Sergey

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Mi occupo di diritto della previdenza e del lavoro. Mi sono laureato nel 1976 in Giurisprudenza alla Cattolica. Dal 1985 lavoro all'Inps.

In talune circostanze anche laddove il ricovero del figlio avvenga a tempo pieno presso la struttura ospedaliera o in case di cura private che assicurano l'assistenza continua, è possibile riconoscere al genitore lavoratore dipendente il diritto a fruire dei congedi straordinari retribuiti. 

La legge infatti esclude attualmente la possibilità di fruire del congedo straordinario retribuito qualora il familiare risulti ricoverato a tempo pieno in una struttura ospedaliera o in case di cura private. Eppure la regola è soggetta ad un temperamento in talune circostanze. Vediamo quali.

In primo luogo la fruizione del congedo straordinario retribuito può essere concessa quando il disabile sia un minore che ha bisogno che il genitore stia fisicamente a lui vicino e faccia dunque parte sostanzialmente di un piano terapeutico volto alla riabilitazione del minore. Una ulteriore circostanza si ha quando il disabile è in uno stato vegetativo o in una situazione terminale oppure se deve uscire dal ricovero perchè è stato autorizzato a svolgere visite e terapie esterne. Infine il congedo straordinario può essere ulteriormente concesso quando sia la stessa struttura sanitaria in cui è ricoverato il minore a richiedere la presenza del genitore. 

In tali circostanze il genitore è sempre ammesso alla fruizione del congedo straordinario. Il beneficio può essere concesso fino massimo di due anni di assenza dal lavoro e può essere fruito sia in un unico periodo che frazionato in più momenti in base alle esigenze dell'assistito. Se i figli in condizione di grave disabilità sono due il genitore però può avere diritto ad un solo congedo. Il congedo in altri termini resta sempre unico in quanto non può essere raddoppiato in modo che il genitore fruisca di un periodo di assenza dal lavoro per 4 anni.

Il genitore può comunque assistere i due figli prendendo nel complesso un anno per uno e un altro anno per l'altro figlio; o comunque può stabilire una diversa ripartizione secondo l'effettiva necessità dei disabili e dei familiari. Tuttavia resta sempre insuperabile il tetto dei due anni. 

Solamente laddove il genitore che ha già fruito del congedo per un figlio venga a mancare o diventi egli stesso invalido l'altro genitore, sempre che rispetti le condizioni richieste dalla legge, può usufruire di un periodo intero di congedo per il secondo figlio raggiungendo 4 anni complessivi di congedo.

La nuova tassa farà aumentare l'imposta sulle seconde case fino a 200 euro in più l'anno nelle maggiori città come Roma e Milano. 

Non c'è niente da fare. Anche il nuovo anno riserva ai contribuenti italiani una nuova stangata che potrebbe costare per un'abitazione media di categoria catastale A2 un aggravio di costo fino a 200 euro. Nelle grandi città per un alloggio medio potrebbero doversi pagare tra i 140 e 160 euro in più. E' l'effetto dell'ultima norma contenuta nel Decreto Salva Roma che ha concesso ai sindaci la possibilità di aumentare ulteriormente le aliquote sulla Tasi.

Ma il colpo peggiore, almeno sulla carta, potrebbe arrivare in quelle città medie che fino al 2013 non avevano aumentato le tasse sugli alloggi a loro disposizione. Per esempio Pordenone e Bolzano  potrebbero registrare aumenti fino a 500 euro l'anno secondo le prime stime effettuate dalla Cgia di Mestre

Il decreto salva Roma ha infatti nuovamente cambiato le regole in materia di imposta comunale sui servizi indivisibili, la Tasi, prevista originariamente dalla legge di stabilità. Nel decreto infatti si concede la facoltà ai Comuni, non l'obbligo, di aumentare le aliquote complessivamente dello 0,8 per mille al fine di finanziare le detrazioni sull'abitazione principale.

La Tasi di fatto è una reintroduzione, seppur mascherata, dell'Imu per la prima casa: la legge di stabilità prevedeva per l'abitazione principale un'aliquota pari allo 0,25 per cento calcolata sulla sulla stessa base imponibile prevista per l'IMU. Per le altre tipologie immobiliari, dove la vecchia Imu rimane in vigore, la legge di stabilità prevedeva che la somma tra Imu e Tasi non potesse superare il tetto massimo del 1,06%. 

Con il salva Roma i comuni hanno tempo sino ad aprile per stabilire se applicare del tutto o solamente in parte l'aumento dell'aliquota che è stato loro reso possibile. La decisione ultima quindi spetterà ai sindaci che potranno far salire l'aliquota massima allo 0,33% per l'abitazione principale oppure aumentare il prelievo sugli altri immobili portandolo sino al 1,14 per cento; i comuni potranno anche scegliere una via di mezzo aumentando per esempio solo dello 0,4 per mille l'aliquota sulle abitazioni principali è di un altro 0,4 per mille l'aliquota sulle seconde case e gli altri immobili.

E' chiaro che oggi è presto per conoscere le decisioni anche se non ci vuole molto per capire che i comuni non si lasceranno scappare questa possibilità: difficilmente i comuni riusciranno a rinunciare ad un incremento delle aliquote per finanziare i bilanci disastrati. Anche perché sarà difficile riuscire a controllare nei fatti la corretta destinazione delle risorse aggiuntive derivanti dall'aumento delle aliquote. L'extra-gettito dovrà essere destinato infatti a finanziare le detrazioni per l'abitazione principale, ad esempio i comuni potrebbero  immaginare l'introduzione di una detrazione base ed eventualmente una maggiorazione della detrazione in presenza di figli conviventi come avveniva per l'Imu; ma i controlli sulla destinazione dell'extra-gettito non saranno facili.

Le nuove tasse sulla casa

La Tari - La Tari è la tassa sui rifiuti. Viene determinata a seconda della tipologia di immobile residenziale o non residenziale. Per gli immobili abitativi si tiene conto, oltre che della superficie dell'alloggio, anche del numero di persone che lo abitano, per i non residenziali invece oltre alla grandezza si considera l'attività che viene svolta al suo interno. La tassa penalizza in particolare le famiglie numerose e i pubblici esercizi. 

La Tasi - La Tasi è il nuovo tributo sui servizi indivisibili. Viene utilizzata per coprire i costi comunali come l'illuminazione e la sicurezza. La base di calcolo è la medesima dell'Imu e quindi per le abitazioni si aumenta la rendita catastale del 5 per cento e la si moltiplica per 160. Per il 2014 l'aliquota massima per le abitazioni principali è dello 0,25%, per gli altri immobili la Tasi viene sommata all'Imu e l'aliquota massima può raggiungere l'1,06%. Il decreto salva Roma concede la facoltà ai sindaci di incrementare l'aliquota di un ulteriore 0,8 per mille. 

Iuc - La iuc è l'acronimo di imposta unica comunale ed è la somma di Tasi e Tari. La Iuc non è necessariamente in capo ad un solo contribuente visto che la Tasi viene pagata in gran parte dal proprietario dell'abitazione mentre la Tari è pagata da chi occupa l'immobile. I comuni possono stabilire in quante rate deve essere pagata fermo restando che devono esserci almeno due rate. Va lasciata inoltre la possibilità di saldare in unica soluzione entro il 16 giugno.

23 mila lavoratori attendono la pubblicazione del quinto decreto di salvaguardia in attuazione delle disposizioni contenute nella legge 147/2013

I lavoratori salvaguardati ai sensi dell'ultimo intervento contenuto nella legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 191 e ss. della legge 147/2013) attendono la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto attuativo. Il decreto è stato già firmato dall'ex ministro del lavoro Enrico Giovannini. Il provvedimento dovrà specificare le regole per la fruizione del beneficio ed indicare, termini e modalità per presentare la domanda.

Le misure contenute nella quinta salvaguardia concederanno la possibilità di mantenere salve le regole pensionistiche vigenti prima dell'entrata in vigore della Riforma Fornero (Dl 201/2011) a 23 mila soggetti individuabili in due macro-categorie. 

Da un lato viene infatti ampliato, con il comma 191 dell'articolo 1 della legge 147/2013, di 6mila unità il contingente dei prosecutori volontari salvaguardati ai sensi della lettera b) dell'articolo 1, comma 231 della legge 228/2012. Si tratta degli autorizzati alla prosecuzione volontaria entro il 4 dicem­bre 2011, con almeno un contributo vo­lontario accreditato o accreditabile al 6 dicembre 2011, anche che abbiano lavorato (purchè non con contratti a tempo indeterminato e con un reddito massimo lordo annuo di 7.500 euro) che maturano la decorrenza della pen­sione entro il 6 gennaio 2015. Con questo intervento il contingente passa dunque dalle originarie 1.590 unità (come individuate dal Dm 22 Aprile 2013) a 7.590 unità.

Il secondo fronte invece, riguardante 17mila persone, è quello piu' importante perchè aggiunge nuove fattispecie di lavoratori ammessi in salvaguardia (art. 1, commi 194-198, legge 147/2013); si tratta evidentemente di soggetti che per via dei precedenti paletti non hanno potuto accedervi. 

L'intervento del legislatore è stato caratterizzato - in questa salvaguardia - dalla circostanza di aver eliminato il limite reddituale di 7.500 euro - per i prosecutori volontari, cessati dal servizio con accordi e lavoratori con risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro - e nell'aver aperto alla possibilità - per i lavoratori in mobilità ordinaria che non riescono a perfezionare i requisiti per la pensione entro la fruizione della relativa indennità - di mantenere la salvaguardia qualora entro sei mesi dal termine dell'indennità di mobilità riescano a perfezionare, tramite contribuzione volontaria, i requisiti per la pensione. In ogni caso tuttavia resta la condizione - per essere ammessi al beneficio - che la decorrenza della prestazione pensionistica avvenga entro il 6.1.2015 e viene questa volta specificato che il primo pagamento della pensione non potrà avere decorrenza anteriore al 1° Gennaio 2014 (comma 195).

Nello specifico i lavoratori che potranno fruire della quinta salvaguardia sono:

a) i lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione anteriormente al 4 dicembre 2011 i quali possano far valere almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile alla data del 6 dicembre 2011, anche se hanno svolto, successivamente alla data del 4 dicembre 2011, qualsiasi attivita', non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

b) i lavoratori il cui rapporto di lavoro si e' risolto entro il 30 giugno 2012 in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, dopo il 30 giugno 2012, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

c) i lavoratori il cui rapporto di lavoro si e' risolto dopo il 30 giugno 2012 ed entro il 31 dicembre 2012 in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, dopo la cessazione, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

d) i lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato per risoluzione unilaterale, nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, successivamente alla data di cessazione, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

e) i lavoratori collocati in mobilita' ordinaria alla data del 4 dicembre 2011 e autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione successivamente alla predetta data, che, entro sei mesi dalla fine del periodo di fruizione dell'indennita' di mobilita' di cui all'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, perfezionino, mediante il versamento di contributi volontari, i requisiti vigenti alla data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 201 del 2011;

f) i lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione anteriormente al 4 dicembre 2011, ancorche' al 6 dicembre 2011 non abbiano un contributo volontario accreditato o accreditabile alla predetta data, a condizione che abbiano almeno un contributo accreditato derivante da effettiva attivita' lavorativa nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2007 e il 30 novembre 2013 e che alla data del 30 novembre 2013 non svolgano attivita' lavorativa riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato.

L'obiettivo del nuovo esecutivo è di puntare ad una riduzione di 7-8 miliardi  di euro per i lavoratori e di 3 miliardi per le imprese.

Il nuovo governo vuole dare un segnale importante ed immediato sul taglio del cuneo fiscale. Dipende tutto dalle risorse disponibili che secondo fonti vicino alla presidenza del Consiglio sarebbero pari a circa 10 miliardi di euro da suddividere con l'intervento sull'Irpef sull'Irap. E' proprio questo il nodo sul tavolo dell'esecutivo: come spartire i 10 miliardi tra i due interventi.

Secondo l'ipotesi piu' accreditata gran parte delle risorse disponibili dovrebbero essere concentrate sull'Irpef con intervento pari a circa 7 miliardi di euro. L'obiettivo è quello di dare una scossa ai consumi e alla domanda interna per tentare di invertire la tendenza che vede l'economia italiana bloccata su tassi di crescita molto modesti.

All'Irap sarebbero destinati quindi solo tre miliardi di euro, il 30 per cento delle risorse disponibili. All'interno della maggioranza tuttavia Ncd e Scelta Civica puntano puntano ad aumentare la quota delle risorse disponibili per ridurre l'imposta regionale sulle attività produttive. L'idea è quella di arrivare ad un 50%, cioè a 5 miliardi di euro: agire piu' incisivamente sul fronte dell'Irap potrebbe infatti aprire nuovi spazi di manovra a beneficio delle imprese e dunque anche dell'occupazione. Inoltre si renderebbe immediatamente percepibile il taglio sul costo del lavoro.

Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti annuncia che il governo dovrà intervenire per rifinanziare la cassa integrazione in deroga per la seconda metà del 2014. Mercoledì la decisione anche sulla Riforma dei Contratti per favorire l'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro.

A dare l'allarme è stato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, dopo diversi mesi di denunce presentate dai sindacati: "Le risorse per la cassa integrazione in deroga per il 2014 così come stanziate dal precedente esecutivo non sono sufficienti. Rischiamo di trovarci a metà di quest'anno senza coperture per migliaia di lavoratori".

Il ministro nel corso dell'intervista rilasciata nel programma Porta a Porta di Bruno Vespa ha confermato che con il Jobs act verrà definitivamente superato il sistema della cassa integrazione in deroga e verrà anticipata di un anno la sua scadenza naturale: "il vecchio sistema degli ammortizzatori sociali in deroga dovrà terminare verosimilmente entro il 31 dicembre 2015". Al suo posto, secondo il Ministro, decollera' un nuovo sistema di ammortizzatori che affiancherà la cassa integrazione, ordinaria e straordinaria, e diventera' uno strumento universale estensibile ad una platea di circa 300 mila lavoratori parasubordinati ad oggi esclusi dalle tutele.

La riforma del mercato del lavoro - Poletti ha anche parlato del capitolo riforma del lavoro: "L'obiettivo del governo è quello di semplificare l'accesso al mercato del lavoro per i giovani. Per realizzare intendiamo partire inanzitutto dell'apprendistato che è una porta importante per l'ingresso nel mondo del lavoro al fine di renderlo più agibile semplificando la sua regolamentazione". Il ministro è apparso poi ancora non sicuro circa l'efficacia di introdurre, accanto al contratto di apprendistato, un contratto a tutele crescenti come era stato più volte annunciato dagli esponenti dell'area lavoro del Partito Democratico. 

Le prossime scadenze - Per Poletti i nodi potranno essere sciolti mercoledì quando il premier Renzi ha annunciato che verrà presentata ufficialmente la proposta del Jobs act con l'individuazione anche delle risorse per intervenire sul cuneo fiscale, l'altra grande priorità del nuovo esecutivo.

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