A beneficiare della novità saranno soprattutto i contribuenti che hanno figli o nipoti presso istituti privati, quelli cioè per la cui frequenza si paga una retta annuale. Il cui costo potrà essere portato, almeno parzialmente, in detrazione. Naturalmente la detrazione, che si applica a partire dall'anno d'imposta 2015, spetta anche se l’onere è sostenuto nell’interesse dei familiari fiscalmente a carico.
Per quanto riguarda le spese detraibili occorre ricordare che l'Agenzia delle Entrate, nella recente crcolare n. 3/E/2016, ha chiarito che vi rientrano «a mero titolo di esempio, la tassa di iscrizione, la tassa di frequenza e le spesa per la mensa scolastica». Escluso dalla detrazione, invece, «l'acquisto di materiale di cancelleria e di testi scolastici per la scuola secondaria di primo e secondo grado«, cioè per le medie e le superiori (licei, istituti tecnici e istituti professionali). Non sono stati forniti chiarimenti sulla possibilità di comprendere tra le «spese per la frequenza», sempre nel limite dei 400 euro per alunno o studente altre spese come il vitto (al di fuori delle mense scolastiche), l'alloggio (ad esempio, in collegio o in convitto) e il trasporto, ad esempio, per l'abbonamento bus o treno.
Resta invece confermata la detrazione del 19%, senza il tetto di 400 euro, per le spese di frequenza di corsi di istruzione universitaria. La detrazione, com'è noto, è attivabile anche su corsi erogati da università private con il vincolo però di non poter superare la misura stabilita per le tasse e contributi delle universita' statali. Con la particolarità che l'eventuale eccedenza rispetto a tale importo non darà diritto ad alcuna detrazione. Il confronto deve essere fatto con le università statali che presentano identità o affinità d'indirizzo di studi e che siano ubicate nella stessa città ove hanno sede le università private, ovvero in una città della stessa regione (in questo senso, circolare 23 maggio 1987, n. 11/8/772).