Sergey

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Mi occupo di diritto della previdenza e del lavoro. Mi sono laureato nel 1976 in Giurisprudenza alla Cattolica. Dal 1985 lavoro all'Inps.

La proposta di far scattare già dal 2014 un prelievo sui trattamenti superiori ai 2mila euro viene bocciata da Matteo Renzi dopo le proteste dei sindacati.

Il premier Matteo Renzi smentisce la proposta contenuta nel piano sulla spending review targato Cottarelli presentato ieri in Consiglio dei ministri. "L'idea che uno che guadagna 2 mila euro di pensione sia chiamato a dare un contributo forse c'è per Cottarelli, ma io la escludo" ha affermato ieri il premier a Porta a Porta ammettendo però che l'idea non è un tabu' ma che potrebbe essere legata a soglie piu' elevate: "è chiaro che se prendi ottomila euro netti e il governo ti chiede un sacrificio io mi sento di difendere questa misura, che peraltro già esiste".

Le parole del premier erano indirizzate in particolare ai sindacati che ieri erano già sul piede di guerra contro l'ipotesi dell'introduzione di un nuovo contributo di solidarietà. Sia per la Cgil che per l'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano la proposta fatta circolare dal commissario Cottarelli era del tutto inaccettabile. Renzi ha dunque rassicurato: "chi sostiene che i pensionati pagheranno la manovra sbaglia."

Il problema sta nelle soglie - Il segretario Cgil Camusso tuttavia non è contraria tout court alla misura a condizione che pero' che si fissi la soglia del contributo di solidarietà sopra i 3 mila e 500 - 4mila euro in modo da garantire le fasce medie. L'ipotesi peraltro è condivisa negli ambienti governativi. Insomma un intervento una tantum sui trattamenti superiori ai 4-5 mila euro lordi al mese non è del tutto da scartare come del resto ha detto ieri mattina il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio. Ma in ogni caso le pensioni avranno un ruolo marginale nel finanziamento di altri capitoli di spesa del governo Renzi in quanto il contributo, se sarà introdotto, "sarà comunque temporaneo" ha detto Delrio. 

I calcoli - Insomma la precisazione dovrebbe garantire che l'eventuale prelievo di solidarietà - se sarà introdotto - riguarderà solo il 5 per cento dei pensionati e forse anche meno. Peraltro Renzi dovrebbe ricordare che alcuni di questi trattamenti già pagano un contributo di solidarietà reintrodotto con l' ultima legge di stabilità, anche piuttosto salato, che scatta sopra i 90 mila euro lordi annui - cioè circa 7mila euro al mese - e dovrà essere pagato fino al 2016. E quindi, a meno che non si voglia ulteriormente penalizzare queste "pensioni d'oro", la reale platea che potrebbe essere interessata dalla misura è quella che va dai 3-4 mila euro ai 7mila euro. Quante sarebbero le pensioni colpite? Circa 350mila secondo i calcoli Inps; ed ipotizzando una aliquota del 5 per cento massimo sulla parte eccedente i 3000 euro al mese, Renzi potrebbe racimolare circa 260 milioni di euro l'anno. Una cifra del tutto inadeguata evidentemente a finanziare gli sgravi sul lavoro per stimolare le nuove assunzioni. 

Ma il calcolo potrebbe anche avvenire in modo differente laddove il governo scegliesse di prelevare la parte dell'assegno non derivante da versamenti contributivi che per queste fasce di pensioni raggiunge anche il 25 per cento dell'importo. In tal caso il "danno" per i pensionati sarebbe ingente perchè colpirebbe la parte retributiva e la misura comporterebbe un gettito molto più ricco per le casse dello Stato.

Doccia fredda per i pensionati. Renzi annuncia l'introduzione di un nuovo contributo di  solidarietà sulle pensioni sopra i 2500 euro lordi. Immediata la replica di Damiano: "la misura è fuori dalla realtà".

Nelle novità annunciate ieri dal primo ministro, Matteo Renzi, ci sono anche alcuni provvedimenti che potrebbero interessare i pensionati. Non si tratta però delle misure tanto attese, come un allargamento delle maglie degli esodati o l'introduzione dei pensionamenti flessibili, ma di un ennesimo contributo temporaneo di solidarietà a carico dei trattamenti più elevati. E' quanto annunciato dal commissario straordinario alla spending review Carlo Cottarelli nella conferenza stampa di mercoledì. Ma andiamo con ordine. 

Secondo Cottarelli il piano di revisione della spesa pubblica sarà articolato in 33 punti con l'obiettivo di conseguire risparmi dai 5 ai 7 miliardi quest'anno, 18 miliardi il prossimo e 35 miliardi nel 2016. I tagli saranno graduali con i primi provvedimenti che potranno essere avviati dal prossimo mese di maggio "sempre che si riesca ad agire seriamente e subito" ha detto Cottarelli. Tra le misure annunciate ci sarà chiaramente una sforbiciata alle auto blu che secondo il presidente del Consiglio dei Ministri "ne devono restare una per ministro e massimo 5 auto per ogni dicastero".  

Ma la scure della spending review potrebbe essere calata ancora una volta sulla previdenza. Secondo Cottarelli il settore non può non essere coinvolto: "i costi del sistema sono ancora troppo elevati dato che raggiungono circa il 16 per cento del Pil, per un valore di ben 270 miliardi di euro". A tale riguardo Cottarelli è stato abbastanza chiaro: l'ipotesi è di introdurre "un contributo temporaneo di solidarietà sui trattamenti previdenziali più elevati a beneficio della fiscalizzazione degli oneri per i lavoratori neoassunti". Secondo il commissario verranno colpiti gradualmente solo il 15 per cento degli assegni previdenziali. Si tratterebbe in particolare, anche se in via temporanea, degli assegni sopra i 2500 euro lordi mensili (ossia con la soglia oltre cinque volte il minimo), cifre che a ben guardare non sono in realtà un gran reddito ma che andrebbero a colpire i redditi medi già duramente provati dalla stop all'indicizzazione dei trattamenti negli ultimi anni. Altro che pensioni d'oro.

Secondo Cottarelli l'intervento sulle pensioni è giustificabile anche perché i pensionati, stando alle indagini della Banca d'Italia, "sono tra coloro che riescono più a risparmiare."

Dure le critiche dell'ex ministro del lavoro Cesare Damiano che dal suo blog denuncia: "E’ fortemente contraddittorio il fatto che, allo stesso tempo, si detassino i redditi medio-bassi dei lavoratori dipendenti e si tassino quelli medio-bassi dei pensionati. Se qualcuno pensa che 2.000 euro lordi mensili assomigliano ad una pensione d’oro, è  fuori dalla realtà. “In questo modo, da una parte si sostengono i consumi mentre, dall’altra, si deprimono: sarebbe assurdo e non crediamo che il Governo voglia manovre economiche a somma zero. Inoltre, i pensionati non trarranno alcun beneficio dalla manovra e avrebbero un doppio svantaggio. Per questo chiediamo che l’Esecutivo apra un tavolo di confronto con i sindacati per affrontare il tema della indicizzazione delle pensioni. Infine si dovrebbe affrontare, nell’ambito del lavoro autonomo, il tema delle partite IVA autentiche agevolando questi lavoratori, in molti casi giovani, attraverso la fissazione dell’aliquota dei contributi previdenziali al 24%, come nel caso del lavoro autonomo. La manovra può essere completata con queste correzioni che rafforzerebbero il suo carattere di equità".

Secondo fonti vicino al Ministero del Lavoro Poletti pubblicherà il decreto di sostegno del reddito per le mensilità residue relative all'anno 2014. 

Nelle prossime settimane dovrebbero esserci dei passi avanti relativamente alla pubblicazione della seconda parte del terzo decreto che ha concesso l'assegno di sostegno al reddito per l'anno 2013 per i lavoratori indicati dell'articolo 12, comma-5 bis del DL 78/2010 convertito con legge 122/2010.

Il decreto numero 76353 del 16 ottobre 2013 era infatti nato con un problema di fondo. Aveva sì concesso la proroga del sostegno del reddito, con esclusione della contribuzione figurativa, in favore dei soggetti per i quali la vecchia finestra di decorrenza era collocata nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2013, ma il prolungamento, in considerazione delle scarse risorse finanziarie reperibili all'epoca, aveva coperto solo una parte del periodo di slittamento della finestra, quello sino al 31 dicembre 2013. Erano rimasti in questo modo prive di copertura le mensilità di slittamento che si collocavano nel nuovo anno, il 2014.

Ora sotto la guida del nuovo ministro, Giuliano Poletti, i tecnici del ministero di via Veneto hanno predisposto la "seconda parte" del decreto interministeriale con il quale sarà concesso il prolungamento dell'intervento di tutela del reddito in favore dei lavoratori già beneficiari della tutela di cui al Dm 76353 limitatamente, questa volta, alle mensilità residue dell'anno 2014 che non erano state coperte con il citato decreto. Con la pubblicazione della seconda parte di questo decreto l'Inps sarà autorizzata pertanto ad erogare il prolungamento dell'intervento di tutela del reddito in favore dei soggetti individuati dal decreto 76353 per le mensilità residue del 2014

Altra questione sul tavolo del Ministro è quella relativa all'interpretazione dell'articolo 12 comma 5 bis lettera a) del Dl 78/2010 che secondo espressa ammissione dello stesso ministero non si presta ad una interpretazione univoca. Il problema è noto e ruota intorno al significato della disposizione che ammette al beneficio della proroga del sostegno al reddito quei "lavoratori le cui imprese abbiano siglato accordi sindacali per il collocamento in mobilità ordinaria o lunga entro il 30 aprile 2010".

I decreti attuativi della citata disposizione (Dm 63655, Dm 68225, Dm 76353) hanno infatti interpretato la stessa in maniera non omogenea indicando che alla data del 30 Aprile 2010 il lavoratore debba (come ulteriore condizione) aver cessato l'attività lavorativa. In tal modo è stato ristretto il campo di reale operatività della disposizione posto che non tutti i lavoratori le cui imprese abbiano stipulato accordi entro il 30 Aprile 2010 hanno necessariamente cessato l'attività lavorativa alla predetta data. La questione era stata piu' volte sollevata dai sindacati che avevano rappresentato "come al 30 Aprile 2010 i lavoratori in questione potessero non aver ancora cessato l'attività lavorativa" ma per ben due anni la questione non è stata raccolta dal Dicastero.

Il Ministero del Lavoro ha avviato di recente un approfondimento sulla reale portata della norma e sulle diverse implicazioni che ne possono conseguire aprendo dunque alla possibilità di un chiarimento e di un allargamento della platea in oggetto.

La Campania è la prima regione in Italia ad aver firmato i decreti che concedono la cassa integrazione in deroga per l'anno 2014.

L'Assessorato al Lavoro della Regione Campania ha inviato all'Inps i decreti per il finanziamento della cassa integrazione in deroga per il 2014 per i lavoratori ammessi al beneficio il 28 febbraio scorso.

I lavoratori che potranno fruire della cassa integrazione in deroga sono in totale 3488 distribuiti in 88 aziende nelle cinque province della Campania. Nella provincia di Avellino i lavoratori beneficiari sono 699 spalmati in 13 aziende; nella provincia di Benevento i beneficiari sono 113 lavoratori in due aziende; a Caserta 437 in 18 aziende; a Napoli 1752 in 43 aziende; a Salerno 487 in 12 aziende.

La Regione ha stanziato 27 milioni di euro per far fronte all'emergenza occupazione ed ulteriori decreti saranno pubblicati la prossima settimana; tra i beneficiari dei provvedimenti compaiono anche i lavoratori Irisbus oggetto di un precedente accordo firmato tra Regione e governo.

La Regione Campania è la prima in Italia ad aver autorizzato l'erogazione dei trattamenti in deroga per il 2014. L'Assessorato al Lavoro della Regione la settimana scorsa aveva anche pubblicato i primi decreti per la fruizione della mobilità in deroga.

Il Pd rispolvera la proposta Damiano per introdurre premialità e penalità per i lavoratori tra i 62 e i 70 anni di età.

Tra le varie riforme in materia previdenziale che potrebbero nei prossimi tempi vedere la luce verde c'è quella legata all'introduzione dei cosidetti pensionamenti flessibili. La riforma si basa sulla proposta di legge presentata il 30 aprile 2013 alla Camera dei Deputati firmata, tra l'altro, dagli onorevoli Damiano, Baretta e Gnecchi e viene oggi riproposta dal Partito Democratico al governo Renzi come base per un intervento volto a risolvere i nodi della Riforma Fornero del 2011. Vediamo più da vicino di che cosa si tratta.

In pensione a 62 anni e 35 di contributi - La proposta di legge prevede che, a partire dal 1° gennaio 2014, le lavoratrici e lavoratori (pubblici, privati ed autonomi) che hanno raggiunto i 62 anni di età che abbiano maturato un' anzianità contributiva di almeno 35 anni, possono accedere a forme di pensionamento flessibili sempre che l'importo dell'assegno pensionistico, secondo l'ordinamento previdenziale di appartenenza, sia pari ad almeno 1,5 volte l'importo dell'assegno sociale. 

Nel documento si specifica anche che per la determinazione dell'importo della pensione si consideri l'importo massimo conseguibile, secondo l'ordinamento previdenziale di appartenenza, e si applichi una riduzione o una maggiorazione sulla quota di trattamento pensionistico calcolata con il sistema retributivo a seconda che l'età del pensionando sia inferiore o superiore ai 66 anni (ed in funzione dei contributi versati). 

Le penalità e la premiazione - In pratica viene previsto un sistema di penalizzazioni e di premialità a seconda se il lavoratore scelga di cessare l'attività lavorativa prima dei 66 anni o dopo 66 anni entro comunque un range che va dai 62 anni ai 70 anni. Il taglio massimo sull'importo pensionistico è pari all'8% per cento per i lavoratori che decidono di uscire con 62 anni e 35 di contributi e man mano si riduce del 2 % l'anno fino ad annullarsi all'età di 66 anni. Analogamente, qualora il lavoratore decidesse di rimanere sul posto di lavoro oltre i 66 anni subirebbe un incremento dell'assegno pensionistico del 2% l'anno sino ai 70 anni. Pertanto il beneficio massimo conseguibile sarà dell' 8% per cento in corrispondenza dei settant'anni. 
Le penalizzazioni e le premialità si applicano sulle anzianità maturate con il sistema retributivo (dunque sulle anzianità maturate sino al 31.12.2011 per chi era nel sistema misto o sino al 31.12.95 per chi ne era rimasto escluso).

In pensione con 41 anni di contributi - Inoltre per le lavoratrici e lavoratori che abbiano maturato almeno 41 anni di anzianità contributiva viene concessa la possibilità di accedere alla pensione anticipata a prescindere dall'età anagrafica e senza incorrere in penalizzazioni. 

Stima di Vita - La proposta congela inoltre, almeno per un anno, il prossimo scatto della stima di vita (pari a 4 mesi) previsto dal prossimo 1° Gennaio 2016. Nel documento si specifica infatti che fino al 31 dicembre 2016 l'incremento delle pensionistica dovuto all'allungamento della speranza di vita sia determinato nella misura di 3 mesi complessivi.

La proposta Damiano è stata tuttavia bocciata lo scorso anno per ragioni di copertura finanziaria. Ora però con il nuovo governo Renzi i firmatari dell'originario progetto di legge sono tornati alla carica e hanno chiesto al Premier di ritararla fuori dal cassetto.

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