Pensioni Internazionali, una proposta dal Pd per incrementare l'importo minimo

Giovedì, 05 Marzo 2015
L’obiettivo è quello di eliminare il fenomeno degli importi irrisori e garantire un tasso di congrua remunerazione dei contributi versati.

Kamsin Dopo aver presentato una proposta di legge per eliminare il fenomeno degli importi irrisori delle pensioni dei connazionali emigrati, abbiamo presentato anche una interrogazione al Ministero del Lavoro e al Ministro dell’Economia e delle Finanze per sollecitare l’aumento dell’importo minimale mensile acquisito in virtù del cumulo dei periodi contributivi previsto da accordi o convenzioni internazionali in materia di sicurezza sociale. Ne ha dato notizia oggi l'Onorevole Fabio Porta (Pd).

Come si ricorderà in base alla legge n.335/95 e con effetto dal 1° settembre 1995 fu istituito per le pensioni italiane in regime internazionale un minimale di pagamento pari a un quarantesimo del trattamento minimo per ciascun anno di contribuzione (da lavoro, figurativa e volontaria) fatto valere in Italia.

Tale minimale prescinde dal reddito del pensionato e da una sua eventuale titolarità di una pensione estera, e trova applicazione quale che sia il regime di calcolo (retributivo, misto o contributivo) delle prestazioni. In sostanza i nostri connazionali futuri pensionati o già titolari di pensione in convenzione bilaterale (con i Paesi extracomunitari) o multilaterale (con i Paesi comunitari) in virtù della vigente normativa hanno diritto per ogni anno di contribuzione accreditato in Italia ad un importo minimo pari a 12,56 euro (cioè a un quarantesimo di 502,38 euro che è l’importo del trattamento minimo per il 2015).

Ciò significa, per esempio, che chi ha versato 5 anni di contribuzione in Italia e acquisito il diritto a un pro-rata in regime internazionale, ha diritto ad un importo minimale mensile di appena 63 euro. Si tratta di importi obiettivamente insufficienti a garantire un tasso di congrua remunerazione dei contributi versati nei casi in cui, che non sono pochi, la pensione “a calcolo” – cioè basata sui contributi effettivamente versati e non maggiorata dalla integrazione al minimo (prestazione questa oramai in pratica non più esportabile all’estero) – sia di importo irrisorio a causa della remota collocazione nel tempo, del numero dei contributi versati in Italia e dell’inadeguatezza dell’attuale sistema di rivalutazione di tali contributi.

Ora – sostiene l’On. Porta – a quasi venti anni dall’introduzione dell’importo minimale mensile, che già allora era di valore assolutamente risibile, si ritiene opportuna una sua elevazione che corrisponda più equamente allo spirito della legge che voleva introdurre una garanzia minima di salvaguardia economica per i pensionati in convenzione le cui pensioni erano (sono) solitamente di importo irrisorio anche a fronte di numerosi anni di contribuzione accreditati in Italia.

L’interrogazione (che ha fatto seguito alla proposta di legge AC 1626 che è stata assegnata alla Commissione Lavoro e il cui iter inizierà dalla sede referente e sarà sottoposto ai pareri delle Commissioni Affari Costituzionali, Affari Esteri, Bilancio e Affari Sociali.) intende sollecitare le autorità competenti a portare l’importo minimale mensile da un quarantesimo ad un ventesimo del trattamento minimo per ogni anno di contribuzione versato in Italia, in modo che tale importo diventi, per l’anno in corso, pari a 25 euro al netto delle eventuali maggiorazioni sociali e delle prestazioni familiari. Si tratta di un cifra comunque modesta ma certamente più dignitosa e congrua. L’On. Porta ha affermato che si aspetta una risposta rapida e positiva da questo Governo che deve dimostrare di avere a cuore gli interessi e i bisogni concreti dei nostri connazionali.

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