La pensione ai superstiti non spetta alle coppie di fatto e ciò a maggior ragione se il partner sia deceduto prima dell'entrata in vigore della legge n. 76/2016 sulle unioni civili. E' quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 24694 depositata il 24 settembre in cancelleria. «Il dettato normativo è chiaro, afferma la Corte nelle motivazioni, non lascia dubbi interpretativi né margini di discrezionalità tali da consentire un'estensione del diritto a beneficiare della pensione di reversibilità anche ai conviventi di fatto».
La questione
La corte d'Appello di Milano in riforma della sentenza del Tribunale di primo grado aveva accolto la domanda di liquidazione della pensione di reversibilità a favore del convivente omosessuale di un architetto deceduto prima dell'entrata in vigore della legge sulle unioni civili (legge n. 76/2016). Con questa riforma il legislatore ha riconosciuto, tra l'altro, il diritto alla pensione ai superstiti a favore del partner dell'unione civile status che, come regolato dalla stesse legge n. 76, si assume attraverso una dichiarazione effettuata davanti all'ufficiale di stato civile alla presenza di due testimoni.
Questa normativa, tuttavia, non era applicabile al caso di specie in quanto la vicenda si era interamente esaurita in epoca anteriore alla riforma, quando non era ancora possibile ufficializzare la convivenza ai sensi della legge n. 76. La Corte d'Appello, tuttavia, aveva riconosciuto comunque il trattamento di reversibilità sulla scorta dell'Art. 2 della Carta Fondamentale «quale diritto fondamentale costituzionalmente garantito e annoverabile tra i diritti/doveri di assistenza e solidarietà propri delle relazioni affettive di coppia, tra cui quella omosessuale stabile che, essendo esclusa dal matrimonio, non ha potuto formalizzare la propria relazione familiare».
La decisione
I giudici di Piazza Cavour hanno ribaltato la tesi della Corte Meneghina per due ordini di ragioni. In primo luogo perché la Corte d'Appello ha ritenuto di poter superare la mancanza d'una norma specifica che, all'epoca, attribuisse la pensione di reversibilità in favore del partner di una coppia dello stesso sesso concludendo erroneamente per la necessaria e totale equiparazione tra gli uniti civilmente e i conviventi di fatto.
In secondo luogo la Corte ribadisce che la mancata inclusione del convivente fra i soggetti beneficiari del trattamento di reversibilità non è irragionevole secondo i canoni costituzionali. Come già esposto nella sentenza della Corte Costituzionale n. 461/2000 si tratta di due situazioni diverse: la convivenza more uxorio è fondata esclusivamente sull'affectio quotidiana - liberamente e in ogni istante revocabile - di ciascuna delle parti e si caratterizza per l'inesistenza di quei diritti e doveri reciproci, sia personali che patrimoniali, che nascono dal matrimonio. Per cui una differente calibrazione dei diritti spettanti al superstite è pienamente legittima.
La Corte apre comunque ad una valutazione di legittimità costituzionale dell'art. 1 legge n. 76/2016 nella parte in cui non prevede la possibilità d'una sua applicabilità retroattiva a tutte le coppie omosessuali conviventi in modo stabile. Tale giudizio non è stato sollevato dalla Corte in quanto all'epoca dell'entrata in vigore della legge n. 76/2016 il convivente era già defunto e, pertanto, nessun vantaggio si sarebbe potuto ottenere nel caso scrutinato.