La questione
Il dl n. 4/2019 ha disposto la sospensione nell'erogazione dell'RdC nei confronti del beneficiario o del richiedente ai quali venga applicata una misura cautelare per alcuni reati (false dichiarazioni; terrorismo; eversione di stampo mafioso; truffa; ecc). Il tribunale siciliano si è chiesto se la sospensione sia legittima rispetto ai principi della Costituzione, atteso che, tra l'altro, può pregiudicare la sopravvivenza del cittadino e della sua famiglia.
La decisione
La Consulta ha ritenuto non fondata la questione di legittimità spiegando, prima di tutto, che il RdC non ha natura meramente assistenziale, proprio perché accompagnato da un percorso formativo e d’inclusione che comporta precisi obblighi, il cui mancato rispetto determina, in varie forme, l’espulsione dal percorso medesimo. Pertanto, la sospensione del beneficio non ha una ragione punitiva e sanzionatoria, ma si collega appunto agli obiettivi dell’intervento legislativo.
Inoltre come già chiarito dalla sentenza n. 122 del 2020, la ratio della sospensione del reddito di cittadinanza al richiedente sottoposto a misura cautelare personale è conseguenza del venir meno di un peculiare requisito morale, che trova la sua giustificazione non nella presunzione di colpevolezza, bensì nella valutazione d’incompatibilità tra la richiesta del beneficio economico e la soggezione a detta misura cautelare.
Da una parte, infatti, non è irragionevole che il reddito di cittadinanza venga sospeso in caso di misura cautelare personale e possa poi tornare a essere erogato in seguito alla condanna definitiva, salvo che per i reati di cui all’art. 7, comma 3, del d.l. n. 4 del 2019. Tale conseguenza, spiegano i giudici, «sebbene opinabile, appare coerente con il contesto normativo disegnato dal legislatore, poiché con la cessazione della misura cautelare cessa anche quel pericolo concreto e attuale che legittima la sospensione e il soggetto interessato riacquista nuovamente lo specifico requisito per richiedere il reddito di cittadinanza». Le condanne, invece, «sono ritenute dal legislatore ostative alla concessione o al mantenimento del beneficio solo quando concernono peculiari tipologie di reato, in parte sovrapponibili a quelle che già erano e sono causa di revoca degli ammortizzatori sociali».
In sostanza, la sospensione non ha una ragione punitiva e sanzionatoria, ma è solo la conseguenza della carenza di uno dei requisiti previsti collegandosi agli obiettivi dell'intervento legislativo. Come tale, quindi, la sua previsione rientra appieno tra le discrezionalità attribuite al legislatore.