La questione
In particolare la diatriba riguardava un ragioniere pensionato dal 2002 che si era visto applicare dalla Cassa una riduzione del trattamento pensionistico a decorrere dall'1.1.2004 e sino al 31.12.2008, a titolo di contributo straordinario di solidarietà, in attuazione dell'art. 40 del Regolamento di esecuzione adottato dalla stessa Cassa con delibera 20.12.2003. Il pensionato aveva proposto ricorso al Tribunale del Lavoro e poi, dopo l'impugnativa della Cassa, presso la Corte d'Appello vincendo la causa che condannava la Cassa alla restituzione delle somme indebitamente trattenute. La Corte territoriale, condividendo la sentenza di primo grado, ritenne che la disposizione regolamentare che aveva introdotto il contributo di solidarietà, era illegittima, in quanto in contrasto con il principio del pro rata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, e ledeva l'affidamento dell'assicurato, già pensionato, finendo per incidere su un diritto acquisito. I giudici di merito avevano acclarato che il diritto del pensionato non poteva essere travolto dallo`ius supeveniens' costituito dalla l. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, norma, questa, non configurata come interpretativa e non dotata, perciò, di efficacia retroattiva.
L'orientamento della Corte di Cassazione
Le decisioni dei tribunali di merito sono in linea con l'orientamento seguito sino ad oggi dalla Cassazione che, come noto, è stato sempre nel senso di negare qualsiasi forma di prelievo - nella logica dei diritti acquisiti - a carico dei pensionati. La Sesta sezione della Cassazione ha però accolto la richiesta dell’ente di previdenza di rimeditare e sulla natura del contributo di solidarietà rinviando ad un ulteriore approfondimento la decisione finale. Ad aprire la breccia - si legge nell'ordinanza - è stata la sentenza 173/2016 della Corte costituzionale che ha riconosciuto al contributo di solidarietà un ruolo di riequilibrio del sistema previdenziale e di equità intergenerazionale bocciando l’assimilazione a una forma di prelievo tributario perché si ispira a un criterio di gradualità e non incide sulla generalizzata categoria dei pensionati ma solo sui beneficiari del regime retributivo più favorevole, in termini di reddito, rispetto a quello contributivo.
L'ordinanza della Corte infatti condivide in parte le memorie difensive proposte dalla Cassa Ragionieri che rilevano come il quantum di riduzione del trattamento pensionistico in ragione dell'applicazione del contributo di solidarietà (che è un contributo straordinario, di importo contenuto, limitato nel tempo e pur tuttavia finalizzato ad assicurare l'equilibrio finanziario di lungo termine e l'equità intergenerazionale, ispirato al criterio della gradualità, in relazione all'importo del trattamento pensionistico ed alla minore o maggiore incidenza del calcolo contributivo della pensione, non incidente sulla generalizzata categoria dei pensionati ma solo su quelli benefieiari del regime retributivo più favorevole - in termini di reddito - rispetto a quello contributivo, non incidente su anzianità contributive già maturate) non lede il principio di ragionevolezza. Un altro passaggio portato avanti dalla difesa di Cassa ragionieri condiviso dall’ordinanza riguarda la natura delle norme che hanno introdotto e applicato il diritto di solidarietà che «non sono provvedimenti amministrativi unilaterali dell’ente previdenziale ma norme giuridiche che, grazie all’autonomia conferita dal Dlgs 509/94 sono idonei a derogare e ad abrogare disposizioni aventi rango legislativo con l’unico limite della ragionevolezza».
Insomma pur non avendo ancora deciso sulla legittimità del contributo l'ordinanza apre dopo diverse pronunce a favore dei pensionati ad un cambio di orientamento che fino ad oggi aveva protetto in modo granitico l'assegno dei soggetti già pensionati.