RdC e rapporti di lavoro dipendente
Per il riconoscimento del reddito di cittadinanza è necessario, tra l'altro, che il nucleo familiare possegga un valore del reddito familiare inferiore ad una soglia di euro 6.000 annui moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza. In ogni caso la soglia è incrementata ad euro 9.360 nei casi in cui il nucleo familiare risieda in abitazione in locazione, come da dichiarazione sostitutiva unica (DSU) ai fini ISEE. La normativa attuale (art. 3 co. 8 del dl n. 4/2019 convertito con legge n. 26/2019) prevede che - pur essendo l'attività lavorativa subordinata compatibile con l'erogazione dell'RDC - il nucleo familiare decade dal beneficio qualora intervengano variazioni del reddito da lavoro subordinato che determinano il superamento del predetto valore del reddito familiare. Al termine dell’attività lavorativa, il beneficio può essere concesso nuovamente per una durata complessiva non superiore al periodo residuo non goduto previa presentazione di una nuova domanda di RdC previa soddisfazione del requisito di reddito familiare.
A tal riguardo l'articolo 11 del dl n. 41/2021 stabilisce che qualora la stipula di uno o più contratti di lavoro subordinato a termine comporti un aumento del valore del reddito familiare, fino al limite massimo di euro 10.000 annui, il beneficio economico del reddito di cittadinanza è sospeso per la durata dell’attività lavorativa che ha prodotto l’aumento del valore del reddito familiare, fino a un massimo di sei mesi. La deroga che riguarda esclusivamente il 2021, sostanzialmente consente ai percettori di poter riprendere automaticamente l'erogazione dell'RdC alla scadenza del contratto ancorché il reddito abbia splafonato la soglia limite del reddito familiare. In assenza della norma, come detto, il richiedente avrebbe dovuto, invece, presentare una nuova domanda di RdC in quanto decaduto dal beneficio.