Poi, ricorda: “Nel passato per queste pensioni era già stato adottato il contributo di solidarietà e, inoltre, quando sono stato ministro del Lavoro, ho congelato per un anno l’indicizzazione delle pensioni nella parte superiore alle 8 volte il minimo, cioé 4.000 euro lordi mensili. Quindi, niente di nuovo sotto il sole. Il punto è il metodo che si adotta per fare questo tipo di intervento. Se è quello del ricalcolo delle pensioni in essere, continuo a non essere d’accordo perché si sdogana un principio che potrebbe, in seguito, essere applicato alle pensioni più basse, quelle degli operai, come via più facile per fare, all’occorrenza, un bel po’ di cassa. Come sappiamo le pensioni sono state utilizzate nel passato come mucca da mungere per risanare il debito. Meglio non correre nuovamente il rischio. Sarebbe paradossale che un governo che si è fatto paladino, nella propaganda elettorale, del miglioramento del sistema pensionistico, aprisse il varco a un intervento che potrebbe portare al ricalcolo delle pensioni in essere. L’alternativa che noi proponiamo, già sperimentata, è ancora quella di un congruo contributo di solidarietà che porti lo stesso risultato di risparmio. Faccio notare, inoltre, che le pensioni dei dipendenti pubblici si basano sull’ultimo stipendio: quindi, se i calcoli non esistono non si possono fare i ricalcoli. È sufficiente rileggere le dichiarazioni, a questo proposito, dei dirigenti dell’Inps nelle audizioni alla Commissione Lavoro della Camera nella scorsa legislatura. Facciamo il ricalcolo solo per i dipendenti privati?”. Infine, conclude: “Tagliare le pensioni d’oro non deve essere una mossa propagandistica: se si applicasse la flat tax, ai pensionati più ricchi, si restituirebbe molto più di quello che si dichiara di voler togliere”.
Damiano sfida poi M5S e Lega sulla flessibilità in uscita. La proposta che si è affacciata negli ultimi giorni (64 anni e 36 anni di contributi) è troppo rigida e rischia di lasciare fuori molti lavoratori. Meglio puntare, sostiene Damiano, alla proroga dell'opzione donna, la nona salvaguardia pensionistica per gli esodati, l'ampliamento e la stabilizzazione dell'Ape sociale (scade il 31 dicembre 2018), la pensione di garanzia per i giovani ed il riconoscimento del lavoro di cura ai fini pensionistici.