chiede, in sede di conversione in legge del provvedimento, di chiarire l'applicabilità della deroga anche nei confronti dei soggetti non imprenditori per scongiurare dubbi interpretativi e per evitare di discriminare ingiustamente i professionisti.

Il ministro della Funzione pubblica Marianna Madia e il sottosegretario Angelo Rughetti studiano un ritorno della legge Brunetta per i dipendenti della pubblica amministrazione.

Tra le ipotesi allo studio del ministro Madia e del sottosegretario Rughetti per gestire gli 85 mila esuberi nelle pubbliche amministrazioni potrebbe affiancarsi quella di riadattare l'istituto dell'esonero introdotto nel 2008 dalla legge Brunetta e poi eliminato con il decreto Salva Italia nel 2011.

La legge 133 del 2008 infatti consentiva a tutti i dipendenti pubblici a cui servivano 5 anni per accedere alla pensione, di essere esonerati dal servizio per dedicarsi ad un volontariato in cambio di uno stipendio diminuito del 30 per cento. Dopo 5 anni si accedeva alla pensione con un assegno e un trattamento di quiescenza identico a quello dei colleghi rimasti in servizio in quanto la contribuzione veniva totalmente coperta dallo Stato.

Secondo il sottosegretario Angelo Rughetti, l'ipotesi Brunetta dell'esonero potrebbe essere riadattata per consentire ai lavoratori pubblici di essere impiegati in un'amministrazione diversa da quella di appartenenza.

L'ipotesi potrebbe essere applicata a quei dipendenti pubblici che lavorano distanti da casa e che ogni giorno devono sostenere costi di spostamento nelle città in cui lavorano. Insomma i pendolari. Per questi, Rughetti immagina la possibilità di essere reintegrati per un periodo di tempo variabile nelle amministrazioni locali. Sempre su base volontaria, come prevedeva la legge Brunetta, per evitare di generare conflittualità sociale.

Il primo passo potrebbe essere quello di lanciare un interpello per raccogliere le adesioni degli eventuali interessati ad incrociarsi con i posti che si sono resi vacanti nelle amministrazioni pubbliche locali.

L'Inps ha diffuso la nuova tabella riepilogativa delle operazioni salvaguardia delle certificazioni inviate ai beneficiari al 7 marzo 2014.

Secondo il rapporto aggiornato allo scorso 7 marzo, l'Inps ha certificato complessivamente N. 83619 posizioni ed ha liquidato N. 38228 pensioni su un totale di N. 130.130 posizioni salvaguardate con i primi tre provvedimenti.

Relativamente alla prima salvaguardia, individuata dal decreto legge 201 del 2011, sono state effettuate N. 62.473 certificazioni e liquidate N. 33.227 pensioni su un totale di 65 mila potenziali interessati.

Ancora bassi i numeri per la seconda salvaguardia in cui sono state effettuate solo N.14.945 certificazioni e sono state liquidate N. 2.400 pensioni a fronte di un totale di 55 mila posizioni salvaguardate. A pesare sono soprattutto le operazioni di salvaguardia dei lavoratori mobilità ordinaria del predetto contingente: su N.40.000 potenziali beneficiari le certificazioni sono state solo N. 5.994. In corso di definizione però ci sono altre 7.392 posizioni.

Relativamente alla terza salvaguardia l'Inps ha certificato 6201 posizioni ed ha provveduto alla liquidazione di N. 2.601 pensioni a fronte di N. 16.130 soggetti salvaguardati. L'Istituto ricorda che le pensioni liquidate sono quelle che hanno decorrenza fino al gennaio 2014 e di conseguenza il numero sarà destinato ad incrementarsi nel corso dei mesi in relazione al raggiungimento della data di accesso al pensionamento da parte dei beneficiari; inoltre, secondo l'Istituto, le certificazioni sino ad oggi effettuate riguardano i soggetti con decorrenza della pensione dal 2013 in poi. 

Complessivamente l'Inps sui primi tre decreti ha certificato il 64 % circa delle posizioni ed ha provveduto alla la liquidazione di quasi il 30 % degli aventi diritto.

Con riferimento alla quarta salvaguardia l'Inps ha provveduto anche a certificare N.183 posizioni relativamente ai lavoratori cessati per risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro ai sensi del DL 102 del 2013.

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